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L'ombra è l'opposto del sole, ma si nutre di esso.
Un cielo grigio non genera ombre: nessun contrasto, nessun pensiero.


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sabato 9 agosto 2025

Protocollo marino #89 (Respiro) e Tamerici

Respiro
 
Il mio respiro fonde al cielo
il vento della mia essenza,
tramerici notturne si aprono
al giorno, nel mattino di sole...

Gujil
 
Al mattino, le tamerici possono presentare le loro fronde bagnate, come se avessero appena ricevuto una doccia.   
Questo fenomeno è dovuto alla rugiada o all'umidità che si condensa sulle foglie, soprattutto dopo una notte fresca. 
Le tamerici sono alberi che spesso si trovano lungo le rive, dove i loro rami e le foglie possono essere mossi dal vento e dal suono delle onde. 
La combinazione di acqua e luce del sole al mattino può creare un'atmosfera particolare, quasi come se le piante fossero state appena "lavate".
(dalla rete)

lunedì 28 luglio 2025

Cipressi e palme

Cipressi e palme

O notturni cipressi e sonnolente
Palme, laggiù, sulla deserta china,
A specchio della tersa onda turchina,
Nereggianti sul rutilo occidente;

Mentre nell’alto ciel, dietro la trina
D’una rosata nube evanescente,
Come un profil di vergine languente
Della luna il sottile arco s’affina;

O lente palme, o rigidi cipressi,
Dite, se novo e ignoto vïatore
L’orme pur ora in queste rive impressi;

Perché la nostra visïon di tanto
Dolce tumulto mi rïempie il core,
Perché mi trae sulle pupille il pianto?

Arturo Graf 

I Romani iniziarono ad piantare i cipressi come simbolo di elevazione spirituale. Poi il Cristianesimo diede sacralità alla pianta utilizzandone il legno per la croce di Gesù Cristo. Le sue caratteristiche di sempreverde poi si adattano al luogo funebre.

Commuoversi davanti a natura
che ancora stupisce e riempie
di gocce gli occhi e meraviglia;
siamo preda di insana pazzia... 
 
Le palme sono piante tropicali e subtropicali apprezzate per la loro bellezza esotica, ma alcune specie sono più adatte ai climi miti o temperati e a giardini di dimensioni adeguate (dalla rete).

venerdì 4 luglio 2025

"Tree hugging" (Silvoterapia)

Albero
 
Da te un’ombra si scioglie
che pare morta la mia
se pure al moto oscilla
o rompe fresca acqua azzurrina
in riva all’Anapo, a cui torno stasera
che mi spinse marzo lunare
già d’erbe ricco e d’ali.

Non solo d’ombra vivo,
ché terra e sole e dolce dono d’acqua
t’ha fatto nuova ogni fronda,
mentr’io mi piego e secco
e sul mio viso tocco la tua scorza.
 
Salvatore Quasimodo
 
In qualche abbraccio saltuario
amo gli alberi immensi, tronchi
destinati a intemperie e sole;
la scorza sbrecciata denuda...
 
Abbracciare gli alberi, noto anche come silvoterapia o "tree hugging", è una pratica che consiste nell'abbracciare un albero per trarne benefici sia fisici che mentali. 
Questa pratica, che affonda le sue radici in tradizioni antiche, si basa sull'idea che il contatto con la natura e, in particolare, con gli alberi, possa ridurre lo stress, migliorare il benessere e aumentare l'energia vitale.
(dalla rete)

venerdì 19 aprile 2024

Davanti...

Davanti a San Guido

I cipressi che a Bólgheri alti e schietti
Van da San Guido in duplice filar,
Quasi in corsa giganti giovinetti
Mi balzarono incontro e mi guardâr.

Mi riconobbero, e – Ben torni omai –
Bisbigliaron vèr’ me co ’l capo chino –
Perché non scendi? Perché non ristai?
Fresca è la sera e a te noto il cammino.

Oh sièditi a le nostre ombre odorate
Ove soffia dal mare il maestrale:
Ira non ti serbiam de le sassate
Tue d’una volta: oh, non facean già male!

Nidi portiamo ancor di rusignoli:
Deh perché fuggi rapido cosí?
Le passere la sera intreccian voli
A noi d’intorno ancora. Oh resta qui! –

– Bei cipressetti, cipressetti miei,
Fedeli amici d’un tempo migliore,
Oh di che cuor con voi mi resterei –
Guardando io rispondeva – oh di che cuore!

Ma, cipressetti miei, lasciatem’ ire:
Or non è piú quel tempo e quell’età.
Se voi sapeste!… via, non fo per dire,
Ma oggi sono una celebrità.

E so legger di greco e di latino,
E scrivo e scrivo, e ho molte altre virtú:
Non son piú, cipressetti, un birichino,
E sassi in specie non ne tiro piú.

E massime a le piante. – Un mormorio
Pe’ dubitanti vertici ondeggiò,
E il dí cadente con un ghigno pio
Tra i verdi cupi roseo brillò.

Intesi allora che i cipressi e il sole
Una gentil pietade avean di me,
E presto il mormorio si fe’ parole:
– Ben lo sappiamo: un pover uom tu se’.

Ben lo sappiamo, e il vento ce lo disse
Che rapisce de gli uomini i sospir,
Come dentro al tuo petto eterne risse
Ardon che tu né sai né puoi lenir.

A le querce ed a noi qui puoi contare
L’umana tua tristezza e il vostro duol.
Vedi come pacato e azzurro è il mare,
Come ridente a lui discende il sol!

E come questo occaso è pien di voli,
Com’è allegro de’ passeri il garrire!
A notte canteranno i rusignoli:
Rimanti, e i rei fantasmi oh non seguire;

I rei fantasmi che da’ fondi neri
De i cuor vostri battuti dal pensier
Guizzan come da i vostri cimiteri
Putride fiamme innanzi al passegger.

Rimanti; e noi, dimani, a mezzo il giorno,
Che de le grandi querce a l’ombra stan
Ammusando i cavalli e intorno intorno
Tutto è silenzio ne l’ardente pian,

Ti canteremo noi cipressi i cori
Che vanno eterni fra la terra e il cielo:
Da quegli olmi le ninfe usciran fuori
Te ventilando co ’l lor bianco velo;

E Pan l’eterno che su l’erme alture
A quell’ora e ne i pian solingo va
Il dissidio, o mortal, de le tue cure
Ne la diva armonia sommergerà. –

Ed io – Lontano, oltre Apennin, m’aspetta
La Titti – rispondea – ; lasciatem’ ire.
È la Titti come una passeretta,
Ma non ha penne per il suo vestire.

E mangia altro che bacche di cipresso;
Né io sono per anche un manzoniano
Che tiri quattro paghe per il lesso.
Addio cipressi! addio, dolce mio piano! –

– Che vuoi che diciam dunque al cimitero
Dove la nonna tua sepolta sta? –
E fuggíano, e pareano un corteo nero
Che brontolando in fretta in fretta va.

Di cima al poggio allor, dal cimitero,
Giú de’ cipressi per la verde via,
Alta, solenne, vestita di nero
Parvemi riveder nonna Lucia;

La signora Lucia, da la cui bocca,
Tra l’ondeggiar de i candidi capelli,
La favella toscana, ch’è sí sciocca
Nel manzonismo de gli stenterelli,

Canora discendea, co ’l mesto accento
De la Versilia che nel cuor mi sta,
Come da un sirventese del trecento,
Pieno di forza e di soavità.

O nonna, o nonna! deh com’era bella
Quand’ero bimbo! ditemela ancor,
Ditela a quest’uom savio la novella
Di lei che cerca il suo perduto amor!

– Sette paia di scarpe ho consumate
Di tutto ferro per te ritrovare:
Sette verghe di ferro ho logorate
Per appoggiarmi nel fatale andare:

Sette fiasche di lacrime ho colmate,
Sette lunghi anni, di lacrime amare:
Tu dormi a le mie grida disperate,
E il gallo canta, e non ti vuoi svegliare. –

Deh come bella, o nonna, e come vera
È la novella ancor! Proprio cosí.
E quello che cercai mattina e sera
Tanti e tanti anni in vano, è forse qui,

Sotto questi cipressi, ove non spero
Ove non penso di posarmi piú:
Forse, nonna, è nel vostro cimitero
Tra quegli altri cipressi ermo là su.

Ansimando fuggía la vaporiera
Mentr’io cosí piangeva entro il mio cuore;
E di polledri una leggiadra schiera
Annitrendo correa lieta al rumore.

Ma un asin bigio, rosicchiando un cardo
Rosso e turchino, non si scomodò:
Tutto quel chiasso ei non degnò d’un guardo
E a brucar serio e lento seguitò.

Giosuè Carducci

Alberi alti che seguono vite
di uomini che vivono attimi;
il vento accarezza quei volti
che ancora sanno soffrire...

mercoledì 21 febbraio 2024

L'ontano

L’Ontano è una pianta appartenente alla famiglia delle Betulacee, di origine euroasiatica e presente in generale nelle aree con clima temperato. Nel nostro paese l’Ontano è diffuso in tutte le regioni, a partire dalla pianura fino alle aree montuose.
L’Ontano raggiunge generalmente un’altezza di 20-25 metri. Alcuni esemplari possono tuttavia arrivare a 30 metri d’altezza anche se di norma l’albero resta più basso.

Vecchi ontani

Ai vecchi ontani il vento,
             Ghignando, urlando, narra
Non so che storia lugubre e bizzarra,
 Non so che storia d’ira e di spavento.

Tremanti di paura,
                      Sotto il gel che li allaccia,
       I vecchi ontani al cielo ergon le braccia
Gemendo a gara nella notte oscura.

Arturo Graf

Robusti alberi sfidano il vento
nelle remote lande dell'anima;
svetta, solitaria sentinella
fino a toccare il cielo buio...

L’Ontano cresce perlopiù in colonie dove vi è ricca presenza di acqua, in molti casi sugli argini di laghi o di fiumi.
Le radici si prolungano spesso fino all’acqua stessa, tramutandosi in un habitat ideale per piccoli pesci o per altre specie acquatiche (bisce, girini, rane, anfibi etc.).

La corteccia è di colore brunastro e invecchiando tende a diventare più scura, con la contemporanea comparsa di solchi.
La chioma, invece, non è fitta ma appare leggera, pur essendo costituita da foglie abbastanza larghe.
L’Ontano è un albero di cui si alimentano molte varietà di insetti.

Sono diverse, tra l’altro, le specie di funghi che si sviluppano in un rapporto di simbiosi con l’Ontano.
Siamo quindi di fronte a una pianta essenziale per la biodiversità.
Solitamente la sua presenza è indice di terreni dallo scarso drenaggio o acquitrinosi.
(dalla rete).

venerdì 22 settembre 2023

Quercia caduta

Giovanni Pascoli 
Nella poesia intitolata "La quercia caduta"  , uno dei più significativi poeti del primo Novecento, ci invita a riflettere su una realtà molto triste: gli uomini riconoscono la grandezza e la bontà dei loro simili solo dopo la loro morte, quando ormai è troppo tardi.
(dalla rete).

La quercia caduta

Dov'era l'ombra, or sé la quercia spande
morta, né più coi turbini tenzona.
La gente dice: Or vedo:era pur grande!  

Pendono qua e là dalla corona
i nidietti della primavera.
Dice la gente: Or vedo:era pur buona!
 
Ognuno loda, ognuno taglia. A sera
ognuno col suo grave fascio va.
Nell'aria, un pianto… d'una capinera

che cerca il nido che non troverà.

Giovanni Pascoli

Frutti che cadono a terra
il bosco si anima di autunno;
scoiattoli accumulano sogni
di vita nei nidi tra il verde...
 
La farnia (Quercus robur), anche detta quercia comune, è un albero maestoso, alto fino a 30 metri, diffuso in tutta Europa. 
Formava ampie foreste nell'Italia settentrionale e centrale soprattutto in pianura e nei terreni alluvionali. 
Insieme ad altre querce a lei simili è considerata simbolo della forza e della solidità.

venerdì 1 settembre 2023

Fronde...

fronda

fronda /'fronda/ (ant. fronde)
sostantivo femminile [lat. frons frondis] (pl. -e, ant. e poet. -i). -TRECCANI- 

a. [piccolo ramo con foglie] ≈ frasca, ramoscello.

b.
(estens.) [al plur., insieme dei rami e delle foglie di una pianta] ≈ chioma, fogliame.

 

Oscillano le fronde, il cielo invoca
la luna. Un desiderio vivo spira
dall'ombra costellata, l'aria giuoca
sul prato. Quale presenza s'aggira?

Un respiro sensibile fra gli alberi
è passato, una vaga essenza esplosa
volge intorno ai capelli carezzevole,
nel portico una musa riposa.

Ah questa oscura gioia t'è dovuta,
il segreto ti fa più viva, il vento
desto bel rovo sei, sei tu venuta
sull'erba in questo lucido fermento.

Hai varcato la siepe d'avvenire,
sei penetrata qui dove la lucciola
vola rapida a accendersi e sparire,
sfiora i bersò e lascia intatta la tenebra.

Mario Luzi

caduche sensazioni di vago
scivolando tra fronde gentili;
ricordi alberi che mi videro giovane
in contesti di asfalto e cemento...

 

mercoledì 9 febbraio 2022

Piantina

La pianta di Malus sylvestris (Melo selvatico) è un piccolo albero che spesso assume una forma arbustiva, considerato il progenitore del Melo domestico, può raggiungere circa 9 metri di altezza. Il tronco ha un andamento tortuoso e ricurvo. Possiede rami spinosi ed intricati, con chioma irregolare, bassa, a cupola, corteccia bruno-grigia a scaglie in età avanzata. Foglie ovali, a margine dentellato, lunghe 4-8 cm e fiori profumati, con corolla a cinque petali, di colore bianco e sfumature rosa, riuniti in mazzetti, che sbocciano nel mese di Maggio.
I frutti simili a quelli del Melo domestico, sono più piccoli
(2,5 cm di larghezza) e sono di colore verde giallastro, sfumati di rosso, dal sapore asprigno, che maturano a settembre-ottobre. I frutti si possono consumare freschi, per preparare marmellate e gelatine.
(dalla rete)

un nespolo sul suo balcone, forte,
verde perenne come noi siamo nel cuore;
foglie imbevute di turbinii indicibili
sono appunti presenti dell'anima...

 

Melo

Quando sei via, pendono macine di pietra
dal mio albero.
Quando apri la porta del cortile, spuntano
tante orecchie rosa dal fogliame.
Ma con la pioggia, quando dormi, tutte le civettine
spalancano gli occhi tra le fronde.

Oskar Pastior
Traduzione di Gio Batta Bucciol

lunedì 6 settembre 2021

Dal "Diario di un inguaribile vecchio" - 12 -

Diario di un inguaribile vecchio 

dinamiche imprecise scandiscono
il tempo, i giorni, le ore disperse;
in un suono di voci proprendo
per il dignitoso silenzio, la vita...

 - 12 -
 
Il tempo della riflessione giunge in un Settembre ancora di sole, l'estate continua nel verde sfavillante del bosco, nella secca dei fiumi riarsi dal calore delle pietraie.
Mi piacerebbe parlare, discutere, immedesimarmi in un tenue tramonto, le spalle ad est per godere la vista del crepuscolo che precede l'ennesima sera di consuetudini.
Le fila dei pioppi geometricamente indirizza al confine del bosco, si riscopre anche la sera quando si è tristi e pieni di dubbi, questa vecchiaia che incombe pesa alle spalle, alla testa, al cuore.
Non ho da recriminare discorsi, pensieri ed azioni, in un confessionale improvvisato distraggo i ricordi, li mescolo, li confondo; ne emerge un disperato paesaggio di umori, tonalità di colori che vanno attenuandosi come  nelle tele troppo a lungo esposte alla luce diretta del sole.
L'obiettivo è appannato e le foto risultano sbiadite e sfocate ma è solo l'illusione dell'attimo, del passo calpestato dal rincorrersi dei sentimentalismi che mi caratterizzano.
La ricerca di passate situazioni è preambolo risaputo di senili turgori che ancora percorrono il corpo.
Io vorrei essere puro respiro per riempire di fiato coloro che amo.
Come un'ispirazione momentanea si scioglie il desiderio in una pausa forzata... ascolto (io che chiedo di ascoltare con il mio fastidioso intercalare) ma non riesco che a sentire il tono del mio respiro, mi concentro sui battiti del cuore alla ricerca di una ritmica da seguire.
Dove stai? 
Dove sei?
Solo dentro me...
Solo come me...
Principessa serena...
Lungo la solitaria strada si snocciola una notte insonne di cammino e immersione naturale (...walk down that lonesome road...) come se servisse a qualcosa continuare a pensare, a cercare vie d'ingresso (o di uscita).
La musica nella mia testa accompagna il pellegrinaggio notturno.
E' forse realtà?
E' sogno?
La retorica della domanda si stempera nel chiarore soffuso, tra un pò sarà sempre crepuscolo e la luce comincerà a dare corpo alle silohuette e consistenza ai contorni.
Devo ricominciare a vedere con chiarezza le cose.
Il rassicurante mondo dei colori confusi mi sta portando in un labirinto impercorribile, ho ancora con me i miei mille amuleti (non butto mai nulla) ma non sò però quale debba usare.
Pulcino sperduto? 
Cucciolo attempato senza direzione?
La stupidità delle considerazioni si stempera nella foschia di questo settembrino riflettere (settembre è il mese del ripensamento disse qualcuno tempo fa in una canzone che ancora qualche volta ascolto).
Continuo a camminare, il ginocchio sinistro mi ricorda spiacevoli sofferenze alle quali fingo distanze infinite (un fingere che non serve a nulla), mi invita alla sosta, al riposo, al sonno ristoratore.
Il rassicurante approdo di una luminosa insegna di locanda si staglia di fronte, non c'è suono nell'aria se non il rintocco mattutino del campanile immerso nella nebbia che circonda la mia anima.
Il posto che cerco è ancora "so far away", lontano insomma...
 
Caspar David Friedrich
"Viandante sul mare di nebbia"
1818, Olio su tela - Amburgo, Kunsthalle

venerdì 23 luglio 2021

Il salice tra pensiero, Haiku, riflesso

Ancora un bellissimo haiku
per regalare sensazione di pace,
per ricacciare i malinconici pensieri
dentro l'anima profonda.
La vita è fatta di momenti catartici e banali,
mettiamoli tutti insieme
e viene fuori quello che siamo davvero.


 Tra la barca e la riva
a separarci si alza
un salice.

Masaoka Shiki

 

alberi pieni di foglie e vita,
la mia, confusa discesa;
nel gesto di un attimo
ritrovo me stesso, ancora...


Il termine Salice ha origini celtiche e il suo significato è “vicino l'acqua”.
Il Salice sia dal punto di vista prettamente simbolico che naturale è fortemente legato all'elemento acqua e alla magia insita in essa.
Per i Celti in particolare e per altri popoli in generale, il Salice era considerato una divinità femminile e il suo culto, legato ai cicli lunari e alla fecondità, ricoprì sempre una grande importanza nel corso dei secoli.
Nella Grecia antica il Salice era considerato, per eccellenza, l'albero in connessione con l'aldilà (dalla rete).

domenica 17 gennaio 2021

Cipressi (e cimiteri)

Il canto del cipresso

Un oscuro cipresso,
Nella brezza d’aprile,
Va cantando sommesso
Una canzon gentile:

— Io son l’arbore antica
Sacra al pallido Lete,
Dell’eterna quiete
E del silenzio amica.

La negra arbore io sono
Cui non isfronda il verno,
L’arbore del perdono
E del riposo eterno.

O voi che per la via
Mute e stanche passate,
Anime addolorate,
Venite all’ombra mia. 

Sdrajatevi al mio piede,
Ov’è più fitta l’erba,
E troverà mercede
La vostra doglia acerba. 

L’umil vostro soggiorno
Io parerò dal sole,
Anemoni e vïole
Vi crescerò d’intorno. 

Voi dormirete un blando
Sonno, e perché v’annoi
Meno il tempo, cantando
Io veglierò su voi. — 

Nella brezza d’aprile
Un oscuro cipresso
Va cantando sommesso
Questa canzon gentile. 

Arturo Graf

Al mondo esistono migliaia di tipologie differenti di piante, eppure ce ne sono pochissime evocative come i cipressi: chi può dire che questa pianta non evochi immediatamente l’idea di morte e quindi, di conseguenza, di tristezza?
Il perché è presto detto: i cipressi sono gli alberi che solitamente adornano e circondano le mura dei cimiteri.
Ma perché la scelta, già da secoli, è caduta su questa pianta?

Innanzitutto per il valore simbolico: il cipresso è emblema dell’immortalità e della vita dopo la morte, poiché la sua altezza notevole, che arriva anche a 50 metri, designa proprio l’anima che si avvia verso il regno celeste.

In più, nella mitologia, il suo legno era considerato incorruttibile, dato che fu addirittura usato per intagliare la freccia di Eros, lo scettro di Zeus e la mazza di Ercole.

Ma esiste anche un’altra motivazione ben più “concreta”: questo albero è un sempreverde, il che significa che anche durante i periodi più freddi non perde le foglie, ed è quindi molto adatto in un ambiente come il cimitero dove la manutenzione non è certo quotidiana.

(dalla rete)

cipressi e cimiteri, un tutt'uno,
alberi assecondano viali di dolore;
sono canzoni di passato e ricordi
quelle che cantano solitari la notte...

domenica 10 gennaio 2021

Amarena

Amarena

"Hai freddo?" - mi hai chiesto
e mi hai stretto in un abbraccio.
In te rannicchiata con fiducia,
sono sbocciata appieno… E quali
canti di uccelli d'oltremare ho udito!
Venti del sud iniziavano a soffiare.
E come un'amarena, ancora intimidita
Ho dato via i miei colori.

Dove sei, libero, oggi,
dopo avermi lasciata sola nella neve?
Incurante, non mi chiedi più:
Hai freddo? … Adesso
Quell'inverno è intorno a me,
col gelo e un bianco deserto.
Ed io, amarena matura innanzi tempo,
tremo con le mie foglie bruciate.

1959

Blaga Dimitrova

Il Ciliegio Amarena  
(Prunus Cerasus) 
 produce ciliegie acidule che vengono utilizzate per produrre liquori, frutta sciroppata, frutta secca, marmellate, sciroppi e succhi (sono autofertili).
Antica varietà. 
Pianta molto rustica, resistente al freddo, adatta a tutti i climi e terreni.
Il frutto medio-piccolo è di color rosso scuro, la polpa rossa, morbida e acidula, ricca di vitamine B,C.
Ottima per confetture e liquori.
Matura a fine Giugno.
(dalla rete) 
 
il freddo condizionava gli abbracci,
ora non è detto, è diverso;
imperano timori e paure, spesso,
siamo preda di insicuri orizzonti...

sabato 11 gennaio 2020

Riflesso e poesia



indicibili forze, gravità, destino, fato,
imperialismi del tempo e della vita;
vorrei a volte sfuggire alle regole,
vorrei a volte essere destino io stesso


Poi giungono anche loro, le forze di gravità, a cancellare tutto ciò che è disinvolto e a ricordare l’impresa.
La terra e il lievito lottano, ma nessuno attende l’esito del combattimento: è già lotta definitiva questa intelligenza che si ghermisce mentre si alza e sa indignarsi con chi le chiede di essere clemente.
Se in qualche regione della terra c’è ancora una compravendita dell’ira, una mezzadria perché i bambini siano risparmiati, tutto ciò sarà spezzato.
Il suo fulgore infatti, esaurito ogni passatempo, esiste spezzando quanto è appena nato.
Questa è l’aurora.
Chi patteggiava con la crescita o chiedeva in giro dei pronostici, fugge.
L’aurora, la pulsazione che fin dall’inizio congeda i suoi protettori e vede che la morte è giovane.
Ecco che una voce racconta.
Essa ha trionfato, ma non lo sa: così potrà cantare la vittoria e cantare anche il vincitore, un purissimo pronome.

Milo De Angelis
da "Poesia e destino"