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L'ombra è l'opposto del sole, ma si nutre di esso.
Un cielo grigio non genera ombre: nessun contrasto, nessun pensiero.


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venerdì 12 ottobre 2018

Cittadino

Canto di un cittadino
 

Pietra del fondo, che vedeva disseccarsi i mari
e milioni di bianchi pesci con salti di tormento –
io, pover’uomo, vedo un formicaio di genti bianche e nude,
prive di libertà. E vedo il granchio che ne divora il corpo.

E stati cadere, nazioni rovinare,
fuggire i re e gli imperatori.
Poi, la potenza dei tiranni.
E adesso posso dire, in questa ora,
che esisto, sebbene tutto muoia,
che è meglio un cane vivo di un leone morto,
così come dice la Scrittura.

Io, pover’uomo, seduto su una fredda sedia, occhi serrati,
sospiro e penso a un cielo di stelle,
a spazi non-euclidei, a germinanti amebe,
e agli alti monticelli delle termiti.

Io camminando dormo, e dormendo son desto,
corro inseguito e poi vengo sommerso,
su piazze di città, sospese in un’aurora
intensa, sotto il frantume marmoreo di una porta in rovina
commercio vodka e oro.

 

Eppure mi capitò di esserci vicino, giungevo
al cuore del metallo, allo spirito della terra, dell’acqua,
          del fuoco,
l’ignoto scopriva il volto, come si scopre
una notte tranquilla riflessa in un ruscello.
E mi salutavano specchi di giardini
fogliati di rame, che scompaiono quando li si afferra.

 E vicino, qui oltre la finestra, una serra di mondi,
dove il maggiolino e il ragno sono pianeti,
e l’atomo vagante è un rilucente Saturno,
e i mietitori portano alle labbra
il freddo boccale nell’estate che brucia.

 Questo volevo e null’altro. Da vecchio mettermi
come il vecchio Goethe di fronte alla terra
e riconoscerla, e conciliarla
con l’opera, elevata
come una rocca nel bosco sopra il fiume
delle luci mutevoli e delle ombre labili.

Questo volevo e null’altro. Allora
di chi è la colpa? Perché mi è stata tolta
la giovinezza e poi l’età matura, perché hanno drogato
i miei anni migliori di sgomento? Di chi,
di chi è la colpa, o Dio, di chi?

E posso solo pensare a un cielo di stelle,
agli alti monticelli delle termiti.

Varsavia 1943-1944
 
Czeslaw Milosz
traduzione di Valeria Rossella
 


 

Un cittadino è un abitante o residente in uno Stato del quale possiede la cittadinanza avendone i conseguenti diritti e i doveri.
Tale definizione ha origine dalle antiche città stato e specialmente in Roma. Chi era cittadino di Roma, e quindi ne aveva o ne conseguiva la cittadinanza, era tutelato e si considerava protetto e intoccabile in ogni luogo dell'impero e anche nelle città straniere. Il conseguimento dello status di Cittadino romano fu considerato a lungo un privilegio e l'aspirazione ad esserlo, da parte degli abitanti delle zone sotto il dominio romano, fu anche oggetto di aspre contese tra Roma e le altre popolazioni italiche.
All'epoca dei comuni il termine identificava quella classe sociale superiore ai popolani ma inferiore ai nobili. (da Wikipedia)

 Eccoci, come sempre, presenti,
ricordiamo il passato e temiamo;
futuri incerti dietro le finestre dell'anima,
soli, come sempre inutilmente soli....

mercoledì 27 giugno 2018

Diritto all'allegria


"Il diritto all'allegria"
è l'opera testamento di Mario Benedetti, romanziere e poeta uruguaiano, figlio di immigrati italiani, spesso accostato a Octavio Paz e Pablo Neruda.
Una collezione di brevi testi che parlano di amore, esilio, politica, ateismo e molti altri temi Il diritto all’allegria (Nottetempo) dello scrittore uruguaiano Mario Benedetti, pubblicato nel 2007, due anni prima della morte, può essere considerato il suo testamento.
L’amore, l’esilio, la politica, l’ateismo, la semplicità: temi cari allo scrittore, sempre presenti nei suoi romanzi, sono qui affrontati con un taglio più personale.
Una breve sezione finale raccoglie aforismi e giochi di parole, dove l’autore fa emergere la sua ironia e difende il diritto all’allegria.
(dalla rete)

Ti amo
 
Le tue mani sono la mia carezza,
i miei accordi quotidiani
ti amo perché le tue mani
si adoperano per la giustizia
se ti amo è perché sei
il mio amore la mia complice e tutto
e per la strada fianco a fianco
siamo molto più di due

i tuoi occhi sono il mio esorcismo
contro la cattiva giornata
ti amo per il tuo sguardo
che osserva e semina il futuro
la tua bocca che è tua e mia
la tua bocca che non si sbaglia
ti amo perché la tua bocca
sa incitare alla rivolta
se ti amo è perché sei
il mio amore la mia complice e tutto
e per la strada fianco a fianco
siamo molto più di due
e per il tuo aspetto sincero
e il tuo passo vagabondo
e il tuo pianto per il mondo
perché sei popolo ti amo
e perché l’amore non è un’aureola
né l’ingenuo finale di una favola
e perché siamo una coppia
che sa di non essere sola
ti voglio nel mio paradiso
ossia quel paese
in cui la gente vive felice
anche senza permesso
se ti amo è perché sei
il mio amore la mia complice e tutto
e per la strada fianco a fianco
siamo molto più di due.
 
Mario Benedetti
 
L’ironia e la tenerezza, l’estro e la malinconia di Mario Benedetti, romanziere e poeta, figlio di immigrati italiani, trovano il loro culmine in questo libro pubblicato solo pochi anni prima della sua morte.
Composto di brevi testi in cui si alternano racconti e riflessioni, aforismi e giocose intemperanze della lingua, elogio della vita e ricognizione della morte, le minuzie di ogni giorno e le grandi domande inevase dell’esistenza, Il diritto all’allegria è una collezione dei temi, delle passioni e delle ossessioni dello scrittore uruguaiano, messaggi in bottiglia lanciati dalla “chiatta dell’utopia”.
 
io non so più se è amore,
quello che provo, che sento,
so che senza di te vedo il nulla
e questo mi basta, più non voglio...
 
“Abbiamo diritto all’allegria“
 scrive Benedetti,
A volte è fumo o nebbia o un cielo velato.
Ma dietro questi contrattempi c’è lei, in attesa.
Nell’anima c’è sempre una fessura a cui l’allegria
si affaccia con le pupille spalancate.
E allora il cuore si fa più vivace, abbandona la quiete ed è quasi uccello”.
Tra déi latitanti e rapaci padroni della terra, guerre e mercati, in mezzo all’assurdità di questo “millimetro di universo che ci è toccato in sorte”, Mario Benedetti irride ogni potere e salva quello che resiste: alberi, uccelli, stupori, i sentimenti che danno “colore al mondo”, la vertiginosa fragilità dell’essere umano, i piedi degli scalzi, le parole che respirano “all’aria aperta”, fuori dai dizionari.
E, non ultimo, l’irriducibile “diritto all’allegria”, malgrado tutto (dalla rete).