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L'ombra è l'opposto del sole, ma si nutre di esso.
Un cielo grigio non genera ombre: nessun contrasto, nessun pensiero.


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lunedì 14 gennaio 2019

Poesia gnomica



Poesia gnomica,
 
secondo le tradizionali partizioni empiriche, si chiama quella in cui l'elemento sentenzioso e moraleggiante, diffuso si può dire presso ogni letteratura, spicca con propria autonomia, e si esprime attraverso una forma quasi sempre frammentistica, in cui spesso il singolo verso (esametro, trimetro giambico) o l'unità metrica (distico elegiaco) conclude in sé la γνώμη o sentenza proposta ad ammaestramento.
 
Sotto questo aspetto, che la distingue dalla didascalica (v.), poesia didattica a contenuto tecnico o scientifico o anche filosofico in senso lato, la gnomica si può dire che non abbia avuto propria autonomia e speciale sviluppo se non presso i Greci.


Gnomica
 
Da tempo ho smesso di rubare amori
di prendere per me le cose belle
di bere scaltra un sorso
dal bicchiere di un'altra.
Meglio - oramai da tempo mi ripeto -
meglio avere rimpianti che rimorsi.
 
Daria Menicanti
 
 
il rimpianto, bello e lontano, solitario
il rimorso lavora dentro come un tarlo;
cosa sia meglio non saprei dire ora
so che soffro e non mi garba soffrire....


Più o meno tutta la poesia elegiaca preattica è infiorata di sentenze, persino quella di carattere prevalentemente guerresco come quella di Tirteo.
Ma, com'è naturale, assai più ricca di gnome è l'elegia politica e moraleggiante, e quindi l'elegia di Solone, di Senofane, di Teognide: alcunché di medio tra la poesia elegiaca guerresca e quest'ultima rappresenta rispetto alla frequenza di gnome l'elegia erotica un po' sentimentale di Mimnermo.
Solone, il grande legislatore ateniese fiorito fra il sec. VII e il VI a. C., lasciò, a testimonianza di Laerzio Diogene, circa cinquemila versi elegiaci, dei quali duecento giunsero a noi, oltre una sessantina di giambi e trochei.
 
La poesia di Solone è piena di esortazioni morali (un gruppo anzi delle sue poesie s'intitolava appunto Esortazioni) ed è quindi naturalmente ricca di gnome.
 
Focilide di Mileto, fiorito intorno al 540 a. C., dovette la sua fama assai più al contenuto morale dei suoi versi, recanti spesso aforismi che divennero assai popolari, che non al suo valore poetico.
A noi non resta di lui gran cosa: sentenze in gruppi d'un paio d'esametri per lo più: spesso il gruppetto comincia con la frase Anche questo è di Focilide.
Un gruppetto è costituito, invece che di due esametri, di un distico elegiaco: è forse il più spiritoso, ma è variazione di un frammento di Demodoco di Lero, suo contemporaneo.
Non si può stabilire se sia stato Focilide a prendere da Demodoco o questo da quello.
Il frammento più ampio, di otto esametri, contiene una specie di riassunto della satira contro le donne di Simonide Amorgino.
A Focilide venne anche attribuito un poemetto gnomico in 230 esametri, molto letto specie ai tempi del Rinascimento, ma che con Focilide non ha a che vedere: è una falsificazione appartenente forse a uno scrittore ebreo ellenistico, forse a uno scrittore cristiano.
 
Senofane di Colofone, che dopo d'aver molto viaggiato venne a fondare a Elea nell'Italia meridionale la scuola filosofica che si disse appunto eleatica, e vi morì in età di 92 anni probabilmente all'inizio del sec. V, scrisse in metro elegiaco due poemi narrativi, la Fondazione di Colofone e la Deduzione della colonia di Elea in Italia, oltre ad altre elegie, e un poema in esametri Sulla Natura, e Parodie e Silli.
 
Ricchi di gnome i non molti frammenti che possediamo, come dovevano abbondare di gnome i poemi filosofici di Parmenide, Empedocle, ecc.
Di Teognide (v.) di Megara Nisea, fiorito fra il secolo VI e il V a. C., rimangono 1379 versi in metro elegiaco distribuitì in due libri, di 1220 versi il primo, di soli 159 il secondo.
 
La silloge a noi giunta è certo diversa dall'originaria dovuta al poeta, perché fu senza dubbio alcuno in parecchi modi rabberciata, ma molti dei versi ch'essa contiene e che appartengono a Solone, Tirteo, Mimnermo, ecc., dovettero già dal poeta stesso esservi introdotti.
Meno genuino il secondo libro che per la materia erotica in esso predominante poco s'accorda col resto dell'opera di Teognide.
Una certa probabilità d'essere genuini hanno quei versi in cui ricorre il nome di Cirno, giovinetto caro a Teognide, che spesso gli rivolge i suoi consigli, per quanto non sia improbabile che anche altri abbia potuto ricorrere a quel nome.
Il quale non sembra da interpretare come il famoso Sigillo teognideo, che doveva essere costituito piuttosto dalle parole: Son versi di Teognide di Megara.
Ricca d'esortazioni e di consigli in parte originali in parte tratti dai poeti elegiaci precedenti, la silloge teognidea è pure quanto mai abbondante di gnome, è anzi in gran parte poesia gnomica per eccellenza.
Sentenziosa molto fu poi per sua natura la commedia attica nuova.
È nota la raccolta delle gnome monostiche di Menandro.
Dai poeti in generale ma specialmente dai poeti gnomici si fecero nelle età alessandrina e greco-romana numerose scelte di sentenze: a noi giunse la copiosa scelta di Giovanni Stobeo vissuto nel sec. V d. C.
(TRECCANI, dalla rete)
 

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