...........................................................................................................................................

L'ombra è l'opposto del sole, ma si nutre di esso.
Un cielo grigio non genera ombre: nessun contrasto, nessun pensiero.


...........................................................................................................................................

martedì 30 giugno 2015

Sfera di sera

Galileo scopre che nella discesa della sfera, cambiando comunque l’angolo del piano inclinato, gli spazi vanno come i quadrati dei tempi: portando questo risultato al limite di una discesa a 90 gradi, cioè a una caduta libera, Galileo deduce che… “gli spazii passati esser tra loro come i quadrati de i tempi“ (dalla rete).
 


 G. Bezzuoli, 1841
Galileo mostra l'esperimento del piano inclinato
Sfera di sera
 
Come una sfera,
pendenze obbligate
fanno prendere erte,
non sempre si può,
non sempre mi riesce.
Le vene ritratte segnano
anni che vanno, tempo...
si scorge il tramonto,
si intravede la sera.
 
Anonimo
del XX° Secolo
poesie ritrovate
 
 
 

lunedì 29 giugno 2015

Noce

Il noce (Juglans regia L.) è una pianta originaria dell'Asia (pendici dell'Himalaya), introdotta in Europa in epoca antichissima per i suoi frutti eduli.
Diffusa in tutto il mondo, in Italia la coltura della noce da frutto, in genere promiscua, ha una certa rilevanza solo in Campania.
Il noce può essere coltivato anche per la produzione di legno o per entrambi gli scopi.
Il noce è un albero vigoroso, caratterizzato da tronco solido, alto, diritto, portamento maestoso; presenta radice robusta e fittonante.
Le foglie sono caduche, composte, alterne (formate da 5-7-9 e, più raramente, 11 foglioline).
È una pianta monoica in cui i fiori maschili sono riuniti in amenti penduli, lunghi 10-15 cm, con numerosi stami, che appaiono sui rami dell'anno precedente prima della comparsa delle foglie.
I fiori unisessuali femminili schiudono da gemme miste dopo quelli maschili (proterandria), sono solitari o riuniti in gruppi di 2-3, raramente 4, appaiono sui nuovi germogli dell'anno, contemporaneamente alle foglie.
Il frutto è una drupa, composta dall'esocarpo (mallo) carnoso, fibroso, annerisce a maturità e libera l'endocarpo legnoso, cioè la noce vera e propria, costituita da due valve che racchiudono il gheriglio con elevato contenuto in lipidi.
Limiti pedoclimatici: sensibile ai ristagni idrici e stress idrici conseguenti a terreni sciolti; non tollera i terreni pesanti, asfittici, mentre resiste anche ad elevato tenore in calcare.
Teme gli eccessi termici (caldo e freddo) (dalla rete).
 
 
Non sapevo il mio nome,
prima che l'albero fiorisse
- chiamavo cose vicine e lontane
Io che non sapevo -
ma ieri ho visto il mio nome
fiorire da un noce.

Annalisa Ballarini
Aurorale
 
 

il noce fuori,
dalla mia finestra ricordo,
quand'era ancora frutto
e il cotone avvolto
e la prima foglia...

domenica 28 giugno 2015

Lettera a Pinocchio

Sicuramente strano,
mi è tornata in mente,
questa canzone,
ve la ripropongo...
 
 
 
Lettera a Pinocchio

(Ho tanto desiderio questa sera,
di scrivere una lettera a
qualcuno e fra gli amici della primavera
al mio più caro amico scriverò)


Carissimo Pinocchio
amico dei giorni più lieti
di tutti i miei segreti
che confidavo a te
Carissimo Pinocchio
ricordi quand'ero bambino
nel bianco mio lettino
Ti sfogliai
Ti parlai
Ti sognai
Dove sei ti vorrei veder
del tuo mondo vorrei saper
forse babbo Geppetto
è con te
Dov'è il gatto che t'ingannò
il buon grillo che ti parlò
e la fata turchina
dov'è?
Carissimo Pinocchio
amico dei giorni più lieti
con tutti i miei segreti
resti ancor
nel mio cuor
come allor

(segue coro)
Carissimo pinocchio
ricordi quand'ero
bambino
nel bianco mio lettino
ti sfogliai
ti parlai
ti sognai
Dove sei ti vorrei veder
del tuo mondo vorrei saper
forse babbo Geppetto
è con te
Dov'è il gatto che t'ingannò
il buon grillo che ti parlò
e la fata turchina
dov'è?
Carissimo Pinocchio
amico dei giorni più lieti
con tutti i miei segreti
resti ancor
nel mio cuor
come allor
Carissimo Pinocchio
amico dei giorni più lieti
con tutti i miei segreti
resti ancor
nel mio cuor
come allor
come allor

Mario Panzeri

 


 

sabato 27 giugno 2015

Elegia

Canto ed elegia delle strade
 
Il primo passante che cammina;
il grido gaio del primo venditore;
lo spalancarsi della prima porta,
delle prime finestre - sono il canto
delle strade al mattino.
I passi dell'ultimo viandante;
il grido dell'ultimo venditore;
porte e finestre che si chiudono -
sono il canto elegiaco che si ode
quando fa sera per le strade.
 
Costantino Kavafis
Traduzione di Nicola Crocetti
 
 
L'Elegia è un componimento poetico in distici (esametro più pentametro), detti appunto elegiaci. Le elegie greche e romane, in origine di vario argomento, finirono per acquisire un tono mesto e sognante, atto a esprimere il dolore per eventi funesti, passioni non corrisposte, lontananze nostalgiche. Nel Sette-Ottocento l'elegia rivisse in rifacimenti dell'antico metro in J.W. Goethe, F. Hölderlin, G. Carducci, G. D'Annunzio.
 
Elegia,
di William-Adolphe Bouguereau,
1899
sostantivo femminile
[dal lat. elegīa, gr. ἐλεγεία, der. di ἔλεγος
(voce di etimo e significato originario incerto)
che indicò il distico elegiaco].
– TRECCANI -
 
1.
a. Nella letteratura greca e latina, componimento poetico in distici (esametro + pentametro) detti appunto elegiaci, in origine di argomento e tono vario e poi sempre più improntato a un tono, meditativo e malinconico, di compianto per una condizione d’infelicità di varia origine (morte o lontananza di persone care, amore non corrisposto, ecc.): le e. di Mimnermo, di Simonide, di Callimaco, ecc. (in Grecia), di Tibullo, Properzio, Ovidio, ecc. (in Roma). In epoca medievale e moderna, componimento di vario argomento, riproducente (in modo adeguato alla metrica volgare) il distico classico, o poesia di vario metro e persino prosa, caratterizzati dallo stesso tono sentimentale e lirico dell’elegia classica: l’Elegia di Arrigo da Settimello; l’Elegia di Madonna Fiammetta del Boccaccio; le Elegie romane di Goethe.
b. In senso collettivo, la poesia elegiaca di una letteratura, di un periodo, o anche di un singolo autore: l’e. romana; l’elegia di Properzio.
 
2.
Componimento vocale-strumentale sul testo di un’elegia, o anche solo strumentale, ispirato, in forme varie, al tono elegiaco.
 

 
percorsi nel tempo,
ecco le mie di strade,
sassi sconnessi,
buche profonde;
sentieri ristretti che sfociano,
a volte come elegie,
in deliziose radure...

venerdì 26 giugno 2015

Cuori

Cuori
 
Cuori in subbuglio
ritmi affaticati e lontani,
è un attimo infinito,
è un solo momento.
Cuori distratti
battute in arresto,
è un la minore,
un accordo triste.
Cuori in fermento
battiti intrisi,
è un acuto dolore,
una stilla di pena.
 
Anonimo
del XX° Secolo
poesie ritrovate


 
Le carte di cuori fanno riferimento all'universo dei sentimenti.
È un colore caldo, il rosso.
Evoca l'amore, le passioni e le emozioni.
Il seme di cuori può annunciare un successo o una delusione amorosa.
Annuncia qualcosa di forte, che avrà un ruolo preponderante nella sfera intima della persona.
Per avere una panoramica esaustiva sullo stato affettivo della persona, le carte di cuori, particolarmente apprezzate dal consultante, devono essere interpretate confrontando il loro significato con quello delle altre carte.

In aspetto molto negativo, possono indicare uno stato di disperazione sentimentale e di inquietudine affettiva che rivela un forte attaccamento a qualcuno o a qualcosa.
In aspetto positivo e in base alle associazioni possibili, le carte di cuori annunciano l'inizio di un amore, la crescita dell'individuo sul piano sentimentale o addirittura il matrimonio.
 
Da un punto di vista sentimentale, i punti forti e gli ostacoli che queste carte suggeriscono indicano tanto delle speranze quanto delle disillusioni.
Il ruolo del cartomante sarà quello di analizzare attentamente l'insieme di tutti gli elementi al fine di garantire un'interpretazione corretta in tutta la sua dimensione divinatoria (dalla rete).
 
 
Interpretazione carte di Cuori
 
ASSO 
Sentimenti: L'Amore. La Rinascita.
 Lavoro: La Riuscita.
DUE 
Sentimenti: La Casa, il Rifugio. Punto di riferimento. Serenità.
 Lavoro: Punto di riferimento. Serenità.
TRE 
Sentimenti: Il Futuro, la Fede, l'Illuminazione, il Consiglio.
 Lavoro: Il Futuro, la Fede, l'Illuminazione, il Consiglio.
QUATTRO 
Sentimenti: Donna bionda, Semplicità, Positività, Bontà.
 Lavoro: Donna bionda, Semplicità, Positività, Bontà.
CINQUE 
Sentimenti: Protezione, Spirito Guida. Positività.
 Lavoro: Protezione, Spirito Guida. Positività.
SEI
 Sentimenti: Scelta, Bivio, Indecisione.
 Lavoro: Scelta, Bivio, Indecisione.
SETTE
 Sentimenti: La Coppia. Traguardo importante. Serenità.
 Lavoro: Traguardo importante. Serenità.
OTTO 
Sentimenti: Comunicazioni, Buone novità. Speranza.
 Lavoro: Comunicazioni, Buone novità. Speranza.
NOVE 
Sentimenti: Esito favorevole, Riuscita. Felicità.
 Lavoro: Esito favorevole, Riuscita. Felicità.
DIECI 
Sentimenti: Attrazione fisica, Intimità, Sessualità. Rapporto solare, positivo e sincero.
 Lavoro: Rapporto solare, positivo e sincero.
FANTE 
Sentimenti: Interesse, Corruzione. Rapporto senza amore.
 Lavoro: Interesse, Corruzione.
REGINA 
Sentimenti: La Consultante. Donna mora. Donna giovane. Generosità, Positività.
 Lavoro: La Consultante. Donna mora. Donna giovane. Generosità, Positività.
RE 
Sentimenti: Uomo d'affari. Uomo impegnato. Rapporto che prevede progetti positivi.
 Lavoro: Uomo d'affari. Uomo impegnato. Rapporto che prevede progetti positivi.

giovedì 25 giugno 2015

Rosone

Il rosone è un componente tipico della cattedrale gotica.
Nelle sue campiture, che possono essere a forma di raggio o a forma di stella e di altre figure geometriche, compaiono raffigurati nel vetro decorazioni ricche di simboli.
Il colore inoltre aumenta l’effetto luminoso rendendo il rosone simile ad un enorme caleidoscopio.
Per la delicatezza aerea degli elementi portanti, la realizzazione del rosone comportava una straordinaria abilità tecnica e maestri vetrai, scultori e scalpellini collaboravano insieme per la sua realizzazione.
Di solito il rosone più importante era collocato sulla facciata d’ingresso della cattedrale, sopra il portale, mentre altri si trovavano nelle facciate laterali dei transetti.
Nelle chiese gotiche italiane, come quella di S. Francesco, Bologna, oltre al rosone al centro della facciata, sono presenti ai lati due rosoni più piccoli che si aprono direttamente al cielo, perché la facciata delle chiese in mattoni è in genere “a capanna”.
In questo caso la luce del sole, attraversando il merletto rotondo, crea una atmosfera surreale.
Questi piccoli rosoni non avevano solo una funzione decorativa ma costituivano un chiaro richiamo al cielo.
La funzione del rosone era comunque, quella di invitare alla contemplazione il fedele e inoltre svolgeva la stessa opera dei leoni o degli animali favolosi posti a guardia del portale d’ingresso.
Erano insomma un avvertimento; i “posseduti” per esempio, alla sola vista del rosone, possono dare in escandescenze ancor prima di entare in chiesa.
Nella forma del rosone è possibile riconoscere uno strumento tipicamente indiano per la meditazione:
il mandala.
Il mandala è un disegno tracciato a terra con sabbie colorate o dipinto su supporto, da percorrere o da contemplare.
Jung notò, studiando diversi casi di patologie psichiche, che il paziente in via di guarigione disegna spesso in modo istintivo dei mandala e sovente se ne pone al centro, come se la figura della rosa o della ruota avesse un potere risanatore e liberatorio.
Il cerchio del rosone è anche una figura del Fiore d’Oro, che per i taoisti è un segno di illuminazione e realizzazione personale.
Del resto la rosa fu “inventata” nei giardini persiani come fonte viva, di pura contemplazione.
Le “rose” avrebbero una corrispondenza alchemica perché questo fiore rappresenta l’azione del fuoco.
Per questo motivo i decoratori medievali cercarono di tradurre nelle loro rose architettoniche i movimenti della materia stimolata dal fuoco elementare (dalla rete).


Rosone d'invetriata
 
Oh! Più che tra i fiori di bistro di Baudelaire,
più che negli autunnali ritornelli di Chopin,
più che in un rosso di Rembrandt che un giallo raggio sfolgora,
così adatti agli spleen sono soltanto i tramonti di Giugno.
 
Jules Laforgue
 
 

colori slanciati
in miriadi di sfumature
illuminare angoli bui,
questo forse il senso...

mercoledì 24 giugno 2015

Brama di baci

 
Auguste Rodin, Il bacio 1882 circa.
Musée des Beaux-Arts de Dijon.
Foto di Michel Bourguin
Brama
 
mi auguro talvolta
di poter
saziarmi di baci con te
ma poi dovrei morire
per la fame che ho di te
perché più ti bacio
e più devo baciarti:
I baci non nutrono me
solo la mia fame
 
Erich Fried
Traduzione di Andrea Casalegno
 
 
 
Inizialmente intitolata Francesca da Rimini, l'opera raffigura l'unione tra Paolo e Francesca, narrata nel V Canto della Divina Commedia di Dante e per questo doveva essere inserita nel battente sinistro della porta dell'inferno. Rodin decide poi di non inserirla perché la tematica della passione così rappresentata si integrava poco con la drammaticità della Porta e perché quest'opera ha una propria indipendenza che mal si integra con le altre figure del battente.
Secondo alcuni, la giovane studentessa di disegno Camille Claudel, divenuta poi amante di Rodin, è stata ritratta nella figura di Francesca. Tuttavia, il modello originale è databile 1882, mentre la giovane scultrice entra nello studio di Rodin nel 1884, dunque pare impossibile si possa riferire a lei la dedica iconografica. Per altro non supportata da alcuna documentazione. Resta tuttavia nell'immaginario collettivo e negli articoli di molti giornalisti questo riferimento erroneo.
Il bacio in marmo, detto anche La fede o L’amore profondo come i sepolcri o Francesca da Rimini o Paolo e Francesca è del 1882 circa, sbozzato da Jean Turcan (misure 181,5 x 112,3 x 117 cm). La copia al Musée Rodin di Parigi non è firmato né datato (S. 1002/ Lux. 132 Bibliografia: Elsen 2003, pp. 207-215, Le Normand-Romain 2007, pp. 159-163; Sanders 1975, pp. 169-177).
Nel 1880, lo Stato commissiona ad Auguste Rodin una porta decorativa dedicata alla Divina Commedia di Dante: compaiono già nei primi progetti Il pensatore, Ugolino e Paolo e Francesca. La coppia evocata nel V canto dell’Inferno è quella formata da Paolo Malatesta e Francesca da Rimini, colpevoli di un amore che ne causa la morte e la dannazione (Sanders 1975, pp. 169-177), tema prediletto dai romantici. Il primo abbozzo della coppia era una voluta sul battente sinistro della Porta, di fronte a Ugolino sul battente destro: eliminato nel 1887, è sostituito da una variante di Paolo e Francesca intensamente drammatica. Nello stesso anno Rodin espone per la prima volta a Parigi alla galleria Georges Petit, poi a Bruxelles il gruppo del Bacio, commissionato dallo Stato nel 1888 in marmo, per comparire all’Esposizione universale del 1889. Per realizzarlo in una dimensione doppia rispetto al modello in gesso viene scelto Jean Turcan, che in primavera lascia il gruppo non finito (il che spiega la presenza di segni di riferimento sul blocco di marmo e la mancanza di firma); il gesso è presentato a Chicago nel 1893 (dove provoca uno scandalo), poi il marmo, esposto a Parigi al Salon de Mai del 1898, entra al musée du Luxembourg il 18 febbraio 1901 (Lux. 132) e al musée Rodin nel 1918 (S. 1002). Esistono altri due marmi del Bacio: uno, commissionato da Edward Perry Warren ed eseguito da Rigaud tra il 1900 e il 1904, è a Londra, alla Tate Gallery; l’altro, ordinato da Carl Jacobsen, e scolpito da Emmanuel Dolivet nel 1902, si trova a Copenaghen alla Ny Carlsberg Glyptotek.

Auguste Rodin, 1888-1889
Il bacio,
181,5 x 112,3 x 117 cm
Musée Rodin, Parigi
Una copia postuma è infine a Filadelfia. Di fronte al successo straordinario del gruppo, la società Barbedienne firma nel 1898 un contratto ventennale con Rodin e diffonde molte versioni in bronzo del Bacio in quattro misure; anche la società Rudier fonde il soggetto secondo il modello originale o in base a quello in marmo. Nella versione finale, Rodin mostra la coppia appena prima del bacio, nuda e seduta su una roccia. Il corpo di Paolo, in squadra, come un perno, è come esitante, mentre l’arabesco del corpo di Francesca si dispiega intorno a quello dell’amante.
La lavorazione della roccia poco riquadrata, segnata dalle tracce di punta e di gradina, contrasta con la levigatura luminosa dei due corpi; l’ambiguità colora la trasparenza ingannevole di questo istante di felicità pura, “chiarezza accecante” di una seduzione satanica, che causa una caduta immediata. La cattura della luce da parte del marmo, legata alla scena rappresentata, induce questo doppio registro e spiega la vastità dello scandalo suscitato dalla scultura. La semplice nudità del gruppo ebbe grande risonanza, anche se Rodin dichiarava che in essa non vi era alcuna innovazione. Il bacio, composizione triangolare fatta per essere vista da ogni lato, non ha per nulla una forma azzardata, ma rispecchia standard classici corrispondenti alle figure atletiche degli anni 1881-1882, molto influenzate da Michelangelo (da Wikipedia).
 
baci come umidi umori,
nella bocca, nella gola,
lingue che cercano soli,
solitari? compressi?

martedì 23 giugno 2015

Fontana

 Fontana
 
Sgorga dal cuore
di terra lontana,
questa fontana;
zampillo continuo, costante
come lacrime intense
copiose e dense.
Scende nel cuore
alimenta la terra
né pace, né guerra.
 
Anonimo
del XX° Secolo
poesie ritrovate
 
 
 
Fontana Chiara
 
Fontana chiara
un poco dolce
un poco amara.
 
Rino Gaetano

 
Questa canzone, seppur con una grande base musicale, è costituita da un testo davvero molto breve.
Apparentemente ciò non significa nulla o quasi. Per capire a fondo questa canzone, bisogna avere qualche nozione sul pensiero del grande Rino, calabrese d'origine ma trapiantato a Roma a circa 10 anni per il lavoro del Padre.
Ogni estate tornava a Crotone con la sua famiglia e, infatti, lui si è sempre sentito molto meridionale, forse un po' troppo!!! Fontana Chiara indica proprio la sua grande gioia e amore per il Sud (un poco dolce) ma anche tutta la sua grande rabbia per le tante cose che non funzionavano (un poco amara). In pratica dagli anni '70 ad ora alcune cose sono rimaste pressocché uguali.
Questa canzone, quindi, potrebbe essere considerata quasi un aforisma, appartenente a tutti i meridionali che vorrebbero cambiare il mondo ma, per farlo, devono lottare contro una mentalità centenaria sbagliata... (dalla rete)

lunedì 22 giugno 2015

Ancora Jules


La prima notte

Ecco scende la sera, dolce al vecchio lascivo.
Murr il mio gatto siede come araldica sfinge
contempla, inquieto, con la sua pupilla fantastica
viaggiare all’orizzonte la luna clorotica.


E’ l’ora nella quale l’infante prega, dove Parigi-fogna
getta sul pavimento dei viali
le sue falene dai seni freddi che, sotto la luce spettrale
del gas, l’occhio che fiuta un maschio casuale.


Ma, presso il mio gatto Murr, sogno alla finestra.
Penso a bambini che ovunque, in questo istante, sono nati.
Penso a tutti i morti sotterrati oggi.


E mi figuro d’essere in fondo al cimitero,
e entrando nelle bare, mi metto al posto
di quelli che qui passeranno la loro prima notte.

Jules Laforgue
(Da Singhiozzi della terra)


 
Jules Laforgue è un poeta simbolista della Belle Epoque che ci ha lasciato, nella sua vasta produzione letteraria, una mirabile opera il cui contenuto s'inserisce con piena attualità nella nostra società moderna, riproponendo antichi ed eterni spunti di riflessione.
Durante tutta la sua vita, Laforgue fu considerato dalla maggioranza un visionario, neppure ebbe l'appoggio degli altri artisti, in quanto, nonostante il romanticismo imperante, tutti erano ben lontani dal concepire l'immagine di una comunione cosmica tra l'Uomo e il Creato, da lui proposta e auspicata.

E' toccante vedere come in un mondo "globale" come quello di oggi sia più facile comprenderlo, forse dovuto al fatto che in questo new deal sono scomparsi i vecchi pregiudizi religiosi e scientifici e si sono aperti nuovi e piu' vasti orizzonti e oggi le stelle ci sembrano più vicine e più facenti parte del nostro mondo.
Laforgue avrebbe dovuto vivere oggi, nella sua poesia si coglie infatti una visione attuale e moderna, in essa si sente tutta la ribellione di un uomo che vede considerare il suo presente legato ad una ipoteca del passato. Jules Laforgue si sarebbe sentito a suo agio fra la gioventù d'oggi.
Quest'ultima avrebbe fatto della sua poesia, che vuole il presente solo una preparazione al domani, probabilmente una bandiera.
In effetti, ne "L'Impossibile", Laforgue lamenta di essere nato troppo presto e di non poter così vedere l'attuazione dei suoi sogni; ma noi sappiamo che essi sono ormai quasi realtà e quando la mano di un uomo stringerà quella di un abitante delle stelle in un atto di fratellanza cosmica, il pensiero di Jules Laforgue troverà il suo completamento.
Jules Laforgue nacque a Montevideo (Uruguay) da genitori francesi, il 16 agosto del 1860. Anni dopo egli si stabilì nella patria d'origine e iniziò i suoi studi presso il Liceo di Tarbes.
Nel 1879 la rivista "L'Enfer" pubblicò il suo primo poema conosciuto, "La Chanson des Morts", presentato come uno stralcio di un'opera più vasta, "Una Amour dans les Tombes", ma questa prima opera è firmata "Ouraphle". La firma di Jules Laforgue figurò per la prima volta nel 1881, quando sulla "Gazzette des Beaux Arts", pubblicata da Charles Ephrussi, apparve, salutato dallo stupore e dalla disapprovazionae dei timorati benpensanti del tempo, il "Sanglot de la Terre".
Grazie all'amicizia di Charles Ephrussi, il poeta ottenne la nomina a lettore dell'imperatrice Augusta di Prussia. Negli anni seguenti, Laforgue seguì la sovrana nei vari spostamenti della corte, ma trovò il tempo di scrivere a Ephrussi, esternandogli il timore di non essere riuscito ad esprimere nel "Sanglot de la Terre" il suo vero pensiero, ed il desiderio di pubblicare un altro poema in sostituzione di questo che egli ora giudicava un fallimento. Apparvero così nel 1885 "Les Complaintes", che, anziché essere la versione riveduta e corretta del "Sanglot de la terre", lo completavano, formando così una meravigliosa, unica espressione del genio di Laforgue. Nel dicembre dello stesso anno il poeta pubblicò "L'imitation de Notre-Dame la Lune", provocando l'attenzione della critica e attirandosi contro gli strali della derisione del pensiero conservatore.
Ma, finalmente, nel cielo plumbeo della vita di Laforgue, apparve un poco di azzurro: il suo matrimonio con Miss Leah Lec, la sua insegnante d'Inglese. Ma la parentesi di gioia durò poco; nel 1887, stroncato dalla tubercolosi contratta durante il viaggio di nozze a Londra, Jules Laforgue morì e Leah non tardò a seguirlo.

Ci sono rimaste le sue opere e soprattutto ci è rimasto il "Sanglot de la Terre", la raccolta delle sue poesie giovanili, che il suo amico Ephrussy evitò di distruggere e che ripubblicò per i posteri.
Jules Laforgue seppe indubbiamente esprimere e forgiare idee nuove per il suo tempo, addirittura rivoluzionarie.
Idee che oggi siamo abituati a esprimere con naturalezza nel contesto delle scoperte scientifiche. Ma quando le espresse nelle sue poesie non c'era la presenza culturale necessaria ad ispirarlo. Furono solamente il suo intuito e la sua forza creativa sopperirono il buio del conformismo del suo secolo.
Nel leggere la sua prima raccolta di poesie, "Le Sanglot de la Terre", ci rendiamo conto immediatamente del tremendo dramma psicologico che quest'uomo viveva. Prigioniero del suo secolo, proiettato verso un futuro illuminato, sognava umanità sorelle sperdute nelle vaste regioni dell'universo, addolorato per la propria esistenza di mortale che non gli avrebbe consentito di vedere quel giorno lontano in cui esseri di altri mondi sarebbero giunti sulla Terra per aprire il grande dialogo fraterno.

Ma il suo rammarico non si limitava a questo. Il suo pensiero si soffermava su tanti altri aspetti di questa vita. La poesia di vita che esprimeva attraverso quanto scriveva era sempre rivolta alla chiara presa di coscienza di un uomo posto di fronte all'immenso e imperscrutabile meccanismo cosmico dell'esistenza delle cose.
Ne testimonia il suo stupore di fronte all'indifferenza dei suoi simili nei confronti del mistero della vita e la consapevolezza di essere solo uno sciocco romantico inutilmente abbandonato a rimirare le stelle (dalla rete).
 
città come pensieri sconci,
le vie del piacere interrotte,
ricarichi di risa nel buio,
un attimo poi tutto finisce...


domenica 21 giugno 2015

Domani

Domani è il giorno immediatamente successivo a oggi.
Convenzionalmente si intende il periodo di tempo individuato dalle 24 ore successive alla prossima mezzanotte.
Per estensione, il termine può riferirsi anche genericamente al futuro
(esempi, "pensare al domani", "un domani migliore") da Wikipedia.
 
Ah, è il bene di domani
Tutto come ieri
Nulla sarà mai come
Lo si vede nelle pietre
Eppure tutto ci aspetta
Al ritorno dell'ora di ieri
Si dovrà pur amare
Come ancora mai
La nostra vita sarà tutta
Com'è da allora
Temete il cielo indifferente
O il gioco dell'amore
E non è un gioco stasera
O domani sera
Si dovrà vivere ancora
Anche nei giorni neri

Louis Aragon
Poesie d'amore
 
domani
(pop. dimani, ant. domane)
avv. [lat. tardo de mane, propr. «di mattina»]
- TRECCANI - 
 
– Il giorno che segue a quello di oggi: d. è domenica; ritorno d. a mezzogiorno; d. mattina (o domattina); d. sera (non com. domani a sera); d. notte; doman l’altro, di qui a due giorni, nel giorno che segue a domani (più com. dopodomani; letter. posdomani): che farò doman l’altro? che farò dopo doman l’altro? (Manzoni); d. a otto, d. a quindici, a distanza di una o due settimane a partire da domani; a d., formula di saluto che vale come promessa di rivedersi il giorno dopo.
Con l’articolo, il d., il giorno seguente a quello di cui si parla (ma più com. l’indomani; anticam. la dimane s. f.): ci salutammo decidendo di rincontrarci il d.; andai a trovarlo il d. dal (o del) mio arrivo.
È spesso contrapposto o accostato a oggi, anche con senso generico: meglio un uovo oggi che una gallina d. (prov.); oggi o d., una volta o l’altra, in un tempo prossimo: oggi o d. gli succede qualche guaio; vedrai che oggi o d. gliela faccio pagare cara; rimandare una faccenda d’oggi in d., dall’oggi al d., differirla di giorno in giorno; è andato via dall’oggi al d., in fretta, improvvisamente; da oggi a d., subito, lì per lì: certe decisioni non si possono prendere da oggi a d.; oggi ... domani, un giorno ... l’altro: oggi litigano, d. fanno la pace; oggi qui, d. là, sono sempre in viaggio; modo prov., oggi a me, d. a te, le disgrazie che sono capitate a noi, possono capitare anche a chi mostra di rallegrarsene; dàgli oggi, dàgli d., finirò con lo spuntarla (insistendo continuamente, ecc.); spendi oggi, spendi d., ha finito col rovinarsi (a furia di spendere, ecc.).
Con valore indeterminato, per indicare il futuro: continua pure così, d. te ne accorgerai; anche come s. m.: il d. è incerto; in un d. molto remoto, in un prossimo domani.
Ironico, per «mai» (in quanto il domani generico è sempre di là da venire): «Me lo regali questo tappeto?» «Sì, domani». Lo stesso significato viene ad assumere domani nel cartellino che si può vedere appeso in osterie o botteghe: oggi non si fa credito, domani sì, oppure: a credito si fa domani (sottintinteso oggi no), o simili .  
 

domani,
domani...;
sorretto da aneliti
rivedo e rinasco;
sospiro lontano...vago...

sabato 20 giugno 2015

Le lacrime


Non dovresti conoscere la disperazione
se le stelle scintillano ogni notte;
se la rugiada scende silenziosa a sera
e il sole indora il mattino.
Non dovresti conoscere la disperazione - seppure
le lacrime scorrano a fiumi:
non sono gli anni più amati
per sempre presso il tuo cuore?
Piangono, tu piangi, così deve essere;
il vento sospira dei tuoi sospiri,
e dall'inverno cadono lacrime di neve
là dove giacciono le foglie d'autunno;
pure, presto rinascono, e il tuo destino
dal loro non può separarsi:
continua il tuo viaggio, se non con gioia,
pure, mai con disperazione

Emily Brontë
 
 
 làcrima
(o làgrima)
– sostantivo femminile [latino lacrĭma, cfr. greco δάκρυμα] –
 
1.
a. Stilla di umore, secreto da apposite ghiandole dell’occhio (ghiandole lacrimali), che fuoriesce dalla rima palpebrale in determinate condizioni (pianto; stati infiammatorî della congiuntiva o delle vie lacrimali, ecc.). In partic., spec. al plurale, quelle che sgorgano più abbondanti per viva commozione, per dolore fisico o morale, o anche nel moto convulso del ridere: lacrime di dolore, di gioia, di pentimento, di pietà, di tenerezza; l. sincere, finte; una l. furtiva; avere le l. agli occhi; gli spuntò una l.; gli occhi mi si riempirono di lacrime; qualche l. gli scende lungo il viso, lava la guancia un po’ sporca e si sporca, finisce in bocca con un sapore salato (Claudio Magris); gli vennero le l. dal gran ridere. Lacrime di sangue, raro fenomeno, osservato in individui isterici, consistente nella presenza di sangue nel secreto lacrimale.
b. In molte locuz., e quando non siano altrimenti determinate, s’intende in genere lacrime provocate da dolore o commozione: spargere lacrime; versare amare l.; piangere a calde l., disperatamente (spesso enfatico); iperb., piangere a lacrime di sangue, essere tutto in lacrime, in un mare di lacrime; pregare, supplicare con le l. agli occhi; bagnare (iperb. inondare) di lacrime; asciugarsi, tergersi le l.; asciugare le l., fig., consolare; dolore che spreme le l.; commuoversi fino alle l.; era uno spettacolo che strappava le l., che commuoveva profondamente; gli occhi non davan lacrime, ma portavan segno d’averne sparse tante (Manzoni); ingoiare le l., trattenere il pianto per nascondere il proprio dolore; ha le l. in tasca, di chi piange per un nonnulla o si commuove assai facilmente; non ha più lacrime, di chi ha pianto tanto. Quindi spesso sinon. di pianto: trattenere, frenare le l.; prorompere, scoppiare in lacrime; sciogliersi, struggersi in lacrime, piangere dirottamente; non avere il dono delle l., non poter piangere. E con valore generico di dolore, patimento: gli è costato molte l.; valle di lacrime (locuz. biblica), il mondo, la vita umana; lacrime di coccodrillo, tardo pentimento, e talora solo apparente, di chi si rammarica del male da lui stesso voluto (v. anche coccodrillo).
 
2. estens.
a. Stilla, goccia d’un liquido, e spec. l’umore che stilla da alcune piante rapprendendosi in forma di gocce: le l. del pino. Anche, ciascuna delle gocce di grasso che trasudano dal taglio di alcuni formaggi stagionati: pecorino con la lacrima.
b. Piccolissima quantità di un liquido: non c’è più una l. d’olio nel fiasco.
c. Nome di cose che ricordano la forma di una lacrima (per es., la perla di forma oblunga pendente da un orecchino o da un ciondolo, e in genere qualsiasi pendente di forma simile); lacrime d’incenso, incenso confezionato per il commercio in forma di chicchi; lacrime di Batavia (o bataviche o olandesi), piccole masse di vetro a forma di goccia o di lacrima che si formano facendo cadere una goccia di vetro fuso in acqua fredda, e che esplodono se se ne spezza la punta.
d. Al plur., non com., pallini da caccia, di grana piuttosto grossa.
 
3.
a. Lacrime di san Lorenzo: denominazione popolare delle stelle cadenti appartenenti allo sciame delle Perseidi, di cui la Terra incontra la parte più intensa dal 9 all’11 agosto.
b. Nome di numerosi vitigni, coltivati soprattutto nelle regioni centromeridionali, e del vino che se ne ricava: lacrima di Chieti o di Aquila, delle Marche, di Napoli, di Puglia, ecc.; lacrima di Maria, uva da tavola siciliana, con acini ovali, grandi, dorati; lacrime di santa Maddalena, vino bianco dell’Alto Adige. V. anche lacrima christi.
 
c. Lacrime di Giobbe, erba annua delle graminacee (Coix lacryma-jobi), alta fino a 1 m, con foglie larghe, fiori monoici, in spighette, cinte da una brattea che a maturità diviene lapidea e lucida, grigio-cenerognola o nerastra, e racchiude il frutto; è originaria dell’India e viene coltivata nelle regioni tropicali come foraggio e come cereale. È anche nome region. di una pianta delle stafileacee (Staphylea pinnata), più nota come naso mozzo.
 
◆ Diminutivo lacrimétta (e lagrimétta), lacrimina (e lagrimina), lacrimùccia (e lagrimùccia), talora ironico: asciugati quelle lacrimucce; con due lacrimucce ottiene tutto ciò che vuole;
 
◆ accrescitivo lacrimóna o lacrimóne mascile (e lagrimóna, lagrimóne), nel maschile anche per indicare un pendente alquanto grosso: due massicci orecchini a lagrimoni (Pirandello).

- Vocabolario TRECCANI -
 

il pianto notturno, la veglia,
nascoste tra i lembi di cotone,
lacrime scorrono piano,
è amore..? dolore..? che altro..?

venerdì 19 giugno 2015

Schubert serenata

La serenata di Schubert
 
Dietro i gran pioppi allineati e ritti
Chiara e lenta la luna in ciel vïaggia;
Vasto luccica il mar, giù per la spiaggia
Nereggian gli elci ammontonati e fitti.
La jonica ruina entro l’azzurra
Nebbia affusa le gracili colonne
Albeggiando; dal mar vola l’insonne
Brezza e pel cavo prónao susurra.
Di lontan di lontan, per la tranquilla
Notte ne vien sommormorando un canto;
Anelante d’affanno, ebbra di pianto,
La lunga nota nel silenzio oscilla.
Vola il canto sui prati e le sonore
Valli ridesta ed empie il ciel sereno,
Tutto tremante di ricordi e pieno
D’una tristezza che mi schianta il core.
 
Arturo Graf
 
musica che libera,
musica che costringe;
note nell'aria, melodie
si spengono poi  quando...
si smorzano, nel silenzio...

giovedì 18 giugno 2015

Figlia adolescente

Tutti noi abbiamo attraversato il difficile periodo dell'adolescenza. Si tratta di un momento molto delicato e particolare della vita, in cui avvengono dei grandi cambiamenti sia fisici che psicologici. Chi ha dei figli, prima o poi dovrà affrontare i loro cambiamenti e imparare a relazionarsi con loro durante questa fase. Gli adolescenti spesso tendono a chiudersi in se stessi e non manifestano i propri stati d'animo.
Il punto di riferimento fondamentale per aiutare una figlia adolescente a superare questa fase della sua vita è il dialogo.
In questo periodo le ragazze sono molto fragili e a volte reagiscono con prepotenza e arroganza.
Oggi, l'adolescenza (dal latino adolescere cioè crescere) arriva anche prima dei tempi previsti. Di solito comincia intorno ai 15-16 anni, ma nella società moderna arriva verso i 12-13 anni di età. Per migliorare e saper affrontare questo delicato momento è necessario predisporsi ad accogliere con apertura e sensibilità le "stranezze" che spesso le figlie adolescenti manifestano nei confronti dei genitori. A parte la storia privata e personale di ognuno, è importante riuscire a sviluppare un dialogo sempre aperto e non serrato ed insistente.
La prima cosa da fare per migliorare il dialogo e il rapporto interpersonale con una figlia adolescente è quello di dimostrarle la propria vicinanza. Parlarle con calma e chiarezza senza porsi mai come severi controllori di ogni sua azione.
Le ragazze adolescenti sono molto fragili e vulnerabili anche se tendono a nascondersi dietro un atteggiamento disinvolto e spregiudicato. In questa fase le ragazze tendono a fare leva e coesione con le proprie coetanee nella ricerca di una complicità capace di fare da collante ai propri dispiaceri e delusioni.
Il genitore invece è visto, spesso, come una persona che non "comprende" le necessità e i bisogni che si affacciano e sono nuovi e difficili da capire.
Per questo è importante evitare di scontrarsi punendo severamente la propria figlia per ogni manifestazione umorale particolare o strana (dalla rete).

Figlia
 
La mia giovane figlia, se la vita
la spaura nell'anima - che un posto
cercandosi, in nessuno si fa quieta -,
si stringe chiusa, dura,
come nelle sue ciglia
la margherita sotto il temporale.
Ieri sera era triste: e col suo male
s'aggruppava nel sonno. Ma il mattino,
dritta come una pianta,
pensierata, m'è presso il capezzale,
che con l'aroma del caffè mi canta
"sveglia", col carillon del cucchiaino.

Fernanda Romagnoli
L'anima in disparte
 
 

parole vere, reali,
adolescenti in rivoluzione,
in subbuglio
in ansia...

mercoledì 17 giugno 2015

Ancora clessidre

Per risolvere i problemi che avevano le meridiane, gli astronomi, basandosi sullo gnomone, trasformarono un intervallo di tempo d'ombra in un volume d'acqua determinato, nacque così la clessidra: un misuratore d'intervallo di tempo che non fornisce direttamente l'ora come l'orologio solare.
Le clessidre hanno avuto grande diffusione nel mondo e in vari contesti: negli antichi parlamenti, i greci e i romani la usarono per regolare la durata dei dibattiti pubblici (la "clessidra giudiziaria" romana ad esempio durava 40 minuti); nelle chiese per la durata dei sermoni; nei tornei a scacchi, nell'estro degli artisti.
Oggi sono usate per i giochi da tavolo o come soprammobili ma anche da medici per sedute terapeutiche, insegnati per le consulenze con i genitori.
Il significato della parola "clessidra" La parola clessidra (clepsidra, clepsydra o klepsydra) deriva dal greco e significa "ruba l'acqua".
Nella lingua italiana la parola si riferisce a strumenti che funzionano ad acqua e a sabbia, mentre in altre lingue non è così: la parola clepsydre è usata sia in francese che in inglese per riferirsi allo strumento ad acqua; mentre sabliers in francese e sand-glass in inglese allo strumento a sabbia.
La clessidra a sabbia (clepsamia) è nata nel XIV sec.; la sua caratteristica è quella che non richiede un "rifornimento" costante; con questa rivoluzione diventa trasportabile.
Probabilmente è nata per la vita in mare per determinare i turni dei marinai. All'inizio nel punto di unione vi era una piastrina metallica con il foro, il tutto tenuto insieme con cera e spago; in seguito al progresso della lavorazione del vetro se ne fecero di un pezzo unico.
(dalla rete)


Guarda
sabbie indistinte
scivolate e perdute;
in anfratti nascisti,
in angoli riposti,
sabbia...
 
Anonimo
del XX° Secolo
frammenti ritrovati
 
 
il conto della sabbia...già...
fermo, immobile,
clessidra rotta o inclinata;
affetti si spezzano,
il cuore geme...