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L'ombra è l'opposto del sole, ma si nutre di esso.
Un cielo grigio non genera ombre: nessun contrasto, nessun pensiero.


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lunedì 30 novembre 2009

E Siamo Partiti

Le analogie mi sembrano fin troppo evidenti ma mi fa piacere cercare di ribadirle; i nostri bisnonni loro malgrado emigravano verso gli Stati Uniti ed il continente americano ammassati nelle stalle dei bastimenti o, quando andava bene, stipati nelle loro stive in mezzo ad ogni genere di carico e mercanzia. Poi una volta arrivati trattati peggio di animali subivano quarantena su un isolotto senza cibo nè assistenza...oggi, anche se invertendo l'ordine dei fattori il prodotto continua a non cambiare, sembra che almeno sembra vada un pò meglio ed il trattamento sia quantomeno il più umano possibile.

"L'onda di ieri porta l'onda di oggi"...si sono solo capovolti i ruoli ed oggi siamo noi il paese in cui emigrare.

La nemesi storica avanza imperterrita di fronte ad ogni pensiero od azione, indipendentemente da qualsiasi parte arrivi o si ponga. I popoli vanno dove si mangia perchè quando si ha la pancia piena si (s)ragiona assai meglio. La relatività della posizione che ognuno di noi nutre nei confronti di chi emigra è frutto solo di contrapposizioni etniche ben pilotate dalla classe politica, c'è chi è contro e c'è chi è a favore, anche qualche neutrale a dir la verità che si riserva il posizionamento in un futuro più o meno prossimo.



Un grazie a Davide Bernasconi (VanDeSfroos) per questa bella canzone che ha un testo (dialettale) di estrema attualità ed è socialmente asssolutamente corretto e condivisibile.

Per favore meditiamoci molto seriamente.

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E Semm Partii:

Come figli raccolti in braccio da questa nave che non sa partire, ricamiamo il mare con lo sguardo a punta, l'ancora più grossa ce l'abbiamo qui. Come figli portati a spasso dalle onde a pezzi che san tutto loro, verso un'orizzonte con il sole al collo, dondolando sempre, ma cadendo mai. L'unda de ieer porta l'unda de incöö l'öcc de un vecc l'era l'öcc de un fiöö. E sèmm partii e sèmm partii, per questa America sugnàda in prèssa, la fàcia dùpia cumè una munéda e una valìsa che gh'è deent nagòtt. E sèmm partii e sèmm partii, cumè tocch de vedru de un büceer a tocch, una vita noeva quaand finìss el maar mentre quèla vègia la te pìca i spàll... E sèmm partii... Come figli salutati a mano da questa gente che non riesci più a vedere, fazzoletti bianchi che non san volare, non ci seguiranno e resteranno là. Come figli presi a calci in culo da una paura con le scarpe nuove e gli occhi bruciano senza rumore, non è solo il vento, non è solo il sale. L'unda de ieer porta l'unda de incöö l'öcc de un vecc l'era l'öcc de un fiöö. E sèmm partii e sèmm partii, per questa America che maja tücc un gratacieel o una rivultèla se la furtoena la me baserà. E sèmm partii e sèmm partii, cumè una cicàda cuntra la bufera , se ghe la foo cambi la mia vita, se fùndi mea l'è giammò quajcòss. E sèmm partii..... Come figli raccattati al volo da questa statua che nasconde il cielo, ha una faccia dura e ci guarda strano, sarem poi simpatici alla Libertà? E sèmm partii e sèmm partii, per questa America sugnàda in prèssa, la fàcia dùpia cumè una munéda e una valisa che gh'è deent nagòtt. E sèmm partii e sèmm partii, cumè tòcch de vedru de un büceer a tòcch, una vita noeva quaand finìss el maar mentre quèla vègia la te pica i spàll. E sèmm partii.....

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Dura essere emigranti specie agli inizi del secolo, dobbiamo solo ricordarci che le generazioni successive di queste persone che allora erano poco più che derelitti ora sono cemento e parte integrante di grandi nazioni democratiche, indipendentemente da origini, cultura e credo religioso.

"Mamma mia dammi cento lire, che in America voglio andar... Cento lire io te le do ma in America no, no, no..."

...I canoni fondamentali dei canti di emigrazione prescindono, in realtà, dalla specificità dell’argomento.

Nel senso che esistono canoni generali: sono canti di lavoro, canzoni d’amore e canti che esprimono fondamentalmente la nostalgia...
...sul finire dell’Ottocento, la corsa all’America.

Un immenso territorio al di là dell’Oceano, tutto da "riscoprire", e che può offrire grandi opportunità.

La "Merica" diventa anche l’ancora di salvezza per gente che in Italia non vede futuro...

Prof. Emilio Franzina

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PIANTO
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Più bello il fiore cui la pioggia estiva
lascia una stilla dove il sol si frange;
più bello il bacio che d'un raggio avviva
occhio che piange.
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Giovanni Pascoli

sabato 28 novembre 2009

Tieni sempre presente
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Tieni sempre presente che la pelle fa le rughe,
i capelli diventano bianchi,
i giorni si trasformano in anni.
Però ciò che é importante non cambia;
la tua forza e la tua convinzione non hanno età.
Il tuo spirito e` la colla di qualsiasi tela di ragno.
Dietro ogni linea di arrivo c`e` una linea di partenza.
Dietro ogni successo c`e` un`altra delusione.
Fino a quando sei viva, sentiti viva.
Se ti manca cio` che facevi, torna a farlo.
Non vivere di foto ingiallite…
insisti anche se tutti si aspettano che abbandoni.
Non lasciare che si arruginisca il ferro che c`e` in te.
Fai in modo che invece che compassione, ti portino rispetto.
Quando a causa degli anni
non potrai correre, cammina veloce.
Quando non potrai camminare veloce, cammina.
Quando non potrai camminare, usa il bastone.
Pero` non trattenerti mai!
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Madre Teresa di Calcutta

venerdì 27 novembre 2009



EBRIETA'

Sotto il salice avvinto dall'edera,
cerchiamo scampo all'intemperie.
Ci ripara le spalle un mantello,
intorno a te le mie braccia si avvincono.
Ma no. Le piante nel folto
non s'avvolgono d'edera, ma d'ebrietà.
Stendiamo, allora, questo mantello.

Boris Pasternak

giovedì 26 novembre 2009

Una croce di marmo


Una croce di marmo
viva come una pianta di vite
radici nel dolore
tralci nelle braccia di Cristo
il suo abbraccio morbido
su noi
come un grappolo maturo.

Io resto così
con l’idea dell’amore
versato e inutile
sulla terra d’autunno
senza foglie
un nodo di linfa
che prelude all’inverno.

Il gelo comincia dal cuore
prima che la brina
fiorisca
su ogni gesto
su ogni pensiero.

26 novembre 2009

mercoledì 25 novembre 2009

Bellerofonte

Miti più o meno eroici hanno accompagnato la mia gioventù e le mie prime letture di ragazzo...Bellerofonte, un nome affascinante per un eroe, mi ricordo anche che un'astronave si chiamava così. Rappresenta un eroe tra i più umani (o vicino all'essere uomo) che io ricordi e mi ha sempre assalito un senso di solidarietà ed appartenenza nei confronti di personaggi simili.

Ora lo ricordo, dopo tanto tempo perchè mia figlia sta studiando i miti classici a scuola...e il percorso mnemonico è scattato meccanicamente.

Eccovi la sua storia

Bellerofonte è un mitico eroe onorato soprattutto a Corinto e in Licia.
Suo padre "umano" è Glauco , ma il suo culto è legato a quello di Poseidone, di cui è considerato figlio, da cui è protetto in tutte le sue imprese; e il cavallo alato Pegaso, figlio anch'esso del dio del mare, lo accompagna solitamente nel mito, così come nelle raffigurazioni artistiche.
Le sue vicissitudini cominciano con l'uccisione accidentale di un tiranno di Corinto, chiamato con vari nomi nelle varianti del mito, tra cui quello di Bellero (ciò che darebbe un'etimologia al suo nome: "Uccisore di Bellero"); in seguito a questo delitto dovette lasciare la città e andò a Tirinto dal re Preto.
Ma anche da qui dové presto partire: accusato dalla moglie di Preto, che si era offesa per la sua indifferenza verso di lei, di aver tentato di sedurla, fu mandato dal re presso Iobate, re di Licia, latore di alcune tavolette scritte, nelle quali Preto chiedeva di far morire il giovane, indicando la causa della sua condanna.
(Da qui vengono dette Bellerophontis tabellae tutte le lettere che sotto falsa apparenza sono poi causa di gravi mali al loro latore).
Iobate sottopose perciò Bellerofonte a prove durissime, dalle quali pensava che non sarebbe tornato vivo.

Prima gli ordinò di uccidere la Chimera, un essere mostruoso - leone davanti, ma con una testa caprina che sputava fiamme, drago di dietro - che devastava il paese; ma Bellerofonte piombò dall'alto sulla Chimera a cavallo di Pegaso e la uccise con un colpo solo. Allora Iobate lo mandò a combattere i Solimi, popolazione limitrofa feroce e bellicosa, e poi contro le Amazzoni, e infine riunì una truppa dei più forti Lidi e ordinò loro di ucciderlo in un'imboscata.
Da tutte queste imprese e insidie Bellerofonte tornò vincitore, per cui Iobate riconobbe la sua origine divina, si convinse della sua innocenza, e lo invitò a restare con lui; inoltre gli dette in moglie la figlia e morendo gli trasmise il regno.
Bellerofonte era così passato dalla misera condizione di esule a quella di principe, ma ciò non gli bastò ed egli decise di ascendere col suo cavallo alato fino all'Olimpo e di accedervi come un immortale.
Era un peccato di eccessiva ambizione e Zeus lo punì; mandò un tafano che punse Pegaso, il quale sgroppò, facendo precipitare sulla terra Bellerofonte, che morì.
Pegaso rimase a Zeus, che lo usò per il trasporto delle sue folgori, e infine fu trasformato in costellazione.

La configurazione più appariscente della costellazione è il grande quadrato di Pegaso, i cui vertici sono costituiti dalle tre stelle principali di Pegaso e dalla stella più luminosa della finitima costellazione di Andromeda.
All'età ellenistica, e poi romana, risale invece il mito della discesa di Pegaso sul monte Elicona sacro alle Muse.
Qui esso trova le Pieridi, figlie del re di Macedonia, intente in una gara di canto con le Muse.
Alle soavi melodie le sorgenti ed i fiumi si arrestano e il monte comincia a salire verso il cielo; Poseidone allora ordina a Pegaso di battere il suolo con la zampa, e l'animale lo fa con tanta energia che la crescita del monte si arresta e, dal terreno aperto dallo zoccolo, sgorga la "Sorgente del cavallo, o Ippocrene, fonte di ispirazione poetica per chi vi si disseta.
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N.B. la costellazione in cielo appare capovolta rispetto la figura.
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Bellerofonte è quella figura di eroe che più si avvicina al mio modo di pensare, un uomo con le sue debolezze che fatica ad imparare dai suoi errori e continua a farne.
Però una figura positiva con una fisionomia che lo allontana dal malvagio e lo pone in una posizione intermedia tra la terra ed il cielo, un "trade union" così vicno all'uomo e lontano dagli dei che non può che suscitare stima ed ammirazione.


Il più bello dei mari

Il più bello dei mari
è quello che non navigammo.
Il più bello dei nostri figli
non è ancora cresciuto.
I più belli dei nostri giorni
non li abbiamo ancora vissuti.
E quello
che vorrei dirti di più bello
non te l'ho ancora detto.

Nazim Hikmet

martedì 24 novembre 2009



Promemoria


Ci sono cose da fare ogni giorno:
lavarsi, studiare, giocare,
preparare la tavola,
a mezzogiorno.

Ci sono cose da fare di notte:
chiudere gli occhi, dormire,
avere sogni da sognare,
orecchie per non sentire.

Ci sono cose da non fare mai,
né di giorno né di notte,
né per mare né per terra:
per esempio, la guerra.

Gianni Rodari

lunedì 23 novembre 2009

Il Profeta

SU RAGIONE E PASSIONE
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E ancora la sacerdotessa parlò e disse: Parlaci della Ragione e della Passione.
E lui rispose dicendo: La vostra anima è sovente un campo di battaglia dove giudizio e ragione muovono guerra all'avidità e alla passione.
Potessi io essere il pacificatore dell'anima vostra, che converte rivalità e discordia in unione e armonia.
Ma come potrò, se non sarete voi stessi i pacificatori, anzi gli amanti di ogni vostro elemento?
La ragione e la passione sono il timone e la vela di quel navigante che è l'anima vostra.
Se il timone e la vela si spezzano, non potete far altro che, sbandati, andare alla deriva, o arrestarvi nel mezzo del mare.
Poiché se la ragione domina da sola, è una forza che imprigiona, e la passione è una fiamma che, incustodita, brucia fino alla sua distruzione. Perciò la vostra anima innalzi la ragione fino alla passione più alta, affinché essa canti, E con la ragione diriga la passione, affinché questa viva in quotidiana resurrezione, e come la fenice sorga dalle proprie ceneri.
Vorrei che avidità e giudizio fossero per voi come graditi ospiti nella vostra casa.
Certo non onorereste più l'uno dell'altro, perché se hai maggiori attenzioni per uno perdi la fiducia di entrambi. Quando sui colli sedete alla fresca ombra dei pallidi pioppi, condividendo la pace e la serenità dei campi e dei prati lontani, allora vi sussurri il cuore: "Nella ragione riposa Dio". E quando infuria la tempesta e il vento implacabile scuote la foresta, e lampi e tuoni proclamano la maestà del cielo, allora dite nel cuore con riverente trepidazione: "Nella passione agisce Dio". E poiché siete un soffio nella sfera di Dio e una foglia nella sua foresta, voi pure riposerete nella ragione e agirete nella passione.

domenica 22 novembre 2009


PREGHIERA
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"Dammi il supremo coraggio dell'amore,
questa è la mia preghiera,
coraggio di parlare,
di agire, di soffrire,
di lasciare tutte le cose, o di essere lasciato solo.
Temperami con incarichi rischiosi, onorami con il dolore,
e aiutami ad alzarmi ogni volta che cadrò.
Dammi la suprema certezza nell'amore, e dell'amore,
questa è la mia preghiera,
la certezza che appartiene alla vita
nella morte, alla vittoria nella sconfitta,
alla potenza nascosta nella più fragile bellezza,
a quella dignità nel dolore, che accetta l'offesa, ma disdegna di ripagarla
con l'offesa.
Dammi la forza di Amare sempre e ad ogni costo."
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Kahlil Gibran

sabato 21 novembre 2009


Paris at night

Tre fiammiferi accesi uno per uno nella notte
Il primo per vederti tutto il viso
Il secondo per vederti gli occhi
L'ultimo per vedere la tua bocca
E tutto il buio per ricordarmi queste cose
Mentre ti stringo fra le braccia.
-
Jacques Prévert

venerdì 20 novembre 2009

La Tessitrice


Mi son seduto su la panchetta
come una volta... quanti anni fa?
Ella, come una volta, s'è stretta
su la panchetta.

E non il suono d'una parola;
solo un sorriso tutto pietà.
La bianca mano lascia la spola.

Piango, e le dico: Come ho potuto,
dolce mio bene, partir da te?
Piange, e mi dice d'un cenno muto:
Come hai potuto?

Con un sospiro quindi la cassa
tira del muto pettine a sé.
Muta la spola passa e ripassa.

Piango, e le chiedo: Perché non suona
dunque l'arguto pettine più?
Ella mi fissa timida e buona:
Perché non suona?

E piange, e piange - Mio dolce amore,
non t'hanno detto? non lo sai tu?
Io non son viva che nel tuo cuore.

Morta! Si, morta! Se tesso, tesso
per te soltanto; come, non so;
in questa tela, sotto il cipresso,
accanto alfine ti dormirò.

Giovanni Pascoli

giovedì 19 novembre 2009



SPERANZA
...
Il gigantesco rovere abbattuto
l'intero inverno giacque sulla zolla,
mostrando, in cerchi, nelle sue midolla
i centonovant'anni che ha vissuto.
Ma poi che Primavera ogni corolla
dischiuse con le mani di velluto,
dai monchi nodi qua e là rampolla
e sogna ancora d'essere fronzuto.
Rampolla e sogna - immemore di scuri -
l'eterna volta cerula e serena
e gli ospiti canori e i frutti e l'ire
aquilonari e i secoli futuri...
Non so perché mi faccia tanta pena
quel moribondo che non vuol morire!
---
Guido Gozzano

martedì 17 novembre 2009

Crisantemi II


Ancora su questi strani fiori.

Renoir non è stato da meno, li ha dipinti in un vaso e resi sgargianti, allegri, quasi a voler loro togliere l'etichetta che ormai si trovano addosso di fiori tristi, cimiteriali. Il pittore li vede in un'apoteosi di colori e forme che li rendono gioiosi e solari.

Ma anche la musica ha dato loro un tributo importante, quello di un Giacomo Puccini ispirato dalla musica orchestrale che per un atttimo forse dimentica l'opera lirica.
Il risultato è immenso, tutto da ascoltare.
Le note sono immagini a completare lo stato d'animo di chi ascolta, sono una gentile carezza di struggente tepore che avvolge e sembra proteggere.
Da gustare e sentire penetrare con le note nel nostro più intimi a trasmetterci l'eesenza di quei fiori che cerca di tradurre in sonorità a completare le immagini meravigliose della storia dell'Arte, quella con la A maiuscola.

In Italia il crisantemo fiorisce alla fine di ottobre e proprio per la concomitanza della fioritura con la celebrazione dei defunti si è soliti attribuire a questo fiore un significato funesto.
In realtà però il nome, che deriva dal greco, letteralmente significa fiore d'oro ed è quindi stato associato dalla tradizione a valenze assolutamente positive.
In Corea e in Cina è il fiore dei festeggiamenti (matrimoni, compleanni, ecc.); in Giappone è il fiore nazionale e la sua bellezza viene celebrata ogni anno dall'Imperatore che, in occasione della fioritura, apre al pubblico i giardini della Reggia, presentando le più recenti varietà a tutti gli invitati. Il significato che il Mondo Orientale è solito attribuire al crisantemo è dunque quello di vita e felicità.
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Storia.
Il nome scientifico deriva dalle parole greche "chrysos" (oro) e "anthos" (fiore) e significa quindi fiore d'oro. A scegliere questa denominazione fu il botanico francese Tournefort, forse riferendosi agli splendidi fiori gialli di alcune specie di questo genere. In Cina i crisantemi erano già coltivati nel V secolo a.C. e Confucio li amò in modo particolare; circa 1000 anni dopo si erano ormai talmente diffusi da diventare, con il nome di "Giku", il fiore nazionale del Giappone, tanto che persino le spade dell'Imperatore si ornarono di fregi che riprendevano il disegno di un crisantemo.
Nel Cinquecento la passione per queste corolle toccò poi in Giappone punte nono mai superate, ma del resto anche oggi a Tokyo non è difficile trovare giardini dove vengono coltivati unicamente crisantemi delle più diverse varietà: da quelle giganti che portano anche mille fiori, sino all'elegantissimo e semplice "Hironishi" che ha solo 16 petali e che ha ispirato lo stemma della famiglia imperiale giapponese.
In Europa, invece, i crisantemi giunsero assai tardi: si ebbero notizie certe sulla loro coltivazione solo alla fine del XVIII secolo, in Francia e di qui vennero importati in Italia, dove purtroppo si fecero una "mesta fama" , che dovrebbe essere senz'altro sfatata.
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Descrizione.
La famiglia: Composite. Il genere comprende più di 150 specie. L'origine: Asia, Sudafrica, bacino del Mediterraneo; più di 10 specie sono spontanee in Italia. L'aspetto: piante erbacee o semiarbustive, annuali o perenni. Le foglie più o meno profondamente incise o dentate, e di forma diversa da specie a specie: allungate, ovali o tondeggianti; possono essere ruvide o lisce, quasi sempre aromatiche; il colore varia dal verde chiaro al verde scuro. I fiori sono di forma diversa a seconda della specie; il colore varia dal bianco, al giallo, al rosa, al viola in tutte le possibili sfumature. La fioritura avviene in estate o in autunno e si prolunga talvolta sino all'inverno. L'utilizzazione: per fiore reciso, bordura, bordo misto, roccaglia o per la coltura in vaso
Esigenze e cure.
L'esposizione a mezz'ombra. Il terreno: in genere normale da giardino, ben concimato, misto a ¼ di sabbia e ¼ di torba; ogni singola specie, ha, poi, particolari preferenze. La piantagione si esegue a dimora generalmente a primavera. La moltiplicazione avviene a primavera per seme, per divisione dei cespi, per talea o per bottura, ossia a mezzo dei germogli che nascono direttamente dalle radici. I crisantemi perenni si coltivano in modo molto semplice, come tutte
le erbacee perenni.

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Crisantemi
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Degas e Monet, due pittori impressionisti insieme con i loro due dipinti a Matilde Serao, un'anima nobile della nostra ispiratissima letteratura italiana.
Potrebbe apparire un accostamento azzardato ma non lo è.
I crisantemi sono tra gli ultimi fiori dell'anno, forse gli ultimi che con i loro colori ci ricordano che la primavera sta solo riposando stremata dalla fatica.
Il tema unisce questi personaggi a quasi tutti, a come la maggior parte di noi vive il mese di Novembre colmo di brume e visioni intravedibili tra nebbie e nuvole basse.
La pioggia fine e continua è come il pianto che accompagna i nostri ricordi e le paure quotidiane.
E' lungo questo mese.
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Il crisantemo
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Il crisantemo è il fiore della malinconia,
è il fiore della tomba. Esso è azzurrino, è roseo,
è violaceo, ma le sue tinte sono pallide, come se le
lacrime lo avessero fatto scolorire.
Esso ha un odore pungente che sale al cervello
e lo immelanconisce: esso ha odore di cose
morte per sempre.
Il crisantemo è un fiore che sa di dolore.
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Matilde Serao

lunedì 16 novembre 2009

Per Colpa di un Accento



Per colpa di un accento
un tale di Santhià
credeva d'essere alla meta
ed era appena a metà.

Per analogo errore
un contadino a Rho
tentava invano di cogliere
le pere da un però.

Non parliamo del dolore
di un signore di Corfù
quando, senza più accento,
il suo cucu non cantò più.
-
Gianni Rodari

domenica 15 novembre 2009


Solo il tuo Cuore Ardente .. e Niente Più.

Il mio paradiso...
... un campo senza usignolo né lire,
con un fiume discreto e una fontanella.
Senza lo sprone del vento sopra le fronde
né la stella che vuole essere foglia.
Una grandissima luce
che fosse lucciola di un'altra,
in un campo di sguardi viziosi. Un riposo chiaro e lì i nostri baci,
nèi sonori dell'eco,
si aprirebbero molto lontano.
Il tuo cuore ardente, niente più.
---
Federico Garcia Lorca

sabato 14 novembre 2009


La Musica
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Spesso la musica mi porta via come fa il mare. Sotto una volta
di bruma o in un vasto etere metto vela verso
la mia pallida stella.
Petto in avanti e polmoni gonfi come vela scalo la cresta
dei flutti accavallati che la notte mi nasconde;
sento vibrare in me tutte le passioni d'un vascello che dolora,
il vento gagliardo, la tempesta e i suoi moti convulsi
sull'immenso abisso mi cullano. Altre volte, piatta bonaccia,
grande specchio della mia disperazione!
---
Charles Baudelaire


giovedì 12 novembre 2009

Baker Street

Baker Street. Windin' your way down on Baker Street Light in your head and dead on your feet Well another crazy day You'll drink the night away And forget about everything This city desert makes you feel so cold. It's got so many people but it's got no soul And it's taking you so long To find out you were wrong When you thought it had everything You used to think that it was so easy You used to say that it was so easy But you're tryin' You're tryin' now Another year and then you'll be happy Just one more year and then you'll be happy But you're cryin' You're cryin' now Way down the street there's a lad in his place He opens the door he's got that look on his face And he asks you where you've been You tell him who you've seen And you talk about anything He's got this dream about buyin' some land He's gonna give up the booze and the one night stands And then he'll settle down there's a quiet little town And forget about everything But you know he'll always keep movin' You know he's never gonna stop movin Cus he's rollin' He's the rollin' stone And when you wake up it's a new mornin' The sun is shinin' it's a new morning You're goin' You're goin' home.

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Sapevate che Gerry Rafferty, l'autore ed esecutore di questa bella canzone, era un ex agente segreto della CIA? E la gente a cercare significati e messaggi criptici nelle sue lunghe ballate melodiche...buffo.

Poco importa, la canzone è veramente gradevole e da godere.

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La via del Panettiere. Dirigi i tuoi passi lungo Baker Streetl uce nella testa e morte sui piedi Beh, un altro pazzo giorno, trascorrerai tutta la notte bevendo e dimenticherai tutto Questa città deserta ti fa sentire così freddo Ha così tanta gente, ma non ha un’anima E ci hai messo così tanto a capire che ti sbagliavi quando pensavi che controllasse tutto Pensavi che fosse molto facile Dicevi che era molto facile Ma si stai provando, ci stai provando ora Un altro anno e poi saresti felice Soltanto un anno ancora e poi saresti felice Ma stai piagendo, stai piangendo ora Lungo la strada c’è una luce in questo posto Lui apre la porta, ha quell’espressione sul viso E ti chiede dove sei stato, tu gli dici chi hai visto E parli del più e del meno Lui ha questo sogno di comprare della terra Ha intenzione di smettere con l’alcool e con le avventure di una notte E allora si sistemerà in qualche piccola cittadina tranquilla e dimenticherà tutto Ma tu sai che sarà sempre in movimento Sai che non smetterà mai di muoversi Perchè è lui la pietra, la pietra che rotola E quando ti svegli è un nuovo giorno Il sole splende, è un nuovo giorno Ma stai andando, stai andando a casa

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mercoledì 11 novembre 2009

NEBBIA
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Nascondi le cose lontane,
tu nebbia impalpabile e scialba,
tu fumo che ancora rampolli,
su l'alba,
da' lampi notturni e da' crolli
d'aeree frane!
Nascondi le cose lontane,
nascondimi quello ch'è morto!
Ch'io veda soltanto la siepe
dell'orto,
la mura ch'ha piene le crepe
di valeriane.
Nascondi le cose lontane:
le cose son ebbre di pianto!
Ch'io veda i due peschi, i due meli,
soltanto,
che dànno i soavi lor mieli
pel nero mio pane.
Nascondi le cose lontane
che vogliono ch'ami e che vada!
Ch'io veda là solo quel bianco
di strada,
che un giorno ho da fare tra stanco
don don di campane...
Nascondi le cose lontane,
nascondile, involale al volo
del cuore! Ch'io veda il cipresso
là, solo,
qui, solo quest'orto, cui presso
sonnecchia il mio cane.
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Giovanni Pascoli

martedì 10 novembre 2009

Il Profeta

SULLA CASA
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Allora si fece avanti un muratore e disse:
Parlaci della Casa.
E lui rispose dicendo: Costruite con l'immaginazione una capanna nel deserto, prima di costruire una casa entro le mura della città: poiché come voi rincasate al crepuscolo, altrettanto fa il nomade che è in voi, sempre esule e solo.
La casa è il vostro corpo più vasto.
Essa si espande nel sole e dorme nella quiete della notte, e non è senza sogni.
Non sogna forse la vostra casa?
E sognando non abbandona la città per il bosco o la sommità della collina?
Vorrei riunire nella mia mano le vostre case, e come il seminatore disperderle in prati e foreste. Vorrei che le vostre strade fossero valli e verdi sentieri i vostri viali, affinché potreste cercarvi l'un l'altro tra le vigne e ritrovarvi con l'abito odoroso di terra.
Ma questo non può ancora accadere.
La paura dei vostri antenati vi ha radunati insieme, troppo vicini.
E questa paura durerà ancora in voi.
E ancora le mura delle vostre città separeranno dai campi i vostri focolari.
Ditemi, popolo di Orfalese, che avete in queste case?
E che mai custodite dietro l'uscio sbarrato?
Pace?
Il calmo impeto che rivela la forza?
Ricordi?
L'arco di pallida luce che unisce le cime della mente?
Avete la bellezza che conduce il cuore dagli oggetti creati nel legno e nella pietra alla montagna sacra?
Ditemi, avete questo nelle vostre case?
O avete solo benessere e l'avidità del benessere che furtiva entra in casa come ospite per diventarne padrona e infine sovrana?
Sì, essa vi domina, e con il rampino e la frusta riduce a fantocci le vostre aspirazioni più alte. Benché abbia mani di seta, il suo cuore è di ferro.
Vi addormenta cullandovi per stare vicina al vostro letto e prendersi gioco della dignità della carne.
Schernisce i vostri sensi integri e li depone nella bambagia come fragili vasi.
In verità, l'avidità del benessere uccide la passione dell'anima e sogghigna alle sue esequie.
Ma voi, figli dell'aria, insonni nel sonno, non sarete ingannati né domati.
La vostra casa non sarà l'ancora, ma l'albero della nave.
Non sarà il velo lucente che ricopre la ferita, ma la palpebra a difesa dell'occhio.
Non ripiegherete le ali per attraversare le porte, non chinerete la testa per non urtare la volta, non tratterrete il respiro per paura che le mura si incrinino e crollino.
Non dimorerete in sepolcri edificati dai morti per i vivi.
E sebbene magnifica e splendida, la vostra casa non custodirà il vostro segreto né darà riparo alle vostre brame.
Poiché ciò che in voi è sconfinato risiede nella dimora del cielo, la cui porta è bruma mattutina e le finestre sono canti di quiete notturna.

lunedì 9 novembre 2009


ALL'AMICO CHE DORME
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Che diremo stanotte all'amico che dorme?
La parola più tenue ci sale alle labbra
dalla pena più atroce. Guarderemo l'amico,
le sue inutili labbra che non dicono nulla,
parleremo sommesso.
La notte avrà il volto
dell'antico dolore che riemerge ogni sera
impassibile e vivo. Il remoto silenzio
soffrirà come un'anima, muto, nel buio.
Parleremo alla notte che fiata sommessa.
Udiremo gli istanti stillare nel buio
al di là delle cose, nell'ansia dell'alba,
che verrà d'improvviso incidendo le cose
contro il morto silenzio. L'inutile luce
svelerà il volto assorto del giorno. Gli istanti
taceranno. E le cose parleranno sommesso.
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Cesare Pavese

sabato 7 novembre 2009

Whis You Were Here


Wish you were here
So, So you think you can tell Heaven from Hell, blue skies from pain. Can you tell a green field from a cold steel rail? A smile from a veil, Do you think you can tell?
And did they get you trade your heroes for ghosts? Hot ashes for trees? Hot air for a cool breeze? Cold comfort for change? And did you exchange a walk on part in the warfor a lead role in a cage?
How I wish, how I wish you were here. We're just two lost souls swimming in a fish bowl, year after year, running over the same old ground. What have we found? The same old fears, wish you were here.
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Anche io vorrei lui fosse qui, con me a discutere insieme davanti ad un bourbon o mentre stiamo fumando e ridendo di noi e delle nostre stupidissime esigenze. Vorrei tu fossi qui, amico mio, con me ed il nostro Garrafon fatto di sole a picchiarci sulla testa in quel nostro Messico o mentre girovaghiamo pedalando le strade di Cuba.

Vorrei davvero tu fossi qui...con me.
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Vorrei che tu fossi qui
Così, Così pensi di poter distinguere Il Paradiso dall'Inferno Cieli azzurri dal dolore Puoi distinguere un prato verde da una fredda rotaia d'acciaio? Un sorriso da una menzogna Pensi di saperlo distinguere?
E ti hanno fatto scambiare I tuoi eroi con fantasmi? Ceneri bollenti con alberi? Aria calda al posto di una fresca brezza? Freddo comfort invece del cambiamento? Ed hai scambiato Una comparsata in una guerra Con un ruolo da protagonista in una gabbia?
Come vorrei, come vorrei che tu fossi qui Eravamo solo due anime perdute che nuotavano in una boccia per pesci Anno dopo anno Correndo sullo stesso vecchio terreno. Cosa abbiamo trovato? Le stesse vecchie paure Vorrei che tu fossi qui.

venerdì 6 novembre 2009
















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Le Foglie Secche
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Le foglie secche e i ricci
frusciavano sotto i piedi
quasi come uno sciacquìo
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Italo Calvino
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giovedì 5 novembre 2009

TAC


Tac,
dopo il Tic,
Tac suffisso di molte parole,
Taccagno, Tacco, Taccola, Tacchino, Taccuino, Tacito, etc.

Tac,
piccola cosa dimenticata spesso,
racchiude infinitamente piccolo e nascosto.
Tac,
sempre dopo Tic
Tac,
ed il gioco è fatto,
concluso!


mercoledì 4 novembre 2009

Il Profeta


SULLA PAROLA

E allora uno studioso disse: Spiegaci la Parola.
E lui rispose dicendo: Voi parlate quando avete perduto la pace con i vostri pensieri; E quando non potete più sopportare la solitudine del cuore voi vivete sulle labbra, e il suono vi è di svago e passatempo.
E molte delle vostre parole quasi uccidono il pensiero, Poiché il pensiero è un uccello leggero che in una gabbia di parole può spiegare le ali, ma non prendere il volo.
Tra voi vi sono quelli che cercano uomini loquaci per timore di restare soli.
Il silenzio della solitudine mette a nudo il loro essere, ed essi vorrebbero fuggirlo.
E vi sono quelli che, senza consapevolezza o prudenza parlano di verità che non comprendono. E quelli invece che hanno dentro di sé la verità, ma non la esprimono in parole.
Nel loro petto lo spirito dimora in armonico silenzio.
Quando per strada o sulla piazza del mercato incontrate un amico, lasciate che lo spirito vi muova le labbra e vi guidi la lingua.
Lasciate che la voce della vostra voce parli all'orecchio del suo orecchio; Poiché custodirà nell'anima la verità del vostro cuore come si ricorda il sapore del vino.
Quando il colore è dimenticato e la coppa è perduta.

martedì 3 novembre 2009


Porto con me la dolce pena. Erro
entro terre più belle dell'amore.
E mi affaccio sul mare che si batte
contro scogli per ridere con sé.
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Solitario un fanciullo scorgo assorto
in qualcosa di oscuro ch'io non oso
indovinare ... Poi, scoperto, un guizzo
e un salto lo riportan gaiamente
a nasconder nel mare il suo peccato.
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Sandro Penna, Poesie inedite

lunedì 2 novembre 2009


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Oh odiata morte!
Risolutrice dei supremi mali
con che criterio scegli i figli tuoi?
Per quale regno?
Quel tuo sottile e permeato velo
pian piano agli occhi toglierà colore
e l'orizzonte sfocherà più adagio.
Soffrire tanto perchè tanto si è amato
l'eterno dubbio...le visioni opache
e un volto caro che si sta spegnendo.

Anonimo XX° Secolo



La maggior parte delle festività nazionali messicane - alcune delle quali associate a momenti importanti della vita della collettività - è legata al calendario liturgico cattolico e tuttavia è spesso evidente la presenza di elementi rituali di origine preispanica. Caso esemplare è la ricorrenza del "Dia de los Muertos" (Il Giorno dei Morti), il 2 novembre, celebrata in tutto il paese. Sociologi e scrittori hanno scritto migliaia di pagine per spiegare l'intrigante e unico rapporto che i messicani hanno con la morte, una presenza esorcizzata in molti modi, spesso con un'ironia spinta oltre i confini dell'assurdo. Il "Dia de los muertos" è un'ottima occasione per capire questo aspetto peculiare dell'anima messicana quando in molte zone del Paese, soprattutto quelle a maggioranza indigena, le celebrazioni ridanno vita alle tradizioni religiose precolombiane.
Già verso la fine di ottobre negozi, pasticcerie, piazze e mercati di tutto il Messico si riempiono di calaveras, ovvero dolci a forma di teschio di ogni dimensione, dai colori pastello. I famosi calaveras, dolcetti di zucchero a forma di teschioI novios, i fidanzati, si giurano eterno amore davanti a bare di zucchero che si aprono a scatto su piccoli scheletri che portano il nome dell'amato.Le panetterie dei villaggi preparano il pan de muertos (pane dei morti) ornato di fiori e frutta di zucchero colorato, che viene portato nei cimiteri, soprattutto nelle zone popolate da indigeni, e simbolicamente offerto ai propri cari defunti. Le donne maya dello Yucatàn cucinano l'hanal-pixan, ovvero il pranzo delle anime; nello Stato di Tabasco, invece, al caro estinto vengono offerti i tamales, involtini di mais e pollo avvolti in foglie di banana.
I dolci dei morti, preannuncio del dia de muertos, sono la manifestazione più evidente di un'idea della morte ambigua e ossessiva, nata ai tempi degli aztechi. Una presenza ingombrante da esorcizzare, anche con l'ironia, che si è intrecciata con una vita quotidiana spesso resa precaria da guerre civili e rivoluzioni. Già nei giorni precedenti la celebrazione vera e propria fervono i preparativi: nelle case si dedicano ai defunti altari colorati, adorni di fiori e di offerte e nella notte che precede il 2 novembre l'intera popolazione si reca nei cimiteri.Nei paesi e nelle città vengono allestiti, nei luoghi pubblici, altari e composizioni di scheletri di cartapesta (immortalati dal più celebre caricaturista messicano, José Guadalupe Posada) che 'vivono' le situazioni normali della vita: suonano, ballano, dormono, mangiano, scherzano. La morte, detta anche "La Pelona", è presente infatti in ogni momento dell'esistenza, nelle canzoni e nelle poesie: il messicano anche sulla morte ha battute mordaci, si burla di lei, ironizza, la corteggia, la nomina "allegramente" e, soprattutto, la accetta. In quasi tutte le panetterie e sui mercati si vendono pani e dolci dalla forma di scheletro e da tutte le parti vengono esposti scheletri e teschi in cartapesta. In occasione di questa festività si regalano ad amici e parenti le "calaveras" (teschietti di zucchero) ornati dei loro nomi: il teschio non ha infatti niente di orripilante o terrificante e, trofeo ostentato pubblicamente durante l'epoca preispanica, è oggi quasi una forma ornamentale, allusione all'immortalità della vita. I riti più impressionanti si celebrano nei villaggi Purepecha, intorno al Lago Janitzio, nello Stato di Michoacàn, mentre la celebrazione più spettacolare si svolge sull'isola di Janitzio,nei pressi di Pàzcuaro. La cerimonia è particolarmente suggestiva, con il piccolo cimitero a picco sul lago illuminato solo da migliaia di candele. L'apice della cerimonia è raggiunto nella notte tra l'1 e il 2 novembre in molti cimiteri che, ornati di "cempasùchil", i fiori arancioni di stagione, vengono raggiunti dalle donne che recano le offerte e le vivande (ofrendas) preferite dei parenti scomparsi poiché, secondo le credenze popolari, i defunti scendono in quel la notte dall'aldilà per partecipare con i vivi alla festa. Gli uomini vegliano e cantano per tutta la notte. Tutti insieme trascorrono la notte in un intenso dialogo con i defunti. In onore dei defunti si svolge dunque un rituale che celebra la continuità della vita, eredità dei culti preispanici che vedevano i concetti di vita e di morte come un'unità indissolubile, la morte come fonte di vita e presupposto di ogni nascita.
Coatlicue, la dea creatrice e distruttrice dei Mexica (Aztechi), incarnava questo principio: madre-terra che dà la vita, si alimentava al tempo stesso grazie al sacrificio e alla morte dei suoi figli e questo ciclo era necessario per mantenere l'ordine dinamico del cosmo.
Questo potere di conciliazione tra la vita e la morte - scriveva André Breton - è la principale attrattiva del Messico. (Testi tratti da "Messico" del Touring Club Italiano e da "Messico" dei Meridiani)
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domenica 1 novembre 2009

Wiicked Game

Un video ed una canzone da brivido. Mi riporta indietro di molto tempo. L'ho ascoltata per caso e distrattamente, la canzone, per la prima volta su un volo di rientro come un altro ed ho fatto non poca fatica a ritrovarla.

Poi, anni dopo, ho scoperto il video. Eccoveli tutti e due.

Gioco Cattivo: Il mondo era in fiamme, nessuno poteva salvarmi tranne tu E' strano quale desiderio renderà pazza la gente Non avrei mai sognato che avrei avuto bisogno di qualcuno come te E non avrei mai sognato che avrei avuto bisogno di qualcuno come te No, non voglio innamorarmi Questo mondo ha sempre intenzione di frenare il tuo cuore No, non voglio innamorarmi Questo mondo ha sempre intenzione di frenare il tuo cuore¦con te Che gioco cattivo da fare Per farmi sentire così Che cosa cattiva da fare Per permettermi di sognarti Che cosa cattiva da dire Non ti sei mai sentito così¬ Che cosa cattiva da fare Per farmi sognare te No, non voglio innamorarmi Questo mondo ha sempre intenzione di frenare il tuo cuore No, non voglio innamorarmi Questo mondo ha sempre intenzione di frenare il tuo cuore¦con te Il mondo era in fiamme, nessuno poteva salvarmi tranne tu E' strano quale desiderio renderà pazza la gente No, non avrei mai sognato che avrei amato qualcuno come te Non sognerà mai di perdere qualcuno come te No, non voglio innamorarmi Questo mondo ha sempre intenzione di frenare il tuo cuore No, non voglio innamorarmi Questo mondo ha sempre intenzione di frenare il tuo cuore con te Nessuno ama nessuno

Wicked Game The world was on fire No one could save me but you. Strange what desire will make foolish people do I never dreamed that I'd meet somebody like you And I never dreamed that I'd lose somebody like you No, I don't want to fall in love [This love is only gonna break your heart] No, I don't want to fall in love [This love is only gonna break your heart] With you With you What a wicked game you play To make me feel this way What a wicked thing to do To let me dream of you What a wicked thing to say You never felt this way What a wicked thing to do To make me dream of you v And I don't wanna fall in love [This love is only gonna break your heart] And I don't want to fall in love [This love is only gonna break your heart] {World was on fire No one could save me but you Strange what desire will make foolish people do I never dreamed that I'd love somebody like you I never dreamed that I'd lose somebody like you No I don't wanna fall in love [This love is only gonna break your heart No I don't wanna fall in love [This love is only gonna break your heart] With you With you Nobody loves no one