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L'ombra è l'opposto del sole, ma si nutre di esso.
Un cielo grigio non genera ombre: nessun contrasto, nessun pensiero.


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venerdì 4 aprile 2025

Romanzo

Il romanzo più corto di tutti

In un primo momento lei pensò di poterlo uccidere in tre giorni.
Per poco non ci riuscì. Il cuore di lui quasi venne meno ai suoi
complimenti.
Poi lei pensò che sarebbero state necessarie tre settimane. Ma lui
sopravvisse.
Così lei riguardò i suoi progetti e calcolò che sarebbero occorsi tre
mesi.
Dopo tre anni, era ancora vivo. Così si sono sposati.
Ora sono sposati da trent’anni. La gente parla molto affabilmente di
loro.
Sono noti come il miglior matrimonio in città.
È solo che i loro figli continuano a morire.

 Norman Mailer

Nello scorrere dei giorni rimane
quel senso di incompiuto, di stasi;
nella moltitudine di cose permane
un odore acre di vita passata...
 
Il romanzo è un genere della narrativa 
scritto in prosa  di media o ampia lunghezza 
che si è diffuso maggiormente nell'Ottocento 
(ma le sue radici possono rinvenirsi anche nel mondo classico) 
e che narra le vicende di uno o più individui 
su sfondo storico o di fantasia.
(dalla rete)

sabato 29 giugno 2024

Jules Gabriel Verne

Jules Gabriel Verne
, spesso italianizzato in Giulio Verne (Nantes, 8 febbraio 1828 – Amiens, 24 marzo 1905), è stato uno scrittore francese. 
È tra i più importanti autori di storie per ragazzi, e grazie ai suoi romanzi scientifici è considerato, assieme a H. G. Wells, il padre della moderna fantascienza.
Giunse al successo nel 1863, quando si dedicò proprio al racconto d'avventura. 
Tra le numerosissime opere di Verne, note in tutto il mondo, vi sono romanzi come Viaggio al centro della Terra, Dalla Terra alla Luna, L'isola misteriosa, Ventimila leghe sotto i mari e Il giro del mondo in 80 giorni, da cui sono stati tratti numerosissimi adattamenti diretti o indiretti per altri mass media come cinema, fumetto, serie TV dal vivo e in animazione e molto altro.

In morte di Giulio Verne

O che l'Eroe che non sa riposi
discenda nella Terra, o che si libri
per le virtù di cifre e d'equilibri
oltre gli spazi inesplorati ed osi

tentar le stelle, o il Nautilo rivibri
e s'inabissi in mari spaventosi:
Maestro, quanti sogni avventurosi
sognammo sulle trame dei tuoi libri!

La Terra il Mare il Cielo l'Universo
per te, con te, poeta dei prodigi,
varcammo in sogno oltre la scienza.

Pace al tuo grande spirito disperso,
tu che illudesti molti giorni grigi
della nostra pensosa adolescenza.

Guido Gozzano

Di Verne si è occupato anche il cinema, fin dai suoi inizi, trasponendo a più riprese molti dei suoi romanzi: da Intorno alla Luna e Dalla Terra alla Luna fu tratto nel 1902 uno dei primissimi film di fantascienza a opera del regista francese Georges Méliès, Viaggio nella Luna (Voyage dans la Lune).
Con i suoi racconti ambientati nell'aria, nello spazio, nel sottosuolo e nel fondo dei mari, Verne ispirò scienziati e applicazioni tecnologiche delle epoche successive. 
Giulio Verne è anche uno degli autori più letti in lingua straniera.
(da wikipedia)
Adolescenza fatta di impegni
col cuore alle stelle, alla luna;
libri e libri a fuggire il senso
e ritrovarsi vecchio il cuore...

domenica 11 giugno 2023

Ti dono il mio cuore, libro

Yuto riceve un dono speciale. 
Un dono che gli cambierà la vita. 
Un dono che lo emozionerà, gli darà conforto, protezione, calore. 
Un dono per la vita. 
Per oltre la vita. 
Una fiaba poetica che insegna a vivere, con illustrazioni e magie di carta che ti incanteranno. 
Per tutte le età. 
Testo italiano di  
Vivian Lamarque

 
Ad un tratto risento, ritorna, dolore,
nel cuore, ancora,  duro e chiaro;
nei volti che rapidi scorrono io cerco
un fotogramma, una carezza, un nulla...

martedì 22 febbraio 2022

Inviti superflui

Le parole 
ci danno un grande potere.
 
Abbiamo a disposizione infinite combinazioni, possiamo trasmettere una moltitudine di messaggi in cui incapsulare qualsivoglia sentimento ed emozione.
Questa precisa combinazione di parole scelta da Dino Buzzati è di un candore, di una semplicità espressiva, di una tenerezza che difficilmente possiamo trovare in qualsiasi altro incipit letterario.
Buzzati descrive un desiderio possibile e impossibile allo stesso tempo.
Il protagonista non chiede la Luna, ma un momento d’intimità in una sera d’inverno, tra le quattro mura, il sussurro delle fiabe e quella persona accanto.
C’è una malinconia magica, sospirata, flebile ma che va dritta al cuore, una scheggia di ghiaccio che attraversa la pelle, ferisce e poi si posa, come neve, ai nostri piedi.
C’è il desiderio di creare un passato inconsapevole, quasi una leggenda antica da rivivere ora che si è finalmente insieme, tra corvi neri e il vento che accarezza le torri.
Il desiderio di inventare ricordi, di condividerli e sorriderne, e poi l’amarezza; il risveglio scuote le membra e il freddo inverno ci abbraccia senza lasciarci andare.
“Nascono speranze che non si sanno dire”, ineffabili, solo pensate perché, se dette, si infraggerebbero con stridente crudeltà.
La volontà di esserci, comunque, di capirsi senza parlare, di amarsi, in silenzio, senza lasciarsi andare.
Il lettore non ha scampo: troverà qualche parola che lo colpisca particolarmente e lo riconduca a qualcosa di doloroso.
E la forza di questo racconto è proprio nella sublimazione dell’immaginazione commista all’impossibilità.
Esso stesso è una fiaba, tra castelli, lupi, stelle d’un Oriente lontano.
Ma la fantasia si scontra con la razionalità della controparte, alla ricerca del concreto, della folla cittadina, del materiale a discapito dell’immateriale.
L’autore parla di un povero domani, un nuovo giorno di routine e privo di incantesimo, troppo lontano, invece, dalla sua concezione di vita che avanza. Questa è una distanza assoluta, incolmabile, disperata, crudele e reale. Una distanza il cui ricordo ci provoca brividi di freddo in piena estate, un pianto gelido in una mattina di sole.
Questo non è altro che un invito superfluo, mai inviato, mai percepito ma necessario (dalla rete).

  
 
Questo brano di Dino Buzzati mi prende profondamente,
(è già stato integralmente proposto in questo blog 
il 7 Ottobre 2007)
lo conobbi negli anni '80 
e fu Pat a mandarmi quelle pagine,
strappate (orrore!) da un oscar Mondadori 
(La Boutique del mistero).
Le conservo ancora da qualche parte 
nel mio mondo di cose passate,
ricordo parole e frasi evidenziate in verde fluo 
(un colore che amo... oddio,  più il verde che il fluo).
Questa lettura al femminile è singolare e da ascoltare,
in realtà mi sono da sempre immerso nel lato opposto
per cercare di dare significati alternativi 
alle mie parafrasi della vita
non credo di aver avuto che parziali risultati effimeri...
 
Gujil
 
 “Inviti superflui” è un brano che si trova nella raccolta La boutique del mistero, di Dino Buzzati.
Il testo è un soliloquio in cui l’autore si rivolge all’amata in modo struggente, nostalgico e rassegnato. 
Il titolo richiama gli inviti che appaiono superflui,
perché è impossibile richiamare un amore che, tanto diverso da noi, è ormai lontano. 

(dalla rete)

giovedì 20 gennaio 2022

Giorni di minime #84

 
Chi non si è mai innamorato in sogno?
"Ricordo i suoi capelli lunghi e biondi..."
Questa canzone mi riporta indietro,
la sensazione di luce svanita,
il pensiero di qualcuno lontano,
o forse è un qualcosa;
rimaniamo insieme alle visioni,
restiamo succubi di noi.
In fondo vorremmo solo e sempre
innamorarci di noi stessi,
o no?
 
Gujil
 

sabato 19 giugno 2021

Dal "Diario di un inguaribile vecchio" -11-

Diario di un inguaribile vecchio

la mia vita, il mio scorrere incessante
è da tempo troppo spesso temporale,
infinitesimi attimi di pioggia rigano
sguardi che non sanno più inveire...
 
-11-
 
Rammento il senso dei sorrisi e quello dei ritorni inaspettati dopo lunghi silenzi fatti di giorni impassibili scanditi dalla tarda primavera che ora il sole scalda di pesanti ore assetate.
I percorsi stretti avvisano dlle difficoltà da incontrare ma noi non sappiamo vedere, ci limitiamo a subire i contraccolpi del senso che vogliamo dare alle cose che ci toccano.
Vorrei essere una leggera brezza, accarezzare e consolare il mio lento incedere che non sa direzione se non quella del primordiale istinto di andare avanti, di non fermarsi e chiedersi.
Lo scenario esterno è sole che scalda un verde trionfante, sono un contrasto vivente per il grigio che ho dentro, un colore che scalpita e comprime il sentimento che cerco anch'io di soffocare.
I lunghi crinali delle vallate che amavo ancora mi chiamano con voce pacata da un senso di immediato ristoro e riposo, non la ascolto da tempo, non voglio; conservo scampoli di ricordi sereni che non mi va di rimettere in gioco.
Il sibilo di una raffica di vento trasporta i semi di pioppo in tutte le direzioni, come fossero fiocchi di vita che cabrano nei cieli delle esistenze terrene in cerca di un fertile approdo.
I pappi si posano leggeri sulla mia strada, ora sembra innevata.
Una tranquillità artificiale pervade il mio essere intero, assaporo il respiro e placo il temporale che ho dentro... ricordo... ed ero sereno.
Le sagome della città mi riconducono qui.
Il sole mi brucia la pelle ma non scaccia ancora il freddo che provo, giù nell'anima, in fondo.
Costringo alla luce un pensare fuori tempo.
"Gli amanti non gridano mai, sussurrano perchè non hanno bisogno di imporsi, amano solo farsi capire"; urla solo chi non vuole ascoltare, chi deve sopraffare la solitudine che prova.
Nella mia vita non ho sussurrato spesso ma ho gridato tanto.
Una rondine garrula e felice volteggia sul tetto.
Un acclarato e dimensionato contesto mi spinge ad usuali gesti, ora sono nella mia casa, preparo un caffè, riassetto sogni e fantasie notturne in un elenco ordinato.
Mi cerco disperatamente allo specchio, ho tagliato i capelli e cresciuto la barba per sembrare più vecchio, per non piacermi, per non amarmi più così tanto, troppo.
Fuori è ancora alba, il mattino presto è solo per pochi.
"Io ti penso" dopo tanto silenzio e un migrare afinalistico e continuo mi dice che non mi devo illudere, che devo razionalizzare il contesto senza dare importanza ai contorni.
La forza del respiro irrompe in questo clima di attesa.
Sorseggio dalla mia tazza preferita mentre assisto impassibile al giorno che arriva, cercherò di viverlo con propositi contingenti ed ordinatamente allineati.
 
Claude Monet
"Pioppi sull'Epte"

martedì 15 giugno 2021

Zolfanelli e giorni di minime #67

La fiamma del fiammifero si è spenta
ha illuminato la notte, piccolo sole,
per quell'attimo dove tutto è sembrato normale,
quella frazione di eternità senza urla
(gli amanti sussurrano, non gridano)
in cui ho visto, risaputo stanco, il mondo;
quando la fiamma finisce e si spegne
è un piccolo crepuscolo dove buio ed ombre
arrivano e ci abbracciano ancora...

Gujil

Gli zolfanelli sono fiammiferi che hanno come couadiuvante all'accensione un bagno di zolfo sulla punta; è una definizione desueta, tipica della letteratura popolare del XIX secolo.
Lo zolfanello è un fiammifero di legno impregnato, per un tratto della parte superiore, di zolfo, per dare facile presa alla fiamma provocata dallo sfregamento della capocchia fosforica, a base di sesquisolfuro di fosforo.
Ormai poco comune l’espressione figurata accendersi come uno zolfanello, essere molto facile all’ira.
(dalla rete)

La tristissima storia degli zolfanelli
di Heinrich Hoffmann

traduzione di Gaetano Negri (1882)

Di sala in sala Paolinetta
Gira e rigira, sola soletta.
Di casa uscendo la sua mammina
Disse: “Ricordati di star buonina”.
Ma se non teme d’esser sgridata
Grida, fa il chiasso quella sventata.

Ecco essa vede sul tavolino
De’ zolfanelli lo scatolino.
“Oh, che grazioso bel giocherello!
Io voglio accender lo zolfanello.
La mamma accenderlo veduto ho spesso,
Io vo’ ripetere quel gioco istesso!”.

E Minz e Maunz, i due gattini
Alzano al cielo i lor zampini.
Gridano: “Il babbo questo non vuole
Più non rammenti le sue parole?
Miao, miao, miao.
Suvvia finiscila con questo gioco
Che c’è pericolo di prender foco!”.

Ai due gattini Paolinetta
Intenta al gioco non può dar retta.
Ecco la fiamma s’accende e brilla,
crepita il legno, scoppia, scintilla.
Tutta contenta la pazzerella
Agita il foco, ride, saltella.

E Minz e Maunz, i due gattini
Gidan: “La mamma questo non vuole,
più non rammenti le sue parole?
Miao, miao, miao.
Suvvia finiscila con questo gioco
Che c’è pericolo di prender foco”.

Ahimè la fiamma la bimba investe
Ardon le treccie, arde la veste.
Corre la misera di loco in loco
Non c’è più scampo, è tutta un fuoco.

E Minz e Maunz inorriditi
Mandano acuti urli infiniti.
Miao, miao, miao,
“Qui, qui venite, venite in fretta,
muore bruciata Paolinetta!”.

Brucia in un soffio, sfuma in un punto
Veste e persona, tutto è consunto.
Un po’ di cenere e due scarpini
Cara memoria dei suoi piedini.
È quel che resta! Non c’è più nulla
Di quell’indocile, vispa fanciulla.

E Minz e Maunz, i due gattini
Tergon le lacrime coi lor zampini.
Miao, miao, miao,
“Ahi! babbo e mamma, ahi! dove siete?
Ahi, vostra figlia più non vedrete!”.
Come un ruscello che irriga i prati
Scorron le lagrime dei desolati.

venerdì 11 giugno 2021

Un pò come se fossi Antar

Antar, nemico di tutta l'umanità, è divenuto eremita in un deserto.
Un giorno salva una gazzella da un grande uccello, con il quale ingaggia un combattimento, per poi esausto cadere addormentato: Antar sogna di trovarsi nel palazzo della bella regina Gul-Nazar, che è proprio la gazzella che ha salvato.
Come ricompensa, la regina offre ad Antar di provare tre grandi gioie della vita: la vendetta, il potere e l'amore.
Antar accetta e ringrazia, poi fa a sua volta una richiesta: di morire allorquando questi piaceri diventassero una noia.
Intanto Antar si è innamorato della regina. Dopo qualche tempo, stanco di questa passione, viene preso dalla regina, e baciato con tale intensità da morire.

Antar
è un racconto arabo di Senkovskij
(dalla rete).

 
 

Amo tutto ciò che è stato,
tutto quello che non è più,
il dolore che ormai non mi duole,
l’antica e erronea fede,
l’ieri che ha lasciato dolore,
quello che ha lasciato allegria
solo perché è stato, è volato
e oggi è già un altro giorno.
 

Fernando Pessoa

 
scopriamo nel rimpianto le gioie,
Antar ancora si adira nel deserto;
decidere è sempre difficile, duro,
quella striscia sul cuore mi pulsa...

martedì 25 maggio 2021

Dal "Diario di un inguaribile vecchio" -10-

Diario di un inguaribile vecchio

Un sole freddo illumina la vastità del mare,
conchiglie rotte insabbiate i miei pensieri,
ricreo disegni sulla rena bagnata della battigia
la risacca in un niente ne fa “tabula rasa” ...

-10-  

Ossimori  al limite del ridicolo affollano la mia mente come un freddo sole, quando sono agitato e compulsivo non riesco a ragionare con lucidità e mi affosso in maceranti ossessioni che ricalcano le mie deluse aspettative.
Collimare situazioni inverosimili è roba da grandi, da adulti, il bambino che in me stride, rifiuta appellativi sarcastici e si richiude in riflessioni che hanno poco a che vedere con le contingenze situazionali.
Perlustro in lungo e in largo i miei disegni mentali, li passo in attenta rassegna cercando di coglierne il giusto verso osservazionale.

La pioggia sferza il grigiore di questi momenti.
La costante ricerca di costanti è un dato di fatto, lampante, nei suoni contratti del mondo si cela il mistero di come siamo, di ciò che sta alla base di ognuno di noi.
La pioggia è una fredda carezza.

Nuvole bigie rimpiattinano come grevi ancelle il cielo di Maggio, ancora il freddo mi brivida lungo la schiena bagnata.

Cammino nell’erba gonfia di acqua, ancora piove e respiro boccate di umido fiato mentre osservo il rivolo d’acqua che segue il profilo di un muretto sbrecciato di sassi.

L’inguaribile romantico che sono perdura la sensazione di lieve dolore, un disagio che percorre il mio cuore, in un maniacale gioco delle parti trasfiguro in eroico “bohemienne”, mi trascino i sensi immaginando l’assenzio, il laudano ed altre misticanze che possano lenire il peso dell’anima.

Lo scorrere alterato del colore del fiume ne preannuncia la piena.

Un tonfo improvviso e un rumore  attutito mi allarma, vigilo i sensi in un ridicolo stato di allerta.
Sono stato tanti figuri, ho fatto cose che ancora provo vergogna, sono stato anche tante cose.

Ho comunque gli occhi pieni di luoghi, di città perdute e dimenticate, di città piene di gente e di odori buoni e nauseabondi, ho passeggiato litorali chiari o nebbiosi e river-walks molto spesso affollati, ed ero da solo o in compagnia cattiva poco importa.
 

Con il sole e con il temporale
con la luce e nel buio.
Comunque sempre con il cuore,
anche quando non sembra…

Mi sono decompresso come un venefico gas e ho tolto respiro arrivando giù, dove so di fare male, dove pochi sanno giungere, fino a toccare le corde profonde del cuore ma spesso non ho trovato che un muscolo a pompare e mi sto ancora intossicando da solo.
Le brume dei miei paesaggi le hanno vedute poche persone ma spesso chi le ha godute ha pensato bene di  scarabocchiarle di ovvietà e banalità.
Ecco, non so vivere il banale, sono solo in grado di sopravviverlo e mi coglie un’angosciante sensazione di solitudine nella insulsa calca della moltitudine che brulica nel mio quotidiano.
Faccio un'estrema ed estenuante fatica a comprendere, a volte non capisco e mi tortura il pensare di congetture e dinamiche forzate, non corrispondenti a ciò che invece rappresentano e sono.
Ancora sta piovendo fuori e dentro di me e devo rientrare.

Andre Kohn
"Sotto la pioggia"


 

sabato 15 maggio 2021

Dal "Diario di un inguaribile vecchio" -9-

Diario di un inguaribile vecchio

inutili lacrime rigano a tratti
rosee guance di provati profili;
il tempo, la musica, le possibilità arpionate,
quando il respiro è fatica, quando è dolore...

-9-  

Non posso che nascondere la vergogna di piangere, gli stereotipi lo richiedono, le spiegazione lo costringono.
Questo contesto comprime tutto, la musica fatica a raggiungermi solo il silenzio viene percepito con i sensi protesi ad ogni minimo angolo di visione, con il cuore che spinge nelle arterie il sangue per sollevare il petto, nel buio, nelle solitarie convinzioni e nelle incertezze continue.
Non siamo che attimi nel gorgo del tempo, istanti soffiati dal vento impetuoso che accompagna uno svolazzare di sensazioni; i capelli più radi, le sopraciglia imbiancate, le rughe, le unghie, i contorni.
Il temporale ci avvicina l'anima anche se siamo lontani da noi, in quel viaggio che da sempre si vuole evitare troviamo le tante ragioni, le spiegazioni ai discorsi, i ragionamenti esclusivi.
Tacciamo le cose che vorremmo dire, ricacciamo in gola le parole che dovremmo urlare, in nome di un perbenismo affollato, pieno di ingiurie e pensieri retroattivi.

Il profilo delle montagne mi avvisa che non è loro la colpa, che dentro di me devo cercare risposte alle domande del cuore e nella mente un turbinio di sostanza produce scritti ed incarta sentimenti da vecchio nostalgico.

Il meccanismo delle convinzioni passa attraverso convenzioni radicate, insegnate ed assimilate come pietre miliari nel nostro percorso verso la meta che nessuno vorrebbe raggiungere mai.
Non esiste condizione peggiore di quella in cui ci vogliamo infilare vestendo panni di attempati e ridicoli eroi che fanno di piccole tragedie le loro sostanze vitali.
Ancora ci crediamo capaci di reggere l'urto del vivere.
Siamo inguardabili quando, tronfi di ciò che pensiamo di essere, pavoneggiamo gli specchi e i riflessi ci rimandano immagini che mai noi vorremmo apparire o vedere.
Sognamo mari infiniti e non siamo che minime alture di sabbia su spiagge che il vento riappiana in un nulla.
La verità è che non vogliamo le possibilità che desideriamo e, quando succedono, straniti corriamo come pulcini disorientati, timorosi di tutto e senza direzione.
Il silenzio del mattino si sta ora animando illuminato dalla luce del sole, mi guardo attento, scaccio paure e delusioni ma sento ancora in lontananza il brontolio del temporale che ancora ho in me, dentro.

Giovanni Segantini
"Dopo il temporale"

domenica 28 febbraio 2021

Dal "Diario di un inguaribile vecchio" -2-

Diario di un inguaribile vecchio

 Sempre in un distinto colsi quegli attimi strani, impalpabili
sentieri arguti la mente seguì e contigui;
le stelle dominavano il tutto, sentivo il peso e la gioia eppure
andai lontano dal cuore e dagli occhi...

-2-

Le vicissitudini imperano la vita che scorre, si fondono presente e passato in un chiaroscuro di visioni, di visi.
Il passaggio radente di un corpo ci avvicina alla terra in un ancestrale abbraccio; siamo attimi nel nocciolo di eterno trascorrere di cui ci rendiamo a malapena conto tanto siamo intrisi di assoluta presunzione.
Rimangono in noi sensazioni labili, profumi sfumati di cose che frullano e si mescolano in un caleidoscopico richiamo… intrisi di sogni?
Perduti scompensi?
Desideri inespressi?
Passionali pulsioni?

Realtà fin troppo disinvolte presentano requisiti minimi alla sopravvivenza, siamo spirito animale che difficilmente sappiamo dominare così, in attimi di lussuria perduriamo il senso di quello che in fondo siamo...
Stemperati dai sogni ci illudiamo di amare a livelli altissimi, invece il nostro essere profondo spesso prevale e ci macchiamo di indicibili gesti quando il nostro animalesco prevale sull'autocontrollo...
Il vento ora accarezza il mio viso, le rughe, il colore sfocato degli occhi; ancora so piangere ma mi nascondo per farlo così sottraggo al giudizio il mio essere intero; cullato da un flebile rimpianto guardo lontano in questa luce che è sempre crepuscolo.       
La scia della bruma contorna le rive del fiume, sotto il pelo dell’acqua prevale il silenzio.
Cammino la riva, inciampo sassi scivolosi e gelati, aspetto il mattino, come i tanti nelle tante città.., ma devo uscire dal sogno, devo tornare al mio giornaliero  e piccato disappunto.
Il suono del mondo ricomincia la sua sinfonia quotidiana, ma io, in un impeto assurdo di megalomane afflato, mi abbraccio da solo in un tenero gesto di intimo amore, poi vado.
Quello che sono fatica  a contenermi, il mio profondo scalpita nell'intento di uscire e gridare, cerco di darmi un contegno, rientro a fatica nel ruolo richiamato dal borbottio rassicurante della caffettiera sul fuoco.
 
Claude Monet
"Campo di fiori e mulino a vento"

giovedì 25 febbraio 2021

Viole di fine inverno

Viola del pensiero

Una pianta di piccole dimensioni che produce fiori simili a farfalle nelle diverse tonalità di colore che spaziano dal bianco al viola o al blu elettrico. La viola del pensiero ama il sole, è resistente alle avversità e facile da coltivare sia in piena terra sia in vaso sui davanzali delle finestre e in fioriere sui balconi e sulle terrazze anche per chi non ha il pollice verde.
Esistono diverse varietà di viola del pensiero alcune anche profumate che fioriscono fino alla primavera avanzata, fino i primi giorni di Maggio se concimate regolarmente con un fertilizzante specifico per piante da fiori, se il terreno viene mantenuto sempre umido ma mai fradicio e si eliminano via via i fiori appassiti.
La fine dell’inverno è quasi vicina e, ad annunciarla, sembra se ne prodighino le profumatissime viole, già sparse in generose macchie nei prati incolti a febbraio inoltrato. La viola mammola (Viola Odorata L.) da tempi antichissimi affascina l’uomo per la regale eleganza, la vellutata morbidezza, ma soprattutto la deliziosa fragranza dei suoi amabili piccoli fiori.
Secondo un mito greco, mentre Persefone risaliva gli Inferi dopo l’inverno, spuntavano violette profumate là dove toccava la terra con i suoi piedi. Molte dee, tra le quali Afrodite, venivano rappresentate con corone di viole

Viole di fine inverno

Infine accorse irrefrenabile desiderio
di cose ritenute ai più stolte,
vaghezze intinte e solitari gesti
in questo mare che sono. 
Distolti dall'intento
più non fummo soli e smise
l'intimo contatto il tocco
che non potè sfociare.
Nel senso del tornare domande
e stupide risposte, sciocchezze.
Le viole dell'inverno, sul ciglio,
ancora negli occhi...
 
Anonimo
del XX° Secolo
da "Le implicazioni sentimentali"
 
Violette di Febbraio
Sulla riva del ruscello, appena desto dal sonno dell'Inverno trema un ciuffo di violette sbocciate al primo sole.  
La corolla delicata si piega alla brezza lieve, mentre le foglie si stringono allo stelo e sospirano: Verrà, verrà Primavera!
Grazie, piccole viole di Febbraio: il vostro annuncio è bello e dà tanta speranza di sole, di cielo azzurro e di canti festosi (dalla rete).

martedì 9 febbraio 2021

Aggiustacuori

La sindrome tako-tsubo chiamata anche cardiomiopatia da stress, oppure nota come sindrome del cuore infranto è una entità clinica caratterizzata da una disfunzione del ventricolo sinistro, di solito transitoria, che si manifesta con sintomi che possono simulare una sindrome coronarica acuta: dolore toracico, dispnea, alterazioni elettrocardiografiche e alterazioni degli enzimi di necrosi.
  
si aggiustano cuori nei sogni?
il mio mostra crepe profonde
sono i percorsi di pagine infinite
come momenti sospesi nel tempo...

Aggiustacuori

“Si riparano cuori infranti”.

Così recitava la piccola insegna seminascosta che campeggiava sull’uscio.
Ormai si faceva fatica anche a scorgerla eppure il viavai di persone testimoniava il continuo passaggio di anime in pena alla ricerca di soluzioni difficili, a volte impossibili.
L’ingresso era costituito da una porta di legno laccato con una maniglia di ferro battuto abbassando la quale la porta si apriva e permetteva l’accesso ad un corridoio che, dopo pochi passi, sfociava in una piccola sala d’attesa con un paio di poltroncine di velluto porpora addossate ad un tavolino pieno di riviste patinate.
Uscì dalla porta a vetri che conduceva in uno studio ordinato, chiuse con delicatezza ed in breve si trovò nella via trafficata.

La sera, la sera pesava, dopo una giornata di lavoro, dopo miriadi di storie raccontate tra urla e singhiozzi.

La sera arrivava e si trovava nella condizione costretta e ineluttabile di pensare a sé.
Un aggiustacuori così efficace nel suo lavoro, così loquace e dai guadagni stratosferici.
Così professionale insomma che l’agenda faticava a trovare nuovi spazi per gli appuntamenti richiesti. 
“Aggiustacuori così non se ne trovano più” circolava sulla bocca della gente che di parola in parola non faceva che aumentarne la fama e la clientela.
Le sue giornate erano piene di racconti strappalacrime ma la coda interminabile di incontri affaticava a tal punto che diventava sempre più difficile mantenere il controllo della situazione ed il giusto senso dell’obiettività professionale.
Ma la sera crollava di fronte alla solitudine di una consolidata routine che pure amava e gli dava tanto ma non era mai comunque stata in grado di riempire la vastità della sua anima.
Il suo cuore la sera mostrava allo specchio le crepe profonde,crepacci che lo solcavano come strade tracciate da una vita intera spesa alla ricerca di qualcosa che si poteva solo pensare indefinibilmente unico.
Ogni volta provava su di sè le tecniche risapute efficaci, perfino sperimentava le nuove, le più all'avanguardia.
Nulla da fare, sapeva aggiustare il cuore degli altri ma non fu mai capace di riparare il suo.