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L'ombra è l'opposto del sole, ma si nutre di esso.
Un cielo grigio non genera ombre: nessun contrasto, nessun pensiero.


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lunedì 29 febbraio 2016

Giovane



Giorgione,
"Ritratto di un giovane"

Giovane
 
 Mille porte fa
 quando ero una ragazzina solitaria
 in un'enorme casa con quattro
 garage e se ben ricordo
 era estate,
 di notte mi sdraiavo in giardino,
 il trifoglio raggrinzito sotto di me,
 le sagge stelle distese sopra di me,
 la finestra di mia madre un imbuto
 da cui usciva un calore giallo,
 la finestra di mio padre, socchiusa,
 un occhio dove passa chi dorme,
 e le assi della casa
 erano lisce e bianche come cera
 e probabilmente milioni di foglie
 navigavano come vele sui loro strani steli
 mentre i grilli stridevano tutti insieme
 e io, nel mio corpo nuovo di zecca,
 non ancora di donna,
 raccontavo alle stelle i miei problemi
 e credevo che Dio potesse veramente vedere
 il calore e la luce colorata,

 i gomiti, le ginocchia, i sogni, la buonanotte.
 
 Anne Sexton
Traduzione di Cristina Gamberi
La zavorra dell'eterno
 

giovane prima di ieri,
accarezzavo capelli, seni,
oggi rimuovo contrasti,
mi stanco la sera... 
 

Tiziano,
"Ritratto di giovane"
giovane
[gió-va-ne], aggettivo, sostantivo
Sabatini Coletti
 
aggettivo.
1- Che è nell'età della vita successiva alla puerizia e antecedente alla maturità: essere g.; due g. amici
2- Usato al comparativo, che ha più o meno anni di un'altra persona: il più giovane dei fratelli ha sessant'anni; come attributo di un nome proprio, per distinguerlo dall'omonimo più vecchio: Plinio il g.
3- Che non è vecchio: è ancora g., è appena andato in pensione; giovanile di aspetto e di mentalità: il nonno è sempre g.
4- Con riferimento ad animale o a pianta, nato da poco: un g. albero; riferito a cosa, esistente da poco tempo: nazione g.; di vino o formaggio, non stagionato
5- Che presenta caratteristiche o qualità della giovinezza (p.e. l'ingenuità, la spontaneità): poesia g. e fresca; proprio di una nuova generazione: cinema g.; moda g. • In funzione di avv.: vestire g.

Sostantivo m. e f.
1- Chi è tra l'adolescenza e la maturità: un g. di bell'aspetto || da g., in gioventù
2- Aiutante, apprendista: g. di studio, di bottega

• dim. giovinetto, giovincello | accr. giovanotto

domenica 28 febbraio 2016

Fango

Di nuovo piove
 
Di nuovo piove
goccia fredda scivola
vecchi vetri sporchi,
di nuovo piove
l'acqua che rivola
riempie antichi solchi.
 
Di nuovo piove
pozzanghere nuovamente fangose
accolgono terra e sassi,
di nuovo piove
lungo le rive franose
conto i miei soliti passi.
 
Anonimo
del XX° Secolo
poesie ritrovate

Per fango si intende comunemente una miscela composta da materiale solido finemente disperso e da una quantità relativamente piccola di liquido, derivata principalmente, ma non necessariamente, da sedimentazione; può essere definito anche particolato in sospensione.
In generale un fango deriva da una sospensione di particelle di una sostanza solida (organica o inorganica) finemente disperse in un liquido.
Se un tale miscuglio rimane a riposo per qualche tempo, le sostanze in sospensione si depositano sul fondo, nel caso in cui abbiano una densità più elevata del liquido circostante. Il sedimento risultante si definisce fango.
Le particelle solide qui non sono più in sospensione, bensì fittamente compattate e separate l'una dall'altra solo da una sottile pellicola liquida.
In senso stretto nella petrografia dei sedimenti
il fango è un sedimento a grana fine, costituito da un miscuglio di acqua e silt e/o argilla (pelite). Il limo è un fango con un'alta quota di miscele organiche.

L'esempio più noto attualmente è la piana di fango nel Mare del Nord con i suoi terreni di fango e di limo.
Se il miscuglio infine si solidifica in una roccia sotto simultanea disidratazione per effetto della diagenesi, il risultato è un'argillite fissile. In senso lato nelle scienze della Terra vengono definiti fanghi tutti i miscugli a grana fine, anche quelli non clastici, ad esempio sedimentazioni biogene come il fango dei radiolari o la sapropelite.
In una solfatara (non a caso in alcune lingue chiamata anche "pentola di fango") "gorgoglia" un miscuglio di vapore acqueo surriscaldato e di materiale vulcanico a grana fine.
La parola fango viene fatta risalire al gotico fani "fango, melma, palude", di origine indoeuropea.
In senso generale, la parola indica una poltiglia più o meno consistente di polvere o terra, impastata di acqua.
In senso figurato, il termine si usa per definire uno stato di abiezione morale o disonore (ad esempio nelle espressioni: cadere nel fango o coprire di fango).
Più recente è la diffusione della locuzione macchina del fango, ad indicare l'attività coordinata di un gruppo di pressione e volta - soprattutto per via mediatica - a disonorare e delegittimare una persona (giudicata quale "avversario" del gruppo e perciò da intimidire e da punire) tramite la diffusione di notizie, variamente manipolate o anche false, riguardanti specialmente la sua vita privata, onde esercitare un'indiretta ma forte pressione sulle sue attività pubbliche e sulla sua libertà.
Infine, vi è il significato più strettamente geologico, che è quello analizzato in questa voce: un sedimento plastico, costituito da una miscela di acqua e particelle sottilissime, di origine organica o inorganica.
In quest'ultima accezione, la parola è spesso usata al plurale, per indicare specifiche tipologie di materiali: in particolare, sono da ricordare i fanghi termali (o semplicemente fanghi), di natura vulcanica, utilizzati a scopo curativo nella fangoterapia; i fanghi di depurazione, residuo della depurazione dei liquami urbani, agricoli o industriali, caratterizzato dalla presenza di sostanze inquinanti.
La parola fango ha vari sinonimi
Tralasciando i significati figurati, sono da ricordare: mota, melma, limo, fanghiglia. (da Wikipedia)
 

sabato 27 febbraio 2016

Il bacio


Il bacio
 
 La bocca fiorisce come un taglio.
 Sono stata maltrattata tutto l'anno, notti
 noiose, con nient'altro che ruvidi gomiti
 e delicate scatole di Kleenex che dicono piagnona
 piagnona, stupida!
 
 Fino a oggi il mio corpo era inutile.
 Ora si strappa da ogni parte.
 Strappa via gli indumenti della vecchia Mary, nodo
dopo nodo
 ecco: ora è colpito in pieno da questi fulmini elettrici.
 Zac! Una resurrezione!
 
 Un tempo c'era una barca, tutta legnosa
 e disoccupata, senza il mare sotto di lei
 e bisognosa di una verniciatura. Non era altro
 che un mucchio di assi. Ma tu l'hai issata, l'hai armata.
 È stata prescelta.
 
 I miei nervi si sono accesi. Li sento come
 strumenti musicali. Dove c'era silenzio
 tamburi e archi suonano irrimediabilmente Sei
stato tu a farlo.
 Puro genio all'opera. Tesoro, il compositore è entrato
 nel fuoco.

 Anne Sexton
La zavorra dell'eterno
 Traduzione di Cristina Gamberi
  
Francesco Hayez
"Il bacio" particolare
quanti baci, ora basta!
ricordi assembrano porte dell'anima,
quanti baci o Lesbia!
baci, baci, baci...
 
 


Francesco Hayez
"Autoritratto" all'età di 88 anni
Hayez Francesco: "Il bacio"
 
Hayez Francesco: "Il bacio" Il maggiore pittore del romanticismo italiano fu Francesco Hayez (1791 - 1882). Egli si dedicò ai soggetti storici e civili, esprimendo nella sua pittura gli ideali del Risorgimento.
Il quadro "Il bacio" fu realizzato nel 1859.
Il soggetto sembra a prima vista sentimentale, più che politico, ma non bisogna dimenticare che gli artisti risorgimentali erano spesso costretti a "mascherare" i propri messaggi, calandoli in realtà storiche lontane dal presente oppure creando situazioni allusive e simboliche.
Il pubblico dell'epoca interpretò subito questo quadro in termini politici, vedendovi rappresentato l'addio alla donna amata da parte di un patriota costretto all'esilio.
Nel dipinto le figure sono disegnate con una precisione e nettezza di contorni proprie della pittura classica, ma il loro atteggiamento appassionato, l'abbandono languido della donna e il piegarsi su di lei dell'uomo, creano una atmosfera intensa e commossa, tipica dell'arte romantica.
Va inoltre sottolineata l'attenzione per i dettagli (le pieghe della veste, i riflessi della stoffa), che conferisce al dipinto un grande realismo. Vicino alle idee di Alessandro Manzoni, sosteneva che la sua pittura romantica non nasceva da idee filosofiche, ma dal puro sentimento. In realtà i suoi quadri, dal disegno accademico ma dal colore caldo e toni appassionati, con una tensione comunicativa di tipo teatrale, rispecchiano esattamente gli ideali risorgimentali dell'epoca, esaltati dalla musica di Giuseppe Verdi.

Analisi Autore: Hayez Francesco Titolo: "Il bacio" Data: Venezia, 1859 Collocazione: Milano, Pinacoteca di Brera Soggetto: L'addio tra due giovani che simboleggia l'addio di un soldato alla sua patria, perché deve partire in guerra.
Contenuto oggettivo: l'opera rappresenta due giovani innamorati che si stanno baciando appassionatamente.
Contenuto soggettivo: L'opera rappresenta l'attimo terribile del distacco tra due giovani condannati ad una separazione piena di tragici enigmi. Gli eventi che nell'immagine sono velati sotto una coltre di colore teso, stirato, brillante, nascondono le divisioni interne di questi "simboli" di una società in tumulto, ma prigioniera degli ipocriti. Questi giovani, ignari, stanno per pagare le colpe di un reato che non hanno commesso. L'autore, magistralmente, nasconde il patos dietro il sipario di sentimenti forti ma delicati di colori in contrasto e in perfetta armonia.
Descrizione: Un giovane ragazzo con un mantello rosso ed un cappello bacia una giovane ragazza molto elegante, vicino agli scalini (dalla rete).

venerdì 26 febbraio 2016

Scia invernale #7


imperscrutabili scie indicano
le stanche rotte di una vita,
il riposo, quello che ritempra,
quello che manca;
lento ed indomito continuo,
l'orizzonte è sfocato, indeciso...
 
Gujil

 

scìa
sostantivo femminile [der. di sciare].
TRECCANI
 
– Perturbazione turbolenta dello stato di un fluido attraversato da corpi in moto (che appare in genere come traccia allungata e leggermente divergente lasciata lungo la traiettoria già percorsa): è caratterizzata dalla formazione di filetti fluidi, la cui velocità è minore di quella d’avanzamento del mobile, che danno luogo quasi sempre a strutture vorticose; in partic., in marina, la traccia spumeggiante che un galleggiante in movimento lascia dietro di sé, per un certo tratto, sulla superficie dell’acqua: la scia lasciata da una barca, da un motoscafo; mettersi, mantenersi, navigare nella sc. di una nave, seguire la stessa rotta e lo stesso percorso; una sc. bianca, schiumosa.
Anche, la zona perturbata che un aereo lascia dietro di sé e che, nel caso di aerei particolarmente grandi e pesanti, consiste in vortici persistenti alle estremità delle ali; in partic., sc. di condensazione, locuz. che traduce l’ingl. condensation trail (propr. «coda di condensazione»), quella lasciata da un mobile in movimento nell’aria (in genere un aereo, ma anche un’automobile particolarmente veloce, per es., un’auto da corsa), causata dal raffreddamento del vapore acqueo presente nei gas di scarico del motore, oppure dal raffreddamento adiabatico degli strati d’aria soprassatura sottoposti a locali riduzioni di pressione in seguito al moto vorticoso (soprattutto alle estremità delle ali o degli alettoni): il reattore ha disegnato nel cielo una lunga scia candida.
Per estens., traccia luminosa, di vapore, di fumo o di odore, che resta nell’aria dopo il passaggio di una cosa o di una persona: lascia sempre dietro di sé una sc. di profumo fortissimo; anche fig.: le ragazze passando con falsa indifferenza ... davanti ai loro crocchi, sanno di lasciare una sc. d’interesse, d’ammirazione (Palazzeschi); mettersi sulla sc., seguire la sc. di qualcuno, seguirne le orme, imitarlo.

giovedì 25 febbraio 2016

Nei giorni di pioggia

Gustave Caillebotte
Parigi in un giorno di pioggia
Nei giorni di pioggia
 
 Ci visita l’amore. La casa possiede
 una memoria cieca
 di sole sulle braccia
 e la passione, arida d’erba, sulla pelle.
 Dobbiamo veramente abbracciarci
 in questa mattina grigia d’ogni nostalgia
 e patteggiare con la luce
 che comincia a disturbarci
 sotto le porte
 come un guardone nascosto
che dobbiamo sopportare.
 Sono troppe cose.
 Si vede che il tempo vola indifferente,
 a noi estraneo
 che abbiamo parlato tanto della vita
 per giungere in tempo ai suoi occhi aperti,
 al suo capezzolo rosato
 e alla bella volta dei corpi
 che cercavamo insieme,
 impetuosamente,
 aprendo cerniere
 con l’impazienza propria degli innamorati.
 Il sole
 che sembra l’esitante carne delle tue labbra
 si avvicina strisciando e mi ricorda
 che è ancora possibile rincorrerci
 mentre si spengono lente le ultime stelle.
 Prima che tu nascessi ed io nascessi
 qualcuno dovette vivere in queste stanze,
 sopportarle come le settimane,
 riempirle di desideri realizzati a metà.
 Gente di solitudine.
 Forse sarà tutto valso
 se un giorno...
Noi
 ormai niente abbiamo creato, neppure un focolare.
 È più saggio l’amore quando nasce,
 quando si incomincia a sentire il mattino,
 per il lungo, deserto cammino della tua pelle.

 Luis García Montero
Traduzione di Gabriele Morelli
La poesia complice
 

quando piove tutto scompare,
arrivano le nubi, anche dentro di noi;
la pioggia dilava, come il pianto
trova sfogo la noia in un sentimento...

mercoledì 24 febbraio 2016

Cinciallegra

L'amore è una cinciallegra
che vola e non riesci a fermarla,
nemmeno a metterle il sale sulla coda.

Dacia Maraini
 
 
una cincia che canta
una cincia che guarda;
la mia finestra
si anima e ride...
 

Cinciallegra
(dalla rete)
 
Ordine: Passeriformi
Famiglia: Paridi
Genere: Parus
Specie: Parus major

E' la più grande delle cince.                                                        

Caratteristiche 
La cinciallegra (Parus major) è lunga circa 15 cm ed ha un piumaggio verdastro nelle parti superiori e giallastro in quelle inferiori, il vertice e la gola sono nere, le guance bianche ed una striscia nera longitudinale attraversa l'addome.
Molto attiva, curiosa e allegra, la cinciallegra scende di rado al suolo.
Il suo canto è semplice, ma non sgradevole, e le sue note sono limpide e chiare come suoni di campanelli.
Nonostante abbia un'indole socievole si dimostra poco tollerante con gli altri uccelli.
Si è assistito ad episodi in cui un esemplare debole o malato fosse assalito e maltrattato a morte da un suo simile.
Non di rado attacca anche uccelli di dimensioni maggiori, ai quali può provocare gravissimi danni assalendoli di sorpresa nel tentativo di fratturare loro il cranio con il becco.
Caratteristico risulta il suo continuo svolazzare tra i rami e l'appendersi a testa in giù per beccare formiche e pidocchi delle piante lungo i rami.
 
Diffusione
E' diffusissima in tutta l'Europa ed è presente anche nell'Africa nord-occidentale, nelle Canarie e nell'Asia centro-meridionale.
In Italia è molto diffusa, anche in Sardegna, ed è ovunque stazionaria e di passo.
Secondo il Birdlife International in Italia si stimano da 1 a 2 milioni di coppie nidificanti.

Habitat
Vive sia nei boschi misti che in quelli di conifere.
Si trattiene non di rado nei frutteti e nei giardini dove però non nidifica.
Evita quasi sempre la vicinanza dell'uomo.

Riproduzione
Entrambi i coniugi covano da 6 a 14 uova, di colore bianco macchiate di rossiccio, e se la stagione è favorevole la femmina depone una seconda volta.
Le uova vengono covate per 13-14 giorni dalla femmina, alimentata dal maschio.
I giovani vengono alimentati da entrambi i genitori e lasciano il nido dopo 18-20 giorni.
 

martedì 23 febbraio 2016

Una notte

La notte

Tace la notte intorno a me solenne
le ore vanno e sfilan le memorie
siccome un nero e funebre convoglio.
Del cielo nelle oscurità remote
nell'ombra amica che con man soave
le grevi forme della chiesa lambe,
nell'ombra amica che gl'uomini culla
col lento canto della pace eterna
vedo di forme strane scatenarsi
una ridda veloce e affascinante
vedo la mente umana abbacinata
chinar la fronte...
Ma il mio pensiero innalzasi sdegnoso
e squarcia il manto della notte bruna
libero, e vola, -

vola alla luce pura trionfante
vola al sole del vero, dove i forti
stan combattendo l'immortale agone
cinti le terapie d'agili corone,
vola esultante.
 
Carlo Michelstaedter
 
notti insonni, disturbate,
il cielo plumbeo del mattino,
i sensi, appannati;
la testa che scoppia d'amore,
l'amore che viaggia distante...
 

lunedì 22 febbraio 2016

Corridoi

 
Il corridoio
è uno spazio architettonico, solitamente stretto ma a volte anche più largo, e comunque sempre molto più lungo che largo, e serve per consentire il passaggio da una parte all'altra ed è presente praticamente in tutte le case, oltre che in altri luoghi. I corridoi possono avere il soffitto piatto o anche a volta. A secondo del luogo dove il corridoio si trova può essere fatto di svariati materiali: di mattoni scoperti nella maggior parte dei corridoi romani; di mattoni intonacati nella maggior parte delle case odierne; di marmo, granito o altre pietre nella maggior parte dei monumenti. I corridoi sono ovviamente nati con la nascita degli edifici più articolati. Sia nei templi mesopotamici che in quelli egizi sono presenti corridoi per collegare uno spazio all'altro. I corridoi romani erano spesso voltati a botte. (da Wikipedia)
 
 1- Ambiente sul quale si affacciano vari locali, più sviluppato in lunghezza che in larghezza.
2- estensivo. Qualsiasi analogo spazio tra file di sedili, che consente il passaggio: corridoio di un autobus; varco, passaggio: aprire un corridoio tra la folla.

3- Porzione di territorio di uno stato che si prolunga in un altro stato: corridoio polacco (o di Danzica).
4- sport. Nel tennis, ciascuna delle porzioni laterali del campo; negli sport di squadra, in particolare nel calcio, varco nella difesa avversaria: scattare lungo il corridoio di fascia. (Sabatini Coletti)


I
 
E se fosse proprio il diluvio quel che,
onda dopo onda, giorno dopo giorno,
spinge fino in fondo le vecchie carte
i vecchi amori, i volti, le luci
le case sui loro tetti, balene insabbiate;
se fosse proprio lui, questo lungo brivido
come un corridoio che ci attraversa
quando lo squillo del pescivendolo
risuona nell'aria umida,
resteremmo noi come una barca vuota
nell'ombra e senza muoverci
in attesa che il battelliere assopito
rinsaldi le due rive?

Guy Goffette
Alla ricerca delle parole definitive
Traduzione di Gio Batta Bucciol
 
 

le parole confondono, sviano,
i molteplici significati intrinseci
causano scompensi e illusioni;
il corridoio del silenzio
è un messaggio chiaro,
non si può che interpretare...

domenica 21 febbraio 2016

Invernale #6

miriadi di pensieri,
oltre l'Atlante, oltremare...
basterebbe la Stiria;
i mercanti di Fiandre,
i sapienti di Smirne.
Apocalittiche visioni
di un'anima  in corsa,
perennemente agitata... 

Gujil

Smirne (Izmir)
Fiorente e famosa città dell'Asia Minore (Turchia), colonia degli Eoli.
Gli Ioni se ne impossessarono nel 688 a.C., distrutta da Aliatte, re di Lidia nel 627, fu ricostruita da Antigono sulla riva meridionale del golfo.
Gli abitanti  di Smirne avevano dedicato ad Zeus (soprannominato da loro Acreo) un tempio su un'altura che dava sul mare (dalla rete).

 

sabato 20 febbraio 2016

Latta

Con il termine di latta (e con il suo sinonimo regionale tolla) si indica un lamierino di ferro sulla cui superficie sia stato depositato un sottile strato di stagno.
Il procedimento consente di ottenere contenitori nello stesso tempo con la robustezza del ferro e la resistenza alla corrosione dello stagno.
Queste caratteristiche resero la latta un materiale molto utilizzato fino a tempi recenti per contenere e trasportare alimenti e per realizzare piccoli oggetti di uso quotidiano e giocattoli.
Se lo strato viene applicato mediante elettrolisi, il materiale prende il nome di banda stagnata.
Lo sviluppo tecnologico, che ha portato alla produzione a basso costo di lamiere in alluminio o di acciaio anche del tipo inossidabile, ha drasticamente ridimensionato l'impiego della latta nelle conserve alimentari, mentre per le altre applicazioni si è massicciamente fatto ricorso alla materie plastiche.
Infatti, da un lato lo stagno è più costoso, dall'altro è meno adatto per alcuni usi alimentari.
I progressi, però della metallurgia hanno riguardato anche la banda stagnata e si è avuta una inversione di tendenza con recupero di alcune posizioni, soprattutto nei confezionamenti dove è importante la perfetta saldatura.
Per i giocattoli, tranne casi rarissimi, la sostituzione con plastica dei metalli è avvenuta non solo per ragioni di costo, ma anche di sicurezza.
Per traslato si è continuato a chiamare latta i prodotti che con la vecchia tecnologia vedevano l'utilizzo della latta: ad esempio il vecchio confezionamento del petrolio e dei suoi derivati, prima dell'affermarsi dei distributori a pompa.
Un uso caratteristico era quello delle conserve di pomodoro, per le quali si diffuse il diminutivo lattina.
Quando si è affermato il confezionamento metallico delle bevande, il termine lattina è diventato quasi un suo sinonimo, anche se confezionato in alluminio oppure in acciaio.
L'ampio uso della latta per oggetti in genere di basso costo, ha spinto molti appassionati di modernariato a collezionarli, ad esempio i giocattoli d'epoca o le scatole per dolci.
Il termine regionale "tolla" è comunemente impiegato nell'idiomatismo faccia di tolla che, come l'analoga frase faccia di bronzo, indica una persona sfrontata e capace di compiere gesti deprecabili senza mostrare alcun rimorso, senza perciò modificare la propria espressione, proprio come se la sua faccia fosse di metallo (da Wikipedia).


Piatto sporco di latta
 
Scarna povertà, fradicia povertà,
 coi calzoni laceri al cavallo e al ginocchio.
 Si scalda le mani su cocenti infamie,
 chiama il destino Lui e Loro
 e si delizia con cose dai nomi duri:
 stracci e piedi, cibo e mani –
non t'ingozzare, che non ce n'è più!
 Fradicia povertà, oscena povertà,
 ronza con spietata fedeltà
 come legno marcio con accenno di orifizio,
 umido giornale ficcato nei vuoti dell'artifizio,
 e ci disgusta fino alla feroce lealtà.
 Non è mai colpa di quelli che ami:
 la povertà discende dai cieli.

 Lascia che balli su sedie, che sfondi la porta,
 sorge da tutto quello che è venuto prima,
 e ogni outsider è il nemico –
il bastone di Cristo rovesciò tutto questo
 cavalieri e filosofi rimisero tutto a posto.
 Oscena povertà, scarna povertà,
 croste tra le gambe e piaghe tra i capelli
 una finestra fatta d'aria è pulita,
 non l'argento sporco di una manica.
 Bada se ciò faccia bene alla scuola
 e debba andare e desideri andare:
 qualcuno, un giorno, dovrà pagare.

Raditi con il sapone, corri alla carne,
 stupisci la nazione, governa l'esercito,
 aspetti ancora il giorno in cui sarai rispedito
 dove libri o giocattoli sono rifiuti sul pavimento
 e nessuno ha il permesso di venire a giocare
 perché la tua casa si chiama baracca
 e l'acqua calda sfrigola nel piatto sporco di latta.

 Les Murray
Poesie del vuoto falciato
Traduzione di Roberto Cogo e Graziella Isgrò
  
 
in una scatola di latta,
si seppelliva il presente,
ora che fare?
le inquietudini vagano...

venerdì 19 febbraio 2016

Due torri

Collocate strategicamente nel punto d’ingresso in città dell'antica via Emilia, le due Torri sono l'immagine simbolo di Bologna "la turrita", così chiamata per le oltre 100 torri e case-torri costruire nel Medioevo, di questa "selva" oggi rimangono solo poco più di 20 torri.
L'attuale isolamento in cui ci appaiono oggi al centro dello slargo di piazza di Porta Ravegnana non corrisponde ovviamente all'originaria sistemazione con costruzioni lignee intorno e passaggi sospesi di collegamento.
Realizzate in muratura come poche altre costruzioni, svolgevano importanti funzioni militari (di segnalazione e di difesa) oltre a rappresentare con la loro imponenza il prestigio sociale della famiglia.
Alla fine del XII secolo se ne contavano in città un centinaio di cui solo una ventina, sopravvissute ad incendi, guerre e fulmini, sono oggi ancora visibili.
Recente è la ricollocazione dinanzi alle torri della statua di S. Petronio di Gabriele Brunelli del 1670, in precedenza rimossa nel 1871 per motivi di traffico.

TORRE DEGLI ASINELLI
La Torre è costruita tra 1109 - 19 dalla famiglia omonima e passa al Comune già nel secolo successivo.
Alta 97,20 m presenta uno strapiombo di 2,23 metri e una scalinata interna di 498 gradini terminata nel 1684.
Il basamento è circondato da una rocchetta realizzata nel 1488 per ospitare i soldati di guardia.
Oggi sotto il portico sono state ricollocate alcune botteghe di artigianato a ricordo della funzione commerciale svolta dal medievale mercato di mezzo.
 
TORRE GARISENDA
La vicina Torre Garisenda, coeva alla precedente, si differenzia visivamente per la minore altezza di soli 47 metri e il forte strapiombo (3,22 m) dovuto ad un precoce e maggiore cedimento del terreno e delle fondamenta.
Dante che la vide ancora integra la paragona ad Anteo chinato nel XXXI Canto dell'Inferno.
A metà del XIV secolo si rende necessario l'abbassamento.
Il rivestimento in bugne di selenite alla base risale invece alla fine del XIX secolo.
 
Fonte: redazione locale Bologna (dalla rete)

 
Le due torri

ASINELLA
Io d'Italia dal cuor tra impeti d'inni balzai
quando l'Alpi di barbari snebbiarono
e su 'l populeo Po pe 'l verde paese i carrocci
tutte le trombe reduci suonavano.

GARISENDA
Memore sospirai sorgendo e la fronte io piegai
su le ruine e su le tombe. Irnerio
curvo tra i gran volumi sedeva e di Roma la grande
lento parlava al palvesato popolo.

ASINELLA
Bello di maggio il dí ch'io vidi su 'l ponte di Reno
passar la gloria libera del popolo,
sangue di Svevia, e te chinare la bionda cervice
a l'ondeggiante rossa croce italica.

GARISENDA
Triste mese di maggio, che intorno al bel corpo d'Imelda
cozzâr le spade de i fratelli e corsero
lunghi quaranta giorni le furie civili crollando
tra 'l vasto sangue l'ardue torri in polvere.

ASINELLA
Dante vid'io levar la giovine fronte a guardarci,
e, come su noi passano le nuvole,
vidi su lui passar fantasmi e fantasmi ed intorno
premergli tutti i secoli d'Italia.

GARISENDA
Sotto vidimi il papa venir con l'imperatore
l'un a l'altro impalmati; ed oh me misera,
in suo giudicio Dio non volle che io ruinassi
su Carlo quinto e su Clemente settimo!
 
Giosué  Carducci
"odi barbare"
  
due torri come due persone,
di fronte, di spalle,
vicine e lontane;
nel crollo un mancato abbraccio...

giovedì 18 febbraio 2016

Corvo

Corvo
 
Nel concavo emisfero
Del ciel la nebbia boreal si pigia:
Sotto la nube grigia
Appare il corvo come un punto nero.
Sovra il piano deserto
Stende la neve un gran lenzuolo bianco:
Un pellegrino stanco
Trascina alla ventura il passo incerto.
Qualche sfrondata macchia
Lugubremente impruna la pianura;
Avido di pastura
Sotto la nube il negro corvo gracchia.
Irretito dal gelo,
Vinto dalla stanchezza e dall’ambascia,
Il pellegrin s’accascia;
Il corvo sopra lui tresca pel cielo.
 
Arturo Graf

 
Un corvo aveva fatto il nido, in un'isola.
Quando gli nacquero i piccini, pensò che sarebbe stato meglio trasportarli sulla terraferma.
Prese tra gli artigli il figlio più piccolo e si staccò dall'isola volando sopra lo stretto. Quando giunse in mezzo al mare, si sentì molto stanco: le sue ali battevano l'aria sempre più lente.
' Oggi io sono grande e forte e porto mio figlio sul mare perché mio figlio è debole ' pensava il corvo ' quando esso sarà cresciuto e sarà diventato forte, mentre io sarò debole e vecchio, chissà se mi ricompenserà delle fatiche che io sostengo oggi e se mi trasporterà come io faccio, da un luogo all'altro '.
Il corvo decise allora di accertarsi subito e chiese al suo piccolo: "Quando tu sarai forte e io sarò vecchio e debole, mi aiuterai come faccio io ora con te? Mi trasporterai da un luogo all'altro? Dimmi la verità."
Il piccolo corvo vide in basso il mare e, temendo che il padre lo lasciasse cadere, si affrettò a rispondere: "Si, sì, ti aiuterò, ti trasporterò" (L. Tolstoj).


messaggi contrastanti,
nere ali incupiscono il cielo,
sarà Febbraio, sarà l'Inverno;
il freddo mi brivida le membra...

mercoledì 17 febbraio 2016

Attese

attésa
sostantivo femminile [der. di attendere]
- TRECCANI -
 
- 1. L’attendere, e il tempo che si attende: l’a. del treno; sala d’a., d’aspetto; fare una lunga attesa. Anche, lo stato d’animo di chi attende, cioè il desiderio, l’ansia con cui si attende un evento: grande era nel pubblico l’a. dello spettacolo annunciato; venir meno all’a.; deludere l’attesa. Molto com. la locuz. avv. in attesa, aspettando: in a. di conoscere l’esito; essere, restare in a.; spec. nelle lettere: in a. d’una tua risposta, ti saluto cordialmente; di più recente diffusione, la locuz. agg. di attesa, per indicare, anche nel linguaggio polit., situazioni non definite né definitive: essere in posizione di a.; prendere una decisione di a., e sim. In telefonia, a. in blocco, quella che si ha quando un centralino, nel corso di una comunicazione esterna, effettua un collegamento con un apparecchio interno, pur mantenendo in blocco la linea con l’esterno. In informatica, tempo di a. di una memoria, intervallo di tempo che trascorre dal momento in cui l’unità centrale del calcolatore ordina un trasferimento da o verso la memoria e il momento in cui esso comincia. Nel linguaggio sindacale, lavoro di semplice a. (in contrapp. a lavoro effettivo), tipo di prestazione che per la sua stessa natura (di autista privato, di fattorino, ecc.) impone degli intervalli d’inattività.
- 2. La cosa che si attende, significato corrente in statistica; precisamente, per una variabile casuale ai singoli valori della quale può essere assegnata una probabilità di occorrenza, è il valore con probabilità maggiore, detto anche a. matematica, speranza matematica, valore di a., valore di aspettazione. È detta condizionata l’attesa di una variabile casuale se essa è precisabile soltanto specificando il valore di un’altra variabile casuale.
 
Attesa
 
Sempre ti attendo. L'erba è rugiadosa.
Anche gli alberi grandi dalle chiome
piene di orgoglio aspettano. Io sono
rigido e vacillante a volte. È tetra
la notte per chi è solo.
Se tu venissi, si farebbe il prato
liscio: e silenzio, gran silenzio.

Ma udiremmo una musica notturna
misteriosa; sulle nostre labbra
canterebbero i cuori e lentamente
ci fonderemmo, offerti al rosso ardore
d'un profumato altare,
nell'infinito.
 
Attila József
Il vagabondo del buon Dio
Traduzione di Umberto Albini
  
  aspettiamo...e aspettiamo,
attese come crucci nel cuore,
dolori e piaceri, aspettiamo,
le attese ci danno il futuro,
noi aspettiamo...

martedì 16 febbraio 2016

Campane e invernale #5

Jean Francoise Millet
(L'Angelus)
Ognuno di noi conserva nel proprio cuore il suono delle campane del proprio paese.Un suono che riecheggia in noi ogni volta che sentiamo la voce d'un campanile. Pochi, però, si sono mai addentrati alla scoperta dei suoni delle campane, sul loro significato, sulla loro storia, e perché ognuno di noi le porta nel proprio cuore.
Forse l'arrivo del moderno non concede più il “contatto fisico” con le campane e con i suoi suoni: difatti ormai quasi tutte le chiese anche della nostra unità pastorale hanno tutto computerizzato e per suonare le campane non servono più fatica ed impegno.
Le campane costruite in lega di bronzo, dal VII secolo sino ai giorni nostri producono il caratteristico ed inconfondibile suono e hanno scandito i vari momenti delle nostre giornate. È un richiamo collettivo quello del suono della campana, soprattutto un simbolo di appartenenza.
Con il suono della campana si scandivano i ritmi della vita quotidiana di ogni comunità.
Così si potevano ascoltare i rintocchi dell’alba alla nascita del sole (mattutino), del mezzogiorno (per segnalare la sospensione dei lavori agricoli per mangiare), del vespro all’imbrunire.
I loro rintocchi annunciavano gli atti liturgici: la messa, il rosario, le confessioni, l’innalzamento dell’Ostia e del calice durante i Santus all’interno della stessa Messa.
La campana festeggia la vita e annuncia la morte, con rintocchi lenti e profondi.
E ancora regolavano la vita comune, avvertivano del fuoco e altri tipi di allarme, segnalavano la giusta via ai pellegrini in cammino. Esiste un’ampia antologia di aneddoti di campane che suonavano «a distesa», «a festa», «a doppio», di campane «a martello» e «a stormo», «a fuoco», «a scongiuro», «a tempesta», o «ad acqua bona».
A tutto era legato il suono delle campane, e tutti conoscevano all’udito per qual motivo venissero suonate e con qual significato. Tutte le comunità, persino le più disperse tra i monti, vivevano e crescevano al suono delle campane (stralcio...dalla rete).
 
 
una campana stamane,
all'alba, nel buio,
di cosa sarà, perché?
Silenzi interrotti
da suoni, da voci,
bisbiglia il mattino...
 
Gujil