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L'ombra è l'opposto del sole, ma si nutre di esso.
Un cielo grigio non genera ombre: nessun contrasto, nessun pensiero.


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sabato 31 maggio 2014

Partenze famose e anonime


File:Francesco De Lemene.jpgFrancesco de Lemène
(Lodi 1634 - Milano 1674),

di nobile e ricca famiglia, interrompe gli studi di teologia per laurearsi in legge a Pavia.
A vent’anni il poema burlesco "Della discendenza e nobiltà de' maccheroni" gli assicura un’immediata popolarità.
Ricopre varie cariche pubbliche, tra cui quella di ‘Oratore della Patria’ presso il senato di Milano, di cui è segretario Carlo Maria Maggi, suo carissimo amico; declina però la carica di senatore, per dedicarsi agli studi letterari nella sua città.
Accademico dell’Arcadia con il nome di Arezio Galeate, scrive drammi pastorali, cantate, strambotti, madrigali, libretti per melodrammi, poesie religiose (il prosimetro Dio, 1684; la raccolta Il rosario di Maria Vergine, 1691) e la commedia in versi in dialetto lodigiano La sposa Francesca (postuma, 1709). Verso i cinquant’anni, credendosi in punto di morte per una grave malattia, ordina al confessore di bruciare le sue opere giovanili.
Delle Poesie diverse (1699) fanno parte anche le Cantate a voce sola e le Ariette, in cui questa Partenza è compresa.


Io parto, ma voi,
speranze, che fate?
partite o restate?
Se negate di partire
resterete col cor mio,
ma so ben ch’ho da morire,
se partendo ha da dir: “Speranze addio”.
Darmi pena maggiore Amor non puoi.
Io parto, ma voi,
speranze, che fate?
partite o restate?
Solo voi consolerete
lontananze tanto amare,
se con me vi partirete 
 e starete con me, speranze care.
Darmi gioia maggiore Amor non puoi.
Io parto, ma voi,
speranze, che fate?
partite o restate?

Io parto, ma voi, speranze, che cosa farete? Partite o rimanete qui? Se decidete di non partire resterete con il mio cuore, ma sono certo che morirò, se nel partire dovrò dire: speranze, addio.
Amore, tu non puoi darmi un dolore più grande. Solo voi potrete consolare il sentimento tanto amaro della lontananza, se partirete con me, o care speranze, e resterete con me. Amore, tu non puoi darmi un dolore più grande.
Nel passaggio tra la poesia barocca del Seicento e quella arcadica del Settecento, dalla musicalità più leggiadra, versi come questi rappresentano un momento di particolare interesse, per l’ariosa leggerezza accoppiata a una funzionalità da orologio in miniatura.
Con il ritornello di tre senari (abb) si alternano due strofe di tre ottonari e due endecasillabi (cdcDA, fefEA), in cui l’ultimo verso è lo stesso, ma con la mutazione da pena a gioia. Fecondo librettista per opere in musica, e alquanto freddo nelle composizioni religiose, il poeta passa nelle sue Ariette, con i metri delle strofette del Chiabrera, dalla sonorità immaginifica e opulenta del Marino a forme pre-settecentesche di gusto quasi rococò, di delicata dolcezza, particolarmente adatta a consolare con lieve eleganza lontananze tanto amare.
(TRECCANI).

Partenze

Debite rotte affrancano
corpi in partenza...ritorno,
eppure rimane il cuore,
quello profondo, intimo;
si sfilaccia la vita ogni volta,
ogni volta si teme...

Anonimo
del XX° secolo
poesie ritrovate


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