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L'ombra è l'opposto del sole, ma si nutre di esso.
Un cielo grigio non genera ombre: nessun contrasto, nessun pensiero.


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lunedì 31 agosto 2015

Ebbro e Meditazioni agostane XII

Scultura in bronzo raffigurante
"satiro ebbro",
Italia o Francia XIX secolo
 

ebbro di nulla
in un forsennato rincorrere
le luci, le voci;
eccomi assorto,
insignificanti istanti
dove sale la mente
autocelebrazione di niente;
rivedo, rivivo, ritengo...
 
Gujil
 

èbbro
(meno com. èbro) agg. [lat. ēbrius].
- Treccani -
Che ha la mente offuscata dal molto vino bevuto: questo reo uomo, il quale mi torna ebbro la sera a casa (Boccaccio). Spesso fig., esaltato, fuori di sé per violenta passione e sim.: e. d’amore, di desiderio, di furore. Riferito a cosa: atti e., parole e., che manifestano ebbrezza, proprî di un ebbro: io tacetti Perché le sue parole parver ebbre (Dante).
'ɛb:ro
(non com. ebro) agg. [lat. ĕbrius].
- 1. (lett.) [assol., che ha la mente offuscata dal molto vino bevuto] ≈ (pop.) ciucco, (fam.) sbronzo, ubriaco. ↓ alticcio, brillo. ↔ sobrio.
- 2. (fig.) [che è fuori di sé per un violento sentimento, anche con la prep. di: e. d'amore, di gioia] ≈ eccitato (da, di), inebriato (da, di), rapito (da, di), stordito (da, di), [con uso assol.] esaltato, [con uso assol.] euforico.
...

domenica 30 agosto 2015

Testamento

 
Brano dal mio testamento
 
Non voglio che tu sia lo zimbello del mondo.
Ti lascio il sole che lasciò mio padre
a me. Le stelle brilleranno uguali, e uguali
t’indurranno le notti a dolce sonno,
il mare t’empirà di sogni. Ti lascio
il mio sorriso amareggiato: fanne scialo,
ma non tradirmi. Il mondo è povero
oggi. S’è tanto insanguinato questo mondo
ed è rimasto povero. Diventa ricco tu
guadagnando l’amore del mondo.
Ti lascio la mia lotta incompiuta
e l’arma con la canna arroventata.
Non l’appendere al muro. Il mondo ne ha bisogno.
Ti lascio il mio cordoglio. Tanta pena
vinta nelle battaglie del mio tempo.
E ricorda. Quest’ordine ti lascio.
Ricordare vuol dire non morire.
Non dire mai che sono stato indegno, che
disperazione m’ha portato avanti e son rimasto
indietro, al di qua della trincea.
Ho gridato, gridato mille e mille volte no,
ma soffiava un gran vento, e pioggia, e grandine:
hanno sepolto la mia voce. Ti lascio
la mia storia vergata con la mano
d’una qualche speranza. A te finirla.
Ti lascio i simulacri degli eroi
con le mani mozzate, ragazzi che non fecero a tempo
ad assumere austera forma d’uomo,
madri vestite di bruno, fanciulle violentate.
Ti lascio la memoria di Belsen e di Auschwitz.

Fa’ presto a farti grande. Nutri bene
il tuo gracile cuore con la carne
della pace del mondo, ragazzo, ragazzo.
Impara che milioni di fratelli innocenti
svanirono d’un tratto nelle nevi gelate
in una tomba comune e spregiata.
Si chiamano nemici: gia! i nemici dell’odio.
Ti lascio l’indirizzo della tomba
perché tu vada a leggere l’epigrafe.
Ti lascio accampamenti
d’una città con tanti prigionieri:
dicono sempre sì, ma dentro loro mugghia
l’imprigionato no dell’uomo libero.
Anch’io sono di quelli che dicono, di fuori,
il sì della necessità, ma nutro, dentro, il no.
Così è stato il mio tempo. Gira l’occhio
dolce al nostro crepuscolo amaro.
Il pane è fatto pietra, l’acqua fango,
la verità un uccello che non canta.
È questo che ti lascio. Io conquistai il coraggio
d’essere fiero. Sfòrzati di vivere.
Salta il fosso da solo e fatti libero.
Attendo nuove. È questo che ti lascio.
 
Kriton Athanasulis
Traduzione di Filippo Maria Pontani
 
 

lasciare qualcosa a qualcuno,
forse si scrive per questo
come fosse insaziabile desiderio
di sopravvivere a sé stessi...
 
 
Il testamento è l’atto con il quale una persona dispone, per il tempo in cui avrà cessato di vivere, di tutte le proprie sostanze o di parte di esse.
Il testamento è un atto personale.
Non hanno alcuna validità atti elaborati congiuntamente da coniugi o a mezzo di altre persone.
Ciò che è stato disposto nel testamento acquista efficacia soltanto dopo la morte del testatore; di conseguenza in vita potrà essere sempre modificato, integrato o revocato dallo stesso testatore.
Il testamento è l’unico strumento per disporre del proprio patrimonio dopo la morte.
In assenza di testamento tutti i beni del defunto vengono distribuiti ai parenti o, in assenza, allo Stato, secondo criteri fissati dalla legge.
Con il testamento è possibile destinare le proprie sostanze liberamente, con i soli limiti posti dalla legge a favore di alcune categorie di soggetti detti legittimari (dalla rete).

sabato 29 agosto 2015

Crocevia

 
Andrea Benetti "Il crocevia" Anno 2008
Pittura Neorupestre, Olio e cacao su tela
(Esposta al Castello Sforzesco)
Crocevia
 
Espiazioni incerte,
come vaghe stelle dell'Orsa,
incedono magiche strade;
poi nulla è contesto,
solo live pretesto
che incrocia e stride.
Luminose visioni
appellano voci e luci
come in un ballo,
ma è un soliloquio.
 
Anonimo
del XX° secolo
poesie ritrovate
 
 
crocevia
-TRECCANI-
 
s. m. [comp. di croce e via2],
invar. – Crocicchio, incrocio di più vie....
/krotʃe'via/ s. m. [comp. di croce e via],
invar. - (trasp.) [incrocio di due o più vie] ≈ (region.) carrobbio,
(non com.) crociata, crocicchio, incrocio, [di due vie] bivio, [di quattro vie] quadrivio, [di tre vie] trivio....

 

venerdì 28 agosto 2015

Ancora conchiglie


Conchiglie

Non a te appartengo sebbene nel cavo
della tua mano ora riposi, viandante;
né alla sabbia da cui mi raccogliesti
e dove giacqui lungamente, prima
che al tuo sguardo si offrisse la mia forma mirabile.
Io compagna d'agili pesci e d'alghe
ebbi la vita dal grembo delle libere onde.
E non odio né oblio ma l'amara tempesta me ne divise.
Perciò si duole in me l'antica patria e rimormora
assiduamente e ne sospira la mia anima marina,
mentre tu reggi il mio segreto sulla tua palma
e stupito vi pieghi il tuo orecchio straniero.
 
Margherita Guidacci

 
il fasullo suono del mare,
orecchio incollato,
sguardo lontano;
orizzonte marino,
sciacquio quieto
di debole risacca...

 
Conchiglie

La conchiglia viene costruita in strati successivi di calcite, sostanza minerale secreta dalle ghiandole poste nella regione posteriore del mollusco.
La calcite si lega alle fibre di aragonite per formare la conchiolina, che fa da supporto anche per altre particelle minerali.
Le conchiglie sono colorate con vari pigmenti, e in particolare carotenoidi (per i colori con base gialla), melanine (per nero e marrone), porfirine (per il verde), indigoidi (per blu e rosso).
Al colore si aggiungono le iridescenze, che la luce assume passando attraverso gli strati di aragonite e calcite che formano il guscio.
A volte il colore può anche dipendere dalla dieta dell’animale.
Alcuni colori iridescenti però, per esempio quelli dell’abalone, non derivano da pigmenti, ma esclusivamente dalla rifrazione della luce.
Spesso questi colori cambiano se si cambia l’angolo da cui si guarda la conchiglia, oppure possono dare un effetto arcobaleno.
I molluschi utilizzano il colore per mimetizzarsi, proteggere i propri tessuti dalla luce del Sole, ma anche per rinforzare la struttura.
I colori però possono comparire anche come effetto secondario, quando l’animale elimina sostanze tossiche (da Focus nella rete).

 

mercoledì 26 agosto 2015

Palude

Dormi accanto a me, férmati, devo piangere il mio lutto,
 se ricomincio il mio viaggio, conto stella
 ed erba nella palude e cercando i tuoi canti
 risveglio il timore nel mio tormento
 che alla mia voce non concede alcun argine
 e alla mia bocca alcuna parola.
 
 Non abbandonare le paure e crolla in polvere,
 su fosche scale battiti con occhio aperto,
 ti includo nella mia preghiera come solo la madre,
 amando la bianca luna e le nude costole di gelidi boschi.
 
 Oh, non incrociare il mio cammino verso sogni cupi.
 Di', dov'ero ieri? Non ti ero vicino
 quando ero disteso con soddisfazione sul bordo
della fontana
 ammonticchiando la terra secca di tombe straniere
 e, piegandomi al vento freddo,
 la sabbia di tracce da tempo disperse sulle mie scarpe?
 Dimmelo.
 Tu non mi capisci.
 Dormi accanto a me, férmati, devo piangere il mio lutto.
 

Thomas Bernhard
Sotto il ferro della luna
Traduzione di Samir Thabet

 
luci soffuse le notti,
passano con sogni e misteri;
ritrovo poco me stesso,
in questa palude
mi vedo aleggiare
su precipizi mentali;
ho poca resilienza
ho troppa tristezza...

Una palude è un terreno coperto d'acqua, caratterizzato dallo sviluppo di una particolare vegetazione e fauna che si è adattata all'elevata umidità ambientale e all'imbibizione dei terreni.
Esistono paludi d'acqua dolce o salata a seconda se essi si formano vicino ai laghi e corsi dei fiumi o nelle vicinanze delle pianure costiere.
Quando la palude è originata dall'accumulo di acqua di piena in zone basse, prende il nome di lama, mentre quando questa zona bassa si trova tra l'argine ed il corso naturale del fiume si parla di golena.
Si origina grazie alla mancanza di un normale deflusso delle acque dove esse vengono raccolte in una piana, oppure attraverso la falda sotterranea nell'area interessata, o quando un lago si prosciuga.
L'uomo si avvale di opere di bonifica per trasformare le paludi in zone agricole produttive. Fra le città che si sono estese grazie alle bonifiche l'Antica Roma, Bruxelles, Tokyo, San Pietroburgo, Latina, Foggia, Belgrado e Nichelino.
L'opera di bonifica inoltre riesce ad eliminare possibili effetti igienico-sanitari negativi che possono arrivare anche a patologie gravi come la malaria.
 

martedì 25 agosto 2015

Meditazioni agostane XI e caleidoscopio


sconfitto!
dal pregresso, dal presente;
inamidato dal mio quotidiano,
rifuggo le cose che amo;
che fare?
che dire?
vivere...
 
Gujil
 
 
caleidoscopio
[ca-lei-do-scò-pio] s.m. (pl. -pi)
- Sabatini Coletti -
 
1 - Tubo corto e chiuso, nel quale pezzetti di vetro colorato vengono riflessi da specchietti angolati sistemati lungo l'asse longitudinale, in modo che, al ruotare del tubo, si formano svariate composizioni

2 - estens. Susseguirsi di immagini
 

lunedì 24 agosto 2015

Meditazioni agostane X

 
distanze indicibili separano
corpi ormai esauriti,
le vie costanti inerpicano
pensieri ancora proibiti...
 
Gujil

domenica 23 agosto 2015

Thomas Bernhard

Non molti muoiono
per una casa
nel deserto
o per un albero rinsecchito.
 
Non molti muoiono
per cenere
che era fuoco,
per il vino
di un re deposto,
o per celebrare
un generale
di campi bruciati.
 
Non molti muoiono
per qualcun altro,
quando i semi volano
e in primavera
morte e uccelli
rabbuiano cieli chiari.
 
No,
non molti.
 
Thomas Bernhard
Traduzione di Samir Thabet - Sotto il ferro della luna
 
  
qualcuno cede il passo,
si allunga le visioni;
l'erta cambia pendenza,
ora è troppo facile scendere...
 
 
Bernhard Thomas
 
- Scrittore austriaco (Heerlen 1931 - Gmunden 1989).
Ha iniziato come lirico, nella tradizione austriaca dell'ars moriendi (Auf der Erde und in die Hölle, 1957; In hora mortis, 1958), ma si è affermato come romanziere e drammaturgo, presentando situazioni-limite di ansietà panica di fronte all'assoluto e di sofferenza radicata come unica realtà autentica dell'uomo: così specie nei romanzi Frost (1963), Amras (1964), Verstörung (1967), Das Kalkwerk (197o), Korrektur (1975), Der Stimmenimitator (1978), mentre nei lavori teatrali si avverte anche un complemento di grottesco che lo accosta alla tradizione popolareggiante austriaca dell'Ottocento: fra i titoli di maggior successo, e anche più discussi, Minetti (1976), Immanuel Kant (1978), Vor dem Ruhestand (1979).
Percorsa una breve esperienza lirica (1957-60), è passato alla narrativa e in seguito, parallelamente, al dramma.
In ambedue prolifico, ma ancor più coerente nelle tematiche, nell'impostazione e nella finalizzazione, nonché negli strumenti espressivi, B. fu tutto immerso nel guardare l'uomo condannato a un mondo di desolazione, senza appoggi né prospettive, dove l'individuo parte già sconfitto nel suo cercare di misurarsi con i problemi ultimi, e pertanto irrisolvibili e più indietro neppure più proponibili, vincolati al fatto stesso dell'esserci, in una vita risolta senza residui in malessere inguaribile, proiettato verso l'ineluttabilità della morte.
Rispetto ad altri autori, segnati anch'essi da uno sconforto insanabile, B. si segnala e forse s'impone per una costante insolita implacabilità, espressa con un'ossessività lessicale e sintattica pressoché unica; la compatta unità che ne risulta per l'intera opera corre, almeno in una seconda fase, il rischio d'una formula abilmente manipolata fino al limite d'un maniera to virtuosismo.
Privo di mezzi toni B. si presenta come un dissociato ostinato e sdegnoso e persino fanatico specie nel suo odio-amore verso l'Austria ("questo assurdo paese"), espresso con crescente violenza distruttiva e ostentata villania, a provocatoria repulsa d'una tradizione di civiltà e di cultura ridotte, a suo vedere, al vuoto autocompiacimento d'una ristagnante ipocrisia collettiva. - (Enciclopedia TRECCANI) -.

sabato 22 agosto 2015

Poesia, riflesso e ricordi


Notte d'Estate
 
L'acqua della fonte
suona il suo tamburo
d'argento.
Gli alberi
tèssono il vento
e i fiori lo tingono
di profumo.
Una ragnatela
immensa
fa della luna
una stella.
 
Federico Garcia Lorca


le notti estive,
quelle bagnate e mide,
sudore di corpi avvolti
nel sonno, nei sogni...
 
 
Bastava l’avvento della notte, con tutte quelle stelle in festa, le luci delle barche sul mare, il crepitio e il puzzo delle zanzare e delle falene folgorate dalla graticola azzurrastra sospesa al muro del terrazzo, a cancellare ogni malinconia, a restituirmi all’interminabile felicità dell’estate. (Michele Serra)
 
In quelle estati che hanno ormai nel ricordo un colore unico, sonnecchiano istanti che una sensazione o una parola riaccendono improvvisi, e subito comincia lo smarrimento della distanza, l’incredulità di ritrovare tanta gioia in un tempo scomparso e quasi abolito. (Cesare Pavese)
 

venerdì 21 agosto 2015

Poesia e riflesso


Poesia d'amore
 
Parla terra e benedicimi con ciò che è più ricco
fa' che il cielo scorra miele dai miei fianchi
severi come montagne
stesi su una valle
scavata dalla bocca della pioggia.
 
E io sapevo quando entravo in lei che ero
vento forte nella sua cava di foresta
le dita sussurravano suoni
il miele scorreva
dalla coppa spaccata
impalata su una lancia di lingue
sulla punta dei suoi seni sul suo ombelico
e il mio respiro
ululava nei suoi ingressi
da polmoni di dolore.
 
Avida come gabbiani reali
o un bambino
dondolo sulla terra
avanti e indietro
di nuovo.
 
Audre Lorde
Traduzione di Maria Luisa Vezzali
 La poesia non è un lusso
 


cuori alla rinfusa,
scalciano in petti ardenti,
riposano tra bianchi capelli
cuori dispersi si cercano ancora...
 

giovedì 20 agosto 2015

Meditazioni agostane IX e capelli arruffati


Harmenszoon van Rijn  Rembrandt
Autoritratto con capelli arruffati,
Acquaforte

 ho varcato confini vietati,
a volte cosciente,
a volte stupido,
non rimane che astio nel cuore
quando cerco amori perduti rivedo
i miei volti di allora,
le ciglia,
i capelli sempre arruffati...
 
Gujil
 
 
arruffare
verbo transitivo
[forse dal longob. rauffen «agitarsi»].
– TRECCANI -
 
Scompigliare, disordinare: il vento gli arruffava i capelli; arruffare la matassa, scompigliarne i fili, e figurativo imbrogliare una faccenda, complicare le cose; di animali, arruffare il pelo, arricciarlo per paura o perché infuriati (figurativo, di persona, irritarsi, andare in furia, minacciare).
 
Raro con significato più ampio: come un turbine vasto, incalzante, vagabondo, scoscendendo e sbarbando alberi, arruffando tetti (Manzoni). Figurativo, confondere: arruffare le questioni, le idee, le cose più semplici.
 
◆ Participio passato arruffato, anche come aggettivo, disordinato, scomposto: aveva i capelli arruffati; figurativo, confuso: un discorso arruffato, una faccenda molto arruffata; anche di persona che si esprima confusamente: scrittore arruffato.
 

mercoledì 19 agosto 2015

Silentium!


Silentium!

Taci, nasconditi ed occulta
i propri sogni e sentimenti;
che nel profondo dell’anima tua
sorgano e volgano a tramonto
silenti, come nella notte
gli astri: contemplali tu e taci.
Può palesarsi il cuore mai?
Un altro potrà mai capirti?
Intenderà di che tu vivi?
Pensiero espresso è già menzogna.
Torba diviene la sommossa
Fonte: tu ad essa bevi e taci.
Sappi in te stesso vivere soltanto.
Dentro te celi tutto un mondo
d’incanti, magici pensieri,
quali il fragore esterno introna,
quali il diurno raggio sperde:
ascolta il loro canto e taci!

Fëdor Ivanovič Tjutčev
 
  
continuum!
come prassi risaputa,
come iter odiato,
continuum... in silentium...

 
sĭlentĭum
(silentium, silentii)

sostantivo neutro II declinazione
Vedi la declinazione di questo lemma
1 - silenzio
2 - oblio
3 - 
(in senso figurato) calma, quiete, tranquillità
4 - inattività, ozio
5 -
(di auspici) mancanza di segni sfavorevoli
6 - oscurità


sĭlentĭōsus (agg. I cl.)
sĭlentus (agg. I cl.)

 

martedì 18 agosto 2015

Adele

 
Adele
 
"Adele che spegne candele"
sorriso continuo e costante
con un viso sereno e potente;
un occhio nel cielo
e uno nel sole
non sa più guardare
può solo sognare.
Adele, lo scialle,
vele aperte sul mare
navigare, partire,
ora sa dove andare...
 
Anonimo
del XX° Secolo
poesie ritrovate


Nome molto antico di origine tedesca, significa 'figlia nobile' ed è la forma ridotta di Adelaide.
Diffuso ampiamente in Lombardia, deriva dall'antica tradizione fràncone della fine del 1800, così come la sua variante Adelia o Adelio aventi lo stesso significato etimologico.
L'onomastico si festeggia il 24 dicembre in onore di Sant' Adele imperatrice, moglie di Baldovino IV di Fiandra.
 
Caratteristiche: Adele adora viaggiare e scoprire posti nuove, ha uno spirito avventuriero e non si ferma davanti a niente; ha un grande cuore, ma i suoi interessi non la rendono una persona molto costante e presente nell'ambito familiare.

Significato: di nobile aspetto
Onomastico: 24 dicembre
Origine: germanica
Segno corrispondente: toro
Numero fortunato: 6
Colore: viola

Pietra: ametista
Metallo: oro
 

lunedì 17 agosto 2015

Notte

La notte
 
Della notte so poco
ma di me la notte sembra sapere,
e piú ancora, mi assiste come se mi amasse,
mi ammanta di stelle la coscienza.
Forse la notte è la vita e il sole la morte.
Forse la notte è nulla
e nulla le nostre congetture
e nulla gli esseri che la vivono.
Forse le parole sono l'unica cosa che esiste
nel vuoto enorme dei secoli
che ci graffiano l'anima coi ricordi.
Ma la notte conosce la miseria
che succhia il sangue e le idee.
Scaglia l'odio, la notte, sui nostri sguardi
che sa pieni di interessi, di incontri mancati.
Ma accade che la notte ne senta il pianto nelle ossa.
Delira la sua lacrima immensa
e grida che qualcosa è partito per sempre.
Un giorno torneremo a essere.

Alejandra Pizarnik
Traduzione di Claudio Cinti da La figlia dell'insonnia
  
 
dormire poco,
sognare strano;
la mia notte di solito,
la notte che non passa,
quella che segue...
 
 
Nel senso astronomico del termine, la notte, che si alterna al dì, è parte del giorno (in alcune accezioni, invece, il giorno si contrappone alla notte). Si tratta dell'intervallo di tempo compreso tra il tramonto e l'alba, in cui il Sole rimane al di sotto dell'orizzonte ed in cui, in genere, gli esseri viventi riposano in una fase chiamata sonno.
Durante la notte, non essendo visibile il sole, l'astro più luminoso è la Luna.
La durata della notte varia in base al susseguirsi delle stagioni, alla latitudine, alla longitudine e al fuso orario.
Nei giorni di equinozio la notte e il dì hanno in linea teorica la medesima durata; in realtà, la diffrazione dovuta all'atmosfera terrestre fa sì che il giorno risulti più lungo della notte.
In alcune regioni d'Italia e Francia, si può definire la prima parte della notte, quella antecedente la mezzanotte, con un termine specifico, e cioè sera.
Per tale motivo, in queste culture le ore notturne sono convenzionalmente comprese nell'arco tra le 0:00 e le 5:00.
Al mondo esistono due punti geografici dove per sei mesi è notte. Ai due poli infatti esistono solo due stagioni, estate e inverno, che corrispondono ai sei mesi in cui c'é luce e ai sei mesi di notte. Quando, per esempio, al polo nord è estate, al polo sud è inverno, e a causa dell'inclinazione dell'asse terrestre la luce del sole non arriva. Per questo motivo si parla del sole di mezzanotte quando è estate in uno dei due poli, poiché i raggi del sole arrivano per tutta la durata del giorno. Il fenomeno dura invece per un minor lasso di tempo man mano che ci si sposta verso i due circoli polari. Inoltre ai poli il freddo e il buio durano per più di tre mesi.
All'equatore la notte e il dì hanno la stessa durata durante tutto l'anno.
La notte influisce sugli esseri viventi.
Le piante per esempio di notte non sono in grado di compiere la fotosintesi clorofilliana, mentre la maggior parte degli animali utilizza la notte per riposare. Gli animali notturni, come ad esempio i pipistrelli, hanno invece il loro periodo di veglia durante la notte, e sono attivi dopo il tramonto e prima dell'alba.
La notte è stata spesso rappresentata come divinità o entità da diverse mitologie antiche, come quella norrena, egizia e greca, con divinità corrispondente anche a quella romana.
Nella mitologia norrena, Nótt è la sua personificazione, come descritto nel Gylfaginning, il primo capitolo dell'Edda in prosa di Snorri Sturluson, al canto 10.
La mitologia egizia non ha una vera e propria divinità notturna, ma in essa Nut è la dea che personifica il cielo stellato, e per estensione anche il periodo notturno.
Nyx, nella tradizione classica, è la personificazione della notte sulla terra, contrapposta a suo fratello Erebo, la notte nelle lande infernali; questa dea è stata ripresa dalla mitologia romana con il nome di Nox (da Wikipedia).
 

domenica 16 agosto 2015

Il negromante tra fiaba popolare e meditazione agostana VIII

 
C'era una volta un re, che aveva una figlia in età da marito.
La ragazza non voleva affatto sposarsi, ma il re, essendo ormai vecchio, era deciso a trovargliene uno di suo gradimento.
Le mostrò i ritratti di giovani nobili, ma nessuno piacque alla sua incontentabile figliola.  
Pensò allora di organizzare una festa con tanti invitati, tra i quale lei potesse scegliere il giovane più bello.
Alla festa tanti giovani si presentarono alla principessa, chiedendole di ballare, ma lei rifiutava sempre.
Stanco, il re le chiese di decidersi e la figlia promise che avrebbe sposato colui che si fosse presentato da lei.  
Si presentò un signore ben vestito che la invitò a ballare.
La principessa accettò e tutti applaudirono.
Il giovane si dichiarò di essere il re dei Reali di Francia.
Fu organizzato il matrimonio; soltanto dopo le nozze il giovane svelò alla sposa di essere un negromante e non il re dei reali di Francia.
Per scioglierla dal vincolo matrimoniale, disse, occorrevano sette fratelli di mestiere diverso.
La chiuse in cima alla torre e la legò al letto.  
Intanto il re si ammalò.
Non avendo notizie della figliola, ragionava con una colomba, sperando che potesse portargli notizie della figlia.
La colomba volò a lungo e si posò sulla torre e vide la principessa legata a un letto.
Le si avvicinò e le disse che il re l’aveva mandata a cercare notizie.
La colomba le propose di toglierle una penna dalle ali, di scrivere con il sangue notizie sul suo grembiule bianco.
Su quel grembiule la poveretta scrisse di essere sposata a un negromante che, per liberarla, richiedeva sette fratelli di diversa professione; scrisse di essere legata al letto e di non avere più pace. Legò il pezzo di grembiule all’ala della colomba, che volò via.
Il re si mise a cercare i sette fratelli e, per fortuna, si presentarono a lui sette fratelli specializzati ciascuno in un’arte particolare.
Il primo, poggiando l’orecchio per terra, riusciva a sentire ciò che accadeva nel mondo; il secondo, sputando per terra, riusciva a formare un fiume; il terzo era in grado di togliere un uovo alla gallina senza che se ne accorgesse; il quarto riusciva a salire le muraglie senza cadere; il quinto riparava le macine per aria; il sesto era in grado di scavare un abisso fra sè e gli altri; il settimo, battendo una mazzetta per terra, faceva nascere un palazzo.
Il re inviò i sette fratelli contro il negromante.
Il primo mise l’orecchio per terra e vide il negromante addormentato. Quello che scalava le muraglie salì sulla torre. Colui che riusciva a togliere l’uovo alla galline sciolse la regina senza che il negromante lo sentisse. Ma il primo, che vedeva tutto, scoprì che il negromante s’era svegliato e non aveva trovato la moglie legata al letto.
Cominciò a correre (essendo un diavolo correva velocissimo) e stava per raggiungere i sette fratelli.
Il secondo, sputando per terra, pose un fiume tra loro e il malvagio. Ma il negromante aveva già attraversato il fiume e si avvicinava sempre più.
Allora uno di loro, battendo la mazzetta per terra, fece sorgere un palazzo; si rifugiarono in esso per non essere presi dal negromante.
Ma lui si trasformò in un bellissimo uccello e volò vicino alla regina, la quale disse: Che bel canarino e lo accarezzò, ma l’uccello si trasformò e riapparve il negromante.
Il fratello che sapeva scavare abissi fece il vuoto dietro di sé, lasciando il negromante sbalordito, mentre loro correvano a perdifiato e raggiunsero il palazzo reale.
A quel punto il negromante, disperato, si strappò i capelli dalla rabbia.
Il re vide che la sua figliola stava benino e tutto contento organizzò una festa e ricompensò bene i sette fratelli. (dalla rete)


medidativi scialbi nel cuore,
le frasi profetiche accantonate,
i rigidi protocolli intatti;
mi siedo alla vita mentre scorre...
 
 
negromante
(ant. nigromante)
sostantivo maschile
[dal gr. νεκρόμαντις (comp. di νεκρός «morto» e μάντις «indovino»), raccostato a negro].
- TRECCANI integrato -
 
Mago che predice il futuro tramite l'evocazione dei morti
– Genericam., mago, indovino: Sì ad alto il negromante batte l’ale, Ch’a tanta altezza a pena aquila sale (Ariosto).
Con accezione più partic., chi esercita negromanzia (in questo caso, anche necromante).

sabato 15 agosto 2015

Ferragosto

Il nome della festa di Ferragosto deriva dal latino feriae Augusti (riposo di Augusto), in onore di Ottaviano Augusto, primo imperatore romano, da cui prende il nome il mese di agosto.  
Era un periodo di riposo e di festeggiamenti istituito dall’imperatore stesso nel 18 a. C., che traeva origine dalla tradizione dei Consualia, feste che celebravano la fine dei lavori agricoli, dedicate a Conso che, nella religione romana, era il dio della terra e della fertilità.
In tutto l’Impero si organizzavano feste e corse di cavalli, e gli animali da tiro, inutilizzati per i lavori nei campi, venivano adornati di fiori.
Inoltre, era usanza che, in questi giorni, i contadini facessero gli auguri ai proprietari dei terreni, ricevendo in cambio una mancia.
Anticamente, come festa pagana, era celebrata il 1 agosto.
Ma i giorni di riposo (e di festa) erano in effetti molti di più: anche tutto il mese, con il giorno 13, in particolare, dedicato alla dea Diana.
Da festa pagana a festa cattolica.
La ricorrenza fu assimilata dalla Chiesa cattolica: intorno al VII secolo, si iniziò a celebrare l’Assunzione di Maria, festività che fu fissata il 15 agosto.
Il dogma dell’Assunzione (riconosciuto come tale solo nel 1950) stabilisce che la Vergine Maria sia stata assunta, cioè accolta, in cielo sia con l’anima che con il corpo (dalla rete - Focus -).

 
Ferragosto
 
Filastrocca vola e va
dal bambino rimasto in città.
Chi va al mare ha vita serena
e fa i castelli con la rena,
chi va ai monti fa le scalate
e prende la doccia alle cascate…
E chi quattrini non ne ha?
Solo, solo resta in città:
si sdrai al sole sul marciapiede,
se non c’è un vigile che lo vede,
e i suoi battelli sottomarini
fanno vela nei tombini.
Quando divento Presidente
faccio un decreto a tutta la gente;
“Ordinanza numero uno:
in città non resta nessuno;
ordinanza che viene poi,
tutti al mare, paghiamo noi,
inoltre le Alpi e gli Appennini
sono donati a tutti i bambini.
Chi non rispetta il decretato
va in prigione difilato”.
 
Gianni Rodari
 
 
defilato un piccione mi guarda,
è mattina solo in parte serena,
la chiocciola ha ripreso il cammino
non credo potrà andare lontano...

venerdì 14 agosto 2015

Meditazioni agostane VII

crescendi di malinconia
e passione
in un tuttuno col vento,
le nubi annaspano il cielo
torna quel grigio,
silenzio,
quello risaputo
di sempre...
 
Gujil

giovedì 13 agosto 2015

Meditazioni agostane VI



il senso dei sorrisi,
quello delle partenze,
quello dei ritorni
fino a parole sole,
fino alla solitudine.
 
Gujil

lunedì 10 agosto 2015

Meditazioni agostane V

 
 
per ogni partenza
c'è un gran vuoto,
nel cuore...
 
Gujil

 

domenica 9 agosto 2015

Contadini


Il contadino parla a Dio
 
La mia falce ha mietuto le Tue messi,
il mio sudore ha bagnato le Tue viti,
è sera, accendi le luci delle stelle.
Il mio silenzio ha onorato l'uva e l'erba,
le falci, le botti, la mucca e la cantina,
i miei occhi a Te son ora rivolti.
Il mio aratro ha arato i Tuoi campi,
il Tuo dito ha arato il mio volto,
al mio desco c'è ora un posto che T'attende.
Siedi e dividi la mia cena,
poi riscuoti quel che Ti debbo.
E sia fatta la Tua volontà.
 
Alojz Gradnik 
 Traduzione
di Fedora Ferluga-Petronio



 
Dio?
forse si distrae spesso,
forse ascolta spesso...

 
1. s. m. (f. -a)
a. Propr., chi sta in contado (opposto a cittadino); più com., chi lavora la terra, per conto di un padrone o per conto proprio: fare il c.; il malcontento dei contadini.
b. spreg. Persona di modi rozzi e goffi o villani: sei proprio un c.; parla, si muove, si comporta come un contadino o una contadina.
2. agg.
a. Che vive nel contado o si dedica a lavorare la terra: è di famiglia contadina.
b. Proprio di chi vive nel contado, contadinesco: maniere c.; abitudini c.; le c. vivande (Boccaccio).
Locuz. avv. alla contadina, al modo, alla foggia dei contadini o del contado: vestire alla contadina.
◆ Dim. e vezz. contadinèllo, contadinétto; spreg. contadinùccio; accr. contadinóne, tra dim. e accr. contadinòtto; pegg. contadinàccio (tutti come sost. e con il relativo femm. in -a).
- TRECCANI -