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L'ombra è l'opposto del sole, ma si nutre di esso.
Un cielo grigio non genera ombre: nessun contrasto, nessun pensiero.


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martedì 21 febbraio 2012

Su Alcyone


Il 7 luglio del 1899 D'Annunzio scrive all'editore Treves di un progetto poetico lungo e complesso al quale sta lavorando:

"Ho passato questi giorni in una quiete profonda, disteso in una barca al sole.
Tu non conosci questi luoghi: sono divini.
La foce dell'Arno ha una soavità così pura che non so paragonarle nessuna bocca di donna amata. Avevo bisogno di questo riposo e di questo bagno nel silenzio delle cose naturali.
Ora sto molto meglio; [...].
Non so se alla Capponcina mi attenda qualche tua lettera.
Non so più nulla di nulla.
Nessuno sa che io son qui, fortunatamente, ed ho evitato di avere la corrispondenza cotidiana e i giornali.
Ho scambiato qualche parola con un marinaio ingenuo, che è la sola persona umana cui io mi sia accostato. - Come si può vivere dunque nelle città immonde - io mi chiedo - e dimenticare queste consolazioni?
Credo che finirò eremita, su un promontorio.
Penso all'ora in cui dovrò riprendere il treno, con un rammarico indicibile.
Vorrei rimanere qui, e cantare.
Ho una volontà di cantare così veemente che i versi nascono spontanei dalla mia anima (dalla rete).

Alcyone è una raccolta che contiene tra le più belle e liriche poetiche di Gabriele D'Annunzio; le poesie sono altamente evocative e le atmosfere non possono che avvolgere il lettore e portarlo direttamente al cospetto dei sensi del poeta; può ovviamente anche non piacere, a chi legge ed odia D'Annunzio consiglio di sbirciare questa poesia senza pensare a chi l'ha scritta. A chi invece lo ama posso solo consigliare di leggerlo spogliandolo da quell'aura di superuomo niciano che si è letteralmente cucito addosso.
L'uomo D'annunzio non è probabilmente il poeta D'Annunzio.


Tristezza

Tristezza, tu discendi oggi dal Sole.
La tua specie mutevole è la nube
del cielo, e son le spume
del mare gli orli del tuo lino lungo.

Sembri Ermione, sola come lei
che pel silenzio vienti incontro sola
traendo in guisa d'ala il bianco lembo.
Sì le somigli, ch'io m'ingannerei
se non vedessi ciocca di viola
su la sua gota umida ancor del nembo.
Ha tante rose in grembo
che la spina dell'ultima le punge
il mento e glie l'ingemma d'un granato.
Come fauno barbato
accosto accosto mòrdica le rose
il capricorno sordido e bisulco.

Gabriele D'Annunzio

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