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L'ombra è l'opposto del sole, ma si nutre di esso.
Un cielo grigio non genera ombre: nessun contrasto, nessun pensiero.


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venerdì 30 settembre 2011

Poesia

Tristezza di Settembre

Quando il vento autunnale suona a morto per le quercie
in me nen sento il rimpianto della chiara estate
ma l'indicibile orrore delle fioriture avvenire.

Mi rattrista l'Aprile futuro
e compiango le potenti foreste condannate
a rinnovarsi ogni anno all'infinito.

Poiché da innumerevoli migliaia di anni
sono le stesse messi e identici fiori
sbocciati ed appassiti, invariabilmente,

gli stessi venti sussurranti o urlatori,
lo stesso odore tra l'erbe rinverdite,
gli stessi baci, medesimi i dolori.

Ora s'addormiranno le foreste, irrigidite
per brina, in loro sonno di breve durata.
Poi, sull'immensità delle pianure intorpidite,

sopra la bianca rigidità dei grandi stagni
vedrò ricomparire l'ora convenuta
come un fantasma implacabile la primavera,

oh i soli nuovi, l'ignota stagione!


Ephraim Mikhael

giovedì 29 settembre 2011

Mela

La mela è il frutto (più precisamente si tratta di un falso frutto a pomo) del melo.
Il melo ha origine in Asia centrale, l'evoluzione dei meli botanici risalirebbe al Neolitico. La specie è presente in Italia nominalmente con circa 2000 varietà, la definizione più precisa è difficile data la sovrapposizione storica delle denominazioni, e le specie estinte o irreperibili.
La mela è il frutto più destagionalizzato (lo si trova tutto l'anno), ciò richiede la presenza di impianti che provvedono alla conservazione e ne distribuiscano la disponibilità su di un ampio arco di tempo. La maturazione naturale varia da fine agosto a metà ottobre.
La disponibilità alla conservazione naturale dei frutti è drasticamente diversa nelle diverse varietà, ma dato gli elevati contenuti in acidi organici di norma la conservazione va da uno a quattro mesi.
Nella conservazione industriale sono importanti le condizioni fisiche in cui questa avviene. Dopo il raccolto, i frutti sono conservati a temperature da 1.0 a 3.5 °C con umidità relativa del 59-68%. Per conservazioni prolungate si ricorre a conservazioni in celle con atmosfera controllata (più ricca di CO2).
La mela ha un potere antiossidante (ORAC) con un indice di valore 4275[1] poiché contiene vitamine importanti come provitamina A, vitamine B1, B2, B6, E e C, niacina e acido folico, insieme a flavonoidi e carotenoidi, dall'effetto antiossidante.
Le mele sono destinate prevalentemente al consumo casalingo, per quello immediato ma anche in cucina per la preparazione di primi, secondi e diversi dolci. Inoltre si presta anche ad essere utilizzata per preparare in casa maschere di bellezza. La mela è da sempre alleata della bellezza: ha un bassissimo apporto calorico e, grazie alla pectina, aiuta ad eliminare dal corpo le sostanze tossiche. Anche per rinnovare, addolcire ed esfoliare la pelle la mela è perfetta. In Italia l'utilizzazione industriale riguarda la produzione e la rivendita di fette di mela per l'industria dolciaria per la quale sono idonee le mele delle varietà Golden Delicious, Rome Beauty, Costa's Trade, Imperatore e di Blanche Neve.
Altre destinazioni per le mele in industria sono: produzione di succhi, sidro, olio di semi di mela, (molto utilizzato nei paesi del nord Europa ed ottenuto come sottoprodotto dalla produzione del succo e del sidro), creme[1], fette di mela essiccate, produzione di alcol da distillazione da fermentati.
Gli obiettivi del miglioramento genetico riguardano l'ottenimento di piante resistenti agli insetti, in particolare ai rodilegno, difficilmente contrastabili, al colpo di fuoco batterico, alla ticchiolatura, oidio e afidi. Si punta anche all'ottenimento, per le varietà commerciali più note, di cloni autocompatibili.In Italia permangono attualmente presenti, e non solo storicamente, ben oltre mille varietà di mela. Le varietà hanno rilevanza locale o anche regionale o sovraregionale, in una enorme gamma di caratteristiche organolettiche e colturali. La coltivazione di varietà tradizionali è diffusa a livello domestico, e la disponibilità dei frutti è legata a mercati di nicchia. L'adozione di sistemi di coltivazione unificati, e di distribuzione del prodotto che lo sono ancora di più, ha ridotto in maniera drammatica la gamma disponibile nella grande distribuzione, a non oltre sei - otto varietà che coprono il 90 per cento del prodotto. Solo non più di tre o quattro sono varietà di origine nazionale, anche se tutte sono coltivate anche nel nostro paese. Il motivo di questo è solo un fattore di economia, la coltivazione in grande scala non può gestire in modo adeguato tutta questa varietà, ed inoltre la grande distribuzione la saprebbe gestire ancor meno.
Le varietà commerciali sono scelte soprattutto per la resistenza al trasporto (movimentazioni violente, urti), e per la conservazione su lunghi periodi.
Esistono circa 7000 varietà di mele di diversa origine nei vari paesi, differenti per colore, consistenza, sapore e contenuti nutrizionali. Alcune di queste varietà, disponibili in Italia, sono varietà tradizionali, altre sono note per la loro denominazione commerciale, di seguito alcuni esempi:

annurca: di piccole dimensioni rispetto alle altre mele, di forma rotondeggiante con epidermide rossa striata. La polpa è bianca, compatta, croccante, succosa, dolce, gradevolmente acidula;
Blanche Neve;
Braeburn: buccia colore rosso scuro o scarlatto, polpa compatta e croccante, sapore dolce-acidulo;
campanina;
Costa's Trade;
Cotogna
Cox
Elstar: frutto di colore rosso e giallo, saporita, succosa;
Fuji: forma tondeggiante, buccia colore rosso-rosato, polpa croccante e succosa, sapore dolce, ricca di fruttosio;
Golden Delicious: forma tondeggiante, buccia colore giallo, polpa croccante e compatta, sapore dolce leggermente acidulo, varietà di origine americana;
Granny Smith: buccia verde intenso, polpa croccante, particolarmente ricca di magnesio;
Imperatore;
Jonagold: sapore succoso, agrodolce, molto aromatico, incrocio fra Golden delicius e Jonathan, 1953
Pink lady: questa varietà è nata dall'"incrocio" (più precisamente si parla di ibridazione) di due varietà già note quali la mela "Lady williams" e la mela "Golden delicious". La sua buccia ha delle sfumature di colore rosa.
Mela rosa dei Monti Sibillini
Red Delicious
Renetta: forma irregolare, buccia rossa e verde;
Renetta Grigia: prodotto tipico della zona di Barge, forma schiacciata, buccia ruvida e rugginosa, polpa grossolana dal colore bianco-crema, sapore dolce-acidulo;
Rome Beauty;
Royal Gala: buccia rosso intenso con venature giallo chiaro, polpa soda e croccante, sapore dolce leggermente aspro;
Stark;
Stark Delicious: buccia rossa, polpa fine e croccante, sapore aromatico, particolarmente ricca di carotene e retinolo;
Stayman Winesap: buccia ruvida di colore giallo-verde punteggiata di rosso, polpa soda e croccante, sapore agrodolce.
La mela come simbolo della città di New York;
La mela che secondo la leggenda venne posta sulla testa del figlio di Guglielmo Tell affinché egli la colpisse con una freccia;
La mela che secondo la tradizione cadde in testa a Isaac Newton, facendogli intuire la legge di gravitazione universale;
La mela che nel film animato della Walt Disney, ispirato alla fiaba dei fratelli Grimm Biancaneve e i sette nani, avvelena Biancaneve;
La mela d'oro che Paride diede in premio ad Afrodite poiché ella era, secondo lui, la più bella dea dell'Olimpo;
I tre pomi d'oro del Giardino delle Esperidi, oggetto di un'impresa di Eracle e strumenti magici nel compimento del mito di Atalanta e Melanione;
Il frutto che fece cadere in tentazione Adamo ed Eva è spesso rappresentato come una mela;
La Apple Records ("mela" in inglese) è la casa discografica inglese fondata dai Beatles nel 1968;
La mela con un morso è il simbolo dell'azienda Apple Inc. (il cui nome significa, appunto, mela);
La città kazaka di Almaty deve il suo nome alle mele, (letteralmente "posto delle mele" o "padre delle mele" in lingua kazaka).
Nel manga e anime Spice & Wolf la protagonista Horo, Dea del raccolto con la forma di una ragazza-lupo, adora le mele e quasi non mangia altro;
Nel manga e anime Death Note Ryuk, lo shinigami adora le mele e anche lui mangia praticamente solo quelle (da wikipedia).
Nella Trilogia cinematografica Pirati dei Caraibi Capitan Hector Barbossa se lo si vede mangiare, prende solo mele, verdi.

mercoledì 28 settembre 2011

Riflesso e poesia

increduli volti a scrutare
del cielo la volta serena e le stelle
in un silente e sparuto conclave
il sacro rinnova le sue eterne speranze;
in un credo sommesso rifugio
il mio dire spossato dal tempo
e rifuggo cattivi pensieri...


Voglio, avrò

Voglio, avrò -
se non qui,
in altro luogo che ancora non so.
Niente ho perduto.
Tutto sarò.

Fernando Pessoa

martedì 27 settembre 2011

Frammento e poesia


trame nascoste impicciano
fili di pensieri obliqui
in un crescendo di ansie e paure;
il crinale è mutato in salita
ed arranco su passi malfermi
in una continua, vorticosa, scalata
e il bosco è silenzio e profumi,
il buio non ancora sconfitto
ed ansima il fiato...

anonimo del XX° secolo
frammenti ritrovati

lunedì 26 settembre 2011

Poesia

FELICITA'

La giovanezza cupida di pesi
porge spontanea al carico le spalle.
Non regge. Piange di malinconia.
Vagabondaggio, evasione, poesia,
cari prodigi sul tardi!
Sul tardi l'aria si affina
ed i passi si fanno leggeri.
Oggi è il meglio di ieri,
se non è ancora la felicità.
Assumeremo un giorno la bontà
del suo volto, vedremo alcuno sciogliere
come un fumo il suo inutile dolore.

Umberto Saba

domenica 25 settembre 2011

Sergio Corazzini

Sergio Corazzini nacque a Roma il 6 febbraio 1886 da una famiglia minata dalla tubercolosi, da padre romano e da madre cremonese (Carolina Calamani). Frequentò qualche anno di scuola elementare a Roma e in seguito, dal 1895 al 1898, si trasferì a Spoleto con il fratello Gualtiero e frequentò il Collegio Nazionale. Ma, a causa delle difficoltà finanziarie in cui si ritrovò la famiglia, il padre fu costretto a ritirare i figli dal collegio. Sergio continuò il ginnasio a Roma ma non potè frequentare il liceo perché dovette cercare lavoro presso una compagnia di assicurazioni, "La Prussiana", per aiutare la famiglia. La compagnia di assicurazione aveva sede in una vecchia casa in via del Corso e la stanza di Sergio era buia e triste, con una finestra ad inferriate che dava sul cortile.
Si possono trovare numerosi riferimenti a questo luogo nei versi di Soliloqui di un pazzo.
Il passare da una vita agiata alla povertà, dovuta alle errate speculazioni in borsa e al libertinaggio del padre, cambiò completamente le condizioni spirituali del poeta che da questo momento non ebbe certo vita felice (la madre era ammalata di tisi, il fratello Gualtiero morirà della stessa malattia, il fratello Erberto perirà in un incidente d'auto in Libia e il padre morirà in un ospizio).
Amante delle lettere, Sergio non rinunciò tuttavia alla lettura dei suoi poeti preferiti, quelli contemporanei, non solo italiani ma anche stranieri, e quelli dialettali. Le sue intense letture lo aiutarono nel suo esordio poetico e i suoi primi componimenti apparvero su giornali popolareschi. Il 17 maggio 1902 scriverà il suo primo sonetto, Na bella idea, in romanesco pubblicato in "Pasquino de Roma" al quale seguirà, il 14 settembre 1902, il sonetto di settenari in lingua, Partenza, pubblicato su "Rugantino" e dai versi liberi, La tipografia abbandonata, usciti su "Marforio". Su "Marforio" usciranno, nei tre anni successivi, la maggior parte dei versi del poeta che scriverà anche altre poesie in vernacolo su "Rugantino" e su "Il Fracassa". Si trattava di versi dai temi realistici che rivelavano, nel giovanissimo autore, una precoce predisposizione ad osservare i fatti della vita. Si trovano in essi allusioni alla malattia già latente e in un sonetto del 1906, Vinto, vi sono amare riflessioni sulla perdita della felicità.
La pubblicazione dei primi versi lo fecero conoscere ad una piccola cerchia di letterati che si riuniva nel "Caffè Sartoris" e che divennero ben presto suoi amici. Tra costoro Fausto Maria Martini sarà il cronista di questo cenacolo corazziniano nel romanzo, da lui pubblicato nel 1930, Si sbarca a New York. In seguito, gli amici del cenacolo si sarebbero, dice il Martini, riuniti in una piccola sala del "Caffè Aragno" dando vita al quindicinale "Cronache latine" che ebbe durata breve (tre soli numeri dal 15 dicembre 1905 al 15 gennaio 1906) e sul quale apparvero alcune prose liriche del Corazzini, tra le quali Soliloquio delle cose ed Esortazione al fratello. Il 26 maggio 1905 venne rappresentato, senza successo, al Teatro Metastasio di Roma l'atto drammatico di Corazzini Il traguardo.
Nella primavera del 1906 la precaria salute del giovane poeta, malato di tubercolosi, lo costrinse a soggiornare in una casa di cura a Nocera dove conobbe una giovane danese, Sonia, per la quale provò un intenso e platonico innamoramento. Nel giugno dello stesso anno il poeta si recò a Cremona, città natale della madre, per cercare un aiuto economico dai parenti materni e conobbe una giovane pasticcera con la quale inizierà una breve corrispondenza epistolare. Tra il 1904 e il 1906 furono pubblicate le sue raccolte poetiche: Dolcezze (1904), L'amaro calice (1905), Le aureole (1906), Piccolo libro inutile (1906), Elegia (1906), Libro per la sera della domenica (1906). Nel 1906 Corazzini, per l'aggravarsi della malattia, venne ricoverato nella casa dei Fatebenefratelli di Nettuno in grave stato febbrile. Dal sanatorio iniziò la corrispondenza con Aldo Palazzeschi e lavorò alla traduzione della Semiramide di S. Péladan che veniva annunciata su "Vita letteraria" come opera di collaborazione con G. Milelli. Nel maggio del 1907 Corazzini ritornò a Roma ma il suo stato di salute si aggravò e il 17 giugno, nella sua casa di via dei Sediari moriva di etisia.
La sua poesia è focalizzata su "piccole cose", dietro le quali non emergono valori segreti, ma si nasconde il vuoto, tipico dei poeti crepuscolari tra i quali Corazzini fu annoverato. I suoi versi esprimono da un lato un malinconico desiderio per quella vita che la malattia gli negava, dall'altro un nostalgico ritrarsi dall'esistenza presente, proprio perché avara di prospettive future. Nelle poesie di Corazzini si possono cogliere due momenti: quello del povero poeta sentimentale che racconta la propria malinconia con un linguaggio semplice e dimesso e quello del poeta ironico che adotta un linguaggio meno trasparente, più polisemico, a volte addirittura simbolico. In Desolazione del povero poeta sentimentale si esprime tutta la poetica di Corazzini dove il "piccolo fanciullo che piange" proclama l'impossibilità di essere chiamato "poeta", affermando così, per la prima volta, la concezione della poetica crepuscolare così in contrasto con il trionfante dannunzianesimo (dalla rete).


Dai Soliloqui di un pazzo

Sbarrò nell'ombra i grigi occhi perduti:
l'alba coglieva con le dita bianche
le ultime stelle per i cieli muti.

Egli pensò che il cuor tremi alle soglie
dell'anima così, come le stelle
treman la notte, alle divine porte
fin che la pietosa alba le coglie.
«Hai visto tu passare le barelle,
o pazzo insonne, con le stelle morte?»

Chiarità di una lama, o tu che fendi
l'ombra maligna: io t'offro il mio cervello
oscuro e tristo per disegni orrendi.

Io non ho pace, l'anima è un pantano;
nell'anima stagnarono i ricordi,
subitamente; oh quante volte, pietre
vi hanno scagliato con secura mano!
Dopo, il silenzio per i tonfi sordi
sé avvolse in bende assai più gravi e tetre.

Un ragno tesse la sua tela folta
per il mio teschio e nella tela stanno,
morte stecchite, le idee d'una volta.

Mai più, mai più! su le terrene cose
l'occhio non sosta, l'occhio si dispera,
come un'ala ferita ai cieli tende.
Io voglio la tristezza delle rose
morte all'inizio della primavera
per farne una corona alle mie bende.

Il mio cortile con un po' di cielo,
con poche stelle, a me sembra uno strano
fiore: corolla azzurra e grigio stelo.

Il mio cortile è triste molto, come
il suono di una placida campana
sotto un cielo di nuvole e di pioggia.
Una bianca tristezza senza nome
veste i muri, e nell'alto, una lontana
luce, su li orli, un oro dolce sfoggia.

Tu che mi ascolti non aver pietà,
non lacrimare delle mie sventure
come quel Cristo nell'oscurità.

Ah, quel Cristo, lo vedi? egli moriva
così, come ora, desolatamente,
quando venni alla cella che mi chiude.
Avea negli occhi una gran fiamma viva,
la fronte dolce e pur sanguinolente
e piaghe orrende per le membra ignude.

Non morì mai, non morrà più: mi guarda
nel buio e trema quando il lume trema
come i fanciulli se la sera è tarda.

A poco a poco si dissangueranno
le sue ferite per la doglia atroce
infin che un tarlo, - quando? - lentamente
roda i chiodi terribili che sanno
l'ossa dell'uomo e il legno della croce
e spezzi invano quel suo cuore ardente.

Chi mi parla dell'anima? Un impuro
ladro, forse, o un abate incipriato?
L'anima è morta ed io ne son sicuro.

Come una fonte semplice e tranquilla
donò la gioia alle riarse gole
degli umani e non seppe, ahimè! tenere
per la sua sete giovane una stilla!
Morì così, come un ignoto sole
spento su le fiorite primavere.

Chi batte alla mia porta? sei tu, cara?
Vieni con l'alba alla mia cella triste?
L'inchiodi forse questa grigia bara?

Mi ricordo di te, sola; eri bionda,
esile come un sogno giovinetto,
pallida come un astro mattutino;
te sola, nell'oscurità profonda
del mio cuore, t'accorgi per diletto;
te sola, con il mio tetro destino.

Chi tenta l'ombra che stagnò nei trivi
in cui le donne come idee mal certe
più volte si volgean tentando i vivi?

Chi veste d'auree stole anche le immonde
case che il fango d'un amplesso cinge?
Chi l'oro ai figli della terra adduce?
Ah, sei tu, sole, che le più profonde
pupille ferme nell'eterna sfinge
avvivi, anima orgiaca della luce?!

Sergio Corazzini

sabato 24 settembre 2011

Il re che voleva la luna

In un regno molto lontano viveva un re molto ricco ma anche molto avaro: voleva sempre tutto per se!
Un giorno decise di donare metà di tutte le sue ricchezze a chi gli avrebbe portato la luna.
Nessuno aveva prestato ascolto a questa proposta se non tre pescatori che si misero in viaggio .
Naviga e naviga una bella notte raggiunsero il punto nel quale la luna cade nel mare per riposare, e i tre pescatori astuti e assai veloci la rinchiusero dentro un sacco.
Le notti successive tutti gli abitanti della terra si chiesero dove fosse finita la luna, alcuni dicevano perfino che fosse caduta per sempre nel mare.
Nel frattempo i tre pescatori avevano raggiunto la terra ferma e chiedevano a tutti dove si trovasse il regno di quel re che voleva la luna.
La gente li scherniva e loro impauriti cercavano di nascondere come meglio potevano il loro bottino.
Ma un notte la luna cominciò a risplendere in maniera meravigliosa e, nonostante tutti i nascondigli, emanava una luce troppo forte.
La gente al vedere quella luce si rallegrò e molte persone cominciarono a cercarla.
Capirono il tranello dei tre pescatori ladri, li rincorsero e li presero .
Scovarono il nascondiglio della luna che tornò a illuminare il cielo.
Ed anche ora tutte le notti quando è piena, ride come una pazzerellona.

antica fiaba sannita

venerdì 23 settembre 2011

Poesia

Rondini, o voi dove andate?

Rondini, o voi dove andate
che par che il cielo v'ingoi?
O amiche rondini, fate
fate ch'io venga con voi.

Rondini, io getterò via
tutto ciò che amai, tutto ciò
ch'è inutil peso, terrò
soltanto l'anima mia.

Rondini, è certo che poi
senza l'ombra d'un pensiero
sarò leggero leggero
come il vento, come voi.

E tu taci, anima mia.
Mentre che scema la luce
andiamo dove ci conduce
questo volo, andiamo via.

Marino Moretti

giovedì 22 settembre 2011

Musica

La musica è l'arte e la scienza dei suoni nel tempo.
Si tratta di arte in quanto complesso di norme pratiche idonee a conseguire determinati gradevoli effetti sonori, che riescono ad esprimere l'interiorità dell'individuo; si tratta di scienza in quanto studio della nascita, dell'evoluzione e dell'analisi dell'intima struttura della musica.
Il generare suoni avviene mediante il canto o mediante strumenti musicali che, attraverso i principi dell'acustica, provocano la percezione uditiva e l'esperienza emotiva voluta dall'artista.
Il significato del termine musica non è comunque univoco ed è molto dibattuto tra gli studiosi per via delle diverse accezioni utilizzate nei vari periodi storici.
Etimologicamente il termine musica deriva dall'aggettivo greco μουσικός/mousikos, relativo alle Muse, figure della mitologia greca e romana, riferito in modo sottinteso a tecnica, anch'esso derivante dal greco τέχνη/techne. In origine il termine non indicava una particolare arte, bensì tutte le arti delle Muse, e si riferiva a qualcosa di "perfetto".
Sono state proposte diverse accezioni e varianti di significato del termine musica:
Musica come suono: Una delle più comuni definizioni di musica è di quella di arte del suono organizzato, o - più specificatamente - di arte del produrre significati e sensazioni, più o meno complessi - e comunque di natura volontaria - organizzando suoni e silenzio. Simili definizioni - comunemente accettate - sono state ampiamente adottate sin dal Diciannovesimo secolo, quando si iniziò a studiare scientificamente la relazione tra il suono e la percezione.
Musica come esperienza soggettiva: Un'altra delle definizioni comuni di musica implica che la musica debba essere piacevole o melodica. Questo punto di vista tiene conto del fatto che alcuni tipi di "suono organizzato" non sono musica, mentre altri lo sono. Esistono versioni più elaborate di questa definizione che tengono conto del fatto che ciò che è considerato musica varia da cultura a cultura, e da epoca ad epoca. Questa definizione fu predominante nel Diciottesimo secolo. Mozart, per esempio, usava dire che "la musica non dimentica mai sé stessa, essa non deve mai cessare di essere musica".
Musica come linguaggio: Analizzando l'evoluzione della musica nel corso della storia, si nota infatti come la progressiva conquista di nuove sonorità e l'abbattimento di determinati schemi, seguano un filo evolutivo proprio, modificando progressivamente i gusti e le abitudini all'ascolto. Tale concetto è ancor più valido oggi, dove in seguito alla rapida evoluzione tecnologica che ha contraddistinto gli ultimi decenni, è profondamente cambiato il concetto di fare musica, così come sono cambiate le sonorità che suscitano determinate emozioni. Il concetto di "linguaggio" prende forma ad esempio nella musica applicata, ovverosia in tutti quei contesti in cui la musica supporta o affianca un'altra forma di espressione artistica. Tipico è il caso della musica da film, laddove esistono oramai degli accorgimenti musicali condivisi universalmente, capaci di suscitare negli spettatori delle sensazioni particolari: tristezza, felicità, romanticismo, malinconia, stupore, ed altre ancora. Mediante queste sonorità, il linguaggio-musica diventa una forma capace di veicolare e comunicare emozioni specifiche.
Musica come una categoria della percezione: La definizione cognitiva, meno comune, asserisce che la musica non è semplicemente suono, o la percezione di esso, ma una rappresentazione interna che percezione, azione e memoria contribuiscono a creare. Questa definizione è influenzata dalle scienze cognitive, il cui scopo è la ricerca delle regioni del cervello responsabili dell'analisi e della memorizzazione dei vari aspetti dell'esperienza dell'ascoltare musica. Questa definizione include anche arti differenti come ad esempio la danza.
Musica come approfondimento storico e antropologico: Il cammino e l'evoluzione del pensiero musicale corrono di pari passo con il cammino dell'uomo nella storia. L'antropologia trova nell'etnomusicologia risposte che altri studi sull'uomo non riescono a dare.
Musica come costrutto sociale: Le teorie post-moderne asseriscono che, come l'arte, la musica è definita innanzitutto nel suo contesto sociale. Da questo punto di vista la musica è ciò che ognuno chiama musica, che sia fatta di silenzio, di suoni, o di performance. La famosa opera 4'33'' (4 minuti e 33 secondi) di John Cage ha origine da questa concezione della musica.
Musica come cura del corpo e/o dello spirito Musicoterapia: Le qualità liberatorie della musica si concretizzano da sempre dovunque nel mondo. Il benefico potere derivante dall'ascoltare musica, o dal crearne e riprodurne distingue i due rami principali riconducibili alla scienza stessa, che nascono sempre dalla radice unica, la Musica. Osservata in Europa, e nell'occidente in tempi relativamente recenti, dopo il Cinquecento, diviene strumento terapeutico vero e proprio, fino all'uso odierno che spazia dalla cura di depressioni, malattie psichiche anche molto gravi, disturbi neurovegetativi ecc. In tempi più antichi e tuttora in siti culturalmente poco occidentalizzati può definirsi musicoterapia un aspetto fondamentale dell'educazione civica, intesa come "consapevolezza d'esser vivi" quindi esistere. In Africa, ad esempio, fare musica con rudimentali strumenti quali semplici percussioni o flauti di bambù è patrimonio comune nella società; parimenti lo è il partecipare ballando e cantando, oltre che, ovvio, ascoltando. Fondamentale è la partecipazione alla Musica, che è eletta a cura, preghiera, dialogo, discussione nel senso più civilmente umano dei termini. In realtà il diritto civile per questi popoli si concretizza, trovando la sua più schietta espressione, proprio nella Musica.
"Musica come tutto ciò che soddisfi desideri e aspirazioni:" secondo la derivazione del termine dal verbo greco μῶσθαι (desiderare, aspirare a...) dal quale Platone avrebbe fatto derivare il termine "musa". Il recupero di questo concetto di musica dalla etimologia del termine "musa" ipotizzata da Platone permette di distinguere la musica dal suono con il quale spesso viene confusa. L'idea comune infatti che la musica sia fatta di suoni rende difficoltoso comprendere perché non è sempre vero che il suono "fa" musica (ciò che è musica per qualcuno può non esserlo per altri). Perché il suono "faccia" musica occorre appunto che chi lo percepisce ne ricavi soddisfazione, che questa soddisfazione colmi un desiderio e che l'oggetto del desiderio coincida con uno stato fisico o mentale, reale o fantastico, a cui la persona aspira.
Musica come mito nella cultura occidentale; secondo Platone ("Fedro") un tempo esistevano uomini talmente dediti al canto da trascurare tutti i bisogni primari. Da questa stirpe di uomini ebbero origine le cicale che, credevano gli antichi, vivevano e morivano cantando.
Musica come una potenza che deriva dalla divinità e quindi grazie alle capacità sovrannaturali è in grado di controllare la natura. Orfeo con il suo canto ammaliante fu in grado di ammansire le belve ma anche di propiziarsi gli dèi; Anfione utilizzò il suono della cetra per muovere le pietre e costruire le mura di Tebe. In quasi tutte le civiltà appare evidente la presenza di un filo conduttore tra musica, recitazione, danza, trascendentalità e canto; anzi sembra che la musica nasca inizialmente come canto, espressione del più antico e noto strumento musicale.
A causa della larga gamma di definizioni, lo studio della musica è effettuato in una grande varietà di forme e metodi: lo studio del suono e delle vibrazioni (detto acustica), lo studio della teoria musicale, lo studio pratico, la musicologia, l'etnomusicologia, lo studio della storia della musica (da wikipedia).

mercoledì 21 settembre 2011

Filastrocca

Autunno

Il fieno è falciato
il cacciatore ha sparato,
l'autunno è inaugurato:
Il grillo si è murato
nella tomba in mezzo al prato.

Gianni Rodari



è nell'aria frizzante, nei colori più tenui,
nelle brume dei prati madidi di rugiada,
è nella finestra ora chiusa che rimanda
riflessi dai vetri ai miei occhi mattutini;
è in me che riaffiora, come ogni sempre,
ogni estate che passa inroduce il riflesso...

martedì 20 settembre 2011

Poesia e Frammento

Finestra sull'amore

La radice che profuma di umidità.
L'intima ombra in cui
modella a poco a poco la sua statura.
Quel calore impermeabile
che avvolge piacevole la vita.
Da lì la linfa,
il mistero affezionato a queste pareti,
soavi, profonde
in cui cadiamo blandamente
ricercando l'origine.
Quando invento
un palato di miele nella tua bocca.

Carmen Yánez

 
il colore dell'amore non esiste,
chi dice rosso viene travolto
e la passione spesso inaridisce,
chi dice giallo soffre di possesso
e vive lontananze infinite,
chi dice verde a volte fantastica e basta
e si perde nelle vie del sogno;
io, per me, amo le semplici cose
e le brume nei campi di questa stagione...

lunedì 19 settembre 2011

Foglie d'erba

Foglie d'erba
(Leaves of Grass nell'originale in lingua inglese)
è il titolo della più conosciuta raccolta di poesie del poeta e scrittore statunitense Walt Whitman.
Venne pubblicata per la prima volta nell'anno 1855, in occasione del giorno dell'Indipendenza americana: quasi un segno propiziatorio per un'opera destinata ad essere considerata come la Bibbia democratica americana.
E questo sebbene il testo della raccolta apparisse - almeno all'uscita, e in minore misura nelle successive edizioni - quanto meno insolito rispetto alla tradizione, composto com'era da una lunga serie di versetti, non divisi in strofe, senza pause o titoli.
Daopo la pubblicazione di Foglie d'erba la produzione poetica di Whitman continuò ininterrotta per tutta la vita del poeta, malgrado le sue numerose vicende esistenziali che ne provarono il morale: dal dolore per la morte dei genitori, allo scoppio della guerra di secessione americana, dall'opera di volontario negli ospedali militari, all'uccisione/assassinio dell'allora presidente americano Abramo Lincoln, episodio questo  che lo colpì enormemente, passando attraverso l'esperienza della paralisi, all'accusa di oscenità per certi suoi versi che esaltavano fin troppo esplicitamente la sessualità e infine gli (acri) commenti sulla sua presunta omosessualità, palesata successivamente, con la pubblicazione dei suoi epistolari amorosi con uomini e di studi sui suoi rapporti con soldati. (dalla rete).



Oh Capitano! Mio Capitano!

Oh Capitano! Mio Capitano!
il nostro duro viaggio è finito,
la nave ha scapolato ogni tempesta,
il premio che cercavamo ottenuto, il porto è vicino,
sento le campane,
la gente esulta, mentre gli occhi seguono la solida chiglia, il vascello severo e audace:
ma, o cuore,
cuore,
cuore!
gocce rosse di sangue dove sul ponte il mio Capitano giace caduto freddo morto.
O Capitano! Mio Capitano!
alzati a sentire le campane; alzati - per te la bandiera è gettata - per te la tromba suona, per te i fiori, i nastri, le ghirlande - per te le rive di folla per te urlano, in massa, oscillanti, i volti accesi verso di te;
ecco Capitano!
Padre caro!
Questo mio braccio sotto la nuca!
E' un sogno che sulla tolda sei caduto freddo, morto.
Il mio Capitano non risponde,
esangui e immobili le sue labbra,
non sente il mio braccio, non ha battiti, volontà,
la nave è all'ancora sana e salva,
il viaggio finito, dal duro viaggio la nave vincitrice torna, raggiunta la meta;
esultate rive, suonate campane!
Ma io con passo funebre cammino sul ponte dove il Capitano giace
freddo, morto.

Walt Whitman
Foglie d’erba

domenica 18 settembre 2011

Poesia

Tramonti

Un'alba estenuata
sparge per i campi
la malinconia
dei soli morenti.
La malinconia
culla con dolci canti
il mio cuore in oblìo
nei soli morenti.
E strani sogni,
simili a soli
che muoiono sui greti,
fantasmi vermigli,
sfilano senza tregua,
sfilano, simili
a grandi soli
che muoiono sui greti.

Paul Verlaine

sabato 17 settembre 2011

Germain Nouveau

Germain Nouveau (Pourrières, 31 luglio 1851 – Pourrières, 4 aprile 1920) è stato un poeta francese, associato con il movimento del simbolismo.
Studiò in un piccolo seminario di Aix-en-Provence, dove considerò anche di diventare prete, per spostarsi successivamente in un liceo di Marsiglia. Nell'autunno del 1872 si trasferì a Parigi.
Fu amico di Rimbaud e Verlaine. Nel 1874 si recò a Londra assieme a Rimbaud, aiutando quest'ultimo nella trascrizione de Le Illuminazioni. Nel 1876 pubblicò Dixains Réalistes, una parodia dei parnassiani. Tra il 1879 e il 1881 scrisse Doctrine De L'Amour, una raccolta di poesie che successivamente ripudiò e che venne pubblicato contro la sua volontà nel 1904. Nel 1878 entrò nel Ministero della Pubblica Istruzione e collaborò, sotto lo pseudonimo di Jean de Noves, con Gaulois e Le Figaro, prima di riprendere i suoi viaggi attorno al 1883. Successivamente si convertì al cattolicesimo: nel 1911 tornò al suo paese natale, dove trascorse in povertà gli ultimi anni della sua vita.
In un elzeviro apparso sul "Corriere della Sera" nel 1954, Eugenio Montale scrisse che Paul Cézanne più volte negò l'elemosina al poeta mendicante Germain Nouveau, seduto sui gradini del Duomo di Aix-en-Provence, forse spinto da una malcelata invidia per la sua libertà.
Germain Nouveau ebbe una grande influenza sui surrealisti, tanto che Louis Aragon disse di lui: "non un poeta minore, ma un grande poeta. Non un epigono di Rimbaud: ma un suo eguale". Tra le sue poesie più conosciute viene ricordata specialmente Le Cathédrales, Le Cattedrali. Numerose altre poesie e lavori di Nouveau furono pubblicati postumi in Francia nel 1970 (da Wikipedia).


Sans verte étoile au ciel, ni nébuleuse blanche,
Sur je ne sais quel Styx morne, au centre de l'O
Magnifique qui vibre autour de lui sur l'eau,
Mélancoliquement mon esprit fat la planche.

Germain Nouveau
Poems 1872-1878

Senza stella giovine in cielo né bianca nebulosa
sopra non so qual tetro Stige al centro dell'O
magnifico che sull'acqua gli vibra attorno
maliconicamente il mio spirito fa il morto



cattedrali di sabbia frantumano guglie al vento
come umili fonti abbeverano sensi,
nel chiostro racchiuso si leva un canto
è qualcosa di eterno, ancestrale;
la riva si tinge di mistico umore...