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L'ombra è l'opposto del sole, ma si nutre di esso.
Un cielo grigio non genera ombre: nessun contrasto, nessun pensiero.


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lunedì 8 giugno 2009

A Cinque Lune da Nobegmor (VIII)

CAPITOLO VIII°


Dopo alcune ore arrivarono al campo stremati e, tra lo stupore degli uomini, ordinarono di preparare le loro cavalcature e di attenderli, al ritorno, in quello stesso posto.
Il sole era arrivato allo Zenith.
- Bene Gujil. - disse Mizaurio trattenendo con forza le redini al suo cavallo - Adesso mi sai dire da che cavolo di parte si va?
Il Principe di Ozman osservò dubbioso l'orizzonte sgombro di nubi.
- Lo sapessi amico mio. - rispose - Comunque credo che la cosa non faccia differenza.
Se il destino indicatoci da Noretex è quello che incrocia la via del basilisco sento che sapremo trovarlo.
Per di quà! - esclamò a squarciagola spronando il proprio destriero alla corsa.
Così si diressero ad ovest rispetto alla collina dove avevano incontrato Phuxarius.
Per circa due ore galopparono a rotta di collo attraverso la pianura la cui erba, ondeggiante e verde, mimava un pacato oceano.
Giunti ai limiti della vasta distesa incontrarono i primi contrafforti di un'alta catena montuosa.
Seguirono il profilo delle montagne addentrandosi in una fitta foresta di larici.
Ben presto il terreno, da pianeggiante, si fece leggermente inclinato fino a costringere il loro galoppo su un basso crinale che si incuneava, come una grossa spina contorta, tra i fianchi squarciati di due vette elevate.
Seguirono quella ferita tra i monti fino a quando il percorso si interruppe a ridosso di una granitica parete che ne sbarrava la strada.
Gujil e Mizaurio frenarono le loro cavalcature nel preciso istante in cui si avvidero dell'insuperabile ostacolo.
I cavalli scalpitavano agitati con i mantelli madidi di sudore.
- Cosa facciamo ora? - gridò Mizaurio.
- Non lo so, - rispose Gujil - giuro che non lo so.
Scesero da cavallo e si misero ad ispezionare il terreno circostante.
- Eppure sento che siamo sulla giusta pista, ... lo sento chiaramente. - disse ad alta voce il Principe rivolgendosi al compagno.
Improvvisamente, alla loro sinistra, un rumore tra i cespugli attirò l'attenzione di essi.
Si diressero con circospezione verso la fonte di quel suono e notarono la folta macchia di rovi che saliva a ricoprire l'angolo di congiunzione tra la parete di roccia che aveva fino ad allora delimitato il loro percorso e quella che ora ne stava ostacolando il prosieguo.
Spaventato dal rumore del loro sopraggiungere, un agile daino dal fulvo mantello punteggiato di bianco che era uscito dalla macchia di rovi per brucare con tranquillità la tenera erba che ricopriva la superficie del canalone, si ributtò nella macchia con la velocità di un fulmine.
- Vuoi vedere che ... - cominciò Gujil e, senza proseguire, si diresse all'inseguimento dell'animale.
Mizaurio lo raggiunse e, estraendo la sua spada, aiutò il compagno a farsi largo tra i rovi.
Il sole cominciava a nascondersi dietro le montagne.
- E' già il tramonto. - disse Mizaurio e, imitato dal Principe, centuplicò i propri colpi per guadagnare del tempo prezioso.
Lavorando alacremente di spada presto si accorsero che l'intrico di rovi delimitava, nascondendolo alla vista, uno stretto pertugio sotto le rocce.
Quando ebbero quasi completamente ripulito il passaggio dovettero infilarsi in quell'apertura strisciando, tanto era angusta.
Dopo alcuni minuti di faticoso procedere a carponi sbucarono in una piccola valle densa di vegetazione dove troneggiavano, svettando verso il nitido cielo, alcuni alberi secolari.
- Ci siamo! - disse Gujil traendo con il suono della sua voce tutta l'eccitazione che aveva pervaso il suo essere.
- Lo sento.
Ci siamo!
Presto Mizaurio!
Dobbiamo fare presto!
Ciò detto ritornò sui propri passi ed una volta giunto nuovamente nel canalone dove aveva avuto termine la loro forsennata cavalcata, si avvicinò al suo cavallo e staccò dalla sella il tascapane che vi penzolava da un lato.
Velocemente ripercorse lo stretto pertugio e si ricongiunse a Mizaurio che lo stava aspettando.
- Hai con te la catena? - chiese lo scudiero al Principe.
Gujil assentì mostrando all'amico il tascapane che si era messo attorno al collo.
- Bene, - proseguì Mizaurio tradendo nei gesti il suo nervosismo - di là! - disse indicando un punto in cui gli alberi si facevano più fitti.
Mano a mano che il loro cammino proseguiva la luce della sera andava diminuendo la sua intensità.
Ad un tratto sentirono nell'aria arrivare ai loro sensi tesi allo spasimo un rumore cadenzato che si ripeteva, monotono, ad intervalli regolari.
- E' lui! - gridò Gujil.
- Si, - gli fece eco Mizaurio - questo deve essere il suo respiro.
Presto mio Gujil, la notte sta scendendo, non abbiamo molto tempo.
Il resto del cammino lo fecero silenziosamente e nessuna loro parola venne a turbare l'atmosfera che regnava in quel luogo.
Il rumore si andava facendo sempre più distinto e la luce sempre più debole.
Superata l'ultima fila di alberi lo videro.
La sua mole enorme adagiava il proprio peso sul soffice terreno che intorno ad esso appariva arido e senza segno di vita.
Nemmeno il più piccolo filo d'erba cresceva nel raggio di alcuni metri intorno al basilisco.
La lunga coda serpentina ne avvolgeva il corpo appoggiandosi sulla schiena del mostro appena sotto l'enorme testa di gallo su cui risaltava, splendendo di mille riflessi colorati, una bellissima corona regale in cui si trovavano incastonati rubini rosso acceso grossi come uova.
Il suo corpo, rattrappito nel sonno, ogni tanto si agitava sollevandosi ritmicamente sotto la spinta dei potenti respiri.
Le squame, colpite dalla fioca luce, spendevano intorno alla sua massa una mistica ed evanescente colorazione turchese.
Il grande becco, giallo come il sole, era socchiuso a lasciare filtrare il soffio vitale che lo animava.
A pochi metri da lui alcuni possenti aceri gli facevano ventaglio con la loro imponente presenza.
Gujil e Mizaurio si avvicinarono prudenti, quasi trattenendo il fiato.
Si fermarono quando, scosso da alcuni fremiti improvvisi, il corpo del basilisco cominciò a muoversi.
La luce era ormai quasi totalmente scemata.
- Presto, maledizione. - mormorò Gujil tra i denti - Si sta per risvegliare.
Disse ed estrasse velocemente la catena che gli aveva fornito Noretex.
Mizaurio corse, rapido come una freccia, dalla parte opposta a quella dove si era piazzato Gujil.
Tra loro c'era il corpo del basilisco da cui il sonno stava piano piano lasciando posto al torpore che precede il risveglio.
- Presto! - urlò a piena voce lo scudiero - tirami un capo della catena!
- Ma ... - tentennò Gujil - è ... è troppo corta!
- Non ha importanza! - gli rispose Mizaurio con voce stridula - tiramene un capo e trattieni saldamente quell'altro nella tua mano!
Il Principe obbedì e scagliò con forza la catena in direzione di Mizaurio.
Per incanto la catena si allungò in un'ampia parabola che oltrepassò sibilando il corpo dell'animale e cadde vicino ai piedi dello scudiero.
La parte centrale della catena, dopo un attimo in cui parve galleggiare nell'aria quasi fosse realmente senza alcun peso, crollò con violenza sulla nuca del mostro.
A quel freddo e divenuto pesante contatto il corpo dell'animale venne scosso da un brivido più forte di tutti gli altri.
Di colpo il basilisco spalancò le palpebre e sollevò il capo.
Il mostruoso essere, ormai completamente risvegliatosi, proruppe in un ruggito agghiacciante che serpeggiò come una scarica lungo la spina dorsale dei due compagni.
La sua coda si srotolò in tutta la propria lunghezza e frustò rabbiosamente l'aria producendo un rumore simile al tuono.
- Ora corri verso di me! - urlò, sovrastando l'assordante rumore, la voce di Mizaurio.

- Non lo guardare mai Mizaurio! - gridò Gujil a sua volta- Ricorda le parole di Noretex!
Disse e cominciò la sua corsa.
Nell'attimo stesso in cui vide il Principe scattare verso di lui Mizaurio fece altrettanto.
Si incrociarono a mezza strada e Gujil avvertì sulla fronte il freddo contatto che la catena, retta dall'amico, gli aveva procurato nell'attimo esatto in cui lo stava oltrepassando.
Intorno al collo del basilisco la catena, via via che i due amici aumentavano la distanza che li andava separando, tra lo stridore provocato dagli anelli che scorrevano l'uno sull'altro, andava sempre più stringendosi in una morsa soffocante.
Sballottando il capo da una parte all'altra, lo spaventoso animale cercava di liberarsi da quel resistente cappio senza però, fortunatamente, riuscirci.
Le grida che uscivano dal suo becco spalancato si tramutarono in fiamme che ora si levavano al cielo, ora si schiantavano al suolo sul terreno di fronte incenerendo ogni cosa al loro tocco.
Gujil, stringendo con forza sovrumana la sua parte di catena, corse disperatamente ad avvolgerla intorno al fusto dell'albero più vicino.
Mizaurio, dall'altra parte, stava tentando di fare altrettanto.
Il basilisco si dibatteva furiosamente cercando di sciogliersi dal laccio che lo bloccava e metteva a dura prova i muscoli dei due amici.
Quando Gujil cercò, con un ultimo disperato sforzo, di stringere un nodo robusto tra la catena, tesa e vibrante, che imprigionava il mostro ed il capo ancora libero, avvenne una cosa incredibile.
Non appena gli anelli rosati giunsero tra loro a contatto si fusero in più punti a formare un tutt'uno indistricabile.
Ripresosi immediatamente dalla sorpresa, il Principe corse verso Mizaurio con l'intenzione di portargli aiuto e, per poco, non venne investito dall'alito di fuoco del basilisco.
Gujil riuscì miracolosamente ad evitare l'attacco ma, per una frazione di secondo, i suoi occhi incrociarono quelli del mostro.
Quando giunse da Mizaurio vide che ormai il compagno era giunto allo stremo delle forze e, proprio un attimo prima che lo scudiero mollasse la presa, si tuffò sulla catena.
Uno scossone più forte degli altri lo trascinò per alcuni metri facendolo letteralmente rovinare contro il tronco dell'albero intorno a cui la catena era già stata parzialmente avvolta.
Il respiro gli venne a mancare, sentì vacillare la sua mente ma resse allo sforzo e con un rabbioso movimento titanico unì l'ultimo capo rimasto libero al resto della catena prima di perdere i sensi.

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