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L'ombra è l'opposto del sole, ma si nutre di esso.
Un cielo grigio non genera ombre: nessun contrasto, nessun pensiero.


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venerdì 3 luglio 2009

PHILADELPHIA

Non ricordo bene...sicuramente era parecchi anni fa e questa canzone veniva trasmessa a raffica da tutte le radio private e inflazionava le trasmissioni radiofoniche e non. Credo che nessuno allora fosse realmente in grado di capire cosa succedeva agli ammalati di AIDS in America e nel resto del mondo, ma questo è un dettaglio.

Ora le cose sono molto diverse, il dramma non è più così drammatico tanto che si sta troppo abbassando la guardia su questa malattia. No comment. Rimane la canzone ed è un bene rimarcare quanto BS sia cambiato così come i tempi d'altra parte. Ma anche questo ha ben poca importanza...

Sono stato a Philadelphia molti anni dopo la canzone e vedere come tutti i turisti (americani e non) facessero a gara per andare a vedere la "famosa scalinata di Rocky" non è certamente stato edificante ma "sic est!".

Se vi va oltre al videoclip originale di BS vi suggerisco di guardare l'altro con spezzoni del film.

Titolo: Strade Di Philadelphia

Ero malridotto e non riuscivo a capire cosa sentivo Non riuscivo a riconoscermi Vedevo il mio riflesso in una vetrina e non riconoscevo la mia stessa faccia Oh fratello mi lascerai a consumarmi Sulle strade di Philadelphia Ho caminato lungo il viale finchè le mie gambe sono diventate come pietra Ho sentito le voci di amici spariti e partiti Di notte potevo sentire il sangue nelle vene Nero e sussurrante come la pioggia Sulle strade di Philadelphia Non c'è alcun angelo che venga a salutarmi Ci siamo solo io e te amico mio I miei vestiti non mi vanno più bene Ho camminato mille miglia Solo per sfuggire a questa pelle La notte è arrivata, sono sdraiato e sono sveglio Mi sento indebolire Quindi fratello ricevimi con il tuo bacio infedele O ci lasceremo soli così Sulle strade di Philadelphia

Streets Of Philadelphia (Bruce Springsteen)

I was bruised and battered And I couldn't tell what I felt I was unrecognizable to myself Saw my reflection in a window I didn't know my own face Oh brother are you gonna leave me wasting away On the streets of Philadelphia I walked the avenue till my legs felt like stone I heard the voices of friends vanished and gone At night I could hear the blood in my veins Just as black and whispering as the rain On the streets of Philadelphia Ain't no angel gonna greet me It's just you and I my friend And my clothes don't fit me no more I walked a thousand miles just to slip this skin The night has fallen, I'm lyin' awake I can feel myself fading away So receive me brother with your faithless kiss Or will we leave each other alone like this On the streets of Philadelphia

mercoledì 1 luglio 2009

...E l'ore...L'ore non passavan mai!




Ero fanciullo, andavo a scuola: e un giorno
dissi a me stesso: -Non ci voglio andare-
E non ci andai. Mi misi a passeggiare
solo soletto, fino a mezzogiorno.

E così spesso a scuola non andai
che qualche volta da quel triste giorno.
Io passeggiavo fino a mezzogiorno
e l'ore... l'ore non passavan mai.

Il rimorso tenea tutto il mio cuore
in quella triste libertà perduto,
e l'ansia mi prendea d'esser veduto
dal signor Monti, dal signor dottore.

Pensavo alla mia classe, al posto vuoto,
al registro, all'appello (oh, il nome, il nome
mio nel silenzio!) e mi sentivo come
proteso nell'abisso dell'ignoto...

Infine io mi spingea fino ai giardini
od ai viali fuori di città;
e mi chiedevo: -Adesso chi sarà?
interrogato, Poggi o Poggiolini?

E fra me ripetevo qualche brano
di storia (Berengario... Carlo Magno...
Rosmunda...) ed era la mia voce un lagno
ritmico, un suono quasi non umano...

E quante, quante volte domandai
l'ora a un passante frettoloso; ed era
nella richiesta mia tanta preghiera!
Ma l'ore... l'ore non passavan mai!


Marino MORETTI

A cinque Lune da Nobegmor (X)

CAPITOLO X°


- Svegliati Gujil ...
Svegliati!
A quelle parole il corpo del Principe si scosse in un fremito e cominciò a ridestarsi.
Gujil aprì di colpo gli occhi e lo vide.
Ai bordi del fuoco, seduto su un ceppo, Noretex lo stava fissando.
- Come diavolo ... - cominciò la frase il giovane mentre con le mani si stropicciava gli occhi ancora gonfi di sonno.
- Non chiederti spiegazioni di cose che non potresti comprendere, - disse il vecchio alchimista prevenendolo - siamo qui e tanto ti basti.
- Siamo? - chiese Gujil e d'istinto roteò il capo per abbracciare un più ampio campo visivo.
Immediatamente si accorse che il corpo del basilisco era sparito dalla radura e vide al suo posto un unicorno brucare con tranquillità la tenera erba cresciuta, come per incanto, dove prima era sterile terra riarsa e bruciata.
Lo sguardo pieno di domande nuovamente tornò ad osservare Noretex.
- E' Phuxarius, - disse il vecchio - ora è libero e nuovamente vaga per le terre di Opoflop ridonando pace e prosperità ma ha ancora legato a sé il sorriso di Arhiac.
No!
Non lo svegliare. - disse Noretex a Gujil che si era nel frattempo portato nei pressi del compagno ancora addormentato - E' molto stanco ed ha bisogno di riposo.
Ha vegliato su di te per buona parte della notte.
Devi andare Gujil!
Tornatene a Nobegmor altrimenti il dolore che in te è stato trasferito dall'anima del basilisco dilagherà annientandoti.
Ben poco può fare la mia arte ora, ma se tu decidessi di fare immediatamente ritorno a Ozman potrei ancora aiutarti ad arginare, per quanto mi è possibile, il maleficio perché più non si espanda nei tuoi pensieri e nei tuoi visceri.
Ma per ogni istante che fugge, per ogni momento, la possibilità di riuscita dell'incantesimo si va facendo più esigua.
Devi decidere ora.
Subito!
Quelle parole sortirono nel petto di Gujil un effetto tremendo che lo lasciò tremante e senza fiato.
Il loro suono si ripeteva continuamente, in maniera martellante, nel suo cervello.
- Basta! - gridò mentalmente il giovane Principe portando le mani alle tempie e quell'effetto di cui era preda si dileguò all'istante ed egli ritornò padrone dei suoi pensieri.
Dopo un attimo di riflessione disse:
- No, Noretex.
Ho promesso a me stesso che sarei andato fino in fondo a questa storia e non mi posso deludere.
troppe volte ho erroneamente ceduto alle lusinghe delle strade più facili, ora voglio riuscire nel mio intento, o perire con esso.
Costi quello che costi porterò a termine ciò che intrapresi.
- Folle! - sbottò con un moto di stizza la voce del vecchio, ma subito riprese un suono più dolce e continuò - Sei folle piccole Gujil ma io ti ammiro per questo.
La tua determinazione non è frutto di scriteriato delirio ma amore.
Quell'amore che tu non sai ma in te è grande e possente.
Che il tuo sacrificio possa essere ricompensato come merita da chi tutto sa e a tutto provvede.
Sei un sognatore figliolo e la strada del tempo è cosparsa dei resti di chi, come te, ha dovuto soccombere alla cruda realtà.
Sei proprio sicuro in questa tua decisione?
Gujil assentì con il capo.
- Bene. - riprese Noretex - Tieni! - disse e da sotto il mantello estrasse un'ampolla ricolma di un liquido verde che pareva vivente e si agitava racchiuso dalle fragili pareti di vetro opalino.
- Abbine cura, - continuò il vecchio - in essa c'è un filtro che contiene l'essenza del sorriso di Arhiac.
Va da lei, a Sinocon; sarai ricevuto con accoglienze regali.
Quando, a sera, Arhiac vorrà intrecciare con te i sacri calici dell'amicizia versa il contenuto nella di lei coppa così che bere lo possa e riavere ciò che io le dovetti carpire.
Buona fortuna mio giovane amico!
Così disse e svanì.
Il Principe sentì che non lo avrebbe mai più rivisto e ne provò sofferenza.
Sistemò l'ampolla preziosa nel tascapane che gli pendeva dal fianco e si accinse a destare Mizaurio.

sabato 27 giugno 2009

Cime Tempestose

Una volta pensavo che il tempo fosse la sola costante.

Ora non è più così. Lo sento scorrere addosso a me e a chi mi circonda e l,a sensazione il più delle volte non è affatto piacevole. La mia bacheca di video evergreen mi ha permesso di ripescare questo brano in cui una bella Kate Bush presenta forse il suo pezzo più famoso...ed è veramente bello e ascoltabile.

Pochi sanno che Mia Martini ne fece un'edizione italiana.

Chissà se Emily avrebbe gradito questo interessante tributo alla sua opera.

Il testo originale: Out on the wiley, windy moors We'd roll and fall in green. You had a temper like my jealousy: Too hot, too greedy. How could you leave me, When I needed to possess you? I hated you. I loved you, too. Bad dreams in the night. They told me I was going to lose the fight, Leave behind my wuthering, wuthering Wuthering Heights. Heathcliff, it's me--Cathy. Come home. I'm so cold! Let me in-a-your window. Heathcliff, it's me--Cathy. Come home. I'm so cold! Let me in-a-your window. Ooh, it gets dark! It gets lonely, On the other side from you. I pine a lot. I find the lot Falls through without you. I'm coming back, love. Cruel Heathcliff, my one dream, My only master. Too long I roam in the night. I'm coming back to his side, to put it right. I'm coming home to wuthering, wuthering, Wuthering Heights, Heathcliff, it's me--Cathy. Come home. I'm so cold! Let me in-a-your window. Heathcliff, it's me--Cathy. Come home. I'm so cold! Let me in-a-your window. Ooh! Let me have it. Let me grab your soul away. Ooh! Let me have it. Let me grab your soul away. You know it's me--Cathy! Heathcliff, it's me--Cathy. Come home. I'm so cold! Let me in-a-your window. Heathcliff, it's me--Cathy. Come home. I'm so cold! Let me in-a-your window. Heathcliff, it's me--Cathy. Come home. I'm so cold!

La traduzione: Fuori nella brughiera rugiadosa e ventosa Ci eravamo rotolati ed eravamo caduti nel prato Avevi un carattere come la mia gelosia Troppo caldo, troppo vorace Come hai potuto lasciarmi Quando avevo bisogno di averti? Ti ho odiato e ti ho anche amato Ma i sogni nella notte Mi hanno detto che stavo per perdere la lotta Andando via dalle mie cime tempestose, cime tempestose Heathcliff, sono io – CathyTorna a casa, ho così freddo! Lasciami entrare dalla tua finestra Heathcliff, sono io – Cathy Torna a casa, ho così freddo! Lasciami entrare dalla tua finestra Oh, sta facendosi buio, sta venendo la solitudine Dall’altra parte di te Ho sofferto molto, cado nel vuoto senza di testo tornando amore Heathcliff crudele, mio unico sogno, mio solo padrone per troppo tempo ho urlato nella notte sto tornando al suo fianco, per mettere le cose a posto sto tornando a casa alle mie Cime Tempestose, le mie Cime Tempestose Heathcliff, sono io – CathyTorna a casa, ho così freddo! Lasciami entrare dalla tua finestra Heathcliff, sono io – Cathy Torna a casa, ho così freddo! Lasciami entrare dalla tua finestra Oh, fammela avere Lascia che strappi via la tua anima Oh, fammela avere Lascia che strappi via la tua anima Sai sono io – Cathy Heathcliff, sono io – CathyTorna a casa, ho così freddo! Lasciami entrare dalla tua finestraHeathcliff, sono io – CathyTorna a casa, ho così freddo

domenica 21 giugno 2009

A Cinque Lune da Nobegmor (IX)

CAPITOLO IX°


Gujil si riebbe al leggero contatto delle carezze di Mizaurio.
- Svegliati Gujil! - gli disse l'amico - Ce l'abbiamo fatta; per tutti i diavoli dell'universo, ce l'abbiamo proprio fatta!
Il Principe, dondolando il capo dolente, si mise a sedere e si massaggiò le spalle contratte per il colpo ricevuto.
Dopo che si fu ripreso completamente si alzò a fatica e poi diresse lo sguardo verso la figura del basilisco che, imprigionato, si dibatteva disperatamente cercando di liberarsi dalla terribile morsa che lo avvolgeva alla gola, ma tutti i suoi immani sforzi risultavano vani e la catena, anzichè allentare la presa, lo costringeva sempre più e a tal punto che il respiro del mostro, prima possente e prolungato, si era ridotto ad un breve e faticoso rantolo.
Dal becco, semiaperto per lo sforzo del respiro e della fatica più non usciva alcun suono ma un rivolo di bava che si rovesciava sul terreno.
Gli occhi stralunati sembrava quasi stessero per fuoriuscire dalle orbite.
L'animale era stremato e dopo alcuni minuti stramazzò rovinosamente al suolo, sconquassandolo, con un debole gemito.
- E' morto! - esclamò Mizaurio.
Le sue parole furono subito smentite dal movimento del corpo del mostro che ne tradiva il respirare affannoso.
- No ..., No ..., - riprese lo scudiero - è solamente svenuto.
che hai mio Principe? - chiese preoccupato Mizaurio rivolgendosi a Gujil che, appoggiato con un braccio all'enorme fusto del cedro seguiva pensieroso la scena.
Dopo alcuni attimi Gujil abbandonò quella posizione e, rivolgendosi all'amico, gli disse:
- Ho visto i suoi occhi, amico mio, e ne sto provando una forte paura.
Ho incontrato il dolore nella sua essenza più intima ed è stata una cosa terrificante, un sovrapporsi su tutto e su tutti e, per un interminabile attimo mi sono sentito morire ed ho avuto il mio cuore squarciato da fitte di indescrivibile potenza.
Credo che non riuscirò mai a dimenticare la profondità abissale di quello sguardo e a questa idea fatico a controllare il terrore che è in me e dilagare vorrebbe.
Ho il cuore che batte troppo forte nel petto, è un rumore che mi appanna il pensiero e la vista.
Mio dio! Mizaurio...
Dimmi che mi sta succedendo perché io non lo riesco a comprendere.
Ciò che provo sta diventando insopportabile ed il peso, qui, sullo stomaco, mi provoca un insostenibile dolore.
Stringimi forte la mano Mizaurio, affinché io possa sentirti vicino e lenire questo freddo che in me aleggia, al contatto con il tuo calore che so amico e compagno.
Ciò detto con la sua mano strinse con forza quella dello scudiero che si era protesa verso di lui; poi tacque.
Dai suoi occhi sbocciarono gocce imperlate che ne rigarono il viso provato e stravolto.
Scese il silenzio in quella piccola valle e la luna, fino ad allora celata da una densa coltre di nubi, fece capolino nella volta celeste e li illuminò di un tenue chiarore.
Quel lento e trattenuto singhiozzare continuo di Gujil riempiva l'animo del fedele Mizaurio di un'immensa tristezza.
Poi, insieme, raccolsero della legna da ardere per dare calore alla notte che avrebbero dovuto trascorrere prima di intraprendere la via del ritorno.
Non appena la fiamma ebbe preso vigore, intorno a quel fuoco, per un breve tratto parve dileguarsi il buio ma il silenzio restava pesante e veniva interrotto solo dal crepitio del legno secco attaccato dal fuoco.
Con un enorme sforzo, Gujil era riuscito ad allontanare da sé la disperazione che gli aveva invaso la mente e l'anima e stava riposando, tranquillamente addormentato, al tepore del falò.
Mizaurio, immerso in un turbinio di pensieri, stava svogliatamente sgranocchiando una galletta di segale in attesa che il sonno e la stanchezza rapissero anche le sue membra.
Fissava i bagliori delle fiamme con uno sguardo preoccupato.
- Beh, ora è tardi ed è tempo che mi prenda un po' di riposo. - disse ad alta voce tra sé e sé e, prima di distendersi sull'improvvisato giaciglio, si mise a raccogliere altra legna da aggiungere al fuoco perché non si spegnesse durante la notte.
Con un'enorme fascina sulle spalle si volse, guardando per un'ultima volta la radura che era stata teatro della loro epica impresa ed osservò la figura del basilisco la cui mole enorme era perfettamente distinguibile anche nella fitta oscurità notturna.
Sospirò rumorosamente, fece dietro-front e si accinse ad aggiungere altra legna al fuoco che andava ormai languendo.
Quando fu tranquillo che la forza delle fiamme li avrebbe protetti per tutto il resto della nottata si tolse la cintura con la spada dalla vita e si sistemò ad attendere il sonno.
Teneva la mano saldamente costretta sull'elsa di quell'arma che aveva disteso al suo fianco.
Sorretto da quel rassicurante contatto quasi subito si addormentò.

lunedì 8 giugno 2009

A Cinque Lune da Nobegmor (VIII)

CAPITOLO VIII°


Dopo alcune ore arrivarono al campo stremati e, tra lo stupore degli uomini, ordinarono di preparare le loro cavalcature e di attenderli, al ritorno, in quello stesso posto.
Il sole era arrivato allo Zenith.
- Bene Gujil. - disse Mizaurio trattenendo con forza le redini al suo cavallo - Adesso mi sai dire da che cavolo di parte si va?
Il Principe di Ozman osservò dubbioso l'orizzonte sgombro di nubi.
- Lo sapessi amico mio. - rispose - Comunque credo che la cosa non faccia differenza.
Se il destino indicatoci da Noretex è quello che incrocia la via del basilisco sento che sapremo trovarlo.
Per di quà! - esclamò a squarciagola spronando il proprio destriero alla corsa.
Così si diressero ad ovest rispetto alla collina dove avevano incontrato Phuxarius.
Per circa due ore galopparono a rotta di collo attraverso la pianura la cui erba, ondeggiante e verde, mimava un pacato oceano.
Giunti ai limiti della vasta distesa incontrarono i primi contrafforti di un'alta catena montuosa.
Seguirono il profilo delle montagne addentrandosi in una fitta foresta di larici.
Ben presto il terreno, da pianeggiante, si fece leggermente inclinato fino a costringere il loro galoppo su un basso crinale che si incuneava, come una grossa spina contorta, tra i fianchi squarciati di due vette elevate.
Seguirono quella ferita tra i monti fino a quando il percorso si interruppe a ridosso di una granitica parete che ne sbarrava la strada.
Gujil e Mizaurio frenarono le loro cavalcature nel preciso istante in cui si avvidero dell'insuperabile ostacolo.
I cavalli scalpitavano agitati con i mantelli madidi di sudore.
- Cosa facciamo ora? - gridò Mizaurio.
- Non lo so, - rispose Gujil - giuro che non lo so.
Scesero da cavallo e si misero ad ispezionare il terreno circostante.
- Eppure sento che siamo sulla giusta pista, ... lo sento chiaramente. - disse ad alta voce il Principe rivolgendosi al compagno.
Improvvisamente, alla loro sinistra, un rumore tra i cespugli attirò l'attenzione di essi.
Si diressero con circospezione verso la fonte di quel suono e notarono la folta macchia di rovi che saliva a ricoprire l'angolo di congiunzione tra la parete di roccia che aveva fino ad allora delimitato il loro percorso e quella che ora ne stava ostacolando il prosieguo.
Spaventato dal rumore del loro sopraggiungere, un agile daino dal fulvo mantello punteggiato di bianco che era uscito dalla macchia di rovi per brucare con tranquillità la tenera erba che ricopriva la superficie del canalone, si ributtò nella macchia con la velocità di un fulmine.
- Vuoi vedere che ... - cominciò Gujil e, senza proseguire, si diresse all'inseguimento dell'animale.
Mizaurio lo raggiunse e, estraendo la sua spada, aiutò il compagno a farsi largo tra i rovi.
Il sole cominciava a nascondersi dietro le montagne.
- E' già il tramonto. - disse Mizaurio e, imitato dal Principe, centuplicò i propri colpi per guadagnare del tempo prezioso.
Lavorando alacremente di spada presto si accorsero che l'intrico di rovi delimitava, nascondendolo alla vista, uno stretto pertugio sotto le rocce.
Quando ebbero quasi completamente ripulito il passaggio dovettero infilarsi in quell'apertura strisciando, tanto era angusta.
Dopo alcuni minuti di faticoso procedere a carponi sbucarono in una piccola valle densa di vegetazione dove troneggiavano, svettando verso il nitido cielo, alcuni alberi secolari.
- Ci siamo! - disse Gujil traendo con il suono della sua voce tutta l'eccitazione che aveva pervaso il suo essere.
- Lo sento.
Ci siamo!
Presto Mizaurio!
Dobbiamo fare presto!
Ciò detto ritornò sui propri passi ed una volta giunto nuovamente nel canalone dove aveva avuto termine la loro forsennata cavalcata, si avvicinò al suo cavallo e staccò dalla sella il tascapane che vi penzolava da un lato.
Velocemente ripercorse lo stretto pertugio e si ricongiunse a Mizaurio che lo stava aspettando.
- Hai con te la catena? - chiese lo scudiero al Principe.
Gujil assentì mostrando all'amico il tascapane che si era messo attorno al collo.
- Bene, - proseguì Mizaurio tradendo nei gesti il suo nervosismo - di là! - disse indicando un punto in cui gli alberi si facevano più fitti.
Mano a mano che il loro cammino proseguiva la luce della sera andava diminuendo la sua intensità.
Ad un tratto sentirono nell'aria arrivare ai loro sensi tesi allo spasimo un rumore cadenzato che si ripeteva, monotono, ad intervalli regolari.
- E' lui! - gridò Gujil.
- Si, - gli fece eco Mizaurio - questo deve essere il suo respiro.
Presto mio Gujil, la notte sta scendendo, non abbiamo molto tempo.
Il resto del cammino lo fecero silenziosamente e nessuna loro parola venne a turbare l'atmosfera che regnava in quel luogo.
Il rumore si andava facendo sempre più distinto e la luce sempre più debole.
Superata l'ultima fila di alberi lo videro.
La sua mole enorme adagiava il proprio peso sul soffice terreno che intorno ad esso appariva arido e senza segno di vita.
Nemmeno il più piccolo filo d'erba cresceva nel raggio di alcuni metri intorno al basilisco.
La lunga coda serpentina ne avvolgeva il corpo appoggiandosi sulla schiena del mostro appena sotto l'enorme testa di gallo su cui risaltava, splendendo di mille riflessi colorati, una bellissima corona regale in cui si trovavano incastonati rubini rosso acceso grossi come uova.
Il suo corpo, rattrappito nel sonno, ogni tanto si agitava sollevandosi ritmicamente sotto la spinta dei potenti respiri.
Le squame, colpite dalla fioca luce, spendevano intorno alla sua massa una mistica ed evanescente colorazione turchese.
Il grande becco, giallo come il sole, era socchiuso a lasciare filtrare il soffio vitale che lo animava.
A pochi metri da lui alcuni possenti aceri gli facevano ventaglio con la loro imponente presenza.
Gujil e Mizaurio si avvicinarono prudenti, quasi trattenendo il fiato.
Si fermarono quando, scosso da alcuni fremiti improvvisi, il corpo del basilisco cominciò a muoversi.
La luce era ormai quasi totalmente scemata.
- Presto, maledizione. - mormorò Gujil tra i denti - Si sta per risvegliare.
Disse ed estrasse velocemente la catena che gli aveva fornito Noretex.
Mizaurio corse, rapido come una freccia, dalla parte opposta a quella dove si era piazzato Gujil.
Tra loro c'era il corpo del basilisco da cui il sonno stava piano piano lasciando posto al torpore che precede il risveglio.
- Presto! - urlò a piena voce lo scudiero - tirami un capo della catena!
- Ma ... - tentennò Gujil - è ... è troppo corta!
- Non ha importanza! - gli rispose Mizaurio con voce stridula - tiramene un capo e trattieni saldamente quell'altro nella tua mano!
Il Principe obbedì e scagliò con forza la catena in direzione di Mizaurio.
Per incanto la catena si allungò in un'ampia parabola che oltrepassò sibilando il corpo dell'animale e cadde vicino ai piedi dello scudiero.
La parte centrale della catena, dopo un attimo in cui parve galleggiare nell'aria quasi fosse realmente senza alcun peso, crollò con violenza sulla nuca del mostro.
A quel freddo e divenuto pesante contatto il corpo dell'animale venne scosso da un brivido più forte di tutti gli altri.
Di colpo il basilisco spalancò le palpebre e sollevò il capo.
Il mostruoso essere, ormai completamente risvegliatosi, proruppe in un ruggito agghiacciante che serpeggiò come una scarica lungo la spina dorsale dei due compagni.
La sua coda si srotolò in tutta la propria lunghezza e frustò rabbiosamente l'aria producendo un rumore simile al tuono.
- Ora corri verso di me! - urlò, sovrastando l'assordante rumore, la voce di Mizaurio.

- Non lo guardare mai Mizaurio! - gridò Gujil a sua volta- Ricorda le parole di Noretex!
Disse e cominciò la sua corsa.
Nell'attimo stesso in cui vide il Principe scattare verso di lui Mizaurio fece altrettanto.
Si incrociarono a mezza strada e Gujil avvertì sulla fronte il freddo contatto che la catena, retta dall'amico, gli aveva procurato nell'attimo esatto in cui lo stava oltrepassando.
Intorno al collo del basilisco la catena, via via che i due amici aumentavano la distanza che li andava separando, tra lo stridore provocato dagli anelli che scorrevano l'uno sull'altro, andava sempre più stringendosi in una morsa soffocante.
Sballottando il capo da una parte all'altra, lo spaventoso animale cercava di liberarsi da quel resistente cappio senza però, fortunatamente, riuscirci.
Le grida che uscivano dal suo becco spalancato si tramutarono in fiamme che ora si levavano al cielo, ora si schiantavano al suolo sul terreno di fronte incenerendo ogni cosa al loro tocco.
Gujil, stringendo con forza sovrumana la sua parte di catena, corse disperatamente ad avvolgerla intorno al fusto dell'albero più vicino.
Mizaurio, dall'altra parte, stava tentando di fare altrettanto.
Il basilisco si dibatteva furiosamente cercando di sciogliersi dal laccio che lo bloccava e metteva a dura prova i muscoli dei due amici.
Quando Gujil cercò, con un ultimo disperato sforzo, di stringere un nodo robusto tra la catena, tesa e vibrante, che imprigionava il mostro ed il capo ancora libero, avvenne una cosa incredibile.
Non appena gli anelli rosati giunsero tra loro a contatto si fusero in più punti a formare un tutt'uno indistricabile.
Ripresosi immediatamente dalla sorpresa, il Principe corse verso Mizaurio con l'intenzione di portargli aiuto e, per poco, non venne investito dall'alito di fuoco del basilisco.
Gujil riuscì miracolosamente ad evitare l'attacco ma, per una frazione di secondo, i suoi occhi incrociarono quelli del mostro.
Quando giunse da Mizaurio vide che ormai il compagno era giunto allo stremo delle forze e, proprio un attimo prima che lo scudiero mollasse la presa, si tuffò sulla catena.
Uno scossone più forte degli altri lo trascinò per alcuni metri facendolo letteralmente rovinare contro il tronco dell'albero intorno a cui la catena era già stata parzialmente avvolta.
Il respiro gli venne a mancare, sentì vacillare la sua mente ma resse allo sforzo e con un rabbioso movimento titanico unì l'ultimo capo rimasto libero al resto della catena prima di perdere i sensi.

domenica 17 maggio 2009

Filastrocca di Maggio


Filastrocca del bel maggio
col vestito della festa,
che hai cucito lesta lesta
quando il sol ti dava un raggio.
Filastrocca dei colori:
bianco, rosso, azzurro e giallo,
mentre il grano, come un gallo,
la sua cresta mette fuori.




Da un almanacco

martedì 12 maggio 2009

A Cinque lune da Nobegmor (VII)

CAPITOLO VII°


La luce dell'alba colpì le palpebre di Gujil provocandogli una fastidiosa sensazione.
Il suo corpo si svegliò immediatamente ma la sua mente faticava a riprendere il controllo.
Con un gesto di stizza scacciò dai suoi pensieri il dolce richiamo esercitato dal sonno e, con un rumoroso sbadiglio, si alzò ed andò verso l'amico che ancora stava dormendo.
Lo scosse dolcemente ed egli si destò.
La luce del giorno penetrava da una stretta fessura scavata nella roccia della parete proiettando un fascio di intensa luminosità che bastava a rischiarare quel piccolo ambiente.
- Vieni, - disse Gujil a Mizaurio - andiamo dall'alchimista.
Mizaurio assentì stirandosi ed entrambi lasciarono i loro giacigli e si diressero verso la porta che li avrebbe condotti nell'ampio salone.
Varcata la soglia giunsero al cospetto del vecchio che li salutò con un sorriso ed un invitante gesto delle braccia protese.
- Ben alzati, - disse loro - vi stavo aspettando.
Ora il filtro è quasi pronto.
Ci sono comunque alcune cose importanti che dovreste sapere prima di partire per Sinocon.
- Siamo tutto orecchi, Noretex, dì noi ogni cosa e ti ascolteremo con attenzione per non perdere nemmeno il più piccolo dettaglio dei tuoi discorsi. - disse il giovane Signore di Ozman e si accomodò, imitato da Mizaurio, sistemandosi quasi ai piedi del vecchio sul tappeto soffice che ricopriva gran parte del pavimento.
Il sole rischiarava l'ambiente.
Per la prima volta Gujil ebbe occasione di osservare il posto in cui lui ed il suo compagno erano stati scaraventati dopo l'avventura nella caverna dell'unicorno.
Gujil notò che si trattava di un ampio salone quello nel quale erano seduti; l'arredamento, spartano ma ordinato, gli faceva tornare alla mente la casa in cui, fanciullo, era stato allevato prima di essere ufficialmente presentato a corte.
C'erano un tavolo enorme con il pianale di marmo intorno al quale erano ordinate sei sedie fatte di legno e paglia, stoviglie appese ai muri e candelabri d'argento che spuntavano, come tanti rami, dalle rocce alle pareti.
Su un lato della stanza vide una grande libreria stracolma di vecchissimi volumi, alcuni intrisi di polvere ed altri invece perfettamente puliti ed in ottimo stato.
Pensò che probabilmente erano quelli che l'alchimista stava consultando con maggiore frequenza in quel periodo.
roteando lo sguardo completò interamente la panoramica del salone
- Posso cominciare figliolo? - disse il vecchio Noretex - O serve altro tempo ai tuoi occhi curiosi?
- Come ..? - rispose Gujil ancora affascinato e rapito dal gioco della scoperta - Ah ... scusami Noretex, mi ero distratto.
- Lo so giovane Principe, me ne sono accorto e ti condivido. - disse il vecchio Noretex in tomo affettuoso.
Mizaurio taceva, pronto ad ascoltare attentamente.
Tra i suoi pensieri, il più pressante gli suggeriva di prestare la maggiore attenzione possibile alle parole dell'alchimista e lui non aveva nessuna intenzione di non dare retta al suo intuito di cui si fidava ciecamente.
- Dovete sapere che Drosan potrebbe ritornare a Opoflop ora che sa della libertà che voi avete reso a Phuxarius. - disse Noretex e sui volti dei due amici si formò un'aria tra l'interrogativo ed il sorpreso.
- Ma non è detto che questo avvenga. - continuò l'alchimista
- Almeno lo spero.
Mentre voi dormivate ho raggiunto Phuxarius,
L'ho nuovamente resto invisibile agli occhi degli uomini ed ho gettato su di lui un incantesimo di protezione che dovrebbe reggere per lungo tempo.
Ho anche rivisto il sorriso di Arhiac figliuoli miei!
E' così dolce, così bello, che ancora il mio cuore sussulta e geme al pensiero della sua prigionia.
Non sono riuscito a liberare il sorriso della Principessa perché la malvagità di Drosan ancora lo tiene legato a Phuxarius.
Ed io questo già sapevo ma ho voluto tentare ugualmente.
Ora tocca a voi.
Un ben più grande pericolo ora incombe e minaccia questo reame!
Quell'erba che voi mi portaste contiene, in parte, il dolore del mondo che è assai grande e di inaudita potenza ma tu, Mizaurio, col tuo gesto rompesti il delicato equilibrio che lo vincolava a Phuxarius ed ora esso vaga per il reame di Opoflop mietendo le sue tristi messi.
Dovete raggiungerlo!
Affrontarlo!
Perché altrimenti non solo il reame di Opoflop ma l'intera terra verrà soffocata dall'inedia e dalla tristezza.
Così disse Noretex.
Le parole del vecchio scossero gli animi attoniti di Gujil e Mizaurio colpendoli come un colpo di frusta.
- sappiate che per facilitarvi il compito, con un sortilegio,- riprese il vecchio alchimista - ho dato una forma visibile a quello che in genere è un etereo sentimento.
L'ho trasformato in un basilisco ...
- E cosa diavolo è un basilisco? - chiese con preoccupazione Mizaurio.
- Dovete sapere che gli antichi abitanti della terra ne avevano create tre specie con la loro fervida fantasia. -disse Noretex - Il primo ardeva tutto ciò che ad esso si avvicinava e faceva di ogni luogo in cui andasse un deserto poiché le piante e gli animali appassivano davanti a lui.
Il secondo era una specie di gorgone errante che con il suo sguardo letale dava la morte a tutto ciò che vedeva.
Il terzo, con il suo semplice tatto, faceva cadere la carne dalle ossa agli animali e agli uomini con cui giungeva in contatto.
Si diceva inoltre che un quarto, concentrazione di malanni, venisse prodotto dalle uova di galli giunti ad età decrepita, covate da rospi e da serpenti.
Gli antichi descrivono il basilisco come un animale di grandezza non più di dodici dita, con una macchia bianca nel capo ed un certo distinto diadema, donde il suo regale nome; oppure si dice che sia così chiamato perché altre specie di serpenti lo riveriscono.
Esso muove il capo con poche, non molte piegature come avviene negli altri serpente; ma, dal mezzo in su, cammina dritto ed elevato.
Si vede rappresentato con un corpo squamoso, rigonfio, che termina in una lunga coda di serpente, incurvata.
Ha la testa di gallo, coronata, ed è munito di otto piedi di rospo.
- Ma è ... è terribile! - disse Gujil.
- No! Molto di più. - rispose Noretex. - Ora ascoltami!
Quello che io ho dovuto creare è un animale molto, molto pericoloso, perché non solo concentra tutte le caratteristiche che testè vi descrissi e da cui vi dovete ovviamente guardare, pena il dolore perenne, ma varia per le sue dimensioni.
E' esso assai grande, quanto il più grande dei buoi e la sua pelle squamosa è tinta d'azzurro perché risulti più visibile agli occhi vostri.
Ora giace addormentato nel cuore della foresta di Sinocon ma tra non molto sarà il suo risveglio ed è necessario che voi lo raggiungiate ed imprigionate prima che questo avvenga.
- Ma come potremo farlo saggio Noretex? - disse Gujil con voce roca da cui traspariva un'intensa emozione a fatica controllata.
- Potrete, potrete. - rispose il vecchio e porse a Gujil le mani distese.
Nell'attimo stesso in cui fece quel gesto nelle sue palme si materializzò una catena rosata e lucente.
- Ecco, tenete. - disse - E' questa la catena che imprigionava Phuxarius alla roccia.
E' frutto di arti magiche la sua forza prodigiosa.
Gujil prese dalle mani del vecchio la catena il cui peso assomigliava a una piuma.
- Ma è così ... così leggera! - esclamò il giovane Principe di Ozman - Come farà a resistere alla forza del basilisco?
- Giovane incredulo! - lo apostrofò il vecchio Noretex - Non ti ho forse detto che essa non è stata forgiata dall'uomo?
Disse e poi continuò:
- Presto ora!
Dovete andare prima che il basilisco finisca il suo sonno o saranno guai per tutti.
Dovete trovarlo prima che scenda la notte.
- Ma come faremo a scoprire il suo rifugio? - chiese Mizaurio.
- Lo troverete.
Lo so! - rispose Noretex.
Ciò detto accompagnò i due amici all'uscita.
Ora andate. - disse ancora - Se riuscirete nel vostro intento io saprò e ci rivedremo.
- Presto Mizaurio! - urlò Gujil al compagno ed insieme uscirono.
Come per incanto si ritrovarono nella grotta dove era avvenuto il loro incontro con Phuxarius.
In breve ne trovarono l'uscita ed insieme si lanciarono in una corsa furiosa a discendere la collina.

lunedì 11 maggio 2009

Nella piazza di San Petronio





Surge nel chiaro inverno la fosca turrita Bologna,
e il colle sopra bianco di neve ride.

È l'ora soave che il sol morituro saluta
le torri e 'l tempio, divo Petronio, tuo;

le torri i cui merli tant'ala di secolo lambe,
e del solenne tempio la solitaria cima.

Il cielo in freddo fulgore adamàntino brilla;
e l'aër come velo d'argento giace

su 'l fòro, lieve sfumando a torno le moli
che levò cupe il braccio clipeato de gli avi.

Su gli alti fastigi s'indugia il sole guardando
con un sorriso languido di vïola,

che ne la bigia pietra nel fosco vermiglio mattone
par che risvegli l'anima de i secoli,

e un desio mesto pe 'l rigido aëre sveglia
di rossi maggi, di calde aulenti sere,

quando le donne gentili danzavano in piazza
e co' i re vinti i consoli tornavano.

Tale la musa ride fuggente al verso in cui trema
un desiderio vano de la bellezza antica.

Giosuè Carducci

domenica 10 maggio 2009

Dove la strada




Dove la strada conduce
là vorrei andare.
Smarriti passi perpetuano
stanco falcare.
Dove la strada conduce
vorrei vivere ancora.


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Anonimo del '900