Tuscia #05
Sacro, profano, benedettino,
il suono dell'organo carica
di significato l'anima, in ritardo
il colore stempera il lampo...
Gujil
Sacro, profano, benedettino,
il suono dell'organo carica
di significato l'anima, in ritardo
il colore stempera il lampo...
Gujil
Asinello di Santa Lucia
vuoi passar da casa mia?
Io ti ho preparato il latte
e ti aspetto in questa notte!
E con te Santa Lucia
entrerà in casa mia
e i suoi doni donerà
a me, pieno di bontà!
Io ti aspetto mio asinello,
tanto buono e tanto bello,
vieni a prendere un biscotto
per poi ripartire al trotto.
Cosa posso dirvi per aiutarvi a vivere meglio in questo anno?
Sorridetevi
gli uni gli altri;
sorridete a vostra moglie,
a vostro marito,
ai vostri figli,
alle persone con le quali lavorate,
a chi vi comanda;
sorridetevi a vicenda;
questo vi aiuterà a crescere nell’amore,
perché il sorriso è il frutto dell’amore.
Madre Teresa di Calcutta
Racconta de Gregori: "Mia madre, che è leggermente miope, quando cercava qualcosa e non riusciva a trovarla, quando la trovava diceva 'Santa Lucia, santa Lucia, non l'avevo vista'. La canzone è nata così, questa è una canzone per tutti quelli che non vedono. Non capisco perché debbo vergognarmi di aver usato questa mediazione cattolica. Se le critiche sono rivolte solo al fatto che si nomina una santa, non me ne vergogno. Poi si può dire che faccio delle canzoni commissionate dal Papa, nessuno è al di sopra di ogni sospetto." (dalla rete)
Santa Lucia
Santa Lucia, per tutti quelli che hanno gli occhi
E un cuore che non basta agli occhi
E per la tranquillità di chi va per mare
E per ogni lacrima sul tuo vestito
Per chi non ha capito
Santa Lucia, per chi beve di notte
E di notte muore e di notte legge
E cade sul suo ultimo metro
Per gli amici che vanno e ritornano indietro
E hanno perduto l'anima e le ali
Per chi vive all'incrocio dei venti ded è bruciato vivo
Per le persone facili che non hanno dubbi mai
Per la nostra corona di stelle e di spine
Per la nostra paura del buio e della fantasia
Santa Lucia, il violino dei poveri è una barca sfondata
E un ragazzino al secondo piano che canta, ride e stona
Perché vada lontano, fa che gli sia dolce
Anche la pioggia nelle scarpe, anche la solitudine.
Francesco De Gregori
Bisogna ammettere che la maggior parte delle feste
popolari di origine religiosa, rischiano spesso di diventare pagane.
E'
forse interessante cercare di capire chi era questo Santo di nome
Antonio che oggi celebriamo dopo circa 1800 anni dalla sua morte.
La festa di Sant'Antonio Abate era in passato una
delle ricorrenze più sentite nelle comunità contadine.
Anche oggi è
piuttosto diffusa, soprattutto nelle zone rurali e nei paesi della
provincia dove le tradizioni sono molto più radicate che nelle grandi
città.
Il Santo spesso era rappresentato con lingue di fuoco ai piedi e
aveva in mano un bastone alla cui estremità era appeso un campanellino;
sul suo abito spiccava il tau, croce egiziana a forma di "T", simbolo
della vita e della vittoria contro le epidemie, cosa a cui sembra
alludere anche il campanello.
Malgrado tutte queste connotazioni "agresti" attribuitegli da una tradizione secolare, in realtà Antonio aveva poco o nulla a che fare col mondo contadino: era infatti un eremita ed un asceta tra i più rigorosi nella storia del Cristianesimo antico.
I riti che si compiono ogni anno in occasione
della festa di Sant'Antonio sono antichissimi e legati strettamente alla
vita contadina e fanno di Antonio Abate un vero e proprio "santo del
popolo".
Egli è considerato il protettore per eccellenza contro le
epidemie di certe malattie, sia dell'uomo, sia degli animali.
E' infatti
invocato come protettore del bestiame (che durante la festa viene
benedetto), dei macellai e dei salumieri e la sua effigie era in passato
collocata sulla porta delle stalle.
Il santo veniva invocato anche per
scongiurare gli incendi, e non a caso il suo nome è legato ad una forma
di herpes nota appunto come "fuoco di Sant'Antonio". Questo morbo invase
ripetutamente l'Europa tra il X e il XVI secolo, e fu proprio in questo
periodo che si diffuse la credenza nei suoi poteri contro questo male.
In molte parti di Italia, la figura e la celebrazione della festa del Santo si accompagna con l' uso di detti proverbiali diffusi a livello popolare tramite i quali lo si invoca. Questi modi di dire si declinano in varietà differenti secondo i dialetti e le tradizioni della popolazione. Facciamo un breve giro di Italia per ricordarne alcuni tra i più famosi.
Nel Sud dell' Italia è molto diffuso "Sant'Antonio di velluto, fammi ritrovare quello che ho perduto" in quanto si è diffusa nel tempo a livello popolare una sorta di giaculatoria scaramantica, nella quale si invoca il Santo per ritrovare qualcosa che si è smarrito.
A Varese invece, in Lombardia, la festività di
Sant'Antonio Abate è molto sentita: qui il detto si trasforma in
"Sant’Antoni dala barba bianca famm'truà che'l che ma manca, Sant’Antoni
du'l purscel famm'truà propri che'l" ossia "Sant'Antonio dalla barba
bianca fammi trovare quello che mi manca, Sant'Antonio fammi trovare
proprio quello". In Piemonte invece si dice: "Sant'Antoni fam marié che a
son stufa d'tribilé" ossia "Sant'Antonio fammi sposare che sono stufa
di tribolare", invocazione che le donne in cerca di marito fanno al
Santo per potersi presto sposare. In Serrano, dialetto parlato in provincia di
Foggia, si dice "A Sènt'Endòn 'llong n'or", con riferimento al fatto che
a partire dal 17 gennaio, la durata media del giorno, inteso come ore
di luce, è di un'ora più lunga rispetto al giorno più corto,
tradizionalmente fissato nel giorno di Santa Lucia, ossia il 13
dicembre. Nel Comune di Teora in provincia di Avellino invece si usa
dire "Chi bbuon' carnuval' vol' fà da sant'Antuon' adda accum'enzà",
ossia "Chi buon carnevale vuole fare da sant'Antonio deve iniziare" e
"Sant'Antuon... masc'ch're e suon'" ovvero "Sant'Antonio..... maschere e
suoni". In Veneto vige il detto "A Nadal un passo de gal e a
Sant'Antonio un passo del demonio" riferendosi al progressivo
allungamento delle giornate. Nella tradizione contadina
umbro-marchigiana troviamo invece "A Natale 'na pedeca de cane, a
Sant'Antò un'ora 'vò" che sarebbe "A Natale un passo di cane, a
Sant'Antonio un'ora in avanti". In Napoletano infine si usa: "Chi festeggia
Sant'Antuono, tutto l'anno 'o pass' bbuon".
Ed è proprio a quest' ultimo proverbio che in conclusione vogliamo
affidarci con l'auspicio di passare anche noi un piacevole 2015. Sarà
quindi il caso di dirlo alla bagnaiola "Chi festeggia Sant Antonio,
tutto ell'anno le passa bono". E chi più ne ha, più ne metta!Evviva
Sant' Antonio! (dalla rete).
Festa degli innamorati
del sole dei monti dei prati,
di tutte le cose del Creato,
del dolce e anche del salato,
di tutti gli animali della Terra,
ma non dell'inutile guerra
che in ogni parte del Globo si consuma;
miliardi di cose, meno una,
ci fanno in questa festa innamorare,
perciò la pace, che è bello festeggiare,
di quell'una ne vale altri miliardi…
E' quasi San Valentino, non facciamo tardi,
che festa sia in ogni angolo più oscuro,
via le barriere e soprattutto giù ogni muro!
Marzia Cabano
Devi essere arrivato in città!
Lo vedo chiaramente.
Tutte le case mi stanno sorridendo.
Hanno capito che ti amo.
Devi essere arrivato in città!
Lo vedo dagli alberi del parco.
Hanno foglie vibranti,
ricevono baci dal sole e dal vento.
Devi essere arrivato in città!
Perciò
questa gioia incredibile
dalla luce e dall’aria
dalle barche a vela nella brezza.
Tutto è diverso oggi.
Quel che ieri era una lunga serie di case grigie
oggi è dipinta di oro e porpora
dal tramonto del sole.
Quella che ieri era gente qualunque
che andava al bus o all’auto
oggi sono persone
con una vita dentro.
Ciò che ieri era traffico e frastuono
oggi è il battito del cuore della città,
quello grande che fa muovere tutto!
In breve: Tu devi essere arrivato in città!
Marie Takvam
Secondo la tradizione lombarda vi è una leggenda popolare
più recente che associa al santo il panettone e da questa deriverebbe
l’usanza di mangiare un pezzetto del dolce natalizio milanese per
eccellenza durante questo giorno di celebrazione religiosa.
Una donna si
sarebbe recata poco prima di Natale presso l’abazia del paese per far
benedire da un frate un panettone preparato con le sue mani e poterlo
poi offrirlo alla sua famiglia nei giorni di festa. Il frate però si era
dimenticato di quella gustosa preparazione e passato circa un mese
decise di benedire il dolce e di mangiarselo. La donna però tornò
speranzosa il 3 febbraio a chiedere del suo panettone e quando il frate
si recò nella sacrestia per fare ammenda e mostrare alla donna che il
dolce non c’era più, lì vi trovò un panettone grande il doppio di quello preparato dalla umile donna. San Biagio aveva compiuto il miracolo e da quel momento per omaggiare
il protettore della gola si iniziò a conservare una fetta di panettone
per poterlo consumare il 3 febbraio e ricordare quel miracolo (dalla rete).
I Mercanti del freddo
San Mauro (15 Gennaio) protettore di tutti gli ammalati e di quelli che corrono seri pericoli. A San Maur (15 gennaio) una fred dal diàvol, a sant’ Antoni (17 Gennaio) un fred dal demoni . Ed e’ proprio Sant’Antonio a mietere una serie infinita di detti popolari: Sant’Antonio, gran freddura, Sant’Antonio dalla barba bianca se non piove la neve non manca, S. Antonio dalla barba bianca, se non nevica non si mangia San Lorenzo gran caldura, l’uno e l’altro poco dura, per San Bastiano (20 gennaio), sali il monte e guarda il piano; se vedi molto, spera poco; se vedi poco, spera assai. , Per San Sebastiano un’ora abbiamo. San Fabian e Sebastian i ven via cun la viöla in man Sant’Agnese (21 gennaio), il freddo è per le siepi. A san Vincenzo (22 gennaio) l’inverno mette i denti- San Vincenz de la gran fredüra, San Lorenz de la gran caldüra: vün e l’ alter poch el düra , Se per San Paolo (25 gennaio) è sereno, abbondanza avremo , De le calendule e de le crescendule no me ne cüre, basta che’ l dé de San Paol no’ l sé scüre.
San Mauro, Sant’Antonio
abate e San Sebastiano
sono chiamati i mercanti della neve (o del freddo)
perché se
nel loro giorno fa bel tempo e splende il sole ne approfittano e vanno
al mercato a comperare la neve da spargere sulla terra nei giorni
successivi
se non piove a santa Emerenziana il grano è a rischio
dove
cade, la neve può fioccare fino al 23 del mese
Santa Agnese (21 Gennaio) patrona delle giovani dei giardinieri e degli ortolani, Santa Agata (5 Febbraio). San Biagio (3 Febbraio)
protettore della gola.
I cosiddetti "giorni della merla" solitamente erano i più
freddi dell'anno e portavano copiose nevicate e per questo venivano abbinati ai
Santi Mercanti della Neve.
Questi giorni erano considerati dai contadini
come un almanacco, in base al tempo che si verificava nei tre giorni si
ipotizzava come potesse essere il tempo per tutto il resto dell’anno (dalla rete).
Simili a gru, migranti ad oriente,
trasvolavan le Mistiche, in sì mite,
in sì celestial sogno rapite,
ch'ogni atto lor ne sorridea eloquente.
Del passato obliose, del present
inconscie, già viventi delle vite
serafiche, già assunte alle infinite
promesse, il cui promettitor non mente.
Già le fronti raggianti, quasi incluse
nell'aureola. Già le lunghe ciglia,
quasi abbagliate dal fulgor, socchiuse.
Già presso al limitar della vallea
sacra, ove il re in clamide vermiglia
dirà a ciascuna: – Veni Sponsa mea.
Amalia Guglielminetti
Gujil
dove maggiormente rifulsero la sua carità e il suo zelo, fu nella terribile peste scoppiata a Milano, mentre egli si trovava in visita pastorale nel 1572. Tutti i personaggi più distinti fuggivano terrorizzati: San Carlo invece, tornato prontamente in città, organizzò l'assistenza agli appestati, il soccorso ai poveri, l'aiuto ai moribondi, dappertutto era il primo, ovunque dava l'esempio. Per invocare poi l'aiuto divino, indisse processioni di penitenza, alle quali partecipò a piedi scalzi e prescrisse preghiere e digiuni. Alla peste seguì la più grave miseria, e il santo prelato, dopo aver dato quanto possedeva, vendette i mobili dell'arcivescovado, contraendo anche forti debiti. Nell'ottobre 1584 si ritirò sul monte Varallo per un corso di esercizi spirituali. Ivi s'ammalò e trasportato a Milano spirò il giorno 3 novembre. (dalla rete).
Fernando Pessoa
Santa Silvia
Il Santo del giorno 3 Novembre è Santa Silvia. Silvia è stata una nobile donna romana, moglie del senatore Gordiano e madre del futuro papa Gregorio I. È venerata come santa dalla Chiesa cattolica. Il nome Silvia deriva dal latino e letteralmente significa “abitatrice delle selve”, “donna dei boschi” e “selvaggia”. Il suo martirologio romano recita:
«A Roma, commemorazione di santa Silvia, madre del
papa san Gregorio Magno, che, secondo quanto lo stesso Pontefice riferì
nei suoi scritti, raggiunse il vertice della vita di preghiera e di
penitenza e fu per il prossimo un eccelso esempio». Nacque a Roma intorno al 520 in una
famiglia di modeste condizioni. Silvia ebbe due sorelle:Emiliana e
Tarsilia, anche loro proclamate sante. Nel 538 sposò il senatore
Gordiano, che apparteneva alla gens Anicia, nobile famiglia romana. La
coppia andò ad abitare nella villa degli Anici sul colle Celio al Clivo
di Scauro, dove oggi si trova la chiesa di San Gregorio al Celio. Ebbe
due figli, il primogenito fu Gregorio, poi eletto papa nel 590. Rimasta
vedova intorno al 573, si ritirò in una casa sull’Aventino chiamata
Cella Nova, seguendo la regola benedettina e dedicando il resto della
sua vita alla preghiera, alla meditazione e all’aiuto dei malati e dei
più bisognosi. Santa Silvia morì il 3 novembre 592 (dalla rete).
dedicata a mia sorella, all'altro capo
di un simbolico ponte che unisce le vite;
soffriamo insieme e insieme camminiamo
un sentierodi vita, di passaggi atavici...