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L'ombra è l'opposto del sole, ma si nutre di esso.
Un cielo grigio non genera ombre: nessun contrasto, nessun pensiero.


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giovedì 31 maggio 2018

Mendicanti


Fernand Pelez
"Il piccolo venditore di violette"
Mendicanti
 

Ci deve essere anche spazio per il lutto
in questa città scintillante
di arroganza cortese.

Quelle torri splendenti che promettono
immortalità
– tenetele, tenete tutto –
non è che una valle tremula di portoni
sprangati.

Vado verso le colline colori sfocati,
ambra, rossi, blue elettrici.
Da qui posso vedere chiaramente,

templi, teatri, luoghi di sapienza e bugie.
E sulla testa? Il silenzio insolente delle stelle.
Siamo meno che mendicanti. Alla fine

non potremo rubare per te o avere in prestito
un'ora in più,

pur coi nostri poteri, nemmeno un ultimo,
bellissimo, balenante secondo.
Fernand Pelez
"Il piccolo venditore di limoni"



Gerard Hanberry
da"Quello sguardo di sghembo sulle cose del mondo"
traduzione di Francesca Diano



 L'accattonaggio o
mendicità
è la pratica che consiste nel chiedere l'elemosina, in genere per motivi di disagio economico e sociale. Di solito viene praticato in luoghi pubblici come strade, piazze e parchi urbani. In ambito religioso, la mendicità viene esercitata dagli aderenti a certi ordini monastici, come gli Ordini mendicanti; in questo caso prende il nome di questua.
(da Wikipedia)
 
 
tanti, troppi, oggi, ovunque,
si è perso il senso della carità
ma prevale il business non la necessità;
mi trovo in bilico nell'essere io...
 

Fernand Pelez
"Mendicanti"1885

mercoledì 30 maggio 2018

Oggi

che dire, oggi, anni fa,
probabilmente pomeriggio,
torno indietro, immagino, vedo una madre, la mia;
poi la gioia di un uomo, di un padre, il mio...
Gujil 

In questo giorno
 
In questo giorno venni,
fui sorpreso, solo, immerso
in un immenso mare.
 
In questo giorno seppi,
circondato d'abbracci , solo
in un costante felice gesto.
 
In questo giorno nacqui,
isolato frammento d'amore
appeso al filo del fato.

 Anonimo
del XX° Secolo
poesie ritrovate
 

martedì 29 maggio 2018

Poesia e riflesso

Paradossi e ossimori
 
Questa poesia si occupa del linguaggio a un livello alquanto piano.
Guardala che ti parla. Guardi da una finestra
o affetti irrequietezza. La sai ma non la sai.
Ti manca, la manchi, le manchi, ti manca. Vi mancate a vicenda.
 
La poesia è triste perché vuole essere tua, e non può.
Cos’è un livello piano? E’ quella cosa e altre,
e ne mette in gioco un sistema. Gioco?
Beh, di fatto, sì, ma io ritengo che il gioco sia
 
una più profonda cosa esterna, un modello di ruolo sognato,
come nella ripartizione della grazia queste lunghe giornate agostane
senza dimostrazione. A finale aperto. E prima che te ne accorga
si perde nel vapore e nel cicaleccio della macchina da scrivere.
 
E’ stata giocata un’altra volta. Penso tu esista solo
per tormentarmi a farlo, al tuo livello, e poi tu non ci sei
o hai adottato un atteggiamento diverso. E la poesia
mi ha deposto dolcemente accanto a te. La poesia è te.
 
John Ashbery
da Shadow Train, 1980
Traduzione di Damiano Abeni e Moira Egan
 
 
paradosso essere come vorresti,
ossimoro il mare arido;
come vaghe stelle lontane,
come unicità nel mondo...
 

lunedì 28 maggio 2018

Brianza

Infanzia
 Give me my childhood again
John Burnside

Ridatemi la mia infanzia,
quella repubblica di passeri garruli,
le smisurate selve di ortiche
e il pianto notturno del timido allocco.
La nostra strada vuota di domenica,
il rosso neogotico delle chiese
che non ispirava i mistici,
le bardane sussurranti in tedesco
e la confessione dell’alcolizzato
presso l’altare della parete bianca,
e le pietre, e la pioggia, e le pozzanghere
in cui sfavillava l’oro.

Adesso, ormai, saprei sicuramente
come essere bambino, saprei
come guardare gli alberi coperti di brina,
come vivere immobilmente.

 
Adam Zagajewski
da "Asimmetria"
traduzione di Marco Bruno
 

 Uno degli scorci più suggestivi della Brianza è sicuramente l’attraversamento del fiume Lambro a Canonica, frazione di Triuggio. Canonica è posta sulla sponda sinistra del Lambro, in essa fa spicco uno dei più antichi palazzi nobiliari del Milanese: Villa Taverna“.
Immersa in un grande parco, prima di essere trasformato in villa (XVI sec.), era molto probabilmente un antico fortilizio. L’edificio, dopo aver subito ampliamenti ed adattamenti successivi su progetto di Pellegrino Tibaldi, assunse definitivamente pianta a “U”, schema tradizionale delle ville patrizie lombarde del XVI secolo.
Agli inizi del XVII secolo la villa divenne tristemente famosa per aver ospitato Giampaolo Osio, omicida, e conosciuto dai più come Egidio, l’amante della Monaca di Monza (personaggi manzoniani). L’Osio, braccato dalle autorità, trovò rifugio presso la villa, venne in seguito arrestato e fatto sopprimere negli scantinati della villa stessa.
Oggi all’interno della Villa, indenne da modifiche, è possibile ancora ammirare, il giardino all’italiana che conserva l’originario schema compositivo cinquecentesco, le notevoli sale a volta ed un monumentale scalone che conduce al piano superiore.
Unitamente inserito nel complesso monumentale, e disposto in posizione più elevata, rispetto alla villa, si trova la Chiesina Barroca di S.Eurosia (1735) ad un’unica navata: all’interno una tela di F. Caponara (1863).
In prossimità di “Villa Taverna” si trova la Chiesa Parrocchiale di S. Maria della Neve (XVII sec).
In essa è possibile ammirare l’effigie marmorea della Madonna della Neve, un tempo posta sulla mura di Villa Taverna e poi traslata in seguito ad eventi miracolosi a Lei attribuiti La Chiesa è affrescata ad opera di G.B. Zalli.
La festa della frazione è la quarta domenica di luglio.
Con D.G.R. n. 7 /8993 del 7.5.2002 Canonica è stata riconosciuta tra gli ambiti a rilievo artistico ex Art. 12 comma 3 del D.Lgs. 114/98.
(da Wikipedia)

la mia, quella delle gite in Brianza,
mio padre, la cinquecento, mia madre,
io e mia sorella a raccogliere fiori;
ora qualche ricordo in un quadro

domenica 27 maggio 2018

Riflesso e prospettiva

le dinamiche comportano rischi evidenti
eppure si giostra,
il cavallo bolso regge pesi troppo grevi
e noi, spettatori convinti pensiamo
al nostro brulicare quotidiano nel mondo,
bella prospettiva!
 
Gujil
 
 

sabato 26 maggio 2018

Grado di difficoltà

Grado di difficoltà (dalla rete)
Per classificare gli itinerari sono stati utilizzati gli smile: 5 smile indicano un percorso facile, 1 smile indica un percorso difficile.
La valutazione comprende diversi aspetti, tra cui le condizioni del fondo stradale, la pavimentazione e le pendenze.

5 smile  Semplice itinerario con andamento pianeggiante e fondo stradale uniforme
4 smile  Semplice itinerario con brevi tratti in lieve pendenza, fondo stradale omogeneo
3 smile  Itinerario con qualche moderata pendenza, fondo stradale a tratti sconnesso
2 smile  Itinerario piuttosto faticoso con pendenze marcate e fondo stradale sconnesso
1 smile  Itinerario faticoso con pendenze marcate e fondo stradale sconnesso con sassi e/o erba

 
La valutazione sull’accessibilità degli itinerari è soggettiva, considerando la grande diversità di esigenze di famiglie con passeggini, anziani, persone disabili.
 


 
 
in un tracciato sconnesso
posiamo passi ancora decisi,
la via contorta è percorsa
in un continuo spaziare;
stanchi, assetati e soli,
misere perturbate menti,
il cuore che pompa sempre vivo,
sempre indomito batte...
 
Anonimo
del XX° Secolo
frammenti ritrovati

venerdì 25 maggio 2018

Straniero

Sono straniero nella nostra vita,
perciò a te sola parlo, e in versi strani:
a te, luogo sperato, età fiorita,
nido di paglia e pioggia sopra i rami,
arnia d’acqua che trema al primo albore,
nel buio nuova Dolcezza… (Ma ora è tempo
che i corpi lieti tornino all’amore,
urlino gioia, e una ragazza pianga
fuori, nel freddo. E tu? In città non sei,
non vai incontro alle notti, è l’ora in cui
solo ricordo di una bocca vera
sono i miei versi…) O frutti maturi,
fonti di vie dorate, parchi d’edera,
solo a te parlo, mia assente, mia terra…

Philippe Jaccottet
da "Lo slancio del cuore"
traduzione di Fabio Pusterla
 
Nel linguaggio di tutti i giorni sono stranieri – per gli italiani – tanto il tedesco quanto il cinese, ma anche il turista che viene in Italia in vacanza e il lavoratore stagionale che raccoglie i pomodori nelle campagne del Sud, il giocatore di colore che gioca nella grande squadra di calcio, il manager di una multinazionale che opera in Italia, lo studente che completa nel nostro territorio il ciclo di studi, la badante che si prende cura dei nostri vecchi, il venditore ambulante che vende stuoie sulla spiaggia.
La legge usa un linguaggio più preciso e prevede quattro categorie di stranieri:
i cittadini europei, o “comunitari” – per noi che siamo italiani sono stranieri in questo senso i cittadini europei (che fanno parte dell’Unione europea) non italiani: tedeschi, inglesi, francesi, danesi, spagnoli, austriaci, polacchi, rumeni, eccetera;
i cittadini di paesi cosiddetti “terzi”, non europei, cioè gli extracomunitari, che sono cittadini di paesi che non appartengono all’Unione europea – cinesi, sudanesi, peruviani, argentini, sudafricani, russi, giapponesi, filippini, albanesi, eccetera;
gli “apolidi”, persone che non hanno nessuna cittadinanza, per cui sono stranieri non solo in Europa ma dovunque, in qualsiasi paese;
coloro che richiedono, per vari motivi, protezione internazionale e sono identificati come “rifugiati”.
Il decreto legislativo 286/98 si occupa direttamente solo di due di queste categorie di stranieri: i cittadini extracomunitari e gli apolidi: “Il presente testo unico si applica ai cittadini di Stati non appartenenti all’Unione europea e agli apolidi, di seguito indicati come stranieri” [art. 1, c. 1]. E la nostra attenzione è rivolta essenzialmente agli extracomunitari, che costituiscono la maggioranza degli stranieri presenti e che continuano ad entrare in Italia (dalla rete).
 
straniero a me stesso, capita, sovente,
non riesco a decidere e fare, indulgo;
nel frangiflutti della mia mente
accolgo pensieri spesso maligni...

giovedì 24 maggio 2018

Contro il muro

Ti amo lì contro il muro distrutto
contro la città e contro il sole e contro il vento
contro il resto che io amo e che è rimasto
come un guerriero intrappolato nei ricordi.
Ti amo contro i tuoi occhi che si spengono
e soffrono dentro questa superficie vana
e sospettano vendette
e morti per desolazione o per fastidio.
Ti amo al di là di angoli e di porte
di treni partiti senza portarci via
di amici che si sono sprofondati ascendendo
finestre periodiche e stelle.
Ti amo contro la tua allegria e il tuo ritorno
contro il dolore che scheggia i tuoi esseri più amati
contro ciò che può essere e ciò che fosti
cerimonia notturna per località fantastiche.
Ti amo contro la notte e contro l'estate
contro la luce e la tua somiglianza silenziosa
contro il mare in settembre e le labbra che ti esprimono
contro il fumo invincibile dei morti.
 
Homero Aridjis
 
 
adesso l'amore è solo, distante,
la terapia che serve a prevenire il male,
quello lo conosco, lo so;
sarà così per molto ancora...

mercoledì 23 maggio 2018

Labirinti del cuore


 
Una sola parola in un momento
può aprire cento corridoi nel cuore,
e le terre, le spiagge, le stagioni
che per salvaguardarsi la Memoria
aveva chiuso a chiave. Una parola
può opprimere quel cuore risvegliato,
vittima di rimpianti del passato
 
Charlotte Brönte
da " Un cuore fedele e passionale"
 traduzione di Silvio Raffo




Parlare di cuore, di amore o meno,
il dilemma si dipana come uno scritto ritrovato
ancora difficile da tradurre e decifrare;
già questo cuore che ha battuto tanto,
da sempre
inseguito
dalla ribellione che ho dentro
e dal tanto amore...

Gujil
 
 
il cuore, già il cuore, tace;
ha in sé tante cose, tante persone,
il limitare di gioventù è passato,
da tempo immemore, sto aspettando...

martedì 22 maggio 2018

Poesia e riflesso

Volevi essere mia
 
Volevi essere mia
come nessuna è stata
ad uomo in terra mai:
 
Lilith, Eva, Maria.
Come nessuna amata,
facevi una mattina
 
di ogni mia giornata,
quando di stanza in stanza
un passo adolescente
 
andava, di bambina
cresciuta troppo presto,
e un ridere di niente
 
bastava alla speranza.
Poco durò. Non era,
vivere, solo questo.
 
Almeno più leggera
la terra del mio strazio
io prego che ti sia,
 
ora che in breve spazio
ti accoglie, a lei tornata
per rimanere mia
 
come nessuna è stata
ad uomo o sarà mai:
Lilith, Eva, Maria.
 
Siro Angeli
 
 
anche tu compagna mia sola,
con me da allora, nel viaggio;
porto di te l'infinito amore
ed il frutto che ancora ci lega...

lunedì 21 maggio 2018

Endimione

Endimione
(gr. ᾿Ενδυμίων)
Eroe della mitologia greca; nelle versioni più importanti del suo mito appare amato da Selene (la Luna). Secondo Pausania e Apollodoro era re di Elide; ebbe da Selene 50 figlie; da Zeus ricevette la possibilità di sostituire la morte con un sonno eterno. Il motivo del sonno ricorre nella versione asiatica: qui è Selene stessa che immerge in un sonno eterno l’eroe in una grotta del monte Latmo in Caria.
Secondo altre tradizioni il dio Ipno avrebbe dato la possibilità a E., del quale si era innamorato, di dormire a occhi aperti.
La straordinaria bellezza dell’eroe fu soggetto frequente dell’arte antica, che lo presenta come pastore o cacciatore (TRECCANI).

Nicolas-Guy Brenet
"Sonno di Endimione"
(1756)

Endimione

Lì se ne va, il raccoglitore di versi, il perdigiorno
dell’universo. Non rivela perché lo guidi
il suo senso intimo per lo sfavillio.
È positivo, assoluto nei riguardi della luna,
questa butterata alleata dell’universo.
Quel che si dice di lei, lo lascia indifferente.
È ritornato, ora scopre sulla terra
i crateri e i deserti. Nel suo eremitaggio tiene

la porta aperta, vive in incognito, rivolto a tutto.

 Durs Grünbein
da "Librazioni lunari e liriche"
 traduzione di Gio Batta Bucciol

 

 
George Frederic Watts.
"Endymion"
1872
Nella mitologia greca, Selene è la personificazione della Luna.
E’ la sorella di Helios (il Sole) e Eos ( l’Aurora).
I tre fratelli ricevono in dono, dalla nascita, un compito prezioso ma anche gravoso: quello di non potersi incontrare mai, e doversi sempre rincorrere nella volta celeste, per dare ad ogni ora luce all’umanità.
Così ogni giorno, Selene attraversa il cielo con il suo carro trainato da due cavalli d’argento, per poi lasciare il posto ai colori caldi rassicuranti delle ali di Eos (l’Aurora), la quale lascia poi il passo all’indomabile carro infuocato di Elios.
Sospese lassù per l’eternità, a queste divinità astrali capita di osservare spesso e volentieri le varie esistenze degli esseri umani.
Così una notte, mentre brillava bianca e algida sulla valle di Olimpia, Selene vede un bellissimo giovane, di nome Endimione: un pastore che al calar del sole fa riparare le sue greggi in una grotta del monte Latmo. Affascinata dalla sua bellezza, Selene si innamora perdutamente di lui e con la sua luce entra nella grotta. Anche Endimione è subito catturato dallo splendore della Dea d’argento vestita. Ma Endimione è un semplice umano, mentre Selene è una Dea, quindi immortale, inoltre ha un compito da portare a termine: deve continuare il suo viaggio, ha solo poche ore per portare il carro a destinazione, verso Ponente, dove si tuffa ad ogni alba nelle acque fredde di Oceano, le quali ogni giorno rinnovano lo splendore della sua pelle morbida e candida. Selene però è affranta, vuole rivedere il bellissimo mortale, lo vuole rivedere per sempre. Non sopporta l’idea di vivere l’eternità senza di lui e chiede pietà a Zeus. Questi accoglie il suo desiderio e stabilisce che Endimione dormirà per sempre, Selene lo andrà a trovare ogni sera nella stessa grotta, dove lo sfiorerà, l’osserverà, lo bacerà.  Endimione, per contro, diverrà l’oggetto eterno di un amore divino, un amore immobile, inerte, ma sempre giovane e bello. Dormirà con gli occhi aperti, in modo che il mondo possa ammirare in eterno la meraviglia del suo volto.
E così Selene continua ogni notte a visitare Endimione, così come ogni notte la Luna solca il cielo stellato.
Endimione ancora dorme in quella grotta del monte Latmo, dove gli dei lo hanno deposto. Ancora sogna quell’amore lucente che lo stregò in una sola, singola notte, e ancora fissa con lo sguardo immobile lo splendore argenteo della Luna che si staglia nel profondo cielo blu (dalla rete).

quante cose non si sanno, conoscono,
eppure ci atteggiamo tutti a vati,
siamo imperiosi nelle nostre pochezze;
io, per me, altero e stupito mi spiego...

domenica 20 maggio 2018

Cerilo

Il Cerilo

O fanciulle che il dolce suono seguite con soave
voce, non più le membra ho docili. Fossi il cerilo
che con le alcioni passa sereno sul fiore dell’onda,
uccello di primavera, colore delle conchiglie!
 
Alcmane
Traduzione di Salvatore Quasimodo
 
dal gr. rýlos
(lett.): favoloso uccello marino identificato con l’alcione maschio
La fonte cita il frammento per evidenziare che gli alcioni maschi, chiamati cerili, secondo la credenza, quando diventano deboli per la vecchiaia e non sono più in grado di volare, sono trasportati dalle femmine sulle loro ali.
 Quello che
Alcmane
si augura con le vergini del coro è che, debole per la vecchiaia e incapace di danzare con i cori e balli delle ragazze, vorrebbe, in un ultimo, malinconico slancio, essere trasportato da loro.
(da Wikipedia)
  
uccelli marini, lontani e grandi,
volano cieli infiniti e tempestosi;
piccolo passero guardo ed ammiro,
nel mio piccolo volo, volo anch'io...
 
 

sabato 19 maggio 2018

Infine


infine
(meno comune: in fine) avverbio
-TRECCANI-

-. Alla fine, da ultimo: infine confessò tutto; attendemmo a lungo, ma infine arrivarono.
In conclusione, insomma (per lo più come inciso): bisogna infine che ci decidiamo; non capisco, infine, che cosa voglia da me; in fine, la vita debb’esser viva, cioè vera vita (Leopardi).

 
Infine
 
Infine uscimmo a respirare ancora
assensi nel buio, le cose, sole,
vidi un istante bruciare nel cielo,
vidi la luna velarsi, sparire.
 
Infine uscimmo a tentar fortuna
nel brivido la schiena provata
flettè innaturali posture, inchini
al mondo di cui facemmo parte.
 
Infine uscimmo a piangere insieme,
le ombre assolate e indistinte fuori
in un calamaio di sentimenti e gioie
infine uscimmo, uscimmo ancora...
 
Anonimo
del XX° Secolo
poesie ritrovate
 

venerdì 18 maggio 2018

Tutto muta

Tutto muta – notte, giorno,
nubi, sole, estate, inverno,
fiori sbocciano e avvizziscono
anni ed epoche svaniscono.
Batte il cuore a una trepida magia,
poco dopo sobbalza in agonia;
dove brillava un tenero sorriso,
lacrime amare solcheranno il viso.
È questa l’aspra legge di natura:
nessuno può sfuggire alla sventura;
distilla il dolce, e poi cupi pensieri.
Siamo liberi tutti – e prigionieri.
 
Charlotte Brönte
da "Un cuore fedele e passionale "
traduzione di Silvio Raffo
 
muta
[mù-ta] sostantivo femminile
1.- Azione e risultato del mutare, del cambiare:
la muta del corpo di guardia, delle sentinelle, del custode
SINONIMO:  cambio, avvicendamento 
 
è vero, tutto si modifica, cambia,
immagini di luci ed ombre
sagomano diversamente ogni cosa;
perpetuo sogni indicibili e grandi...

giovedì 17 maggio 2018

Verdeggiante

V, 292

a Paolo Silenziario
La terra verdeggiante sotto i rami
in fiore mostra qui grazia di fronde
ricche di frutti. Qui cantano all’ombra
dei cipressi gli uccelli ai loro teneri
nati, il fringuello gorgheggia e la tortora
si lamenta tra le spine
del roveto. Ma io non sono felice;
vorrei sentire la tua voce dolce
più del suono della cetra di Delo.
Anzi due desideri mi tormentano,
vedere te, mio caro, e la fanciulla
che nel ricordo
mi consuma. Ma il lavoro mi tiene
lontano dalla mia agile gazzella.
 
Agazia Lo Scolastico
 
 
verdeggiante
 aggettivo [part. pres. di verdeggiare]
-TRECCANI-

- 1. [di luogo e sim., ricco di vegetazione: colle, bosco v.] ≈ lussureggiante, rigoglioso, verde, (lett.) verdicante, (lett.) verzicante, (lett.) virente. ↔ arido, brullo, deserto, nudo, secco, spoglio.
- 2. (estens.) [di pianta e sim., che è in rigoglio] ≈ fiorente, florido, lussureggiante, rigoglioso, verde. ↔ spoglio.
 
malgrado il freddo, il clima pazzo,
la terra verdeggia ancora, fatica;
uomini folli distruggono la loro casa,
possibile che non si riesca a capire?

mercoledì 16 maggio 2018

L'abito (non fa il monaco)

L’abito
 
Nevica. Che volevi tu, anima,
Di nascita eterna, che non abbia avuto?
Guarda, tu hai qui
Una veste di festa ancora per la morte.
 
Un abito come nell’adolescenza,
Di quelli che uno prende con cura in mano
Poiché la stoffa è trasparente e resta
Tra le dita che la svelano alla luce,
Si sa che è fragile come l’amore.
 
Ma foglie e corolle vi sono ricamate
E già la musica si intende
Nella stanza vicina, illuminata,
Un misterioso ardore ti prende la mano.
 
E vai, il cuore ansimante, nella grande nevicata.

Yves Bonnefoy
da "L'esilio e il sacrificio"
traduzione di Davide Bracaglia


 
L’abito non fa il monaco
è un noto detto di origine proverbiale
molto utilizzato anche al giorno d’oggi.
 
Il detto viene citato anche ne 
I promessi sposi
(il Conte zio, rivolgendosi al Padre provinciale che aveva difeso Fra Cristoforo e
“la gloria dell’abito”, capace di far sì
“che un uomo, il quale al secolo ha potuto far dir di sé, con questo indosso diventi un altro”,
risponde:
“Vorrei crederlo; ma alle volte, come dice il proverbio…
l’abito non fa il monaco).
 
Il significato del detto è decisamente intuitivo; con questa espressione si vuole sottolineare che è sempre opportuno diffidare delle apparenze perché molto spesso sono ingannevoli; in altri termini, si vuole ricordare che non è sufficiente l’apparenza a cambiare la realtà e che l’aspetto esteriore non rende migliori di quello che si è veramente.

L’origine del detto si perde in tempi lontani; varie sono le ipotesi.
È possibile che abbia tratto ispirazione dall’antico detto latino
Cucullus non facit monachum ovvero Il cappuccio non fa il monaco.
 
Si deve considerare che in epoca medievale, molti viaggiatori erano monaci che ricevevano accoglienza ed erano molto rispettati in virtù dell’abito che indossavano; ciò suggerì però anche a molti malfattori di utilizzare l’abito monacale per trarre in inganno le loro vittime (dalla rete).
 
il vestito addosso, l'abito,
i miei, non sempre a luogo,
ingiusti spesso dimessi e lisi
ma dignitosi sempre, come sono io...