"ieri e domani"
si usa per indicare il passato e il futuro,
sia in modo generico
che in riferimento a un momento specifico.
Siamo ieri e domani
Siamo ieri e domani
Lo ripete anche l’aria che quel giorno non torna.
La finestra deserta s’imbeve di freddo
e di cielo. Non serve riaprire la gola
all’antico respiro, come chi si ritrovi
sbigottito ma vivo. È finita la notte
dei rimpianti e dei sogni. Ma quel giorno non torna.
Torna a vivere l’aria, con vigore inaudito,
l’aria immobile e fredda. La massa di piante
infuocata nell’oro dell’estate trascorsa
sbigottisce alla giovane forza del cielo.
Si dissolve al respiro dell’aria ogni forma
dell’estate e l’orrore notturno è svanito.
Nel ricordo notturno l’estate era un giorno
dolorante. Quel giorno è svanito, per noi.
Torna a vivere l’aria e la gola la beve
nella vaga ansietà di un sapore goduto
che non torna. E nemmeno non torna il rimpianto
ch’era nato stanotte. La breve finestra
beve il freddo sapore che ha dissolta l’estate.
Un vigore ci attende, sotto il cielo deserto.
[7-8 novembre 1937].
Cesare Pavese.
Voi, mie parole, tradite invano il morso
secreto, il vento che nel cuore soffia.
La piú vera ragione è di chi tace.
il canto che singhiozza è un canto di pace.
Eugenio Montale
"Sentire vento nel cuore"
non è un'espressione comune e può essere interpretata in modi diversi,
ma indica un malessere fisico o emotivo che può derivare da cause come
ansia e stress legati ai cambiamenti climatici (meteoropatia).
(dalla rete)
Notte, serene ombre,
culla d'aria,
mi giunge il vento se in te mi spazio,
con esso il mare odore della terra
dove canta alla riva la mia gente
a vele, a nasse,
a bambini anzi l'alba desti.
Monti secchi, pianure d'erba prima
che aspetta bovi e greggi,
m'è dentro il male vostro che mi scava.
Salvatore Quasimodo
Appena qualche foglia, ad ora ad ora,
nei mandorli si muove sornuotanti
a un mar di messi che nel sol s’indora.
Nessun
uccello in tanta pace vola;
sol laggiú le calandre saltellanti
trillano con la gioja nella gola..
E
qui, tra il grano, par che un grillo metta
un frullo d’ali, a tratti. Oggi è per voi,
messi, l’ultimo dí: l’aja vi aspetta.
Sarà
grano per noi, come ogni frutto
di quest’alberi qui sarà per noi
e quel degli orti e quel dei prati: tutto.
Chi
maledir può qui la terra? Il canto
degli uccelli, – Ti siam grati, – le dice, –
Or sei stanca, riposa: hai fatto tanto.
Luigi Pirandello
Partendo dall'etimologia, vigilia deriva dal latino vigilia. Con questo vocabolo latino s'indica propriamente la veglia notturna, ma da questo primo significato ne derivarono altri nella terminologia ecclesiastica. Presso molti popoli e in tutti i tempi la notte, per il silenzio e l'oscurità, fu ritenuta molto opportuna per dedicarsi alla preghiera.
Dante usa questo vocabolo anche nel canto XXVI del Paradiso, ad indicare l'atto del destarsi; nel canto XV del Purgatorio, con il significato di ritorno alla conoscenza; ancora una volta nel canto XXIX del Purgatorio, per indicare la veglia (dalla rete).
Lontana e sola
Può essere usata per descrivere una persona che si sente emotivamente distante dagli altri oppure che si trova fisicamente isolata.