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L'ombra è l'opposto del sole, ma si nutre di esso.
Un cielo grigio non genera ombre: nessun contrasto, nessun pensiero.


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mercoledì 4 gennaio 2017

Gian Giorgio Trissino


Vincenzo Catena
Ritratto di Gian Giorgio Trissino
Gian Giorgio Trissino
nasce a Vicenza da famiglia patrizia e compie gli studi a Milano.
Nel 1508 torna nella sua città, ma è costretto ben presto all'esilio, perché la Repubblica veneta lo sospetta di nutrire simpatie per Carlo V.
Soggiorna in varie città d'Italia, tra le quali Firenze, e nel 1514 è a Roma, dove papa Leone X ottiene per lui la revoca dell'esilio.
Entra allora al servizio del Papa e svolge varie missioni diplomatiche per lui e per i suoi successori, raggiungendo notorietà e prestigio.
Nel 1523 pubblica l'Epistola intorno alle lettere nuovamente aggiunte alla lingua italiana indirizzata a Clemente VII, una proposta per riformare l'ortografia italiana con l'introduzione di alcune lettere greche, che suscita polemiche e reazioni vivaci.
L'anno dopo dà alle stampe la tragedia Sofonisba.
Nel 1526 torna a Vicenza, dove compone le prime quattro parti del trattato Poetica, le Rime e Il castellano.
Negli ultimi anni di vita soggiorna a Venezia e infine a Roma, dove pubblica il poema epico L'Italia liberata dai Goti e la commedia Simillimi, e termina la Poetica.
Muore nel 1550.
Il Trissino è uno dei teorici più rigorosi dell'imitazione della classicità greca e tutte le sue opere sono il tentativo, spesso mal riuscito, di tradurre in concreto i princìpi da lui enunciati nei sei volumi della Poetica.
In questa opera egli espone i canoni che ritiene necessari per rinnovare la cultura italiana applicando i modelli classici a tutti i generi letterari.
A lui si deve la prima tragedia "regolare" (cioè composta nel rispetto delle regole enunciate nella Poetica), Sofonisba, in versi, scritta nel 1515 e pubblicata nel 1524. L'argomento, tratto dal XXX libro delle Storie di Livio e già ripreso dal Petrarca nell'Africa, verte su un episodio della guerra tra Cartaginesi e Romani.
Sofonisba, moglie del condottiero numida Siface che combatte in favore dei Cartaginesi, viene fatta prigioniera da Massinissa, alleato dei Romani, il quale la sposa per sottrarla alla schiavitù; ma quando egli viene a sapere che Sofonisba è comunque preda di guerra, le procura il veleno con il quale la donna si toglie la vita.
La tragedia è importante come testimonianza del classicismo teatrale in Italia, ma assai modesta nei risultati artistici; la psicologia dei personaggi è poco profonda e il dramma dell'eroina è descritto con freddo raziocinio e poco sentimento, in uno stile fiacco, dal ritmo lento e quasi prosastico.
Il poema epico L'Italia liberata dai Goti, composto in endecasillabi sciolti tra il 1527 e il 1547, narra in 27 libri, pubblicati in tre volumi, la guerra tra Bizantini e Ostrogoti (535-539).
È un testo monumentale, che vuol essere rigidamente fedele al modello dell'Iliade di Omero nello stile, ma nel contempo rispettare la verità storica nell'argomento.
I rari momenti poetici dell'opera sono soffocati dall'impianto didascalico e dall'esasperata lentezza del ritmo.
Neppure la commedia Simillimi (1548), di ispirazione plautina, e le Rime hanno valore poetico.
Piuttosto, va ricordato il dialogo Il castellano (1529), con il quale il Trissino interviene nella questione della lingua.
Egli è decisamente contrario ai suggerimenti del Bembo e ritiene che la lingua letteraria debba nascere dalla sintesi tra vari dialetti.
Il Trissino aveva offerto esempi concreti della sua proposta nella Grammatichetta (1526-1530), peraltro aspramente contestata, in special modo da parte dei letterati toscani.
(dalla rete)


La bella fronte colorita e bianca
 
La bella fronte colorita e bianca
de la mia donna impallidir vidd’io
il giorno che da lei mi dipartio,
come a chi cosa dilettevol manca;
dapoi con voce pargoletta e stanca
le dolce labbra sì soave aprio,
che solo in quelle ripensando, oblio
quant’è la vita in me gravosa e manca.
Il suon che nacque fuor di quelle rose
dicea: “Ti priego, almen, che vogli amarmi,
poiché Fortuna al mio disir s’oppose”.
“Questo,” diss’io “Madonna, addimandarmi
uopo non è, che tutte l’altre cose,
salvo che questa, il Ciel poria vietarmi.” 
 
Gian Giorgio Trissino
 

 quando l'ansia assale e sommerge
il pallore diventa tuttuno col corpo
anche il volto imbianca e la fronte
si imperla di umori e stille...

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