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L'ombra è l'opposto del sole, ma si nutre di esso.
Un cielo grigio non genera ombre: nessun contrasto, nessun pensiero.


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sabato 30 aprile 2011

Poesia

 
 
Il Filo

Ma questo filo... tutto questo filo!...
In pensieri non dolci e non amari
il Vecchio stava chino sulli alari
con le molle, così, come uno stilo.

"Scrivi? Bruci? Miei versi? I sillabari?
Il nome dell'Amata e dell'Asilo!"
(nel Vecchio riconobbi il mio profilo)
"Lettere? Buste? Annunzi funerari?

Un nome, un nome! Quello della Mamma!"
E caddi singhiozzando sulli alari.
Il Vecchio tacque. M'additò la fiamma.

"Da trent'anni?! Perdute le più tenere
mani! Ma resta il sogno! I sogni cari..."
Il Vecchio tacque. M'additò la cenere.

Guido Gozzano

venerdì 29 aprile 2011

Poesia



LA FIERA

Non ricordi la turbinante fiera?
I pagliacci e la giostra coi lumini?
Tutto fu bello, musica e lustrini,
solo al ritorno nella buia sera.

Tu pedalavi vaporosa in avanti,
ed io a volo dietro il tuo cappello,
come in un delizioso carosello
mosso da Dio sol per noi amanti.

Sull’erba della darsena intrecciammo
le nostre impolverate biciclette
come in gelosa lotta due caprette.
Sul loro esempio, muti, ci avvinghiammo.

E quando entrammo a piedi dalla porta
tra gli sguardi dei pochi curiosi
composti e seri come vecchi sposi,
la città non mi parve più così morta.

I baci nella sera freddolina
riscaldato mi avevano d’amore,
dandomi dei sussulti dolci al cuore
come quei colpi, là, di carabina.

Ed io ti vedevo in un barbaglio,
per effetto dei tuoi baci brucianti,
sotto le stelle, strane e doloranti,
come le bianche pipe del bersaglio.

Corrado Govoni

giovedì 28 aprile 2011

La Chioma di Berenice

"Oltre la chioma di Berenice
esiste un luogo nel quale
tutte le navi stellari trovano rifugio.
Là non esiste nessuna sensazione,
c'è solo il limbo.
I viaggiatori delle stelle lo sanno e ci vanno
quando hanno bisogno...quando serve.
Non ci si può fermare molto,
solo quanto basta."


Tra Boote e il Leone c'è un piccolo e attraente sciame di stelle che i Greci conoscevano ma non classificarono come costellazione a sé, poiché lo consideravano parte del Leone. Eratostene si riferì a questa massa di stelle come alla chioma di Arianna sotto la voce Corona Boreale, ma sotto la voce "Leone" disse che si trattava della Chioma della Regina Berenice II d'Egitto, e con questo nome è giunta a noi. Tolomeo la definì «una massa nebulosa, chiamata il ricciolo» (di capelli) nel suo Almagest del 150 d.C., ma il gruppo divenne una costellazione ufficiale nel 1551 a opera del cartografo olandese Gerardus Mercator, e nel 1602 Tycho Brahe la incluse nel suo importante catalogo stellare. La Chioma di Berenice è una costellazione di facile individuazione, nonostante non contenga alcuna stella luminosa; può essere scorta a nordest del Leone, ad ovest della brillante stella Arturo e a nord della Vergine.


Il mito della chioma

Il mito narra di Berenice II, regina d’Egitto vissuta nel III secolo d.c, moglie di Tolomeo III.
Tolomeo III, dopo le nozze mosse guerra all’Asia e data la pericolosità della missione Berenice, timoroa per la vita del marito, fece voto di tagliarsi i capelli in segno di gratitudine verso gli dei se il marito fosse tornato vivo e vittorioso. Tolomeo tornò vincitore il giorno stesso e Berenice mantenne il suo voto e sacrificò la sua lungua chioma, che era motivo di ammirazione per tutti quanti la conoscessero, deponendola nel tempio della dea Afrodite.
Ma il giorno dopo la treccia non c’era piu’, ci fu un gran vociare e qualcuno disse che era stato un sacerdote del tempio di Serapis, scandalizzato dall'offerta della regina ad una divinità greca.
Berenice si sentì profondamente oltraggiata dall'accaduto e suo marito Tolomeo III, preso da una folle rabbia fece chiudere le porte della città setacciandola a fondo, ma senza alcun risultato.
A questo punto entrò in scena il saggio ed ammirato Conone di Samo, matematico e astrologo noto anche per l'amicizia con il Siracusano Archimede, che per rimettere pace nel regno e consolare l'oltraggiata regina (ma anche per salvare la vita ai preti del tempio!) disse a tutti che l'offerta era talmente piaciuta agli dei che avevano deciso di elevare la treccia in cielo e fissarla nel firmamento...

La sua caratteristica principale, che ha dato origine al nome della costellazione stessa, è una "chioma" di stelle di quarta e quinta magnitudine ben visibile in una notte non eccessivamente inquinata, che costituisce in realtà un gruppo di stelle fisacamente legato fra loro, un ammasso aperto in via di dissoluzione.
Oltre a questo gruppo, la Chioma di Berenice comprende altre stelle di quarta magnitudine, in particolare sul lato orientale; la stella più brillante è la β Comae Berenices.
Il periodo più propizio per la sua osservazione nel cielo serale va marzo a agosto; nell'emisfero boreale è una figura tipica del cielo primaverile e dell'inizio dell'estate, quando si presenta molto alta nel cielo.
Dall'emisfero australe si mostra mediamente più bassa sull'orizzonte settentrionale, ma non essendo una costellazione dalla declinazione fortemente boreale è ben visibile da tutte le aree popolate della Terra (da Wikipedia).



mercoledì 27 aprile 2011

Il Profeta



SULLA RELIGIONE

E un vecchio sacerdote disse: Parlaci della Religione.
E lui rispose:
Ho forse parlato d'altro oggi?
Non è forse la religione ogni azione e ogni riflessione,
E ciò che non è né azione né riflessione, ma stupore e sorpresa che sempre scaturiscono nell'anima, anche quando le mani spaccano la pietra o tendono il telaio?
Chi può separare la sua fede dalle sue azioni e il suo credo dal suo lavoro?
Chi può disporre davanti a sé le proprie ore dicendo, "Questa è per Dio e questa è per me stesso, questa è per la mia anima e questa per il mio corpo?".
Tutte le vostre ore sono battiti d'ali nello spazio da un essere all'altro.
Colui che indossa la moralità come l'abito migliore, sarebbe meglio stesse nudo.
Il vento e il sole non squarceranno la sua pelle.
E colui che fa dell'etica un limite al comportamento, ingabbia il suo canto.
Il canto più libero non passa tra fili e sbarre.
E colui per il quale l'adorazione è una finestra che si apre e si chiude, non ha ancora visitato la dimora della sua anima le cui finestre sono aperte da aurora a aurora.

La vita quotidiana è il vostro tempio e la vostra religione.
Ogni volta che vi entrate portate con voi tutto il vostro essere.
Portate l'aratro, la fucina, il martello e il liuto,
Le cose forgiate per bisogno o per diletto.
Poiché nella devozione non potrete elevarvi al di sopra delle vostre riuscite, né cadere più in basso dei vostri fallimenti.
E prendete con voi tutti gli uomini, poiché nell'adorazione non potete volare più in alto delle vostre speranze, né umiliarvi oltre la loro disperazione.

Se volete conoscere Dio, non siate dunque solutori di enigmi.
Piuttosto guardatevi intorno e vedrete Dio giocare con i vostri bambini.
Guardate nello spazio, e vedrete Dio camminare sulla nube, aprire le braccia nel lampo e scendere nella pioggia.
Vedrete Dio sorridere nei fiori e nelle cime degli alberi vedrete il fremito delle sue mani.

martedì 26 aprile 2011

Chiaro di Luna


Il celeberrimo pezzo per piano Clair de Lune, terzo movimento della Suite bergamasque, è presente in diverse pellicole, fra cui Ocean's Eleven - Fate il vostro gioco di Steven Soderbergh nelle scene finali del film, in una scena di Twilight, nella sequenza finale di Tokio sonata di Kiyoshi Kurosawa e nel finale di Paura d'amare. La versione orchestrale di Ennio Morricone e’ presente nel film “Canone inverso”.



non sò se questo video sia conosciuto,
è una versione orchestrale di un noto pezzo
di Claude Debussy (il Clair de lune),
in versione "Disney Cartoon";
doveva, originariamente,  far parte del film "Fantasia"
ma per ragioni credo di durata eccessiva
è stato successivamente tolto dalla scaletta,
ora, per fortuna è possibile riascoltarlo,
ma sopratutto...vederlo...



lunedì 25 aprile 2011

25 Aprile



25 Aprile

Ecco, la guerra è finita.
Si è fatto silenzio sull'Europa.
E sui mari intorno ricominciano di notte a navigare i lumi.
Dal letto dove sono disteso posso finalmente guardare le stelle.
Come siamo felici.
A metà del pranzo la mamma si è messa improvvisamente a piangere per la gioia,
nessuno era più capace di andare avanti a parlare.
Che da stasera la gente ricominci a essere buona?
Spari di gioia per le vie, finestre accese a sterminio, tutti sono diventati pazzi,
ridono, si abbracciano, i più duri tipi dicono strane parole dimenticate.
Felicità su tutto il mondo è pace!
Infatti quante cose orribili passate per sempre.
Non udremo più misteriosi schianti nella notte che gelano il sangue
e al rombo ansimante dei motori le case non saranno mai più così immobili e nere.
Non arriveranno più piccoli biglietti colorati con sentenze fatali,
Non più al davanzale per ore, mesi, anni, aspettando lui che ritorni.
Non più le Moire lanciate sul mondo a prendere uno qua
uno là senza preavviso, e sentirle perennemente nell'aria, notte e dì,
capricciose tiranne.
Non più, non più, ecco tutto;
Dio come siamo felici

Dino Buzzati



dedicata al partigiano Angelo Zanoni, di Izano,
caduto in un imboscata nel Marzo del 1945,
morì poco dopo, il 6 Aprile
senza aver visto la sua terra libera
ma con il cuore pieno di libertà.

domenica 24 aprile 2011

Pasqua Serena


Dall'uovo di Pasqua

Dall'uovo di Pasqua
è uscito un pulcino
di gesso arancione
col becco turchino.
Ha detto: "Vado,
mi metto in viaggio
e porto a tutti
un grande messaggio".
E volteggiando
di qua e di là
attraversando
paesi e città
ha scritto sui muri,
nel cielo e per terra:
"Viva la pace,
abbasso la guerra".

Gianni Rodari




ricordo una Pasqua in paese,
una di quelle piene di rintocchi
e a cornice l'odore buono dell'erba,
ricordo mia nonna sveglia da sempre
a pettinarsi per andare alla Messa;
il sole, il sereno, l'azzurro,
i risolini dei bimbi felici,
l'atmosfera di un giorno sereno
e le rondini in cielo festose...

sabato 23 aprile 2011


In Viaggio

tutto tace e nel buio una luce
squarcia e una traccia si staglia
nel mio cuore una morsa attanaglia
qualcosa che alla pena mi induce
nel corso del tempo, a rilento
rilessi i suoni, le frasi scontate
nel silenzio solo voci ovattate
mi rivolsi a un pensiero scontento
un ciglio di strada è bastato
per ricredermi ancora, di nuovo
cercando un rifugio, un ritrovo
un universo già calpestato
salendo deciso nel folto del bosco
ripercorro convinto risaputi sentieri
mescolo presente a frammenti di ieri
ricordo sguardi che più non conosco.

anonimo del XX° secolo,
poesie ritrovate

venerdì 22 aprile 2011

Gli Amici miei

cambiano col tempo,
vecchie figure se ne vanno
e nuove ne arrivano
eppure la nostra anima cerca
sempre i contatti, le continuità.
Non sempre la vita è prodiga di persone,
spesso si crede alla amicizia
ma in pochi hanno avuto veramente la fortuna
di un compagno/a di vita,
senza interessi o ambizioni, solo con amore



Gli Amici miei

In questa storia che diventa tempo
in questo tempo che diventa amore,
ho conosiuto ragazze ridenti fuggenti
nel giro di poche ore,
e con due ali di cera mi sono permesso
di andare a toccare il sole;
qualche sorriso di madre fa
crescere in fretta
fa bene alla pelle e al cuore.
E adesso ho vinto, se pure si vince
che è tutto da dimostrare;
ho ereditato la terra che aveva
mio padre,
ovvero le sue parole;
e guardo l'alba che insegue il tramonto,
che insegue la notte per far l'amore;
e sento te che mi riempi la stanza
e la vita
ché niente può farmi male,
e penso
Dove saranno gli amici miei,
quelli del tempo che c'era lei?
come vorrei... cosa darei...
dove saranno gli amici miei?
amore, amore, tienimi forte la mano
e aiutami a ricordare:
io sono un piccolo uomo sotto un
piccolo vetro
che non si può più spezzare;
vorrei mandare in frantumi
memoria, pensieri, almeno per un
saluto;
e avere ancora vent'anni, ancora
tutto da dire per un minuto.
E chiudo gli occhi più forte del tempo,
però tu non mi lasciare; e
all'improvviso li vedo: lontani, vicini,
gli stessi di mille sere;
e sento tutte le voci: la dolce,
l'acuta, la tenue la disperata;
e devo chiedere scusa a qualcuno,
ricordo... ma forse è una puttanata,
stasera
Tornano tutti gli amici miei,
forse non sono partiti mai:
erano qui dentro di me
e non l'avevo capito mai;
tornano tutti gli amici miei,
noi non ci siamo lasciati mai,
e sono qui dentro di me,
tornano tutti gli amici miei.

Roberto Vecchioni



giovedì 21 aprile 2011

Boris Pasternak

Nacque a Mosca nel 1890 da una famiglia di intellettuali di origine ebrea, odessiti.
Il padre Leonid era pittore di fama e amico di Tolstoj, la madre Rozalija Kaufman concertista.
Studia composizione al conservatorio e filologia all'università di Mosca.
Nel 1912 i suoi genitori lasciano la Russia e Boris Pasternak segue a Marburgo le lezioni del filosofo neokantiano Cohen.
Si laurea poi all'università di Mosca. Partecipa al clima intellettuale fervido degli anni immediatamente seguenti alla rivoluzione.
Poi vengono gli anni dello stalinismo e della guerra. Pasternak aderisce alla rivoluzione russa, cercando di essere sempre leale con il regime pur senza nascondere le atrocità commesse.
Prende posizione contro le terribili condizioni dei contadini collettivizzati, intercede presso Bucharin per salvare Osip Mandel'stam che aveva scritto un'ode contro Stalin, mantiene contatti con esuli e internati.
Mostrando un coraggio eccezionale negli anni delle purghe staliniste, mentre molti suoi amici subivano il carcere o il suicidio, come l'amata Marina Cvetaeva.
Nel 1958 è costretto dal regime a rinunciare al nobel che polemicamente e in senso anti-sovietico gli occidentali gli avevano assegnato con questa motivazione: "Per le sue importanti conquiste nella poesia lirica contemporanea e nel campo della tradizione epica della grande Russia.".
«l'abbandono della Russia sarebbe la mia morte», scrisse nel novembre 1958 sulla «Pravda».
Visse gli ultimi anni rigidamente controllato dal regime. Morì a Peredelkino [Mosca] nel 1960 (da settemuse).


Ebrietà

Sotto il salice avvinto dall'edera,
cerchiamo scampo all'intemperie.
Ci ripara le spalle un mantello,
intorno a te le mie braccia si avvincono.

Ma no. Le piante nel folto
non s'avvolgono d'edera, ma d'ebrietà.
Stendiamo, allora, questo mantello
sotto di noi in tutta la sua ampiezza.

Boris Pasternak





mercoledì 20 aprile 2011

La Cavallina del Negromante

C'era una volta un pover'uomo rimasto vedovo, con un figlio chiamato Candido; egli possedeva per tutta fortuna un campicello e tre buoi. Candido, che era un bimbo sveglio e intelligente, giunti agli otto anni disse al padre:
- Vorrei andare a scuola...
- Non ho danaro sufficiente, figlio mio!
- Vendete uno dei buoi.
Il padre restò pensoso, poi si decise. Alla fiera seguente vendette uno dei buoi e col danaro ricavato mandò Candido alla scuola.
Candido imparava rapidamente e i maestri erano sbigottiti della sua intelligenza.
Quando seppe leggere e scrivere, decise di mettersi pel mondo alla ventura. Si vestì d'un abito nero da un lato, bianco dall'altro e si mise in cammino. Per via incontrò un signore a cavallo:
- Dove vai, ragazzo mio?
- A cercar lavoro.
- Sai leggere?
- Leggere e scrivere.
- Allora non fai per me e il signore proseguì la via. Candido restò sbigottito, poi si tolse l'abito, lo vestì a rovescio, corse attraverso i campi fino a trovarsi una seconda volta sulla strada dello sconosciuto; questi non lo riconobbe:
- Dove vai, ragazzo mio?
- A cercar lavoro.
- Sai leggere?
- Né leggere né scrivere.
- Sta bene. Sali in groppa, dietro di me.
Candido salì sul cavallo dello sconosciuto e dopo molti giorni di cammino giunsero ad un castello circondato da mura altissime. Nessuno venne a riceverli; discesero nel cortile deserto e il signore condusse egli stesso il suo cavallo alla scuderia; poi disse a Candido:
- Non vedrai qui dentro persona viva; ma non t'inquietare; avrai ogni cosa che ti talenta e un lauto stipendio.
- Quali sono le mie incombenze, signoria?
- Dovrai aver cura dei cavalli che ho nelle mie scuderie, non altro. Oggi devo partire per un viaggio lunghissimo, e non ritornerò che fra un anno e un giorno: il mio castello è nelle tue mani. Addio!
Il barone partì.
Candido, rimasto solo, curava diligentemente i cavalli. Quattro volte al giorno trovava la mensa imbandita nella vasta sala da pranzo, senza mai vedere anima viva né udir voce umana; mangiava, beveva, passeggiava per le sale e pel parco. Un giorno vide tra gli alberi trasparire una veste azzurra: era una fanciulla bellissima che fuggiva verso le scuderie.
Candido la raggiunse e la principessa si rivolse a lui con volto supplichevole.
- Sono uno dei cavalli che voi avete in custodia: un pomellato bianco, il terzo a destra di chi entra. Sono figlia del Re di Corelandia e il barone negromante m'ha cangiata in cavallo perché non lo volli per marito... Se il barone, al suo ritorno, sarà contento dei vostri servigi, per ricompensarvi vi dirà di scegliere uno dei cavalli; e voi scegliete me, non avrete a pentirvene.
Candido promise e si diede a leggere i libri del barone e apprese i segreti della negromanzia. Dopo un anno il barone era di ritorno al castello.
- Sono soddisfatto dei tuoi servigi, e poiché l'anno è passato, eccoti una borsa di monete d'oro. Vieni nelle scuderie, dove potrai sceglierti un cavallo pel tuo ritorno al paese.
Scesero nelle scuderie e Candido, dopo aver finto qualche esitazione, indicò il pomellato bianco.
- Scelgo quello.
- Come? Quella rozza? Non sei veramente buon intenditore; guarda i magnifici cavalli che le son vicini!
- Mi piace quella e non ne voglio altri.
- Sia pure disse il barone; e pensò: "Servo scaltro! Deve conoscere il mio segreto; ma lo saprò raggiungere a mezza via!".
Candido prese la cavallina pomellata e partì. Appena fuori del castello, essa riapparve nelle forme della principessa.
- Grazie, amico mio. Ritorna presso tuo padre, ed io ritorno alla Corte di Corelandia, dove tu dovrai trovarti fra un anno e un giorno.
E disparve.
Candido si diresse al paese natìo. Giunse dopo molti giorni alla capanna e si gettò nelle braccia del padre, che stentava a riconoscerlo.
- Siamo ricchi, padre mio, e bisogna goderci il nostro danaro!
E gli presentò la borsa e incominciarono pei due giorni di felicità ed agiatezza. Ma, poiché tutto ha una fine, anche il gruzzolo giunse all'ultimo scudo.
- Figlio mio, siamo ritornati alla miseria di prima!
Non inquietatevi! Domattina andremo alla fiera per vendere un magnifico cavallo.
- Un cavallo? Dove lo posso prendere?
- Poco importa: domattina l'avrete e ne riceverete trecento scudi; ma badate di non cedere la briglia al compratore.
- La briglia si cede con la bestia - osservò il vecchio .
- Non lasciate la briglia, vi ripeto, o mi esporrete ad un pericolo irreparabile.
- Sta bene, la riporterò a casa, benché non sia costume.
All'indomani il vecchio udì nitrire alla porta e vi trovò un magnifico cavallo; ma cercò invano suo figlio perché l'accompagnasse:
"Mi avrà forse già preceduto al mercato". E si mise in cammino. Giunto in paese non trovò suo figlio e fu circondato subito dai compratori.
- Bello il vostro cavallo. Quanto volete?
- Trecento scudi e la briglia per me.
- Facciamo duecentocinquanta.
- Non cedo d'un soldo!
S'avanzò un mercante sconosciuto dai capelli rossi e dagli occhi di brace (era il barone travestito) che fece l'offerta:
- È caro. Ma la bestia mi piace e non mercanteggio. Datemi la briglia ch'io lo possa condurre.
- La briglia non la cedo a nessun patto.
- Allora non ne facciamo nulla.
E lo sconosciuto s'allontanò minaccioso.
Il cavallo fu venduto a un carrettiere che non pretese la briglia; condusse la bestia per la criniera e la chiuse con altri cavalli nella sua scuderia. Ma all'alba il cavallo non c'era più. Era Candido che, grazie ai segreti appresi nei libri magici, s'era trasformato in cavallo, poi in uomo ancora, per ritornarsene dal padre. Padre e figlio godettero i trecento scudi e vissero lieti per molti giorni.
Giunti all'ultima moneta, Candido disse:
- Non c'è più danaro. L'altra volta mi trasformai in cavallo nero, domattina mi trasformerò in cavallo bianco e mi porterete al mercato; ma badate bene di non cedere la briglia, o tutto è finito per me.
All'alba il vecchio sentì nitrire nel cortile, e vide un cavallo bellissimo, candido come la neve. Lo prese per la briglia e si diresse al mercato.
I compratori circondarono la bestia; s'avanzò il mercante sconosciuto, dai capelli rossi e dagli occhi fiammeggianti.
- Bella bestia, la vostra; quanto volete?
- Cinquecento scudi.
- Sono troppi. Ma ve li do. Lasciatemela prima provare.
E lo sconosciuto salì in sella, cacciò gli speroni nei fianchi della bestia che fuggì di galoppo, lasciando il povero vecchio senza cavallo e senza briglia.
Giunto dinanzi a un maniscalco lo sconosciuto scese di groppa, entrò nella fucina:
- Maniscalco, il mio cavallo non è ferrato. Fategli all'istante quattro ferri di quattrocento libbre ciascuno.
- Quattrocento libbre? Voi scherzate, signore!
- Non scherzo, eseguite senza commenti e sarete ben pagato.
Mentre il barone e l'uomo parlavano, il cavallo era stato legato ad un anello del muro. Alcuni bimbi gli furono intorno e presero a tormentarlo.
- Staccatemi, bambini belli!
- Un cavallo che parla! e i piccoli esultarono di gioia.
- Che dice dunque?
- Dice di staccarlo.
- Sì, staccatemi, bambini, e vi divertirò con un bel giuoco.
Il più alto e il più audace staccò il cavallo, che si convertì subito in lepre e disparve nei campi. Il barone uscì dalla fucina col maniscalco.
- Dov'è il mio cavallo?
- S'è mutato in lepre ed è fuggito attraverso i campi.
Il barone negromante si mutò in cane e si precipitò sulle sue tracce.
Candido, incalzato da presso, si mutò in airone e il negromante lo seguì nell'aria sotto forma d'uno sparviero, e giunsero così nella capitale della Corelandia; lo sparviero stava per ghermire l'airone quando questo si mutò in un anello e infilò il dito della principessa che sospirava alla finestra del castello.
Il negromante riprese la sua forma umana e si presentò a palazzo per offrire le sue cure al Re, che era sofferente d'un morbo insanabile.
- Prometto di guarirvi, Sire; ma ad un patto.
- Domandate e qualsiasi pretesa vostra sarà appagata.
- Voglio l'anello d'oro che porta in dito vostra figlia.
- Questo soltanto, volete? Io son disposto a ben altro!
- Non domando altro, Maestà.
Intanto la principessa aveva chiuse le finestre e stava togliendosi gli anelli; quando si tolse quello d'oro le apparve Candido sorridente.
- Oh Candido! Come siete qui?
Candido narrò i casi suoi:
- Il negromante è nel castello ed ha promesso a vostro padre di guarirlo a patto gli sia dato il vostro anello; voi acconsentite, ma nell'atto di passarlo al dito del negromante, lasciatelo cadere in terra e tutto sarà per il meglio.
La principessa promise.
All'indomani il vecchio Re fece chiamare la figlia nella sala del trono e le presentò il negromante travestito da medico.
- Figlia mia, questo medico famoso non domanda, per rendermi la salute, che il tuo anello d'oro.
- Acconsento - disse la principessa, e fece atto di passare l'anello al dito del negromante, ma lo lasciò cadere ad arte sul pavimento.
L'anello si cangiò in fava e il negromante in gallo, per inghiottirla, ma la fava si cangiò in volpe e divorò il gallo.
Candido riprese la sua forma di prima, dinanzi a tutta la Corte sbigottita del prodigio.
La principessa presentò al padre il suo liberatore e quel giorno stesso furono celebrate le nozze.

Guido Gozzano

martedì 19 aprile 2011

Ho preso tutti i colori

Ho preso tutti i bambini per mano,
andiamo in corsa per la città.
Alto più alto, nano più nano,
ewiva ewiva la libertà!
Ho preso tutti i bambini per mano,
ho preso tutti i colori e i pennelli.
Tingiamo a n uovo case e ruscelli,
le porte, i chioschi la barba al sultano.
Ho preso tutte le nubi per mano
tutti i rumori gli strilli, il baccano.
Alto più alto, nano più nano,
ewiva ewiva la libertà!

Alfonso Gatto

lunedì 18 aprile 2011

Nikolaj Andreevič Rimskij-Korsakov


Nato a Tikvin da una famiglia aristocratica, Rimskij-Korsakov mostrò doti musicali già in tenera età, ma fu avviato agli studi presso il Collegio della Marina militare Imperiale Russa e, successivamente, si arruolò nella Marina Imperiale Russa imbarcandosi sulla nave-scuola Almaz. Fu solo quando incontrò Milij Balakirev, nel 1861, che iniziò a dedicarsi seriamente alla musica. Quando fu sulla terra ferma e non in crociera, Balakirev l'incoraggiò e gli insegnò a comporre. Egli incontrò gli altri compositori del gruppo che sarebbero diventati famosi come il Gruppo dei Cinque (in russo: Могучая Кучка). Durante gli anni trascorsi in Marina, Rimskij-Korsakov completò una sinfonia (1861-1865), talvolta definita come la prima mai composta da un russo, sebbene Anton Rubinstein avesse concepito la sua prima sinfonia già nel 1850. Sempre in marina completò anche le pièce orchestrali Sadko (1867), Antar (1868, ispirata alla leggenda di Antarah ibn Shaddad) e l'opera La fanciulla di Pskov (1872). Nel 1873 prese congedo dalla marina.
Il 12 luglio 1872 sposò Nadežda Nikolaevna Purgold (1848-1919), pianista e compositrice, dalla quale ebbe 7 figli: Michail (nato nel 1873), Sofija (1875), Andrej (1878-1940), Vladimir (1882), Nadežda (1884), Margarita (1888-1893) e Slavčik (1889-1890). La moglie esercitò una forte influenza musicale su Rimskij-Korsakov, così come Clara Schumann la ebbe sul marito Robert.
Rimskij-Korsakov e gli altri compositori del Gruppo dei Cinque collaboravano spesso tra loro modificando le loro opere. In particolare, dopo la morte di Modest Musorgskij nel 1881, Rimskij-Korsakov rivisitò diverse opere di Musorgskij prima che fossero pubblicate ed eseguite. Per esempio, la revisione di Rimskij-Korsakov di Una notte sul Monte Calvo di Musorgskij è stata a lungo la versione più eseguita. In tempi recenti la critica musicale ha rivalutato le versioni originali di Musorgskij, in passato giudicate "sporche", apprezzandone l'originalità. Per questo motivo alcuni rifacimenti di Rimskij-Korsakov, come quello del Boris Godunov, sono stati soppiantati dagli originali di Musorgskij.
La tomba di Rimskij-Korsakov nel Cimitero TikvinNel 1871, sebbene fosse in gran parte autodidatta, Rimskij-Korsakov divenne docente di composizione ed orchestrazione al Conservatorio di San Pietroburgo. Lì insegnò a vari compositori che in seguito avrebbero conosciuto la fama, come Glazunov, Prokof'ev ed Stravinskij. Continuò ad essere un compositore molto prolifico, scrivendo diverse lavori orchestrali, compreso la famosa Shéhérazade, il Capriccio spagnolo e La grande pasqua russa. Scrisse anche quindici opere, tra cui Kascej l'immortale, La leggenda dell'invisibile città di Kitež e della fanciulla Fevronija e La fiaba dello Zar Saltan, l'ultima delle quali include il celeberrimo Volo del Calabrone che è stato arrangiato per tutti i tipi di strumenti musicali (reso noto anche dalla versione per pianoforte che appare nel film Shine). Compose anche musica liturgica a cappella per il culto ortodosso, tra le quali la Liturgia di San Giovanni Cristoforo del Martirio giovane..
Nel 1905 Rimskij-Korsakov fu rimosso dalla cattedra del Conservatorio di San Pietroburgo a causa di alcune opinioni politiche non condivise dalle autorità dell'epoca. Questo provocò una serie di dimissioni da parte dei membri della Facoltà, che costrinsero le autorità a reinsiedarlo nella sua carica. La controversia politica continuò con l'opera Il Gallo d'Oro (Le Coq d'Or) del 1907, che costituiva un attacco alla Russia Imperiale e che fu censurata dopo la prima esecuzione pubblica.
Verso la fine della sua vita, Rimskij-Korsakov soffrì di angina. Morì a Ljubensk nel 1908 e fu sepolto nel cimitero di Tichvin presso il monastero Aleksandr Nevskij a San Pietroburgo. (da wikipedia)






Che dire, questo è uno dei miei brani preferiti, ha accompagnato la mia vita e mi sostiene quando i momenti sono veramente difficili.
Me lo fece, involontariamente, scoprire il padre di un amico e, ricordo ne fui subito affascinato a tal punto che ho passato parte della mia vita a raccogliere e cercare qualunque incisione di questo autore (credo di avere un buon catalogo).
La musica Russa evoca e trasporta.
Antar (Sinfonia n°2 opera 9) fa molto di più, mi ingloba e mi fa sognare.
Purtroppo la qualità sul blog non è sicuramente all'altezza ma l'esecuzione è buona (mitica quella di Ernest Ansermet con l'Orchestra de la Suisse Romand su vinile Decca).


La lettura della Sinfonia:
I: Antar ha abbandonato l'umanità che odia per la sua ingratitudine e vive tra le rovine di Palmyra nel deserto di Sham. mentre si appresta a dare la la caccia ad una gazzella, scorge un uccello rapace che insegue l'animale, o aggredisce con la lancia, e quello fugge mentre la gazzella scompare a sua volta. Sogno di Antar in cui gli appare la regina di Palmyra, una fata che egli ha salvato dallo spirito delle tenebre quando essa aveva assunto le sembianze di una gazzella; la visione scompare, dopo aver promesso le più saublimi gioie di vita all'eroe, che si risveglia tra le rovine.
II: Si realizzano le prie gioie: quelle della vendetta.
III: Le gioie del potere.
IV: Le gioie dell'amore tra le braccia della fata, dove Antar trova con un ultimo bacio la pace eterna.
Questo il programma del lavoro, ispirato ad una leggenda orientale. E orientale ne è tutto il clima, improntato a melodie esotizzanti che caratterizzano i due protagonisti e che ritornano nel corso dei quattro tempi di cui è formata questa "sinfonia" a sottolineare le diverse vicende.




Dedico questo post a
Veronica, 
un' anima sola e bella, una delle poche
che condivide il mio spazio segreto.


domenica 17 aprile 2011


Sera d'aprile

Batte la luna soavemente
Di là dai vetri
Sul mio vaso di primule:
senza vederla la penso
come una grande primula anch’essa
stupita
sola
nel prato azzurro del cielo.

A. Pozzi