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L'ombra è l'opposto del sole, ma si nutre di esso.
Un cielo grigio non genera ombre: nessun contrasto, nessun pensiero.


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venerdì 30 maggio 2014

Acropoli, alba e bacio

L'acropoli è un termine (derivato dal greco ἄκρος "akros", alto, πὸλις "polis", città) che originariamente indicava la parte più alta della polis greca. Estendendone il significato, può essere chiamata "acropoli" la parte più eminente e fortificata di un'antica città.
Nella Grecia antica indicava quella parte della città che veniva costruita per ragioni difensive sulla sommità di un'altura e spesso cinta da mura.
Iniziata a diffondersi nell'età del bronzo, la "parte alta" delle città greche, come Atene, Argo, Micene e Tirinto, in età micenea era il luogo di residenza del re, ma col tempo divenne il centro religioso dell'abitato, sede di templi e luoghi di riunione.
Essa si contrapponeva alla zona denominata asty, la parte periferica in cui viveva il popolo.
Al suo interno c'erano case, templi e la piazza principale, l'agorà.
Esempi tipici di acropoli, in parte tuttora ben conservati, sono quelli di Atene e di Selinunte (Sicilia); anche il castello Eurialo di Siracusa può essere considerato parte dell'acropoli di quella città. Ma l'acropoli di Atene, una collina rocciosa che si eleva fino a circa 100 metri sulla città circostante, ha conservato molte caratteristiche originarie.
Tali fortificazioni non sono riferibili esclusivamente al mondo ellenico, bensì si ritrovano in tutto il Mediterraneo orientale (ad esempio presso gli Ittiti) e, dall'età del ferro in Italia (ad esempio l'acropoli di Alatri, Cuma e Arpino sulle origini delle quali, tra l'altro, non è esclusa la matrice mediorientale).
In età romana, la funzione monumentale si sostituì a quella difensiva, che tuttavia venne recuperata nell'alto Medioevo.
(da wikipedia)

Alba sull'Acropoli

Ma mi assale il tempo. Non qui, non ora

in quest'alba calma fra queste colonne.
Non qui, non ora, in questo silenzio vivo, fra le voci
in cui sono nata. Abbiamo un appuntamento, tempo,
ma non qui, non ora, in questa perfezione
che lenta scompare.

E tu ti torci nella pietra lassù, cavallo,
occhio grande, spaventato. Calmati, sei perfetto così.
Vuoi tornare alla sua mano, tu.
Non è qui Fidia, con gli scalpellini morti di Meduno
lui ora cena.

Non qui, non ora. Ma con te non posso lottare.
Resta, allora, senso del tempo, che dandomi la misura
del passare
pronta mi fai a partire dove non arriverò.
Nei vapori mattutini riavvia la ruota Atene e sono anch'io
nel coro di voci e rumori a contrastare il coro improvviso
di antichissime cicale che grideranno
ancora insieme qui, solo loro...

Ma impigliata negli sterpi, la ciocca del dio
che ci corre nelle vene di dormienti inquieti che aspettano
di risalire per le giovani linfe che spargemmo

nella tua dura luce, nostro umano passare.


Ida Vallerugo


...e Lei
scivolava via
leggera,
nella notte romana;
ancora negli
occhi nostri
cariatidi,
storia,
rovine
e quel bacio
nel sole...

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