...........................................................................................................................................

L'ombra è l'opposto del sole, ma si nutre di esso.
Un cielo grigio non genera ombre: nessun contrasto, nessun pensiero.


...........................................................................................................................................

sabato 1 agosto 2009

A Cinque Lune da Nobegmor (XIII)

CAPITOLO XIII°


- Che strano ... - disse Gujil rivolto a Mizaurio mentre spronava la sua cavalcatura sulla via del ritorno - ... non so ancora capacitarmi di ciò che è accaduto.
Appare tutto ciò assurdo che, a stento, riesco a credere a ciò che mi hai detto, amico mio.
Mi sembra di vivere legato ad un incubo dal quale non mi riesco a destare.
- Sono forse frutto di un incubo le sofferenze che provengono dalle tue ferite Gujil? - a sua volta disse Mizaurio.
- No, non lo sono. - rispose il Principe - La testa sa che tutto ciò è reale, ma la mia anima forse vorrebbe che non lo fosse affatto.
Quanto tempo ti ha detto mi resta la ninfa?
- Cinque lune, - disse lo scudiero - non una di più.
Ora, taci mio Signore.
Sprona il tuo cavallo e risparmia le forze, ancora molto lunga è la strada per il campo dove ci attende la nostra scorta.
Ciò detto tacquero entrambi.
I destrieri, criniere scompigliate dal vento veloce, saettavano leggeri divorando il percorso.
Finalmente raggiunsero i margini della grande e verde pianura sul cui sfondo si delineavano le prime file degli alberi dove avrebbero dovuto ritrovare l'accampamento con i loro soldati.
Mano a mano che la distanza che li separava si riduceva andava crescendo in loro il pensiero e la voglia del riposo.
Giunti a pochi chilometri dalla foresta notarono il filo di fumo che saliva, con una lunga spirale, al cielo terso.
Gujil incrementò l'andatura frustando con le redini il proprio destriero.
Il suo bel volto, contratto in una smorfia di sofferenza, tradiva il dolore indicibile che stava provando.
Mizaurio notò le macchie rossastre sul corpo di Gujil e vide che si stavano espandendo, segno inequivocabile che lo sforzo della cavalcata aveva fatto riaprire le ferite.
Quando trafelati arrivarono al campo lo trovarono completamente devastato e senza vita.
L'odore della morte aleggiava in quel posto come una sinistra presenza incombente.
Cadaveri di animali e di soldati giacevano sparsi nel raggio di alcune decine di metri.
- Ma Dio! - singhiozzò Mizaurio - sono tutti ... tutti morti!
Smontò da cavallo e si aggirò freneticamente per il campo alla ricerca di qualche superstite.
Non ne trovò.
Fece allora mestamente ritorno verso Gujil e lo trovò, poco distante dall'accampamento, appoggiato all'appiglio sicuro del fusto di un albero mentre guardava, impietrito e con occhi lucidi, l'orrendo eccidio che aveva di fronte.
Lo scudiero notò che dalle ferite del Principe il sangue colava in lunghi rivoli sulle vesti lacere e sporche.
- Aspettami qui, mio Principe e datti riposo e ristoro; - gli disse quando lo ebbe raggiunto - io faccio un giro di perlustrazione nei dintorni.
Gujil assentì e Mizaurio lo aiutò a sistemarsi più comodamente appoggiandogli la schiena alla base del tronco.
Quando si fu assicurato che il suo Signore non avrebbe corso pericoli immediati lo salutò e si diresse nel folto della foresta.
Dopo alcuni minuti di marcia la sua attenzione fu attirata dal fruscio intermittente provocato dai fusti di alcuni alti bambù che componevano il canneto di una vicina palude.
Guardò in quella direzione e, dopo qualche attimo, quando ebbe individuato il punto esatto da cui quel frusciare proveniva, decise di andare a dare un'occhiata.
Con circospezione, prestando estrema attenzione anche ad ogni più piccolo rumore sospetto, si diresse a quella volta armato della sua tagliente lama.
A fatica, con la mano sinistra, si apriva la strada tra le folte canne.
Il braccio destro, che impugnava saldamente la spada, era pronto a colpire.
Mano a mano che si avvicinava alla parte centrale del canneto sentiva crescere in lui l'angoscia ed il suo fiato si faceva sempre più ansimante e preoccupato.
Arrivato nel luogo esatto da cui provenivano i rumori indugiò un istante e poi si fece coraggio, trasse un profondo respiro ed scostò l'ultima fila di canne che lo divideva dall'ignoto.
Fu così che lo vide e subito lo riconobbe.
Era un uomo della loro scorta.
Accanto ad egli giaceva, riverso, il cadavere di un lupo con la testa fracassata.
- Adinaulo! - esclamò con voce sopraffatta dalla commozione si accucciò presso di lui.
Sollevatone delicatamente il corpo lo girò su se stesso appoggiandolo di schiena al terreno.
Il torace dell'uomo era intriso di sangue rappreso ed un profondo e spaventoso squarcio gli aveva dilaniato la gola ma ancora il respiro ne animava il petto.
Mizaurio inumidì con il contenuto della sua borraccia un lembo di stoffa e deterse la fronte ed il volto del soldato dopodiché gli fece scivolare tra le labbra riarse qualche sorso di liquido che l'uomo, a fatica, deglutì avidamente.
- Adinaulo ... - lo chiamò schiaffeggiandolo delicatamente sul viso - Adinaulo ...
- Sei ... sei tu ... Mizaurio? - chiese il ferito con un filo di voce ed alzò debolmente le palpebre rigonfie e dolenti.
- Si, sono io.
Va tutto bene ora.
Sono qui.
- Sono stati ... ah! ... - continuò a fatica l'armigero -sono stati i lupi.
Erano tanti ..., troppi ....
Ci hanno aggredito di notte uccidendo nel sonno molti dei nostri compagni con le loro zanne feroci.
Ed un uomo alto, dal nero mantello, continuamente li andava incitando e gridava - "Dovete trovarmi Gujil! Trovatemi Gujil!" - A stento sono riuscito a fuggire ma uno dei lupi ni ha inseguito fino a qui e, come puoi vedere, mi ha raggiunto.
Troppo tardi mi accorsi del grave pericolo.
Volevo avvisarvi ma ho fallito ... ho fallito ...
Detto questo il petto di Adinaulo fu scosso da alcuni violenti colpi di tosse ed un rivolo di sangue bluastro gli fuoriuscì dalla rima delle labbra.
- Salva il nostro amato Principe, Mizaurio, perché egli è in grave pericolo.
Dovete prestare attenzione a quell'uomo di nero vestito.
Egli è ... - non fece in tempo a finire la frase.
Lo sforzo del parlare provocò in lui un'altra crisi di tosse.
Con un rantolo simile ad un sibilo Adinaulo sbarrò gli occhi e spirò tra le braccia dello scudiero.
Il resto fu solo un desolante silenzio.
Usando la spada come fosse un badile Mizaurio scavò una profonda fossa in cui depose il corpo del soldato.
Lo ricoprì di terra e, dopo aver recitato una breve orazione funebre, prese mestamente la via del ritorno.
Quando arrivò al campo era passato molto tempo ed il sole del tramonto dardeggiava rossi raggi infuocati sulla fila interminabile di cirri che copriva l'orizzonte.
Non appena arrivò nello spiazzo dove avrebbe dovuto ricongiungersi a Gujil si bloccò impietrito dalla sorpresa.
Non solo del Principe non c'erano tracce, ma al posto dei cadaveri dei loro animali sorgevano, a poca distanza le une dalle altre, delle piccole ed ordinate montagnette alla testa delle quali era stata infissa nel terreno una rudimentale croce di legno.
Armi, vettovaglie, il carro che trasportava le loro provviste, tutto era inspiegabilmente scomparso.
Tutto, tranne il suo cavallo e quello del Principe ancora legati al ramo di un nodoso olmo poco lontano.
- Maledizione! Hanno portato via tutto! - pensò ad alta voce Mizaurio mentre girovagava, sbigottito e preoccupato, per il resto di quello che rimaneva del primitivo accampamento.
- Ed hanno rapito anche Gujil! - continuò ritto nel centro dello spiazzo, con le mani appoggiate sui fianchi non sapendo quale comportamento adottare.
Andò risoluto verso i cavalli cercando di escogitare un qualche cosa che fosse in grado di trarlo d'impaccio da quella situazione di stallo.
Sguardo fisso sul terreno, notò che due solchi regolarmente distanziati tra di loro formavano come una profonda rotaia nell'umido suolo, ricco di humus, del sottobosco.
Raggiunse di corsa i cavalli, ne sistemò i finimenti e montò in groppa al suo legando al pomello della propria sella le briglie del cavallo di Gujil che, docilmente, li seguì quando si mossero.
Mizaurio si soffermò ancora per breve tempo a dare l'estremo saluto ai compagni di tante avventure con un'indicibile tristezza nel cuore.
Ciò fatto, individuò i solchi lasciati nel terreno dalle ruote del carro, rimontò a cavallo e si mise a seguire le tracce al piccolo trotto.
Poco dopo fuoriuscì da quella foresta e si immise nella pianura dirigendosi verso est.
Il sole era ormai completamente calato dietro il fiammeggiante sipario dell'orizzonte ma, in quel grande e sgombro spazio aperto, persisteva ancora la tiepida luce del crepuscolo con i suoi vividi e teneri colori.
- Tra poco scenderà il buio e sarà difficile ed impegnativo seguire le tracce. - disse lo scudiero riflettendo tra sé e sé - E' meglio che acceleri l'andatura perché poi sarà decisamente difficoltoso mantenere la pista.
Fortunatamente per lui, il peso del carro aveva tracciato una vera e propria strada nell'erba alta.
Lo scudiero si pose senza esitazioni al centro di essa e spinse il suo destriero ad un forsennato galoppo.
Con l'arrivo dell'oscurità il vento, che prima aveva spirato sotto forma di una dolce brezza, ora si era fatto più forte e frustava, con furiose raffiche, l'uomo ed i cavalli.
Cavalcava Mizaurio in quella pianura che non sembrava mai dovesse avere fine; si era raggomitolato sulla sella appoggiando il petto sul lungo collo dell'animale per offrire meno resistenza alla turbolenza dell'aria che soffiava, fredda ed insistente, contro di loro.
Infine, dovette rallentare sensibilmente l'andatura perché si accorse che lo sforzo prolungato stava sfiancando il povero cavallo.
Le tracce profonde persistevano ma Mizaurio, disturbato dal forte vento che lo costringeva a tenere gli occhi semichiusi, dovette scendere da cavallo e proseguire a piedi per non perderle.
Quando la tormenta si placò era ormai notte fonda e la pianura ancora distendeva la sua vegetazione a perdita d'occhio.
Deciso a non lasciarsi vincere dalla stanchezza che già cominciava ad intorpidirlo, Mizaurio risistemò i finimenti del cavallo e risalì faticosamente in sella.
Illuminato dal pallido chiarore della luna, il sentiero tracciato dalle ruote del carro si snodava come un sinuoso serpente fin dove gli occhi arrossati dello scudiero riuscivano a giungere e confondeva il suo percorso alla linea dell'orizzonte imbrunito.
- Avanti! Devo andare avanti! - ripeteva continuamente lo scudiero ad alta voce per tenersi sveglio e spronava con foga il suo destriero al galoppo trainandosi dietro il cavallo di Gujil ancora saldamente legato al pomello della sua sella.
Finalmente finì la brughiera cedendo sempre più frequentemente terreno alla vegetazione di arbusti che ne delimitava il passaggio alla macchia.
Benché fosse spossato, Mizaurio continuò la sua marcia nell'alba nascente la cui aurora gli infuse nuove energie con le sue frizzanti e fresche carezze.
- Non avrei dovuto restare tanto a lungo con Adinaulo. - pensò - Chi ha preso Gujil ha fin troppo vantaggio!
Quando si fu addentrato nel folto della vegetazione lo scudiero decise di concedere un attimo di riposo ai cavalli poiché erano sfiniti e madidi di sudore.
Tolse loro le selle e li lasciò liberi a riposare tranquillamente sulle rive di uno stagno.
Spogliatosi si tuffò nel bagno ristoratore che quelle limpide acque gli offrivano.
Dopo una breve nuotata uscì e si distese al calore del sole su quelle sponde invitanti.
Senza accorgersi e senza volerlo si assopì.
La stanchezza accumulata lo aveva tradito e, quando si svegliò, era di nuovo il tramonto.

- Tieni. Li ho colti per te. - disse la giovane donna a Gujil mostrando agli occhi di lui un mazzo di variopinti fiori di campo - Vedo che stai assai meglio.
- Dove mi trovo? - chiesi il Principe uscendo dal sopore che lo aveva attanagliato.
- Al sicuro, non avere timore, ora dormi. Non è che l'alba e le tue ferite abbisognano ancora di un po' di riposo.
A quelle parole vacillò tutto l'essere di Gujil, indeciso tra il sonno e la veglia.
Infine si riaddormentò.

Bestemmiando per il tempo perso, Mizaurio si affrettò a recuperare i cavalli deciso a continuare l'inseguimento interrotto senza più perdere neppure un minuto.
A spron battuto si rimise sulle tracce del carro incitando il destriero frustandolo al garrese con le redini.
Proseguì mantenendo una folle velocità per alcuni chilometri fino a quando le tracce, che ancora erano ben delineate nel soffice terreno, cominciarono a diradarsi a causa del suolo che, via via, andava facendosi più compatto.
Quando le perse completamente era ormai buio pesto.
- Maledizione! - disse - Devo ritrovare Gujil al più presto e cercare di distoglierlo dall'insano proposito di raggiungere Arhiac, anche a costo di ricorrere alle maniere forti, altrimenti prevedo saranno guai veramente grossi.
Disse e fece alcuni tentativi per ritrovare le tracce.
Quando capì che sarebbe stato tempo sprecato, decise di proseguire ugualmente lungo la linea teorica che gli ultimi solchi visibile lasciavano intuire.
- Che gli dei mi aiutino! - esclamò e riprese la sua folle corsa a briglie sciolte verso l'est ormai incupito e tenebroso.
Nel cielo di Opoflop la seconda luna della profezia era già sorta.

Nessun commento:

Posta un commento