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L'ombra è l'opposto del sole, ma si nutre di esso.
Un cielo grigio non genera ombre: nessun contrasto, nessun pensiero.


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sabato 31 dicembre 2011

L'ultimo giorno

San Silvestro I Papa
(Papa dal 31/01/314 al 31/12/335)
Silvestro è il primo Papa di una Chiesa non più minacciata dalle terribili persecuzioni dei primi secoli. Nell’anno 313, infatti, gli imperatori Costantino e Licinio hanno dato piena libertà di culto ai cristiani, essendo papa l’africano Milziade, che è morto l’anno dopo. Gli succede il prete romano Silvestro. A lui Costantino dona come residenza il palazzo del Laterano, affiancato più tardi dalla basilica di San Giovanni, e costruisce la prima basilica di San Pietro. Il lungo pontificato di Silvestro (21 anni) è però lacerato dalle controversie disciplinari e teologiche, e l’autorità della Chiesa di Roma su tutte le altre Chiese, diffuse ormai intorno all’intero Mediterraneo, non è ancora affermata. Nel Concilio di Arles (314) e di Nicea (325) papa Silvestro non ha alcun modo di intervenire: gli vengono solo comunicate, con solennità e rispetto, le decisioni prese. Fu il primo a ricevere il titolo di «Confessore della fede».
Etimologia: Silvestro = abitatore delle selve, uomo dei boschi, selvaggio, dal latino
Martirologio Romano: San Silvestro I, papa, che per molti anni resse con saggezza la Chiesa, nel tempo in cui l’imperatore Costantino costruì le venerande basiliche e il Concilio di Nicea acclamò Cristo Figlio di Dio. In questo giorno il suo corpo fu deposto a Roma nel cimitero di Priscilla.
È il primo Papa di una Chiesa non più minacciata dalle terribili persecuzioni dei primi secoli. Nell’anno 313, infatti, gli imperatori Costantino e Licinio hanno dato piena libertà di culto ai cristiani, essendo Papa l’africano Milziade, che è morto l’anno dopo. Gli succede il prete romano Silvestro. A lui Costantino dona come residenza il palazzo del Laterano, affiancato più tardi dalla basilica di San Giovanni, e costruisce la prima basilica di San Pietro.
In pace con l’autorità civile, ma non tra di loro: così sono i cristiani del tempo. Il lungo pontificato di Silvestro (ben 21 anni) è infatti tribolato dalle controversie disciplinari e teologiche, e l’autorità ordinaria della Chiesa di Roma su tutte le altre Chiese, diffuse ormai intorno all’intero Mediterraneo, non è ancora compiutamente precisata.
Costantino, poi, interviene nelle controversie religiose (o i vescovi e i fedeli lo fanno intervenire) non tanto per “abbassare” Silvestro, ma piuttosto per dare tranquillità all’Impero. (Tanto più che lui non è cristiano, all’epoca; e infondata è la voce secondo cui l’avrebbe battezzato Silvestro).
Costantino indice nel 314 il Concilio occidentale di Arles, in Gallia, sulla questione donatista (i comportamenti dei cristiani durante le persecuzione di Diocleziano). E sempre lui, nel 325, indice il primo Concilio ecumenico a Nicea, dove si approva il Credo che contro le dottrine di Ario riafferma la divinità di Gesù Cristo («Dio vero da Dio vero, generato non creato, della stessa sostanza del Padre»). Papa Silvestro non ha alcun modo di intervenire nei dibattiti: gli vengono solo comunicate, con solennità e rispetto, le decisioni prese.
E, insomma, ci appare sbiadito, non per colpa sua (e nemmeno tutta di Costantino); è come schiacciato dagli avvenimenti. Ma pure deve aver colpito i suoi contemporanei, meglio informati di noi: tant’è che, appena morto, viene subito onorato pubblicamente come “Confessore”.
Anzi, è tra i primi a ricevere questo titolo, attribuito dal IV secolo in poi a chi, pur senza martirio, ha trascorso una vita sacrificata a Cristo. Silvestro è un Papa anche sfortunato con la storia, e senza sua colpa: per alcuni secoli, infatti, è stato creduto autentico un documento, detto “donazione costantiniana”, con cui l’imperatore donava a Silvestro e ai suoi successori la città di Roma e alcune province italiane; un documento già dubbio nel X secolo e riconosciuto del tutto falso nel XV. Un anno dopo la sua morte, a papa Silvestro era già dedicata una festa al 31dicembre; mentre in Oriente lo si ricorda il 2 gennaio (dalla rete Domenico Agasso).


L'ULTIMO GIORNO

Vorrei morire in questa bianca villa,
Su questo colle dai castagni ombrato,
All’alito d’un vento profumato,
Una mattina limpida e tranquilla

E de la vita l’ultima scintilla
Espandere in un lieto inno al creato,
E dare all’orizzonte imporporato
L’ultimo lampo de la mia pupilla.

Ma non vorrei nella stanzetta mia
Avere i figli addolorati al fianco,
Non li vorrei turbar con l’agonia;

Vorrei che a me tornando in sull’aurora
Mi trovassero qui, placido e bianco,
Quasi nell’atto d’aspettarli ancora.

Edmondo De amicis


che effetto strano
questa fine d'anno,
questo spazio ha cercato
di espandere il mio essere
verso orizzonti vicini,
ha raggiunto altre stelle
che mi hanno rischiarato
questo lungo cammino...
grazie!

venerdì 30 dicembre 2011

Notte d'inverno

Notte d'inverno

Il Tempo chiamò dalla torre
lontana. . . Che strepito! È un treno,
là, se non è il fiume che corre.
O notte! Nè prima io l'udiva,
lo strepito rapido, il pieno
fragore di treno che arriva;
sì, quando la voce straniera,
di bronzo, me chiese; sì, quando
mi venne a trovare ov'io era,
squillando squillando
nell'oscurità.
Il treno s'appressa. . . Già sento
la querula tromba che geme,
là, se non è l'urlo del vento.
E il treno rintrona rimbomba,
rimbomba rintrona, ed insieme
risuona una querula tromba.
E un'altra, ed un'altra— Non essa
m'annunzia che giunge?—io domando.
—Quest'altra! - Ed il treno s'appressa
tremando tremando
nell'oscurità.
Sei tu che ritorni. Tra poco
ritorni, tu, piccola dama,
sul mostro dagli occhi di fuoco.
Hai freddo? paura? C'è un tetto,
c'è un cuore, c'è il cuore che t'ama
qui! Riameremo. T'aspetto.
Già il treno rallenta, trabalza,
sta. . . Mia giovinezza, t'attendo!
Già l'ultimo squillo s'inalza
gemendo gemendo
nell'oscurità . . .
E il Tempo lassù dalla torre
mi grida ch'è giorno. Risento
la tromba e la romba che corre.
Il giorno è coperto di brume.
Quel flebile suono è del vento,
quel labile tuono è del fiume.
È il fiume ed è il vento, so bene,
che vengono vengono, intendo,
così come all'anima viene,
piangendo piangendo,
ciò che se ne va.

Giovanni Pascoli


il vento ed il fiume...
mi mancano i monti e le valli,
là dove il mio essere è uno
ritrovo me stesso
e le voci che ho dentro
sono relegate a sussurri,
impercettibili bisbigli;
mi manca la luce
di un cielo terso...

giovedì 29 dicembre 2011

Come può uno scoglio...

Uno scoglio è una porzione di roccia che emerge dalle acque del mare, normalmente nelle vicinanze di una costa rocciosa alta detta falesia.
Lo scoglio è costituito da roccia dura e scoscesa e le sue dimensioni sono variabili: può avere le dimensioni di una pietra trasportabile da un uomo o di un enorme macigno.
È possibile osservarne di diverse colorazioni, in base al tipo di minerali che lo costituiscono e dalle forme di vita sviluppatesi sulla sua superficie; normalmente, la fauna adiacente a uno scoglio è composta da vari tipi di alghe, crostacei e molluschi.
Per l'azione dell'erosione marina possono finire per restare interamente separati dalla costa, come i noti faraglioni di Capri.
Con il ciclo delle maree, gli scogli possono essere emersi o sommersi, e in questo ultimo caso è possibile che si trovino poco al di sotto della superficie dell'acqua, rendendo pericolosa la navigazione e pertanto sono segnati nelle carte nautiche, inoltre sulle scogliere particolarmente pericolose, o sulle falesie vicine, sono solitamente posti dei fari.
Il termine mostra uno sviluppo semantico: dal latino scopulus, il settore del mare dove affiora la frangia di scogli, la scogliera.
I marinai hanno designato così il pericolo, il tranello teso loro specialmente dagli scogli a pelo d'acqua. Cfr.: Ottavio Lurati, Toponymie et géologie, in Quaderni di semantica, anno XXIX, numero 2, dicembre 2008 (wikipedia).

Come può uno scoglio... così recita il ritornello scritto da Mogol nel testo di una bella canzone di Lucio Battisti.

corridoi stretti conducono
a stanze riposte del cuore
dove infranti si intravedono
i cocci di un'anima stanca;
il perdurare dei venti
frusta gli scogli freddi 
e gli approdi si fanno più duri...

anonimo del XX° secolo
frammenti ritrovati


mercoledì 28 dicembre 2011

Vecchiaia poetica




Le ore risparmio

Di giorno in giorno
Le ore risparmio
Come un avaro,
Le notti trattengo.
Che danno l’inganno:
Sfuggo il tempo
E divento vecchio.

Raffaele Carrieri


Vecchiaia.
Periodo della vita caratterizzato dal progressivo decadimento dell'organismo.
Vecchiaia e decadimento fisico.
A livello dell'apparato cutaneo cambia la pigmentazione della pelle e dei capelli, compaiono macchie scure e la perdita di tessuto elastico produce raggrinzimenti della cute. A livello dell'apparato osteo-muscolare si registra una diminuzione della statura causata dal ridotto spessore dei dischi intervertebrali.
Il tessuto connettivo, perdendo di elasticità, provoca rigidità e deformazioni articolari (artrosi), il contenuto di sali minerali delle ossa subisce dei cambiamenti determinando la presenza dell'osteoporosi, i muscoli perdono massa e tono. A livello dell'apparato cardio-circolatorio sono presenti difficoltà nella circolazione del sangue a causa dell'indurimento e dell'ispessimento delle arterie, il rifornimento di ossigeno non viene più soddisfatto prontamente come un tempo determinando una diminuzione di energia. La pressione arteriosa può aumentare perché il sangue viene pompato con maggiore sforzo dal cuore nei vasi a causa dell'indurimento delle pareti arteriose e del ridotto tono del tessuto miocardico. A livello dell'apparato respiratorio può comparire un'insufficienza respiratoria a causa della perdita di elasticità delle pareti polmonari. A livello dell'apparato escretore si registra una diminuzione della filtrazione renale. A livello del sistema nervoso centrale il decremento numerale di neuroni non inficia le attività intellettuali in cui si registra solo una diminuzione della memoria a breve termine e un tempo di reazione agli stimoli maggiore. Per quanto riguarda la registrazione degli stimoli esterni si possono notare: una minore capacità nella visione da vicino (presbiopia), una riduzione dell'udito (maggiormente per i toni alti), una diminuzione di percezione del tatto, del gusto e dell'olfatto, oltre a una certa alterazione del senso dell'equilibrio, infine una ridotta capacità di percezione delle variazioni di temperatura.
La salute nella vecchiaia.
Questi dati biologici non giustificano però l'atteggiamento verso gli anziani determinato dalla mentalità dominante nel mondo industrializzato, nel complesso negativa nei confronti delle persone che diventano improduttive quando lasciano il lavoro per raggiunti limiti d'età. È necessario conoscere le limitazioni imposte dalla vecchiaia ma è altrettanto indispensabile imparare ad accettarle, mettendo a frutto quanto si è imparato durante tutta la vita. Si ritiene comunemente che la vecchiaia cominci verso i 60-65 anni ma per molti sembra che il tempo non passi fino agli 80 anni, per altri invece il decadimento fisico e mentale avviene tra i 60 e i 70 anni. La vecchiaia è un periodo in cui, più frequentemente che in altri periodi della vita, compaiono malattie e disturbi di diverso genere; tuttavia la malattia non è un evento normale nella vecchiaia, come non lo è in nessuna altra fase della vita perché l'organismo umano ha un'ottima capacità di adattamento. Anzi la gerontologia ha evidenziato che molte malattie considerate proprie solo della vecchiaia vengono invece preparate negli anni giovanili. Per esempio, le cattive abitudini alimentari possono generare disturbi cardiaci, infarto, ipertensione, diabete, alcune forme di cancro, come del resto la vita sedentaria, il fumo, l'assunzione eccessiva di alcolici, l'obesità possono generare tumori, enfisema polmonare, demenza senile. La maggiore attenzione è oggi concentrata sull'invecchiamento cerebrale grazie a nuove tecniche diagnostiche come la TAC o la RMN e alla scoperta di nuovi farmaci che rallentano il decadimento del tessuto nervoso. In questo periodo della vita incide notevolmente sulle possibilità di reazione alla malattia lo stato psicologico, di depressione minore o maggiore, in cui la persona si trova. Un giusto equilibrio tra attività lavorativa (volontariato, per esempio), ricreativa (coltivazione di hobby, per esempio) e attività fisica (esercizi di mobilizzazione delle articolazioni, andare in bicicletta, camminare, per esempio) è indispensabile anche nella terza età. Va poi combattuto il diffuso pregiudizio secondo il quale la vita sessuale in una coppia di anziani non possa esistere. La sola vera impossibilità è quella della donna di generare dopo la menopausa: per il resto, si registra, tanto nell'uomo quanto nella donna, un certo calo della libido che non impedisce i rapporti sessuali (DeAgostini, dalla rete).
 




martedì 27 dicembre 2011

Frammento

perpetue scoscese cristallizzano
inutili fughe temporali
in un crescendo di ipotesi
ritrovo perdute promesse
mentre sfoca in lontananza
un misterioso e vago orizzonte...

anonimo del XX° secolo
frammenti ritrovati

lunedì 26 dicembre 2011

Mario Luzi

«Non esiste un poeta di così lungo corso e sempre in ascolto come è Mario Luzi, il cui itinerario poetico non ha mai comportato una pigra amministrazione delle proprie ricchezze, ma si è sempre prodigalmente speso, e tuttora si spende, in diverse avventure dell'immaginazione con un esito di molteplicità che non ha eguali nel nostro secolo».
Queste parole di Stefano Verdino ben introducono a questo grande poeta, il maggiore contemporaneo italiano.
Mario Luzi è nato a Castello, allora frazione di Sesto Fiorentino, ora inglobato in Firenze, il 20 ottobre 1914 e «diversamente da altri importanti poeti della sua generazione come Bertolucci, Caproni e Sereni, Luzi è stato pressoché‚ subito riconosciuto: la sua era un'«immagine esemplare» (secondo una famosa definizione di Carlo Bo) già nel 1940, quando il poeta non ancora ventiseienne viveva in quella capitale della letteratura italiana che era la Firenze degli anni trenta, la città allora di Montale, Gadda, Palazzeschi, Vittorini, Gatto, Pratolini e altri.
Il precoce riconoscimento comportò anche un'etichetta - Luzi poeta ermetico, anzi il poeta ermetico per antonomasia - che, mai respinta dal poeta fedele alla propria giovinezza, si è sempre più mostrata limitante e inadeguata.
La vastità dell'opera luziana fa sì che egli sia un poeta plurimo come pochi e che sia emblematico di stagioni tra loro diverse: il primo Luzi (fino agli anni cinquanta) è significativo rappresentante di una lirica esistenziale (soprattutto con Sereni, suo prediletto interlocutore in poesia) di derivazione ben più montaliana di quanto l'appariscente orfismo di alcune sue punte ermetiche faccia supporre.
Però poi si apre la svolta: il punto di vista non è più tra l'io e la realtà, non c'è più giudizio (o pregiudizio): l'io come tutti e tutto è nel flusso, è attraversato dalla vita, come è attraversato dalla parola: il poeta assume per sé‚ il ruolo umile e superbo di scriba, in un rinnovamento degli istituti del dire poetico e delle prospettive fondamentale per il tardo Novecento, affine, per quanto diversissimo, all'altro prediletto compagno di poesia, Giorgio Caproni.
È la stagione poetica che, dopo la svolta di Nel magma, fa la grandezza del Luzi di tardo Novecento, poeta della «pienezza» (per usare un’espressione di Giovanni Giudici).
E va riconosciuto il coraggio di una poesia che, per quanto allarmata dal nefando della storia, dice un raro (o forse unico) "sì" a una vita naturale (Stefano Verdino, in “Italica").
Mario Luzi è scomparso all'età di novant'anni nel febbraio 2005 (dalla rete).

Gelo

Il giorno schietto
d'inverno inasprisce le carraie,
aguzza il taglio della pietra, sopra i poggi pelati
brucia i pochi fili d'erba.
Chi affastella legna, chi sciorina
panni s'affretta; sgretola la crosta
con le scarpe chiodate, con gli zoccoli,
spranga l'uscio di casa.
E' un tempo che fa bruschi i conciliaboli,
ruvide le parole ed i commiati.
...Antenne
e nervature d'alberi, di rovi
graffiano i venti del tramonto...

Mario Luzi



domenica 25 dicembre 2011

Natale 2011

 
 
L'albero di Natale ha anch'esso una sorta di origine
religiosa, per quanto non cristiana. Era un albero - un pino infiammabile perche'
resinoso - che una volta all'anno, in una festa apposita, veniva bruciato come
simbolo e ricordo dell'apparizione sulla terra d'una gran luce strao
L'albero di Natale ha anch'esso una sorta di origine
religiosa, per quanto non cristiana. Era un albero - un pino infiammabile perche'
resinoso - che una volta all'anno, in una festa apposita, veniva bruciato come
simbolo e ricordo dell'apparizione sulla terra d'una gran luce straordinaria.
Forse quel ricordo si riferisce alla pagana festa del sole, cui la Chiesa ha contrapposto
appunto la data del 25 dicembre; ma non e' escluso che si riferisca in qualche modo
proprio al Natale di Gesu' o quanto meno alle profezie messianiche, di cui - chissa'?
- non fosse giunta conoscenza. Noi, cattolici, l'Albero di Natale in parte l'abbiamo un
po' cristianizzato e un po' paganizzato. Cristianizzato, perche' e' "albero di Natale"
(non lo si brucia, ma lo si riempie di luminarie); sui rami e sotto si mettono i doni,
che dovrebbero essere un ricordo-omaggio al grande dono che Dio ha fatto
all'umanita' nascendo come semplice uomo nella poverta'. Paganizzato, perche'
molto spesso l'abbiamo sostituito al presepe, inequivocabile interpretazione
cristiana della nostra sacra ricorrenza (dalla rete).




Pinturicchio, Natività, S. Maria del Popolo, Roma



Stava la Vergine Maria

Stava la Vergine Maria
ninnando il presepe a Betlemme;
cullando il suo Dio che dormiva;
ritornello alla culla: così sia.
L'asino e il bove sognavano,
sognavano il creato,
e Dio, che amore di bimbo!

dormiva senza sognare.
L'alba del tempo segnava
i sogni vestiva la luce;
sognava la Vergine Maria,
cantava sognando la croce.

Miguel De Unamuno

 

 


tra tutte le poesie di Natale
ho scelto questa;
è quasi sconosciuta, semplice,
così umana da brillare
come una piccola stella...
vorrei saper scrivere così,
con il cuore...
ma è col cuore che vi auguro
tanta serenità....

sabato 24 dicembre 2011

Christmas Eve suite


Nicolaj Rimskij-Korsakov costituisce, nella sua posizione intermedia tra matrice russa e gusto occidentale, un anello insostituibile di quel rapporto di influssi reciproci che legò l’impressionismo francese e la nascente scuola russa.
La storia è piuttosto complessa ed è tratta da un romanzo di Gogol. Racconta dell’amore di Valunka per Oxana e della collusione con un demone per ottenerne la mano.
Gli avvenimenti sono ambientati nel periodo natalizio.
Estratti dell’opera furono raccolti dall’autore in una suite costituita da un’ouverture seguita da otto pezzi.
La suite in forma di concerto “La notte di Natale” raccoglie i momenti migliori del racconto popolare La notte prima di Natale di Nicolaij Gogol, andata in scena nel 1895.
Consiglio di ascoltare la versione completa della Suite diretta da Neeme Jarvi con la Scottish National Orchestra etichetta CHANDOS 8327/8/9, il disco raccoglie parecchie composizioni orchestratli dell'autore ed è un'autentica sorpresa.


la magica sera di attesa
che illumina il viso dei bimbi, 
in un attimo tutto è sereno
con le luci ed i mille colori;
si respira una dolce pretesa
di pace nei ricami di lembi
di felice contesto, strano
momento di pace e nevica fuori...


anonimo del XX° secolo
frammenti ritrovati

venerdì 23 dicembre 2011

Poesia e riflesso

Tedio invernale

Ma ci fu dunque un giorno
Su questa terra il sole?
Ci fur rose e viole,
Luce, sorriso, ardor?
Ma ci fu dunque un giorno
La dolce giovinezza,
La gloria e la bellezza,
Fede, virtude, amor ?
Ciò forse avvenne a i tempi
D'Omero e di Valmichi:
Ma quei son tempi antichi,
Il sole or non è piú.
E questa ov'io m'avvolgo
Nebbia di verno immondo
È il cenere d'un mondo
Che forse un giorno fu.

Giosuè Carducci


il rumore dell'acqua
infrange il sonno della campagna
e l'inverno si annuncia gelando
pozzanghere e rive di fossi;
ha ragione il poeta
ma il tempo non fa che passare
e noi lo seguiamo in silenzio
oppure facendo quel poco rumore...

giovedì 22 dicembre 2011

Inverno

Ghiaccio è il nome comune usato per designare l'acqua allo stato solido; è un solido cristallino trasparente. La stessa parola "cristallo" deriva dal termine greco che significa "ghiaccio".
A pressione atmosferica standard (101 325 Pa) la transizione di fase avviene quando l'acqua liquida viene raffreddata sotto gli 0 °C (273,15 K, 32 °F).
L'acqua può rimanere allo stato liquido anche sotto 0 °C a causa del fenomeno di sopraffusione (fino a -42 °C) oppure con pressioni inferiori a quella normale (fino a -30 °C); viceversa il ghiaccio può formarsi anche a temperature superiori a 0 °C con pressioni superiori a quella normale.
Esistono 15 differenti fasi solide dell'acqua, ma la più comune è la Ih, che è l'unica presente nella biosfera, a parte una piccola percentuale di Ic rintracciabile nell'alta atmosfera.
Le varie fasi del ghiaccio formate a pressioni differenti da quella normale hanno una struttura cristallina differente da quella del ghiaccio comune.
Ghiaccio, acqua e vapore acqueo possono coesistere al punto triplo, che per questo sistema è posto alla temperatura di 273,16 K (0,01 °C) e alla pressione di 611,73 Pa.
Una caratteristica insolita del ghiaccio è che il solido ha una densità che è circa dell'8% inferiore a quella dell'acqua liquida. A 0 °C e a pressione atmosferica, il ghiaccio ha una densità di 0,917 g/cm³, l'acqua di 0,9998 g/cm³. L'acqua liquida ha un massimo di densità, esattamente 1 g/cm³, a 4 °C e diventa meno densa quando le sue molecole tendono a disporsi nelle geometrie esagonali che daranno il ghiaccio, mentre la temperatura scende verso gli 0 °C. Ciò è dovuto ai legami che si formano tra le molecole d'acqua per mezzo degli atomi di idrogeno, che allineano le molecole in maniera meno efficiente, in termini di volume, quando l'acqua congela. Il risultato di ciò è che il ghiaccio galleggia sull'acqua, un fattore importante per il clima della Terra e essenziale per la vita acquatica (e per la vita in generale), perché, bloccando i fenomeni di convezione, impedisce che l'acqua sottostante continui a raffreddarsi e congeli tutta (da wikipedia).



Inverno

E' notte, inverno rovinoso. Un poco
sollevi le tendine, e guardi. Vibrano
i tuoi capelli selvaggi, la gioia
ti dilata improvvisa l'occhio nero;
che quello che hai veduto - era un'immagine
della fine del mondo - ti conforta
l'intimo cuore, lo fa caldo e pago.
Un uomo si avventura per un lago
di ghiaccio, sotto una lampada storta.

Umberto Saba

mercoledì 21 dicembre 2011

Una fiaba

Gioia

Dormiva su un giaciglio fatto di erba, mescolata a foglie verdi, che provvedeva a cambiare, ogni volta che iniziavano a farsi secche, in mezzo ad un immenso prato, contornata da alte querce ombrose.
Era una bimba minutina ma proporzionata, con delle belle guanciotte rosse e un po' ruvide, occhi grandi e dolci come quelli di un cerbiatto, capelli lunghi, ordinatamente legati da un fiocco rosso.
Si chiamava Gioia. Contrariamente al suo nome, che avrebbe dovuto identificarla come una persona gaia, serena e contenta, Gioia, era una bimba molto triste. Quando la sera si stendeva sul suo giaciglio e si trovava di fronte quell'immenso cielo stellato, rischiarato a volte dalla brillantezza della luna, era naturale per lei, sentirsi sola, piccola e indifesa, immersa in tutto quel blu che la circondava. 
E pensava, che i bimbi sono coloro che devono imparare a vedere le cose e a capirle durante e solo con la crescita, che non devono essere costretti a crescere, dalle situazioni che si verificano loro intorno.
E quanti bimbi, come lei, erano infelici, in quello stesso momento!
Tutto ad un tratto, vide una stella cadente sfrecciare nel cielo e attraversarlo completamente, da sinistra verso destra. Immediato, arrivò il suo desiderio, che poi era sempre lo stesso, per tutte le volte che aveva assistito a tali avvenimenti: lei non voleva niente di materiale, nè vestiti, nè giocattoli, nè cose superflue. Desiderava solo che tutti i bimbi del mondo, potessero avere ciò che a lei più mancava: amore e tenerezza, serenità e pace, tranquillità e compagnia.
Il Vento, che aveva accompagnato la stella cadente nella sua discesa, ascoltò senza volere le sue parole, ed intenerito dalle sue nobili intenzioni, decise di aiutarla, nell'unico modo che gli era possibile. Si alzò forte nel cielo, fino a toccare le nuvole e a spostarle con un lieve movimento della sua bocca, arrivando fino alla Luna, che splendeva in tutta la sua maestosità: Ella, sempre così attenta al Vento, che con la sua forza tutto riusciva a muovere e cambiare, che le offriva, ogni qualvolta ne fosse in grado, la possibilità di illuminare le notti più oscure, vedendolo andare presso di lei, gli chiese:
"Caro amico, quale motivo hai tu stasera, per avvicinarti a me, in assenza di nubi?"
Egli, con voce decisa, rispose:
"Mi sei debitrice cara Luna, lo sai quante volte ho soffiato fino allo stremo solo per mostrarti al mondo e farti arrivare fino agli angoli più bui? Beh, adesso sono io ad aver bisogno di te: dammi un tuo frammento, affinchè possa donarlo ad una bimba infelice, che deve trovare la sua strada ben illuminata. Solo così potrà sentirsi meno sola e trovare quello che le manca".
La luna ascoltò con attenzione, tutte le sue parole e la sua risposta, non si fece attendere oltre:
"Soffia adesso contro di me, con tutta la tua forza e nello stesso istante corri al lato opposto e raccogli quel frammento che si staccherà! E quando le arriverà, dille che ogni volta che lo stringerà a sè, si illuminerà, indicandole la strada giusta….Corri, non farla aspettare ancora ! "
Il vento si affrettò a compiere la sua missione, ma si accorse che mancava ancora qualcosa. E allora raggiunse velocemente quel punto in cui era caduta quella stella, che anche Gioia aveva visto, e che le aveva chiesto di esprimere quel preciso desiderio. Lì la trovò, ancora brillante, ancora accesa, anche se un po' malconcia.
"Stellina, vuoi continuare a brillare per me? " le chiese il Vento "Ho già un piccolo frammento di Luna, così non sarai mai sola; vi porterò in un posto, in cui ti sentirai a tuo agio, perchè continuerai ad esplicare al massimo il tuo antico compito: indicherai la strada come quando lo facevi per i marinai, ad una piccola bimba, che si è perduta."
Così la raccolse ed insieme alla Luna, le racchiuse in un'ampolla di vetro, non senza però averla prima riempita dell'aria pura presente nel cielo quella sera.
Quando Gioia si svegliò, il mattino dopo, trovò accanto a sè la magica ampolla consegnatale dal Vento, con dentro quanto le serviva per continuare il suo percorso. Un minerale bianco ed uno rosso, contenuti, a loro volta, in una bolla d'aria sana, che riempiva l'ampolla.
Tutte le volte che la guardò, da quel giorno in poi, si sentì felice, serena, gioiosa e non più sola e quando ne aveva bisogno, la stringeva a sè e si sentiva la bimba più sicura del mondo. La tenne sempre con sè, e dovunque andò, da quel momento in poi, si sentì sempre come a casa sua.
Ancora oggi, se guardiamo il cielo in una notte di luna piena, possiamo vedere che nel suo contorno c'è una piccola imperfezione: come se qualcuno, ne avesse tolto un pezzetto. E ogni volta che vediamo cadere una stella ed esprimiamo un desiderio, cerchiamo di pensare alle persone che soffrono e che hanno bisogno di tutto quello, che a volte noi abbiamo e di cui non ci rendiamo conto.
E il vento, che ruolo ha? Il vento è colui che tutto muove e tutto cambia, in un attimo che dura da un'eternità…
E quella bimba, sapete dove sia? Beh, dopo quella notte, è cambiata molto, è cresciuta ed è riuscita a portare a tutti i bambini che ha incontrato sul suo cammino, una caratteristica molto, molto particolare…… Il suo nome….è GIOIA,
e non scordarla mai !

Leonardo da Vinci

martedì 20 dicembre 2011

a Fabio in viaggio

La morte
a Victor Hugo.

Come un mietitore la cui falce cieca
abbatte il fiordaliso e insieme il duro cardo,
come piombo crudele che nella corsa brilla,
sibila e inesorabile fende l'aria a colpirvi;

così l'orrenda morte si mostra sopra un drago,
passando tra gli umani come un tuono,
rovesciando, folgorando ogni cosa che incontri
impugnando una falce tra le livide mani.

Ricco, vecchio, giovane, povero, al suo lugubre impero
tutti obbediscono; nel cuore dei mortali
il mostro affonda, ahimè!, unghie di vampiro!
e sui bambini infierisce come sui criminali:

aquila fiera e serena, quando dall'alto dei tuoi cieli
vedi planare sull'universo quell'avvoltoio nero
non insorge il disprezzo (più che collera, vero?),
o magnanimo genio, nel tuo cuore?

Ma, pur sdegnando la morte e i suoi allarmi,
Hugo, tu sai appenarti per i poveri vinti;
tu sai, quando bisogna, qualche lacrima spargere,
qualche lacrima d'amore per chi non vive più.

Paul Verlaine
[1858.]


e sto pensando a te,
alla tua partenza, al tuo viaggio,
incidentale contatto di vita ora vai
e ti ho appena salutato...

la vita comprende cose che non riusciamo a capire, che non possiamo e non vogliamo accettare, la morte è sicuramente uno di questi aspetti...eppure esiste ed è lì tangibile attimo a ricordarci la nostra immensa fragilità.
Non conoscevo Fabio molto bene eppure siamo stati incidentali per un sacco di anni ed ora che è partito sento che, per poco che possa essere, mi manca qualcosa.

lunedì 19 dicembre 2011

Nulla


Nulla è un termine comunemente usato per indicare la mancanza o l'assenza completa di qualcosa. Colloquialmente la parola si usa spesso per indicare la mancanza di qualcosa di rilevante o di significativo, o per descrivere una cosa, un evento o un oggetto particolarmente insignificante. Nel parlare comune si usa come equivalente nel significato il termine niente che nell'incerta etimologia dimostra un senso diverso che cerca una maggiore precisione di linguaggio. Niente infatti viene fatto derivare dal latino ne inde o nec entem o nec gentem.
A livello grammaticale la parola "nulla" è un sostantivo, cosa che indica che si riferisce a qualcosa: ciò può condurre a confusione e proprio quest'ambiguità pone le basi per una serie di innumerevoli barzellette. I suoi usi fondamentali possono spesso essere riformulati per evitare questa doppiezza: "Non c'è nulla nel seminterrato" può essere riscritto come "Non c'è nessuna cosa nel seminterrato". "Non manca nulla" può essere riproposto come "ogni cosa è presente". Al contrario molte conclusioni partono dal trattare "nulla" come un sostantivo.
La logica moderna ha reso possibile distinguere questi punti coerentemente come essi venivano intesi e molti filosofi sostengono che la parola "nulla" non funga da sostantivo: non esiste nessun oggetto a cui si riferisca. Nonostante questo ci sono anche altri punti di vista diversi: quello, ad esempio, per cui la nostra comprensione del mondo si basa essenzialmente sul notare le assenze e le mancanze (allo stesso modo con cui si notano le presenze), e che "nulla" e i termini correlati servono ad indicare queste.
Il concetto di 'nulla' è stato oggetto di studio di filosofi e di teologi per tutto il corso della storia. Esso ha principalmente due accezioni: una ontologica e una logica. La prima assume il significato di non-essere ed è stata posta da Parmenide; la seconda da Platone, che nel Sofista (241 b - 242 d) poneva il nulla come "non-essere dell'essere di qualcuno", quindi come alterità del ciò che è. Concludendo l'assunto con: "Le cose sono e insieme non sono nella loro partecipazione all'essere. L'atteggiamento di Platone nei confronti di Parmenide è diventato poi il mito di un suo "parricidio", per quanto Platone stesso faccia dire allo Straniero-Socrate esattamente il contrario: "Ti prego di non pensare che io sia diventato una specie di parricida.".
Molti hanno sostenuto che un'attenta considerazione dell'idea di nulla può condurre facilmente all'errore logico noto come reificazione (ovvero al considerare reale ciò che è astratto). Tuttavia molti esistenzialisti e scrittori e filosofi postmoderni ribattono che Nulla è in realtà l'assenza o la mancanza di qualcosa, piuttosto che di tutto.
La comprensione di 'nulla' varia enormemente a seconda delle culture, specialmente tra le culture e le tradizioni filosofiche occidentali e orientali. Ad esempio, Shunyata (vacuità) a differenza del "non-essere" viene considerato uno stato della mente in alcune forme di Buddhismo (vedi Nirvāna, mu e Bodhi). Raggiungere il 'nulla' come stato mentale in questa tradizione permette al soggetto di essere totalmente concentrato su un pensiero o su un'attività ad un livello così intenso che non sarebbe stato in grado di raggiungere se fosse stato coscientemente "attivo" nel pensare. L'esempio classico di ciò è un arciere che tende un arco cercando di annullare la sua mente in modo tale da focalizzarsi meglio sul tiro.
Nella filosofia occidentale il concetto di nulla è stato utilizzato non solo in contrapposizione a quello di essere ma anche in senso teologico in due accezioni opposte: come il "non-divino" (per es. in Cartesio e Kant) e come "essenza profonda del divino" (per es. in Scoto Eriugena, in Eckhart e in Jakob Böhme).
Come "non-divino" e quindi "non-spirituale", il nulla è stato spesso identificato con la materia, e questo in Plotino e Sant'Agostino.
In Hegel, partendo dall'assunto che "dal nulla non può venire niente", il nulla diventa pura negazione logica ma con valenza ontologica, poiché il positivo e il negativo hanno come comune base astratta proprio il nulla (Scienza della Logica).
Nella matematica, nulla non ha un significato tecnico. Può essere detto che un insieme contiene "nulla" se e solo se esso è un insieme vuoto, in questo caso la sua cardinalità (o dimensione) è zero. In altre parole, il termine "nulla" è un termine informale per indicare un insieme vuoto.
Nella fisica la parola nulla non viene impiegata in alcun senso tecnico. Una regione dello spazio viene chiamata un vuoto se non contiene alcuna materia (ma può contenere campi fisici). In effetti è praticamente impossibile costruire una regione di spazio che contenga nessuna materia o campo, dal momento che la gravità non può essere bloccata e tutti gli oggetti non allo zero assoluto si irradiano elettromagneticamente. Tuttavia, anche supponendo che una tale regione esistesse, essa non sarebbe più "nulla", poiché ha delle proprietà e un'esistenza misurabile come parte del vuoto quanto-meccanico.
Nella programmazione "Nothing" (VB.NET) o "null" (Java, C# e altri) possono essere "keyword" usate per rappresentare una variabile non assegnata o un puntatore che non punta a nessun indirizzo di memoria particolare o un riferimento che non si riferisce a nessun oggetto esistente. Allo stesso modo "Null" viene usato in SQL come rappresentazione simbolica dell'assenza di informazioni. Questo utilizzo metadatato di "null" è differente dal carattere (non stampabile) null usato in ASCII e unicode, che ha un valore numerico di zero — nonostante sia differente dal carattere ASCII che indica lo zero ("0"). Il carattere ASCII vuoto (" ") non è la stessa cosa di una stringa vuota (""), che a sua volta è talvolta confusa con il puntatore null in linguaggi come C. La maggior parte delle forme di assembly hanno un'istruzione di non-operazione (NOP) (spesso con un valore numerico di zero) — ovvero un comando per fare nulla, che può risultare utile per cancellare aree di problemi di codice (da wikipedia).



Voglia del nulla

Triste mio spirito, un tempo innamorato della lotta, la
Speranza il cui sperone attizzava i tuoi ardori, non vuole
più cavalcarti! Giaciti dunque senza pudore, vecchio cavallo
il cui zoccolo incespica a ogni ostacolo.
Rassegnati, cuor mio: dormi il tuo sonno di bruto!

Spirito vinto e stremato! Per te, vecchio predone, l'amore
ha perduto il suo gusto, e l'ha perduto la disputa; addio,
canti di ottoni e sospiri di flauto! Piaceri, desistete dal
tentare un cuore cupo e corrucciato!
L'adorabile Primavera ha perduto il suo profumo.

Il Tempo m'inghiotte minuto per minuto come fa la neve
immensa d'un corpo irrigidito io contemplo dall'alto
il globo in tutta la sua circonferenza e non vi cerco più
l'asilo d'una capanna.
Valanga, vuoi tu portarmi via nella tua caduta?

Charles Baudelaire