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L'ombra è l'opposto del sole, ma si nutre di esso.
Un cielo grigio non genera ombre: nessun contrasto, nessun pensiero.


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domenica 30 giugno 2013

Quiete tra poesia e commento

Nella situazione di inerzia non c’è emozione, si può dire che nello stato di inerzia o quiete c’è benessere in quanto non c’è alcun elemento turbativo.
Non si può e lo vedremo più avanti parlare di gioia in quanto la gioia è comunque energia, movimento, eccitazione.
Nello stato di quiete c’è benessere, beatitudine, appagamento, non gioia.
Le situazioni di disequilibrio possono essere varie: uno stato di bisogno o necessità, un conflitto interiore o esteriore, la percezione dell’esistenza di un problema, di una minaccia, o di un pericolo, situazioni stressanti, o anche situazioni positive di forte coinvolgimento come nel caso dell’innamoramento (dalla rete).



Quiete

Notte di quiete,
dopo la sete
di sonno
di pace,
notte in cui tace
l'urlo del male
non sale.

Anonimo
del XX° secolo
poesie ritrovate

sabato 29 giugno 2013

Poesia e riflesso





Cielo di Giugno

Si spegne una stella,
si accende un sospiro,
nel cielo di Giugno
il sole riscalda
un passare indeciso.

Anonimo
del XX° secolo
poesie ritrovate

venerdì 28 giugno 2013

Ancora Emily

Emily Dickinson


there is another sky,
ever serene and fair,
and there is another sunshine,
tho' it be darkness there -
never mind faded forests, Austin,
never mind silent fields -
here is a little forest
whose leaf is ever green -
here is a brighter garden -
where not a frost has been,
in it's unfading flowers
I hear the bright bee hum,
prithee, my Brother,
into my garden come!
   
c'è un altro cielo,
sempre sereno e bello,
e c'è un'altra luce del sole,
sebbene sia buio là -
non badare alle foreste disseccate, Austin,
non badare ai campi silenziosi -
qui è la piccola foresta
la cui foglia è sempre verde -
qui è un giardino più luminoso -
dove il gelo non è mai stato,
tra i suoi fiori mai appassiti
odo la luminosa ape ronzare,
ti prego, Fratello mio,
vieni nel mio giardino!




A conclusione di una lettera al fratello Austin del 17 ottobre 1851. Il testo è in prosa ed è preceduto da "The earth looks like some poor old lady who by dint of pains has bloomed e'en till now, yet in a forgetful moment a few silver hairs from out her cap come stealing, and she tucks them back so hastily and thinks nobody sees. The cows are going to pasture and little boys with their hands in their pockets are whistling to keep them warm. Dont think that the sky will frown so the day when you come home! She will smile and look happy, and be full of sunshine then - and even should she frown upon her child returning," ("La terra sembra come una povera vecchia signora che fino ad ora è sempre rifiorita dai colpi della sorte, ma in momento di distrazione alcune ciocche di capelli argentei le escono furtivamente dal cappello, e lei le ricaccia indietro velocemente e pensa che nessuno abbia visto. Le mucche stanno andando al pascolo e ragazzini con le mani in tasca fischiettano per tenersi caldi. Non credere che il cielo sarà così corrucciato il giorno in cui verrai a casa! Sorriderà e apparirà felice, e sarà pieno di sole allora - e se pure dovesse corrucciarsi quando il suo figliolo tornerà,"). (dalla rete)

mercoledì 26 giugno 2013

Rimpianto

Il rimpianto è una reazione negativa, conscia ed emotiva ad azioni e comportamenti compiuti nel passato. Generalmente viene accompagnato da tristezza, vergogna, imbarazzo o colpevolezza, che si manifestano dopo che una persona si rende conto che non avrebbe dovuto fare o avrebbe dovuto fare una determinata cosa che ha o non ha fatto. Il rimpianto è distinto dalla colpevolezza, in quanto questa è una senzazione molto più emotiva ed è difficile da spiegare e da comprendere in modo obiettivo. In questo caso, in termini di intensità emotiva, il rimpianto è un'emozione subordinata alla colpevolezza. Inoltre, nel caso della colpevolezza, la vergogna agisce in ambito sociale, mentre nel rimpianto solo nel piano strettamente personale. È inoltre distinto dal rimorso, che è una forma più intensa e più diretta del rimpianto ed è considerato dalla società come violento o vergognoso. Il rimpianto invece è più propenso a rimediare agli errori che ha commesso, o comunque a scusarsi di ciò che si è fatto ed accettare le eventuali punizioni. Il rimpianto non si manifesta soltanto per un'azione che si è fatta e che non si voleva fare, ma anche per azioni che si volevano fare e che non si sono fatte. In letteratura ed in retorica, il rimpianto è anche un forma di evocazione o espressione di sentimenti di mancanza, assenza (da wikipedia).


 
Il rimpianto

Silenzi irreali concludono
storie lontane, disperse,
in angoli angusti risiede
il dovere di mai, quello perso;
andai e rividi,
consumato di vento
il rimpianto...


Anonimo
del XX° secolo
poesie ritrovate

martedì 25 giugno 2013

Il cavallo arabo tra poesia e riflesso

Il Cavallo Arabo

Il cavallo puro sangue arabo è il prodotto di secoli di selezione ed uso in condizioni climatiche tanto difficili da consentire la sopravvivenza solo ai più resistenti e coraggiosi. A ciò si aggiunge il fatto che il criterio di allevamento delle tribù beduine è sempre stato di utilizzare i soggetti dotati del massimo di velocità e di fondo e in grado di sopportare lunghissime marce, il cui epilogo, culminava spesso in azioni guerresche ove velocità e ardimento costituivano la semplice differenza fra vivere e morire. Questo ha significato il cavallo per le tribù arabe nel corso di centinaia di anni. Quando gli Europei cercarono di migliorare le loro razze iniziarono l’importazione dall’Arabia di stalloni con cui incrociarle. Gli inglesi svilupparono il purosangue facendo largo uso di famosi stalloni come Byerly Turk, Darley Arabian, Godolphin Arabian. Non esiste purosangue sulle piste di tutto il mondo nelle cui vene non scorra l’85%-95% di sangue arabo. Altri Paesi poi, come Ungheria, Polonia, Francia, Germania, Spagna pianificarono il miglioramento delle loro razze con massicce immissioni di stalloni arabi provenienti dai deserti. Oggi, nessuna notevole razza equina è esente dall’impronta miglioratrice del cavallo arabo. Blaze discendente da Darley Arabian è stato il capostipite dell’Hakney. Da Messenger, derivato arabo, trae origine il trottatore Americano. Nella razza lipizzana l’importante linea Siglawi discende da un famoso stallone arabo chiamato appunto Siglawi. L’influsso del cavallo arabo è tuttora evidentissimo nelle razze del Sud Italia (Persano e derivati orientali in Sicilia) e nelle razze Sarde. Un grande interesse si è concentrato sul cavallo arabo per oltre due secoli; sempre però, maggiormente inteso al miglioramento delle razze autoctone che all’allevamento dell’arabo in purezza. La sua scarsa diffusione dovuta a costi eccessivi d’importazione, difficoltà di reperimento e trasporto, oggi è sormontata grazie al superamento di questi problemi. Migliaia di cavalli puro sangue arabi vengono ogni anno registrati nel mondo sotto il controllo della WAHO (World Arabian Horse Organisation). Gli U.S.A., il Canada, l’Inghilterra, la Russia, la Polonia, la Germania e l’Egitto primeggiano nell’allevamento e nel numero di cavalli registrati. Perché tanta attenzione ruota oggi attorno al cavallo puro sangue arabo? Per comprenderlo occorre anzitutto analizzarne le caratteristiche. Altezza da mt. 1,45 a mt. 1,55 ma esistono soggetti più piccoli e più alti; pelo corto, fine, soffice; criniera e coda seriche; mantello: baio, grigio, sauro e nero. La bellezza è più consona a inquadrarsi nei canoni dell’arte che in quelli della morfologia equina. Testa corta, fronte larga, occhi enormi pieni di espressione, orecchie fini e mobili, collo arcuato, spalle e pastorali ben inclinati. La schiena larga e corta, la profondità e l’ampiezza toracica segno distintivo della sua forza. L’arabo differisce dagli altri cavalli per costituzione e temperamento, è compatto nella conformazione e famoso per la sua resistenza. Nelle gare di fondo non ha rivali grazie al suo metabolismo particolare. È nota inoltre la sua capacità di portare grossi carichi, fuori dai consueti rapporti peso trasportato/peso del cavallo, validi per tutte le altre razze. Il Gen. Dumas nel suo libro «Le vrai cheval arabe» fornisce dettagliate tavole di caricamento per cavalli arabi in servizio nelle truppe francesi del Sahara; in breve: 153 Kg. di carico comprensivi di cavaliere, bardatura, armi e viveri per 7 giorni e distanze coperte sull’origine di 100 Km. giornalieri. L’arabo è famoso per la sua meravigliosa disponibilità, temperamento e bontà, stile e bellezza associate a facilità di apprendimento e serietà. Anche gli stalloni, non presentano difficoltà particolari e in genere possono essere montati con sicurezza anche da bambini. La versatilità è un’altra formidabile caratteristica della razza. Soggetti propriamente selezionati possono correre veloci come purosangue Inglese, trottare alle andature più rilevate come un Hakney o un Saddle bred, possono lavorare il bestiame come un Quarter Horse, cacciare e saltare come un Hunter, servire come cavallo da parata o tirare elegantemente un calesse, una carrozza o una slitta. L’arabo è realmente un cavallo per tutti gli usi e attaccato o bardato come volete, resterà inconfondibilmente un arabo (dalla rete).


Alla vita

 
Non prenderai il mio rossore
intenso - come le piene dei fiumi!
Sei il cacciatore, ma io non cederò,
sei l'inseguimento, ma io sono la fuga.

Non prenderai la mia anima viva!
Così, nel galoppo delle cacce -
si china - e morde
una vena il cavallo
arabo.

Marina Ivanovna Cvetaeva




e corse infinite
infiniti richiami
dove senso e bugia
sono solo parole...

lunedì 24 giugno 2013

Cagnolini da vendere

Il padrone di un negozio aveva messo sulla porta un cartello con la scritta “cuccioli da vendere”.
Poco dopo arrivo un ragazzino che attratto dalla scritta chiese quanto costavano i cuccioli.
L’uomo rispose:- Intorno a 30-50 euro.-
Frugate le tasche il ragazzo raccolse tutte le monetine che aveva e disse:
-Ho 2,37 euro, posso vederli?-
Il proprietario sorrise e fece un fischio.
La sua cagnetta di nome Lady venne fuori dal canile seguita da cinque piccoli cuccioli. Ma uno dei cuccioli restava dietro…subito il ragazzino scelse il cucciolo zoppo rimasto indietro.
-Di cosa soffre questo cagnolino?-
L’uomo spiegò che sin dalla nascita il veterinario aveva detto che il cucciolo aveva una malformazione all’anca che l’avrebbe fatto zoppicare per tutta la vita.
Il ragazzino era entusiasta:
- E’ proprio questo che voglio comperare-
L’uomo rispose:
-No, non puoi comperare questo cucciolo, ma se lo vuoi proprio, te lo regalo!-
Il ragazzo era sconvolto.
Guardò l’uomo diritto negli occhi e disse:
-Non lo voglio in regalo. vale come gli altri e lo pagherò prezzo intero. Vi pagherò subito 2,37 euro e poi ogni mese vi porterò 50 centesimi finche il debito sarà saldato .-
L’uomo controbatté -Non devi comperare questo cucciolo, non potrà mai correre ,saltare e giocare… -
Allora il ragazzino si chinò e cominciò ad arrotolare una delle gambe del pantalone e fece vedere una gamba malata rattrappita, sostenuta da un’intelaiatura d’acciaio.
Guardo l’uomo e disse :-Non corro molto bene e il cucciolo avrà bisogno di qualcuno che lo capisca.-
L’uomo si morse il labbro inferiore e lacrime stavano per spuntarli agli occhi …sorrise e disse:
- Ragazzo mio, spero e prego che ogni cucciolo trovi presto un padrone uguale a te!-
Nella vita poco conta chi voi siate, se qualcuno vi valuta per quello che siete ,vi accetta e vi ama incondizionatamente .
Il vero amico e’ quello che si avvicina quando il resto del mondo si allontana.

(dalla rete)

domenica 23 giugno 2013

Poesia e rilfesso


Mattino
La finestra socchiusa contiene un volto
sopra il campo del mare. I capelli vaghi
accompagnano il tenero ritmo del mare.
 
Non ci sono ricordi su questo viso.
Solo un'ombra fuggevole, come di nube.
L'ombra è umida e dolce come la sabbia
di una cavità intatta, sotto il crepuscolo.
Non ci sono ricordi. Solo un sussurro
che è la voce del mare fatta ricordo.
 
Nel crepuscolo l'acqua molle dell'alba
che s'imbeve di luce, rischiara il viso.
Ogni giorno è un miracolo senza tempo,
sotto il sole: una luce salsa l'impregna
e un sapore di frutto marino vivo.
 
Non esiste ricordo su questo viso.
Non esiste parola che lo contenga
o accomuni alle cose passate. Ieri,
dalla breve finestra è svanito come
svanirà tra un istante, senza tristezza
né parole umane, sul campo del mare.

Cesare Pavese



lontano, lontano,

come una mano stanca,
rieccomi in piedi,
col vento,
coi sogni...

sabato 22 giugno 2013

Poesia tra quadro e riflesso

Pensierino del mattino

La mattina alle quattro, d'estate,
il sonno d'amore dura ancora.
Sotto i boschetti l'alba deodora
le sere festeggiate.

Ma laggiù negli immensi cantieri
al sole dell'Esperidi, là
scamiciati, ecco i carpentieri
si agitano già.

Tranquilli, in quei deserti muschiati,
preparano il tavolato fino
dove ride il ricco cittadino
sotto cieli affrescati.

Per questi Operai affascinanti
a un re di Babilonia assoggettati,
ah! lascia un po', Venere, gli Amanti
dai cuori incoronati.

Regina dei Pastori!
porta acquavite ai lavoratori,
la loro forza vieni a ristorare
prima del bagno meridiano, in mare.


Arthur Rimbaud

Enrica Melotti, Il sogno del mattino, 1993


suoni dal  cielo,
dai rami oltre silenzi
che sanno di sonno
e ancora si dorme
il mondo riposa...

venerdì 21 giugno 2013

Vetrata tra storia e poesia

La vetrata è un insieme di lastre di vetro a differenti gradi di opacità, montate su intelaiatura di legno o di metallo (per lo più piombo). Viene usata per sigillare ed eventualmente decorare finestre o altro genere di aperture nelle pareti. Può avere funzione di parete divisoria. La tecnica utilizzata con intento decorativo è la pittura del vetro. Le figure di una vetrata sono realizzate con una serie di tessere di vetro colorato unite da un filo di piombo Sino al XIX° secolo i colori non sono dipinti sopra al vetro, ma il vetro stesso è già colorato.
La colorazione del vetro avviene durante la sua fusione, quando il vetraio mette nell’impasto le sostanze coloranti (i minerali come ossidi di ferro, di rame, ecc…); quindi il maestro vetraio lavora con vetri già colorati. Una volta che il vetro è fuso, egli ne preleva con una canna una parte e lo soffia imprimendo una rotazione alla canna stessa. La forza centrifuga fa sì che, questo "globo"(la parte prelevata)diventi un disco, una forma circolare piatta, dalla quale il maestro taglia le tessere. Questo vetro soffiato presenta delle "gobbe"perché non è liscio e uniforme e quindi neanche il colore lo è; infatti dove il vetro è più sottile, il colore sarà più sfumato, mentre dove il vetro è più grosso il colore sarà più intenso. Queste particolarità sono utilizzate per realizzare giochi di luce, di ombra e per dare anche un certo volume alle figure. Il taglio delle tessere, prima avveniva con dei ferri bollenti, poi in un secondo momento si utilizzerà il diamante, che incide la tessera che viene staccata con pressione. Alla fine, come ultima operazione, si compongono le tessere fino a farle diventare delle figure. Dopo si procede con la stesura della grisaglia, che è un colore scuro (nero, bruno, grigio scuro) che serve per fare i particolari (occhi, naso, capelli e le stesse pieghe dei vestiti). Questa è un’operazione molto importante perché altrimenti si vedrebbe una figura senza volume. Dopo che è stata passata la grisaglia si rimette il vetro in un forno (a 600°), in modo tale che la grisaglia (che per altro contiene anche del vetro polverizzato) si saldi perfettamente alla tessera. L’ultima fase è quella di ricomporre le tessere con i piombi (dalla rete).


Vetrata

O memoria, la terra è il tuo ritorno
negli occhi, le magnolie
in un torno di gridi dai cortili
traboccano, sui lividi ginocchi
spunta l’età più grande come un’alba.
Una febbre rimuove dagli stipiti
la madre dolcemente: là trasporta
simile a luce le vele dal porto:
afosa muove sulle braccia a chi
non scorda. Mentre un lampo rosa inonda
la finestra, l’attesa: una tempesta
di caldo, un bacio che fa vana ressa.
E i cani spenti di una festa delirano
di viola se grappoli di nulla
pendono già a un oriente.

Piero Bigongiari


di là dal vetro, io,
come un solitario,
quasi un ideale;
rivivo, rivedo,
riamo...

giovedì 20 giugno 2013

Frammento





flessuoso vino mi inebria
con tanto atteso rivivo
risento i semi del vento
e fluttuo come trepida ala...

Anonimo
del XX° secolo
frammenti ritrovati

mercoledì 19 giugno 2013

Ancora Claudio


La tua prima luna

Questa è la tua prima luna che vedi
fuori di casa sapendo di non ritornare
Oggi sei uscito e ti sei domandato
ma dove sto andando e che cosa farò
Sei finito in un prato mangiando una mela
comprata passando dal centro
dove i tuoi amici parlavano ancora
di donne e di moto e tu ti fumavi
la gioia di essere riuscito a fuggire di casa
portandoti dietro soltanto la voglia
di non ritornare

Hai pochi soldi sai bene domani
nessuno ti aiuta se hai voglia di chiedere aiuto
ma in quella prigione dove ti hanno insegnato
ad amare poche persone alla volta non vuoi ritornare

Vuoi amare più gente vuoi vivere in mezzo alla gente
E mentre tu dormi su un prato sentendo un po' freddo
con dentro una voglia di piangere forte
tu vedi passare una macchina verde della polizia
Non ti vedono neanche
li senti andar via e capisci di colpo
che il loro discorso è diverso dal tuo.

Claudio Rocchi

martedì 18 giugno 2013

Ciao Claudio, ciao...


Addio a Claudio Rocchi, rocker e poeta Annunciò la sua "settima vita" su Facebook

Volo magico n°1

Mente, cuore, mani, occhi, braccia, bocca, gambe, nome
C'è sempre tempo per cantare, il cielo, l'acqua, un corpo, tutti
Poi puoi andare dove vuoi, poi puoi essere come vuoi,
Poi puoi stare con chi vuoi,
poi puoi prendere o lasciare,
poi puoi scegliere di dare.
Pane, suono, aria
voci, amici, roba, far l'amore
C'è sempre tempo per cantare, te, le stelle, il fumo, tutto.
Poi puoi andare dove vuoi,
poi puoi essere come vuoi,
poi puoi stare con chi vuoi,
poi puoi prendere o lasciare,
poi puoi scegliere di dare.
om hari om...

Claudio Rocchi
(Donatella Bardi)





come sono triste,
come sono triste,
come sono triste...

Gujil

Om 'è la vibrazione cosmica primordiale da cui nacque l'intero cosmo e tutto il creato.
Il mantra più famoso è 'Hari Om'.
E significato essenziale è che sia Hari Om.
'Hari Om' è un mantra universale che elimina la sofferenza.
Questo mantra contiene in sé la vibrazione cosmica.
Attraverso la meditazione Hari Om, prana si muove da un centro di energia agli altri (dalla rete).

Poesia e commento

More than the Grave is closed to me -
The Grave and that Eternity
To which the Grave adheres -
I cling to nowhere till I fall -
The Crash of nothing, and of all -
How similar appears -
   
Più che la sola Tomba è chiuso a me -
La Tomba e quell'Eternità
A cui la Tomba è legata -
Mi aggrappo al vuoto finché precipito -
Il Crollo del nulla, e di tutto -
Come appaiono simili -

Emily Dickinson




L'impossibilità di decifrare il mistero non consente appigli, è come aggrapparsi a qualcosa di inesistente; e quando si cade il crollo è insieme del nulla che siamo, e che forse saremo, e di quel tutto che la vita rappresenta per noi: due apparenti opposti che nel momento della morte sembrano fondersi l'uno nell'altro: il risultato potrà essere l'eternità o un nulla ormai definitivo, non più mitigato da quel fuggevole sprazzo di vita che ci è destinato (dalla rete).

lunedì 17 giugno 2013

Assurdo tra poesia e riflesso

ASSURDO (dal lat. absurdus; fr. absurde; sp. absurdo; ted. absurd; ingl. absurd). - Per i matematici ha sempre il significato preciso di contraddizione logica. Riduzione all'assurdo è quel metodo di dimostrazione in cui si stabilisce una proposizione a, facendo vedere che dall'assumere come ipoteticamente vera la proposizione contraddittoria non-a, si deduce una contraddizione. Di questo metodo fa uso frequentissimo Euclide nei suoi Elementi, fin dal 1° libro. Critici come il Houel, Essai critique sur les Principes fondamentaux de la géometrie, Parigi 1867, intr. p. 7, e Duhamel, Des méthodes dans les sciences de raisonnement, Parigi 1879, I, pp. 60, 342, vedono in codesta forma dimostrativa la preoccupazione di chiudere la bocca ai sofisti, e ad ogni modo un procedimento indiretto seppure utile, per cui, pur facendo vedere che una cosa è, non se ne spiega il perché. La repugnanza per codesta forma entra in gran parte nel giudizio che lo Schopenhauer dava della geometria euclidea, nelle cui dimostrazioni vedeva un giuoco di destrezza e una "brillante stortura". Tutte queste critiche muovono dall'ideale scientifico-pedagogico della dimostrazione basata sull'evidenza intuitiva; onde, per stimarne giustamente il valore, conviene riconoscere la parte necessaria che, nell'assetto razionale delle matematiche, spetta alla logica. La veduta storica illumina il cammino. L'origine del ragionamento per assurdo risale alla scuola d'Elea, ed è quindi anteriore ai sofisti. Nei ragionamenti paradossali degli Eleati, specie in argomenti come l'Achille di Zenone, si può riconoscere una riduzione all'assurdo della tesi monadica pitagorica, che attribuiva al "punto" una certa estensione. Zenone stesso, secondo Diogene Laerzio, sarebbe l'inventore della dialettica, cioè della logica intesa come regola della riduzione all'assurdo. Siccome negli argomenti di Zenone entra in giuoco la determinazione della somma d'una serie infinita di termini (e precisamente d'una progressione geometrica), così le origini della logica vengono naturalmente ad incontrarsi con quelle dell'analisi infinitesimale. E l'incontro non è casuale. Finché il pensiero umano si limita a ragionare intorno a qualcosa che cada immediatamente sotto l'intuizione, non ha bisogno di regole particolari per controllare i passaggi del ragionamento, che rispondono a passaggi intuitivi. Ma l'esigenza del rigore più preciso sorge non appena il ragionatore si volga a qualcosa, come l'infinito, che supera l'intuizione. Qui accade che il ragionamento debba assumere la forma negativa propria della riduzione all'assurdo: i passaggi successivi della deduzione dall'ipotesi, lungi dal cadere sotto il controllo dell'evidenza, tendono a manifestare sempre più la falsità dell'ipotesi stessa, che si rivela infine nell'ultima conclusione. Quindi la coerenza del ragionamento deduttivo dev'essere valutata secondo criterî puramente logici, che perciò appunto si richiede di rendere consapevoli. Il rapporto proprio del procedimento di riduzione all'assurdo con l'analisi matematica dell'infinito viene in luce nell'elaborazione della teoria delle aree e dei volumi secondo il metodo d'esaustione, inventato da Eudosso di Cnido (nel sec. IV a. C.) e adoperato più largamente da Archimede. Secondo questo metodo, due aree di cui si vuole dimostrare l'uguaglianza vengono paragonate, supponendo a priori che debbano essere uguali o disuguali, e che, in questo secondo caso, debba esservi una differenza, che si dimostra poi dover essere minore d'un'area piccola ad arbitrio, e perciò nulla. L'argomento dissimula chiaramente una divisione delle figure in infinite parti, quale si mette in opera nell'analisi infinitesimale (v. integrale). E convien dire che, se nel linguaggio moderno il ragionamento sembra assumere forma diretta, abbandonando la riduzione all'assurdo degli antichi, ciò accade perché l'idea negativa si è fatta entrare nella definizione del limite, la cui esistenza viene ricondotta - una volta per tutte - ad un criterio di continuità. Ora, relativamente al valore euristico che può competere in generale al ragionamento per assurdo nelle questioni matematiche, conviene rilevare il legame di codesto procedimerito con l'analisi dei problemi (v. analisi). Se, in una certa questione, si presentano come possibili due ipotesi contraddittorie e però esclusive l'una dell'altra, a e a′, l'analisi consiste nel dedurre da una qualunque delle due ipotesi una serie di conseguenze, finché si arrivi ad un'ultima proposizione che si conosca per vera o per falsa. Ma, se l'ipotesi a è vera, e l'ultima proposizione da essa dedotta - dicasi n - venga conosciuta per vera, l'analisi del problema essendo così compiuta, resta a fare la sintesi, per il che si richiede che tutti i passaggi della deduzione vengano invertiti, sicché in ultimo a si riveli come conseguenza di n. Invece, se siamo partiti dall'ipotesi falsa a′, e da essa si sia dedotta una conseguenza n′ che venga conosciuta per falsa, la falsità di a′ resta senz'altro stabilita e quindi anche la verità di a: perciò il metodo di riduzione all'assurdo corrisponde ad un caso in cui l'analisi del problema porge da sola la risposta senza bisogno d'una sintesi integratrice. In questa osservazione rientra il valore che generalmente viene riconosciuto al nostro procedimento per la dimostrazione delle proposizioni reciproche. Per l'uso d'un simbolo designante l'assurdo o il "non-ente" vedi logica, matematica.
Bibl.: F. Enriques, Sul procedimento di riduzione all'assurdo, in Bollettino della Società Mathesis, Bologna 1919. Confronti col metodo sperimentale si trovano in P. Duhem, La théorie physique, in Revue de Philosophie, 1905, e G. Vailati, Scritti, Firenze 1911, p. 593 (enciclopedia Treccani, dalla rete).


È assurdo

dice la ragione.
È quel che è

dice l'amore.
È infelicità

dice il calcolo.
Non è altro che dolore
dice la paura.
È vano

dice il giudizio.
È quel che è

dice l'amore.
È ridicolo

dice l'orgoglio.
È avventato

dice la prudenza.
È impossibile

dice l'esperienza.
È quel che è

dice l'amore.

Erich Fried


è come essere soli.
un attimo, svanisce
la gioia si perde
in acqua disciolta
e lacrime vanno...

domenica 16 giugno 2013

Poesia e riflesso


Alla marina

Discendo alla marina. Bevo azzurro
che smuore fra i due golfi. La leggera
ala dei gabbiani coglie l'ultimo
saluto della luce. Nella sera
canta il mio mare e mi rimanda intera,
tutta stillante d'alghe e di madrepore,
l'anima mia lontana di fanciullo.

Guglielmo Lo Curzio




risacca e onda
rollio, suono,
sciacquio e beccheggio
mare dentro me...

sabato 15 giugno 2013

Atropo

Atropo (in greco:Ἄτροπος,cioè in nessun modo,l'immutabile,l'inevitabile) era una delle tre Moire (o Parche, nella mitologia romana), figlia, secondo una versione, della Notte o, secondo un'altra, di Zeus e di Temi (o Mnemosine).
Atropo, la più anziana (Esiodo, Scudo, 259: ... Atropo, non era una grande dea, ma certamente alle altre superiore e più anziana...) delle tre sorelle, è colei che non si può evitare, l'inflessibile; rappresenta il destino finale della morte d'ogni individuo poiché a lei era assegnato il compito di recidere, con lucide cesoie, il filo che rappresentava la vita del singolo, decretandone il momento della morte (dalla rete). 

John Strudwick, A Golden Thread (Un filo prezioso), 1885 
 
 Arcolaio

Fila la vita Atropo la taglia
in attimi spenti si vaglia
quelle che è stato, rimasto
in un sottile istante fermato
impresso nel nulla, sognato.

Anonimo
del XX° secolo
poesie ritrovate

venerdì 14 giugno 2013

Frutto


frutto

[frùt-to] s.m.
  • 1 bot. Parte della pianta, costituita dall'ovario fecondato, che contiene i semi
  • 2 Nell'uso comune, prodotto commestibile di alcune piante: alberi da f.; f. di stagione; in generale, qualunque prodotto della terra: i f. dei campi || frutti di mare, nome generico dei molluschi commestibili || fig. f. proibito, secondo la tradizione biblica, quello che Adamo ed Eva non avrebbero dovuto mangiare; in generale, tutto ciò che è proibito
  • 3 Figlio, con valore eufemistico o nel registro colto
  • 4 fig. Risultato, conseguenza, effetto: i f. di un'educazione sbagliata; quanto si ricava da un'attività: raccogliere i f. di tanti anni di lavoro || senza f., senza risultato
  • 5 Utile economico, interesse maturato da un investimento, un impiego finanziario SIN rendita, profitto: un deposito che dà buoni f. || mettere a f. qlco., impiegare in modo proficuo, anche in senso fig.: mettere a f. la propria esperienza
  • • sec. XIII

Un frutto

Ma il frutto che sul ramo si matura
per la sete del suo coltivatore
ha la bontà della bellezza pura.
Non è vaghezza sterile di fiore
nato al piacer dell'occhio e dell'olfatto,
ma polpa e succo buono e buon sapore!
Semplice è il frutto. Un riso di scarlatto
sembra avvampar su la sua guancia tonda,
per chi sa quale suo gioir, d'un tratto.
Si dona, benché un poco esso nasconda
il rossor dell'offerta tra due foglie.
Ma tutto splende, nudità gioconda,
nella man che si tende e che lo coglie.

Amalia Guglielminetti


quello che colsi,
quello che assaggiai,
quello maturo
e quello acerbo.
quello cattivo...

giovedì 13 giugno 2013

Poesia e riflesso

Giugno

Quando
mi morirà
questa notte
e come un altro
potrò guardarla
mi addormenterò
al fruscìo
delle onde

Quando
mi risveglierò
nel tuo corpo,
che si modula
come la voce dell’usignolo,
potrò cantare
le lodi
al nostro amore.

Poi
socchiuderai le palpebre

Vedremo il nostro amore reclinarsi
come sera.

Poi vedrò,
rasserenato,
nell’orizzonte di bitume
delle tue iridi
morirmi le pupille.


Giuseppe Ungaretti


poi vedrò il sole,
quello più caldo,
quello più dolce
e dormirò finalmente
tra le braccia di chi
per amore mi vede
e con amore mi ama...

mercoledì 12 giugno 2013

Poesia




Campane

Campane scompongo
suoni distorti dal vento,
portati lontano
a chiamare i contadini
nei campi di fieno
e di garno mietuto.

Anonimo
del XX° secolo
poesie ritrovate

martedì 11 giugno 2013

Poesia e riflesso

Che puro gioco di lampi sottili
consuma ogni diamante
d'impalpabile schiuma,
e quanta pace che sia nata sembra;
quando sopra l'abisso un sole posa,
opere schiette d'una causa eterna,
scintilla il tempo e il sogno è conoscenza.
Paul Valery

vie appena distinte,
rossi tramonti inviolati,
marinaio perenne,
timoniere stanco...

lunedì 10 giugno 2013

Poesia e commento

Inviata nel marzo 1853 a Susan, che in quel periodo era a Manchester, nel New Hampshire . I versi sono preceduti da "Write! Comrade, write!" ("Scrivi! Amica mia, scrivi!"). Nell'edizione delle lettere Johnson annota: "Il messaggio può voler dire di più di 'Scrivimi una lettera'. ED aveva iniziato a scrivere poesie e stava probabilmente incoraggiando Susan a fare altrettanto." Nel 1858 ED trascrisse questi versi nei fascicoli con una modifica al verso 7: "silent" al posto di "peaceful" e con i primi due versi riuniti in uno (dalla rete).

On this wondrous sea
Sailing silently,
Ho! Pilot, ho!
Knowest thou the shore
Where no breakers roar -
Where the storm is o'er?
In the peaceful west
Many the sails at rest -
The anchors fast -
Thither I pilot thee -
Land Ho! Eternity!
Ashore at last!
   
Su questo mare meraviglioso
Navigando in silenzio,
Ohé! Pilota, ohé!
Conosci tu la riva
Dove non urlano i marosi -
Dove la tempesta è oltre?
Nel tranquillo ponente
Molte le vele a riposo -
Le ancore salde -
Laggiù ti conduco -
Terra Ohé! Eternità!
A riva finalmente!
Emily Dickinson

domenica 9 giugno 2013

Rosa di Giugno



Rose

Profumo gentile mi riempie
la mente di mille colori
battono forte le tempie
dove annidano gioie e dolori.

Anonimo
del XX° secolo
poesie ritrovate


Simbologia

Simbolo per eccellenza di amore, devozione, ammirazione, bellezza e perfezione, la rosa è uno dei fiori di aspetto elegante più apprezzati da secoli. La ‘rosa degli amanti’ è notoriamente in tutto il mondo quella rossa che, nella mitologia, era il fiore sacro a Venere, la dea romana dell'amore, e che è rimasta l’espressione immortale di romanticismo più inconfondibile per dichiarare il sentimento di amore profondo e appassionato a una persona speciale, soprattutto il giorno di San Valentino. Regalate dai figli il giorno della ‘Festa della Mamma’ ancora in vita, presso numerose culture antiche le rose rosse erano utilizzate come decorazione nelle cerimonie nuziali e spesso per agghindare la sposa, così che sono rimaste legate al matrimonio in alcuni Paesi come simbolo di amore e di fedeltà. A seconda della sfumatura del rosso dei petali, la rosa esprime emozioni diverse: quella intensa, sincero rammarico e dolore; il carminio, le fantasie erotiche; il cardinale, una fortissima attrazione; l’amaranto, il desiderio provato da lungo tempo; quella accesa come fuoco, le fiamme della passione; il porpora, promette solennemente amore eterno. Dalla tonalità calda e vibrante come una fiammata di fuoco, la rosa arancione trasmette un messaggio di energia e di entusiasmo, di orgoglio e di fervore, ma anche di fascino, di intensa attrazione e di desiderio appassionato quasi come le rose rosse. La rosa color pesca è un simbolo di modestia, che però esprime anche un sincero apprezzamento e l’ottimismo per il futuro. La rosa gialla esprimeva gelosia, inganno, tradimento e infedeltà in epoca vittoriana, mentre nella cultura moderna evidenzia sentimenti puramente platonici: un’amicizia appagante, l’affetto, l’accoglienza, la gioia del prendersi cura che riscalda il cuore trasmettendo il calore del sole e il senso di esuberanza. Le rose dai petali gialli chiari sfumati in rosa pallido sono un tradizionale simbolo di socialità, dedicato anche all’amico sempre presente nei ricordi. Una dozzina di rose bianche – considerate il ‘Fiore della Luce’ – indicano purezza, castità, riservatezza, lealtà e rispetto. Associate al nuovo inizio come tutti i fiori bianchi, rappresentano anche l'amore giovanile, mentre in bocciolo indicano a una ragazza che è troppo giovane per legarsi sentimentalmente. In alcune culture native americane e in quella occidentale, è la ‘rosa della sposa’, simbolo di felicità nella cerimonia nuziale tradizionale, mentre in Scozia il fiorire di una rosa bianca in autunno è inteso preannuncio di un matrimonio precoce. Nel Galles, le rose immacolate sono il simbolo del silenzio e dell'innocenza, così spesso adornano le tombe dei bambini, mentre uno di questi fiori è portato addosso dagli orfani nel giorno della ‘Festa della Mamma’. Simbolo di umiltà, di riverenza e di spiritualità come ogni fiore candido, le rose bianche rappresentavano la purezza della Vergine – la ‘Rosa mistica in cielo’ – nell'Europa cristiana medievale. Le rose dalla corolla sfumata dal bianco al verde – colore dell'armonia, della fertilità, dell’opulenza che trasmette un senso di pace e di tranquillità – sono il migliore augurio di una nuova vita prospera o della ripresa in salute. Spesso tra le più profumate, la rosa di colore rosa – di grande stile, eleganza, raffinatezza, signorilità – è un classico per trasmettere emozioni amabili come l'ammirazione, la spensieratezza, la felicità, ma anche la poesia di un amore innocente. Tra le numerose varianti, la tonalità rosa scuro esprime gratitudine, riconoscenza e apprezzamento; quella chiara manifesta simpatia, gentilezza, dolcezza, amicizia, innocenza; il rosa pallido è sinonimo di grazia e di gioia. La rosa lilla rivela l’incanto e la prima emozione d'amore, mentre quella in tonalità lavanda o quasi viola esprime un senso di maestosità, di splendore regale, ma anche l’amore a prima vista e il desiderio, pur rimandando al simbolismo della magia, all’avvertimento di procedere con cautela e discrezione. Non presente allo stato naturale, ma ottenuta in modo artificiale, la rosa blu è considerata un fiore sfuggente che incarna il misterioso e il desiderare l'irraggiungibile, compreso il fantasticare nella speranza di prodigi, nuove opportunità e possibilità. Le rose rosso scurissimo tendente al nero trasmettono sensazioni di addio e di morte, quindi sono dedicate ai defunti, ma segnalano anche la fine di un sentimento, di una relazione amorosa o di un'idea, ma anche l’aspirazione a un cambiamento significativo in futuro. Un bouquet composto con rose in diversi colori casuali dichiara un’attrazione che potrebbe sfociare in un sentimento; in rosa e rosso indica intenso romanticismo appassionato; in giallo e rosso trasmette allegria e di felicità proiettate anche nel futuro; in rosso e bianco esprime le intenzioni serie alla base di un innamoramento profondo, ma anche l'unione e la comprensione su di un terreno comune. Questa interpretazione risale a quando, nel 1485, il re Enrico VII creò in araldica la Rosa Tudor – una rosa bianca sormontata da una rossa – per riunire gli emblemi delle famiglie inglesi di York e di Lancaster alla fine della ‘Guerra delle Due Rose’, una sanguinosa lotta dinastica che durava da trent’anni. Una rosa è il simbolo della semplicità, ma anche dell'amore a prima vista, se donata in occasione del primo appuntamento, mentre in piena fioritura è una dichiarazione di persistente sentimento amoroso. Due rose manifestano affetto, innamoramento, fidanzamento o promettono un futuro matrimonio. Tre rose rappresentano il legame esistente tra una coppia di innamorati e, per tradizione, celebrano l’anniversario di un mese. Sei rose dichiarano di avvertire la mancanza dell’amata e il coinvolgimento sentimentale a qualunque età, giovanile o matura. Sette rose esprimono la presenza di un’infatuazione. Nove rose rappresentano la volontà di rimanere per sempre legati alla propria partner. Dieci rose attestano che la relazione amorosa è davvero perfetta. Una dozzina di rose asseriscono di desiderare legarsi all’amata per tutta la vita, per averla accanto soltanto per sé. Tredici rose dimostrano amicizia all’infinito. Quindici rose rivelano il proprio dispiacere. Diciotto rose sono inviate per scusarsi. Venti rose svelano la sincerità dei sentimenti che si provano. Ventuno rose palesano la dedizione amorosa. Due dozzine di rose esclamano di appartenere all’amata. Venticinque rose presentano le congratulazioni. Tre dozzine di rose rendono manifesto di sentirsi perdutamente innamorati. Quaranta rose attestano che il proprio amore è autentico. Cinquanta rose palesano un sentimento amoroso incondizionato. Un mazzo di rose aperte in fiore ringraziano con riconoscenza.

 
  Mitologia e leggende

Di straordinaria bellezza naturale, la rosa fu consacrata a Venere, la dea dell'amore, dagli antichi Romani. Nella mitologia greca, Clori (o Cloride), la dea dei fiori, diede origine alla prima rosa tramutando una ninfa trovata senza vita allo scopo di preservarne tanta avvenenza. Afrodite, la dea greca dell'amore, le attribuì parte della sua appariscenza; Dioniso, dio dell'energia naturale, le regalò un profumo indimenticabile; le tre Cariti, divinità della bellezza, le donarono splendore, fascino e gioia; Zefiro, dio del vento di Ponente, soffiò tra le nuvole per spazzarle via così Apollo, dio del sole, riuscì a fare fiorire quella che fu subito designata come la ‘Regina dei fiori’. Secondo una leggenda medievale, le prime rose apparvero miracolosamente per salvare una fanciulla innocente condannata ingiustamente a morte sul rogo. In seguito alle preghiere per ottenere la liberazione, le lingue di fuoco si spensero, la legna che stava bruciando si tramutò in rose rosse e quella ancora da ardere in rose bianche. Circolava anche un’antica credenza secondo la quale esistevano in origine soltanto rose bianche, ma diventarono per sempre di colore rosso, insanguinate dal cuore di un usignolo trafitto dagli aculei della rosa di cui era perdutamente innamorato: in preda alla passione, le si era avvicinato troppo cantandole una canzone per assecondarla, invece di cinguettare.
 

  Religione ed arte

Nel Cristianesimo, la rosa – il ‘Fiore della Madonna’ – fu di sovente raffigurata nell’iconografia religiosa anche con i Santi e la tonalità rossa fu adottata come simbolo del sangue versato dai martiri cristiani. Secondo una leggenda popolare, in origine la rosa cresceva soltanto in Paradiso ed era priva di aculei, ma questi comparvero sullo stelo quando il fiore spuntò sulla Terra così che gli uomini ricordassero sempre i peccati e la caduta dello stato di Grazia dopo che Adamo ed Eva furono cacciati dall'Eden, mentre rimasero l’aspetto di straordinaria bellezza e il profumo piacevole probabilmente per indurre a riflettere su tanto splendore andato perduto. La Vergine Maria è, di conseguenza, la ‘Rosa senza spine’, in quanto libera dal peccato originale. Tra le numerose raffigurazioni delle rose citate dalla storia dell’arte, quelle più ricche di particolari furono dipinte dal ‘Raffaello dei fiori’, Pierre-Joseph Redouté (1759-1840), pittore del Lussemburgo ricordato per la pubblicazione di oltre duemila acquarelli che rappresentavano più di 1.800 specie floreali diverse. Il pittore e litografo Henri Fantin-Latour (1836-1904) fu un prolifico pittore di fiori, in particolare di rose, oltre che di nature morte e di ritratti di gruppi di artisti e scrittori parigini. Con questi fiori si cimentarono artisti francesi come Pierre-Auguste Renoir (1841-1919) e Claude Monet (1922-1924), tra i massimi esponenti dell’Impressionismo, e il post-Impressionista Paul Cézanne. Nel ‘900, straordinarie sono state le opere dedicate alle rose da due famosi artisti statunitensi: la pittrice Georgia O'Keeffe (1887-1986) e il fotografo Robert Mapplethorpe (1946-1989) (dalla rete).

venerdì 7 giugno 2013

Passaggio





muoversi e andare
incrociare vite, vie
sotto le spoglie
nelle mistiche voglie...




Passaggio

Lungo la spiaggia di sabbia fina,
sull’orlo di un mare a pecorelle,
lento procede in triplice fila
un branchettino di paperelle.
Vanno di passo regolare
come un collegio di chierichini,
girano solo la testa, a beccare
pallidi insetti salterini.
Dietro c’è un mare che freme selvaggio,
sopra c’è un sole che avvampa in leone.
Restano, a traccia del lieve passaggio,
tante crocette a fior del sabbione.

Diego Valeri
Poesie piccole, 1969