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L'ombra è l'opposto del sole, ma si nutre di esso.
Un cielo grigio non genera ombre: nessun contrasto, nessun pensiero.


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domenica 31 luglio 2016

Girasoli di Luglio


Luglio
 
Io sono luglio che aspetta il villano,
che vuol trebbiare e mietere il grano,
sotto al sole: falce e forcone,
e per spulare il vento aquilone.
E porto il caldo del Solleone,
la zucca al porco, al ghiotto il melone
e il grande fuoco che Cirillo mena
spengon Sant’Anna e la Maddalena.
 
 
La leggenda del girasole
Clizia era una giovane ninfa, innamorata persa del Sole, pertanto lo seguiva tutto il giorno mentre lui guidava il suo carro di fuoco per tutto l'arco del cielo.
Il Sole, dapprima fu lusingato e un pochino intenerito da quella devozione... credette di esserne a sua volta innamorato e decise di sedurla, cosa non difficile per lui!
Ma ben presto il Sole si stancò dell'amore di Clizia e le diede, come suol dirsi, ... il benservito rivolgendo altrove le sue attenzioni.
La povera ninfa pianse ininterrottamente per nove giorni interi.
Immobile in mezzo a un campo, osservava il suo amore attraversare il cielo sul suo carro di fuoco.
Così, pian piano, il suo corpo si irrigidì, trasformandosi in uno stelo sottile ma resistente, i suoi piedi si conficcarono nella terra mentre i suoi capelli diventarono una gialla corolla: si era trasformata in un fiore bellissimo color dell'oro: il girasole.
Ma anche nella sua nuova forma la piccola ninfa innamorata continua tuttora a seguire il suo amore durante il giro nel cielo (dalla rete).
 
Leggenda Inca
Si narra come il dio Sole, quando gli uomini non sapevano coltivare né cacciare e si nutrivano solo dei nemici uccisi in battaglia, decise di inviare sulla terra due dei suoi figli, per portare la civiltà.
Il figlio del Sole, Manco Capac, insieme alla sua sorella-sposa, Mama Oello Huaco, intrapresero il viaggio portando con sé l’immagine del padre, rappresentata in un fiore,il girasole, e un cuneo d’oro, decidendo di stabilire la nuova dimora nel luogo dove il cuneo si fosse piantato nella terra senza sforzo.
Trovarono il posto al centro di una fertile vallata in Perù, chiamata successivamente Cuzco, “ombelico” in lingua Inca, diventata in seguito la capitale dell’Impero (dalla rete)..


filastrocca per un fine mese triste,
sono successe cose pazzesche, insulse;
dovremmo cercare nel passato, indietro,
ritrovare "le buone cose..."
anche quelle "...di pessimo gusto"...
 

sabato 30 luglio 2016

Poesia

A cosa mi è servito correre per tutto il mondo,
trascinare, di città in città, un amore
che pesava più di mille valigie; mostrare
a mille uomini il tuo nome scritto in mille
alfabeti e un’immagine del tuo volto
che io giudicavo felice? A cosa mi è servito
 
respingere questi mille uomini, e gli altri mille
che fecero di tutto perché mi fermassi, mille
volte pettinando le pieghe del mio vestito
stanco di viaggi, o dicendo il tuo nome
così bello in mille lingue che io mai
avrei compreso? Perché era solo dietro a te
 
che correvo il mondo, era con la tua voce
nelle mie orecchie che io trascinavo il fardello
dell’amore di città in città, il tuo nome
sulle mie labbra di città in città, il tuo
volto nei miei occhi durante tutto il viaggio,
 
ma tu partivi sempre la sera prima del mio arrivo.

Maria do Rosário Pedreira
Nessun nome dopo
Traduzione di Mirella Abriani
  

sempre ci chiedono a che serve,
quello che cerchiamo di fare,
sempre,
eppure, a volte,
serve sul serio...

venerdì 29 luglio 2016

Giorni di minime #2


Legni portati da onde
spiaggiano, tristi e isolati
il mare ha plasmato bottiglie
in troppi colorati frammenti...

Gujil

giovedì 28 luglio 2016

Giorni di minime #1


 

 
Vivere così
in attesa di ritorno,
così, in attesa...
 
Gujil

mercoledì 27 luglio 2016

Giorni di minime #0



asserragliato in un ansia ciclopica
mi preparo a partire,
solito viaggio, solite cose,
langue in me il desiderio,
di un pronto ritorno...
 
Gujil

martedì 26 luglio 2016

Meditazione estiva #2

 
 
tempo di fughe l'Estate,
il mare, i monti le ferie;
mi ritrovo nel gruppo ma solo,
come sempre, come troppo,
la via e la vita si fondono...
 
Gujil

lunedì 25 luglio 2016

Patagonia

Patagonia
 
Dissi forse la Patagonia, e immaginavo
una penisola, grande abbastanza
per un paio di sedie a sdraio
su cui dondolare nell’alta marea. Pensavo
 
a noi in un freddo mozzafiato, davanti
a un orizzonte tondo come una moneta, avvolti
nell’intreccio del ripiglino che i gabbiani giocano
dal mare fino al sole. Pensavo di aspettare
 
finché le onde non si fossero addormentate
dalla noia, finché gli ultimi cirripedi
                            ancora aggrappati,
preoccupati dal silenzio, non si fossero
allontanati ai remi di piccole piroghe, finché
 
quegli uccelli inquieti, le tue mani d’attore,
non ti fossero caduti esausti in grembo,
finché, finalmente, non ti fossi rivolto a me.
Quando dissi Patagonia, volevo dire
 
cieli vuoti di un blu che fa male. Volevo dire
anni. Li volevo tutti con te.
 
Kate Clanchy
Traduzione di Giorgia Sensi
 
 
un posto dove non sono stato,
forse diverso, impervio e duro,
forse solo riflesso di freddo e neve,
forse, forse...


Formata dalle province di Neuquen, Rio Negro, Chubut e Santa Cruz la Patagonia offre agli occhi del visitatore una natura che non ha conosciuto, se non nei pochi centri urbani, l'intervento dell'uomo.
Spazi enormi e selvaggi battuti dai venti e la luce intensa danno immediatamente la sensazione di essere in una terra alla "fine del mondo".
La Patagonia è la zona più australe dell'Argentina, e con i suoi 787.291 Km quadrati rappresenta un terzo del territorio nazionale.
Nonostante la sua estensione la Patagonia è senza dubbio la regione meno densamente popolata del Paese.
La patagonia si estende da nord a sud dal río colorado fino alla Terra del Fuoco, e da ovest a est dalla cordigliera andina all'Oceano Atlantico.
Dal punto di vista geomorfologico si distinguono due aree distinte: la patagonia andina caratterizzata dalle estreme propaggini della cordigliera delle Ande con le sue cime intervallate da valli e ghiacciai, i paesaggi di laghi e pini, e la Patagonia extrandina caratterizzata dalla presenza di altipiani, steppe ed enormi estensioni ventose e semideserticheche si estendono fino all'Oceano Atlantico.
Quasi tutti i fiumi patagonici nascono dalle montagne andine e sfociano nell'Oceano Atlantico con l'eccezione del Futaleufu che termina invece nell'Oceano Pacifico.
I maggiori fiumi sono: Colorado, Negro, Chubut, Deseado, Sta Cruz, Caig, Gallegos e el Grande.
Nella zona andina si incontrano i più grandi laghi del paese: Lácar, Nahuel Huapi, Merendez, Futalefquen, Viedma e il Lago Argentino.
Il clima patagonico è freddo e secco con una temperatura media di -15ºC sulla costa e –30ºC nelle zone continenetali, temperature che scendono in inverno a –20º e –40ºC rispettivamente (dalla rete).

domenica 24 luglio 2016

Angelo Morbelli,... e la sua "Alba domenicale"


Alba domenicale
 
nell'aria ferma di Luglio
si sente come un senso di nulla,
pervengo a disfattismi preconfezionati;
fuori di casa il noce mi osserva,
dentro l'aroma di caffè è svanito,
rimane questa sottile inquietudine.
 
Gujil


 

Angelo Morbelli.
"In risaia", 1901. Olio su tela
Boston, Museum of Fine Arts
Angelo Morbelli,
 
Angelo Morbelli (Alessandria, 18 luglio 1854 – Milano, 7 novembre 1919) è stato un pittore italiano.
Figlio di Giovanni, funzionario statale, originario di Casale Monferrato e di Giovannina Ferraris, cominciò l'attività artistica in campo musicale, ma dovette presto abbandonare, in quanto affetto da una sordità progressiva.
Si dedicò allora alla pittura.
Frequentò l'Accademia di Belle Arti di Brera a partire dal 1867 dove fu allievo di Giuseppe Bertini.
Fu allievo del Bertini e del Casnedi a Brera (Milano). 
Cominciò così a esporre dapprima a Milano, e in seguito anche a Torino.
I temi prediletti spaziavano dalla storia al paesaggio.
Nel 1880 l'esposizione a Brera dell'opera Goethe morente, lo rese noto al grande pubblico.
A partire dal 1883 i temi pittorici di Morbelli si orientano verso l'interpretazione della realtà.
In particolare cominciò a rappresentare gli anziani ricoverati nel Pio Albergo Trivulzio, tema che gli fu sempre particolarmente caro.
Proprio in quell'anno vinse il premio Fumagalli con l'opera "Giorni... ultimi'".
All'inizio degli anni ottanta sposò Maria Pagani, che gli ispirò molti quadri sul tema della maternità (dalla moglie ebbe quattro figli).
Angelo Morbelli.
"S'avanza",  1894. Olio su tela. 
Verona, Civica Galleria d'arte moderna
La tecnica del Morbelli, cominciò progressivamente ad adottare la scomposizione dei colori e intorno al 1890 abbracciò il Divisionismo e strinse amicizia con Leonardo Bistolfi e Giuseppe Pellizza da Volpedo.
Passò quindi a dipingere i paesaggi delle risaie del casalese.
Acquistata una casa nella frazione Colma, presso Rosignano Monferrato, ne fece oggetto di molti quadri. 
Si dedicò anche alla rappresentazione dei paesaggi montani, durante i numerosi soggiorni estivi a Santa Caterina Valfurva.
Nel 1897 vinse la medaglia d'oro di Dresda con "Per ottanta centesimi" e "S'avanza".
Nel 1900 fu premiato con la medaglia d'oro dell'Esposizione Universale di Parigi del 1900 con "Giorno di festa al Pio Albergo Trivulzio".
Con il nuovo secolo, riprese il tema del Pio Albergo Trivulzio, dei paesaggi marini ed i temi legati alla maternità e alla vita.
Nel 1908-1909 entrò in contatto con Carrà e Boccioni.
Trascorse gli ultimi anni tra gli inverni milanesi e le estati alla Colma e in Val d'Usseglio, luoghi che continuarono a ispirarlo nella sua attività pittorica.
Esordì a Milano nel 1881 con dipinti di genere.
Tra 1887 e il 1890 fu convertito al divisionismo dal Grubicy (il suo è piuttosto puntinismo).
Espose in importanti rassegne, specialmente a Milano e a Venezia, acclamato come uno dei maestri della nuova tecnica.
Sue opere sono nelle gallerie d'Arte Moderna di Milano, Roma, Torino.
Nella Biennale di Venezia del 1952 figuravano sue opere importanti nella rassegna dedicata al divisionismo.

Angelo Morbelli
"Alba Domenicale", 1890
Piacenza, Galleria Ricci Oddi
 
 
I quadri ispirati alla vecchiaia costituiscono il meglio della produzione del Morbelli.
Qui i vecchi non sono colpiti nel grigiore maleodorante o umido di un refettorio,
ma fuori, all'aria aperta e frizzante del mattino, che stimola le forze.
S'avviano verso la chiesa per ascoltare la prima messa.
C'è nell'aria la luce del Sabato Santo, una luce che si gode perchè si ha l'animo disposto e il tempo di goderla.
C'è una freschezza di rappresentazione in cui sembra per un momento superato
l'atteggiamento consueto del suo spirito, decadente, crepuscolare.
(dalla rete)


sabato 23 luglio 2016

Istruzioni

Istruzioni
 
Lascia che ogni scintilla mangi l'aria
e arda il fuoco di sterpi e vecchi legni
che bruci e inventi il ballo delle lingue
nell'elenco scadito dai suoi rossi
mentre spietata fiamma ci riduca
in cenere ogni storia.
 
Purché rimanga inusto
sotto la pietra liscia
qualche brandello
di parola vera
che colpisca alla testa il mio lettore.

Lucio Mariani
Oratorio
 
Per istruzione si intende "l'opera svolta per istruire attraverso l'insegnamento e il risultato o frutto di tale attività", cioè "apprendere una serie di nozioni relative sia a una materia o a un'arte, sia all'esercizio di una particolare attività".
Nel senso più generico fa riferimento all'aspetto più scolastico dell'insegnamento. Può essere pubblica o privata.
 
istruzioni in un
mondo
che più non è il mio mondo;
vedo cose che non
volti istupiditi e assurdi;
mi fermerò a pensare...

venerdì 22 luglio 2016

Finché


Finché posso
 
Vento, grandine, pioggia tempestosa,
foschia che vela il giorno al suo languire,
d’anima e corpo ogni pena gravosa
finché posso vorrei per te patire.
 
E se potessi amarti t’amerei
perché in una notte infinita
presto si perderanno i giorni miei
e anche la pena mi sarà proibita.

Sara Teasdale
Gli amorosi incanti
Traduzione di Silvio Raffo

 
finché
(o fin che) congiunzione
- TRECCANI -
 
– Fino a che, fino a tanto che, fino a quando; indica il perdurare di una cosa o di un fatto per tutto il tempo in cui dura un’altra cosa o un altro fatto o non se ne verifica uno nuovo; generalmente usato con il modo indic.: f. c’è vita c’è speranza; restate f. volete; gridò fin che ebbe fiato in corpo; E tu onore di pianti, Ettore, avrai ... f. il Sole Risplenderà su le sciagure umane (Foscolo).
In frasi negative indica invece che una cosa non può o non deve accadere fino al momento in cui non se ne verifica un’altra: non ti muovere f. non lo dico io; non aprì f. non l’ebbe riconosciuto.
Nell’uso letter. anche con il modo congiuntivo: Seguirò l’ombra di quel dolce lauro ... Fin che l’ultimo dì chiuda quest’occhi (Petrarca).
 
se potessi anch'io...,
se solo potessi a volte;
nei pensieri risacca l'amore,
in un angolo, angusto...

giovedì 21 luglio 2016

Le virtù teologali

Francesco Stanga
su modello di Giovanni Franceschetti,
 La Carità, 1834-1836, pietra di Botticino,
Gussago (Bs), timpano della chiesa parrocchiale
Una carità
 
T'ostinasti a picchiare alle mie porte
con il tuo cuor nella tua mano a guisa
di pietra e a lungo mi chiamasti forte.

E m'ostentavi la tua faccia intrisa
di pianto, come un mendicante astuto,
per più carpir dalla pietà improvvisa.

Se a qualche carità, pregando aiuto,
tu mi forzasti, non imaginare
ch'io n'abbia al par di te molto goduto.
 


La Fede
Labbra pietose si fan spesso amare,
più amare quando vinsero un ritegno
per addolcire il cuore di chi appare

dopo, ma tardi, d'ogni dono indegno.
 
Amalia Guglielminetti
 
 
Per la dottrina cristiana le virtù teologali consentono all’uomo di avvicinarsi a Dio.
Esse sono tre ed assumono un evidenza trinaria, consentendo all’umanità di proiettarsi nel mistero più alto.
In origine le  tre virtù teologali – Fede, Speranza e Carità – sembrano assumere caratteristiche simili alle tre grazie, in quanto agiscono insieme per la felicità dell’uomo che si pone al di là della giornata terrena.
Sono sempre rappresentate come giovani e avvenenti figure femminili.

La Speranza
Alle statue che le rappresentano viene assegnato spesso il ruolo iconografico di sormontare la facciata delle chiese.
La Fede è posta al centro, con gli attributi del calice e della Croce.
Accanto a sè, la Fede reca la Carità – molto spesso rappresentata come una giovane che allatta – e la Speranza, che reca l’attributo di una catena metallica e di un un’ancora, a dimostrazione, da un lato dell’attesa dell’Unione a Dio in un approdo che non lascia il fedele in preda delle onde, ma al tempo stesso – attraverso la catena sollevata – richiama alla necessità di abbandonare ogni vincolo per giungere all’incontro con il Signore (dalla rete).

sentimento ormai in disuso,
ora cerchiamo di ottenere,
vogliamo solo avere e prendere
prima era diverso...

mercoledì 20 luglio 2016

Paesaggio

 
Giovanni Segantini
Trittico delle alpi, "Vita", 1898-1899 
 
Il Trittico
E’ la summa di una vita artistica, l’apice del simbolismo panteista del pittore ed il testamento spirituale di un uomo nato in una valle alpina, vissuto fra le cime e morto sui monti. 
I l trittico della natura nasce dagli studi sul paesaggio legati al fallito progetto di Segantini di portare all’ Esposizione internazionale di Parigi del 1900 un’enorme rappresentazione panoramica dell’Engadina con tutti i principali paesi della valle.
Nonostante i tre anni di lavoro febbrile, l’opera rimase incompiuta per la morte del pittore nel 1899 a soli 41 anni.
Realizzate con la tecnica divisionista, le tre enormi tele, sul tema  La Vita, La Natura, La Morte, conservate presso il museo Segantini di Saint Moritz, hanno come sfondo rispettivamente lo scenario montano di Soglio, il crepuscolo dallo Schafberg ed il paesaggio invernale dal passo del Maloja. (dalla rete)

Paesaggio
 
Si stende a guisa d’un deserto mare
La steppa verde di silenzio piena;
Alcune macchie rabbuffate e rare
Sull’uniforme pian crescono appena.

Come un liquido vetro in sulle avare
Zolle diffuso da sorgente vena
Uno stagno di brune acque ed amare
Si sprazza d’oro e contro al sol balena.

Lungo la sponda la flessibil canna
Alla brezza autunnal rabbrividisce
E l’aria d’un sottil sibilo affanna.

 
 Dal varco occidental la rubiconda
Ruota del sol le nuvole sdrucisce
E come nave in mar lenta s’affonda.
 
Arturo Graf

 
una visione delle mie montagne,
adoravo le montagne, ora
non più, le sento tristi,
sono arrabbiato con loro,
sono arrabbiato con me...

martedì 19 luglio 2016

Arte


L’arte
 
Compiaciuti, sogniamo nelle ore di calma
tanti bei progetti senza sostanza.
Ma per dare forma, far pulsare la vita,
quante cose diverse devono incontrarsi e sposarsi:
una fiamma per sciogliere, un vento per gelare,
mesta pazienza ed energia gioiosa:
umiltà, eppure orgoglio e spregio;
istinto e studio, amore e odio:
audacia, reverenza. Questi devono fondersi
e poi del cuore mistico di Giacobbe avere parte,
per lottare con l’angelo: l’Arte.
 
Herman Melville
Traduzione di Massimo Bacigalupo
 
 

arte
[àr-te] s.f.
 
1.- Attività dell'uomo basata sul possesso di una tecnica, su un sapere acquisito sia teoricamente che attraverso l'esperienza; in tal senso, coincide anche con un mestiere che richieda un'abilità specifica: a. del fabbro; a. del ferro || a. marziali, tecniche di difesa personale che non prevedono l'uso di armi ma solo abilità fisiche | a regola d'a., alla perfezione | fatto ad a., deliberato, voluto dall'uomo | l'a. del Michelaccio, il non far nulla
2.- Produzione di opere adeguate ai canoni estetici del bello, prevalenti nei diversi periodi storici; l'opera stessa così prodotta (spec. se di tipo figurativo); l'insieme di tali opere di un autore, di un periodo: l'a. del Rinascimento || a. maggiori, architettura, scultura, pittura | a. minori, miniatura, ceramica, oreficeria, falegnameria ecc. | a. sacra, destinata ad arredi, edifici di culto | in a., espressione che introduce il nome usato pubblicamente da un artista e diverso da quello anagrafico
3.- Attitudine mimica e interpretativa: a. drammatica || figlio d'a., figlio di persone che lavoravano nello stesso ambiente, in partic. nello spettacolo
4.- estens. Abilità nel compiere una data azione, anche col valore negativo di artificio: l'a. della seduzione
5.- Dal Medioevo fino alla Rivoluzione francese, corporazione di artigiani, mercanti, professionisti: l'a. degli speziali

impara l'arte,
si diceva così, ieri;
l'arte di che, quale?
eppure commuove una marina
se l'anima è mite...
 

lunedì 18 luglio 2016

Valaam

non raccontatemi di quei grandi poeti
 di quei malati disperati
 dei folli e degli ubriachi misteriosi
 dei drogati bucati
 reietti e dimenticati
 inutili e staccati da queto mondo
 come se fossimo incagliati nella sabbia
 qui non è valaam* ma il nostro deserto
 e qui ci attendono
 qui e ora
 ci occorre qualcosa di nuovo e grande.
*Antico monastero sopra San Pietroburgo

 
  Igor' Bobyrev
Nella pupilla dell'albero
Traduzione di Paolo Galvagni
  
poesia, poetare, il cuore,
quasi sempre il cuore;
a volte i volti, l'anima, le cose,
spesso lacrime e preghiere...
 
Le origini del Monastero di Valaam risalgono al periodo in cui il Cristianesimo iniziò a diffondersi tra le popolazioni che vivevano nelle terre russe. Il Monastero è conosciuto con il nome dell’omonimo arcipelago di cinquanta isolette che occupano complessivamente trentasei chilometri quadrati del lago Ladoga. Il luogo di culto è dedicato alla Santa Trasfigurazione del nostro Salvatore, ma dalla gente è sempre stato denominato Monastero di Valaam. Nelle altre isole ci sono vari luoghi di preghiera e di meditazione claustrali, che vengono definiti skete, il più noto di questi luoghi di preghiera è lo Skete di Sant’Avraam, è nell’isola di Yemeljanov. Sant’ Avraam nacque quando la fede cristiana in Russia cominciava ad entrare nei cuori della gente. In giovanissima età fu colpito da una grave malattia, ed avendo sentito un mercante parlare con grande entusiasmo del Santo Monastero della Trasfigurazione, vi si recò in pellegrinaggio. Guarì prodigiosamente, poiché in quel periodo al Monastero di Valaam c’erano parecchi monaci, Avraam preferì l’eremitaggio in un’altra isoletta dell’arcipelago. Nel XIX secolo, a gloria di Dio, l’abate Damaskin ampliò l’umile piccolo monastero in legno, che aveva ospitato Sant’Avraam, il luogo di preghiera fu consacrato nel 1873. Prima di recarsi in un’altra isola, Sant’Avraam sostò nel Monastero dove avvenne la sua guarigione, questa sua permanena a Valaam è riportata nelle cronache dell’epoca, ed è proprio questa la fonte più attendibile, quella che ci consente di affermare che il Monastero di Valaam risale all’XI secolo. Parecchie fonti storiche indicano il XIV secolo per quanto concerne il periodo di fondazione del luogo di preghiera e di meditazione. Possiamo affermare che tutte le fonti hanno un buon margine di verità.
Probabilmente la vita claustrale delle origini (XI secolo) sarà stata interrotta e riprese nel XIV secolo. Secondo alcune tradizioni e detti popolari relativi a Valaam, sarebbe stato proprio l’apostolo Andrea a predire l’esistenza di un Monastero in quella terra. In tale luogo Sant’Andrea eresse una Croce in pietra.
Sempre secondo alcune fonti che risalgono alle storie antiche, che tradizionalmente venivano portate alla conoscenza della gente e tramandate, il Monastero fu fondato da due monaci greci: i santi Sergio ed Ermanno, che giunsero nelle terre di Novgorod nel X secolo, assieme ai primi missionari ortodossi. Purtroppo molte informazioni importanti sul Monastero furono distrutte dalle invasioni che si succedettero. Per fortuna le cronache popolari tramandano con grande zelo fatti e accadimenti riguardanti Valaam. I Santi Sergio ed Ermanno riuscirono a portare alla fede cristiana le tibù di Karel, con fervore rafforzarono la fede cristiana ortodossa soprattutto nelle terre russe del nord. Le antiche cronache ci tramandano delle preziose informazioni sulle reliquie dei due Santi, che durante l’invasione svedese furono trasferite a Novgorod, a quell’epoca era Joannes l’arcivescovo di Novgorod. Nel 1182, dopo quasi vent’anni, passato ogni pericolo, le reliquie dei santi padri ritornarono a Valaam. Temendo che le reliquie venissero danneggiate, i monaci le portarono in un posto sicuro, furono sepolte in profondità, tra le rocce, dove si trovano tuttora. In ricordo del ritorno delle reliquie dei Santi Sergio ed Ermanno a Valaam, la chiesa russa organizza annualmente, dall’11 al 24 settembre, delle cerimonie religiose. Le cronache ci fanno conoscere anche numerose storie di miracoli riconducibili ai due Santi.
Durante i lunghi e tenebrosi settant’anni di dominio sovietico il Monastero di Valaam, come tutti i luoghi di culto e di preghiera in Russia, fu espropriato della sua dignità e identità, pur rimanendo sempre un faro per la popolazione russa, un punto di riferimento importante. La misericordia di Dio è infinita: il 14 dicembre 1989 sei monaci ripresero a vivere nell’antichissimo Monastero e da allora è iniziato nuovamente un felice percorso religioso per il Monastero di Valaam.
Osservando le immagini attuali del Monastero, non possiamo non pensare che certi posti, per la bellezza del paesaggio, per lo straordinario abbraccio tra terra e mare, sembrano predestinati ad essere zone di silenzio, di preghiera, di contemplazione, ed è ben noto che la preghiera è azione.
E’ sempre stato molto sentito e compreso il significato della vita monastica in Russia. Ad alcuni questa vita può sembrare oscura, certo è che i Monasteri sono i veri parafulmini che proteggono la nostra società tendenzialmente materialista ed egoista.
Alessio II fu il patriarca, che dopo settant’anni di rifiuto violento nei confronti della spiritualità, per grazia di Dio ebbe l’incarico di riportare la Russia alla devozione cristiana.
E’ molto intenso il ricordo che il Patriarca aveva di Valaam. Vi si recò assieme ai suoi genitori quando aveva solo nove anni, il bambino, che sarebbe divenuto un uomo di Dio, fu molto colpito da quel luogo.
Il Patriarca Alessio soleva dire che la vocazione al monachesimo deve essere profonda. Il monaco, pregando, non pensa solo alla sua salvezza, ma deve aiutare le anime di tutti a salvare il mondo. Quindi la grande preghiera – azione per la salvezza del mondo, in questi luoghi di culto, è un evento quotidiano che trasmette speranza a tutti noi.
Ricordiamo che il Patriarca Alessio è ritornato alla Casa del Padre il 5 dicembre 2008, vigilia del giorno dedicato a San Nicola, Santo patrono della Russia. Dal 27 gennaio 2009, Patriarca di Mosca e di tutte le Russie, è questa la definizione risalente ad antica data, è Kirill, a lui il compito di rafforzare la fede cristiana in Russia, a lui e a tutti gli uomini di buona volontà. Kirill è stato intronizzato nella Cattedrale di Cristo Salvatore a Mosca. Significativa la presenza alla cerimonia del presidente russo Dmitri Medvedev e del premier Vladimir Putin. La cerimonia viene denominata ‘Intronisazia’, vocabolo russo, durante la cerimonia i 4.000 dignitari ortodossi hanno esclamato:’Axios, axios, axios’. ‘Axios’, che in greco significa ‘è degno’. Kirill è molto noto in Russia, prima di essere eletto Patriarca era il ministro degli esteri della chiesa ortodossa russa. Daniela Asaro Romanoff (dalla rete)
 

domenica 17 luglio 2016

Mendicanti e nuovi poveri

Mendicanti
 
Ci deve essere anche spazio per il lutto
in questa città scintillante

di arroganza cortese.
 
Quelle torri splendenti che promettono
immortalità
– tenetele, tenete tutto –
non è che una valle tremula di portoni

sprangati.
 
Vado verso le colline colori sfocati,
ambra, rossi, blue elettrici.
Da qui posso vedere chiaramente,
 
templi, teatri, luoghi di sapienza e bugie.
E sulla testa? Il silenzio insolente delle stelle.

Siamo meno che mendicanti. Alla fine
 

Pieter Bruegel
"Gli storpi”, o “I mendicanti”, o “I lebbrosi”
Louvre - Parigi
non potremo rubare per te o avere in prestito
un'ora in più,

pur coi nostri poteri, nemmeno un ultimo,
bellissimo, balenante secondo.
 
Gerard Hanberry
"Quello sguardo di sghembo"
Traduzione di Francesca Diano
 
 
 
Sull’opera: “Gli storpi”, o “I mendicanti”, o “I lebbrosi” è un dipinto autografo di Pieter Bruegel, realizzato con tecnica a olio su tavola nel 1568, misura 18 x 21 cm. ed è custodito nel Museo del Louvre a Parigi.
 La tavoletta è firmata e datata, nella parte in basso, sulla sinistra, con la scritta “BRVEGEL M.D.LXVIN”. Anche sul retro appaiono due scritte, forse apocrife, ma  all’apparenza, cinquecentesche. Una, scritta in lingua fiamminga ed incompleta, che esprime un augurio agli storpi:
“[k]ruepelen, hooch, dal u nering betern moeg”
(o storpi, che i vostri affari possano prosperare).
L’altra, formata da due distici in lingua latina, che paragonano la potenza espressiva della pittura con quella della natura, che il Genaille legge e traduce:
 
 “NATVRAE DEERAT N0STRAE QVOD DEFVIT ARTI / HAEC DATA PICTORI GRATIA TANTA [FUIT] / ALIVD / HIC NATVRA STVPET PICTIS EXPRESSA FIGVRIS / VISA SVIS CLAVDIS HVNC BRVEGEL ESSE PAREM”
 
(Nemmeno la natura possiede ciò che manca alla nostra arte, tanto grande è il privilegio concesso al pittore; qui la natura, tradotta in immagini dipinte e vista nei suoi storpi, stupisce rendendosi conto che il Bruegel le è pari).
La piccola-grande opera attualmente si trova in buono stato di conservazione (dalla rete).
 
poveri e poveracci,
eppure la convinzione passa,
si arresta tra le pieghe,
rimane un senso vago,
di inappropriatezza...