
Cara Fanny.
Non vi ho scritto fin qui per non darvi noia, sapendo
quanto siete occupata:
Ma in fine io non vorrei che il silenzio paresse
dimenticanza, benché forse sappiate che il dimenticar voi non è facile.
Mi pare che mi diceste un giorno, che spesso ai vostri amici migliori
non rispondevate, agli altri sì, perché di quelli eravate sicura che non
si offenderebbero, come gli altri, del vostro silenzio.
Fatemi tanto
onore di trattarmi come uno de’ vostri migliori amici; e se siete molto
occupata, e se lo scrivere vi affatica, non mi rispondete…
Delle nuove da me non credo che vi aspettiate.
Sapete ch’io abbomino
la politica…
I miei amici si scandalizzano; ed essi hanno ragione di
cercar gloria e di beneficare gli uomini.
Ma io che non presumo di
beneficare, e che non aspiro alla gloria, non ho torto di passare la mia
giornata disteso su un sofà, senza battere una palpebra.
E trovo molto
ragionevole l’usanza dei Turchi e degli altri Orientali, che si
contentano di sedere sulle loro gambe tutto il giorno, e guardare
stupidamente in viso questa ridicola esistenza.
Ma io ho ben torto di scrivere queste cose a voi, che siete bella, e privilegiata dalla natura a risplendere nella vita.
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