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L'ombra è l'opposto del sole, ma si nutre di esso.
Un cielo grigio non genera ombre: nessun contrasto, nessun pensiero.


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lunedì 11 gennaio 2010

Il Narciso che è in Noi

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Cantami O Diva!
Dimmi tu chi di noi mai fu preda di un attimo di narcisismo?
La vera storia di questo mitico personaggio è in realtà carica di mestizia.
La tristezza ed il senso dell'impotenza aleggiano in ogni riga ed in ogni attimo della storia e si capisce fin da subito che non esistono alternative se non quella finale della morte di tutti i protagonisti di questo affascinante e bistrattato mito.
Un giovane solo che fugge la solitudine...un'immagine che ben si adatta ai nostri tempi e rispecchia più vite che si consumano solitarie.
L'invito alla scoperta deve essere legato alla ricerca del significato che accompagna le nostre esigenze di narcisistica beatificazione, quasi fosse qualcosa di misticamente percepibile ma allo stesso tempo inattacabile attimo di vita intenso.
Narciso non è un personaggio negativo, è, come sempre un capriccio di quegli dei che dispongono degli esseri umani come strumento di divertimento ed affermazione olimpica.
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Burattini indifesi nelle mani degli dei.
Questo noi siamo.
L'Arte e la Letteratura hanno descritto da sempre lo stato dell'uomo e la sua ossessiva ricerca dei tratti somatici di Dio.
Una necessità recondita che ci accompagna da sempre.
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Non c'è redenzione, da sempre, praticamente mai.
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Narciso è una figura mitologica greca, figlio di Cefiso, divinità fluviale, e della ninfa Lipsone.
Secondo il mito narrato da Ovidio nelle Metamorfosi Narciso era un bellissimo giovane, di cui tutti, sia donne che uomini, si innamoravano alla follia.
Tuttavia Narciso preferiva passare le sue giornate cacciando, non curandosi delle sue spasimanti; tra queste era la ninfa Eco, condannata da Era a ripetere le ultime sillabe delle parole che le venivano rivolte, poiché le sue chiacchiere distraevano la dea, impedendole di scoprire gli amori furtivi di Zeus.
Rifiutata da Narciso la ninfa, consumata dall'amore, si nascose nei boschi fino a scomparire e a restare solo un'eco lontana.
Non solo Eco, ma tutte le giovani ed i giovani disprezzati da Narciso, invocarono la vendetta degli dei. Narciso venne condannato, da Nemesi, ad innamorarsi della sua immagine riflessa nell’acqua.
Disperato perché non avrebbe potuto soddisfare la passione che nutriva, si struggeva in inutili lamenti, ripetuti da Eco.
Resosi conto dell'impossibilità del suo amore Narciso si lasciò morire.
Quando le Naiadi e le Driadi cercarono il suo corpo per poterlo collocare sul rogo funebre, trovarono vicino allo specchio d'acqua il fiore omonimo, nato dal sangue, cioè per via asessuata.
Si narra che Narciso, quando attraversò lo Stige, il fiume dei morti, per entrare nell'Oltretomba, si affacciò sulle acque del fiume, sempre sperando di vedersi riflesso.
Ma non riuscì a scorgere nulla a causa della natura torbida, limacciosa di quelle acque.
In fin dei conti però, Narciso fu contento di non vedere la sua immagine riflessa perché questo veniva a significare che il fanciullo-sè stesso che amava, non era morto ancora.
Nella versione beotica il giovane Narciso, cittadino di Tepsi, venne condannato ad amare la sua immagine, quando Aminia (sola figura di amante di Narciso che compare in questa versione), un giovane del luogo da lui rifiutato sprezzantemente, si tolse la vita, con una supplica di vendetta raccolta da Eros, davanti alla sua casa, con la stessa spada che Narciso gli aveva inviato come macabro invito a non dargli più noia.
Nella versione di Pausania Narciso aveva una sorella gemella ed erano simili in tutto.
Narciso era innamorato, ma lei morì.
Narciso allora si recava alla fonte sapendo che il riflesso non era sua sorella, ma si consolava pensando a lei fino a consumarsi.

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