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L'ombra è l'opposto del sole, ma si nutre di esso.
Un cielo grigio non genera ombre: nessun contrasto, nessun pensiero.


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domenica 12 maggio 2024

Green eyes, Kate Wolf

“Gone but not forgotten”

è una frase di uso estremamente diffuso nella lingua anglosassone e solitamente sta ad indicare una persona che, pur scomparsa, ha lasciato un ricordo indelebile di sé ed il paragone con la cantautrice californiana
Kate Wolf
 sembra estremamente calzante.
Originaria della California Settentrionale, Kate è stata per anni una figura di riferimento nel circuito radiofonico della costa occidentale ed ha dispensato generosamente le delicate armonie acustiche che sapientemente traeva dalla sua chitarra, fino a crearsi un corposo e fedelissimo seguito di amici, che l’ha resa di fatto una ‘cult musician’.
La discografia di Kate Wolf, morta di leucemia poco più che quarantenne, nell’arco di un ventennio si compone di 11 albums.
(dalla rete)

 

Green Eyes

Every night we light the candle
that stands beside our bed,
but sometimes the flame's too much to handle,
that's what you said.
That's what you said,
and you should know,
because you built a fire in me and you made it burn,
you followed me watching every move,
matching every turn.

Your green eyes they don't miss a thing,
they hold me like the sun going down,
warm me like a fire in the night, without a sound.

You were waiting till I heard,
just as patient as that love light in your eyes,
and never threw away a word, or ever talked in a disguise -
I ought to know.

You were a beacon to a sailor lost at sea,
I saw it in your eyes when you looked at me, so openly.

The first time I ever saw your laughter break loose inside and tumble out to me,
my heart knew it had found what it was after, and it came so easily we should know.
After all the years of the hard and lonely times,
now our days go by like best friends' story lines,
yours and mine.
 
Kate Wolf 
 
 
 
Occhi verdi
 

Ogni notte accendiamo la candela

che sta accanto al nostro letto,

ma a volte la fiamma è troppo da gestire,

questo è quello che hai detto.

Questo è quello che hai detto,

e dovresti sapere

perché hai acceso in me un fuoco e l'hai fatto bruciare,

mi hai seguito guardando ogni mossa,

abbinando ogni turno.

I tuoi occhi verdi non si fanno mancare nulla,

mi tengono come il sole che tramonta,

riscaldami come un fuoco nella notte, senza suonare.

Stavi aspettando fino a quando ho sentito,

così paziente come quella luce d'amore nei tuoi occhi,

e mai buttato via una parola, né mai parlato sotto mentite spoglie:

Dovrei saperlo.

Eri un faro per un marinaio perso in mare,

L'ho visto nei tuoi occhi quando mi hai guardato, così apertamente.

La prima volta che ho visto la tua risata scatenarsi dentro e cadere verso di me,

il mio cuore sapeva di aver trovato ciò che cercava, ed è arrivato così facilmente 

che dovremmo sapere.

Dopo tutti gli anni dei tempi duri e solitari,

ora i nostri giorni trascorrono come le trame dei migliori amici,

tuo e mio

sabato 11 maggio 2024

Protocollo cittadino #122 (Sorpresa!)

Sorpresa!
 
Come in una fiction di scontate sorprese
ecco quella che non ti potevi aspettare.
La gestione problematica delle imprese
passa per quel nonnulla di importanza...
 
Gujil
 
 La sorpresa 
è uno stato emotivo conseguente ad un evento inaspettato 
o contrario all'aspettativa di chi lo sperimenta. 
 Dura pochi istanti ed è in genere seguita da paura o gioia.
(da wikipedia)

venerdì 10 maggio 2024

Ignorabimus...


Ignorabimus

Certo un mistero altissimo e più forte
dei nostri umani sogni gemebondi
governa il ritmo d'infiniti mondi
gli enimmi della Vita e della Morte.

Ma ohimè, fratelli, giova che s'affondi
lo sguardo nella notte della sorte?
Volere un Dio? Irrompere alle porte
siccome prigionieri furibondi?

Amare giova! Sulle nostre teste
par che la falce sibilando avverta
d'una legge di pace e di perdono:

«Non fate agli altri ciò che non vorreste
fosse a voi fatto!». Nella notte incerta
ben questo è certo: che l'amarsi è buono!

Guido Gozzano

Scema l'amore al sogno perso
di un dì ritrovati amanti e spersi
nell'ingnoranza affimera e certa
di attimi dissacranti e languidi...

 

Ignoramus
et
ignorabimus

〈... in’n’oràbimus
Aforisma latino  
(«ignoriamo e ignoreremo»)
pronunciato dal fisiologo tedesco 
Emil Du Bois-Reymond 
in una sua conferenza del 1880 
e diffuso poi nel linguaggio filosofico 
per indicare lo spirito di agnosticismo scettico 
nei riguardi delle superiori verità metafisiche, 
proprio del positivismo 
-TRECCANI-.

giovedì 9 maggio 2024

Noi siam come le lucciole...

 
Il poeta e la lucciola

Sconosciuto e ramingo, nel suo schianto;
ma quando canta, gli occhi al ciel rivolti,
tremano i cuori, si sbiancano i volti,
senton gli umani l'ebbrezza del pianto.

Come la lucciola, che si nasconde
allo splendor del dì, mosca tranquilla,
e a notte tanto più rischiara e brilla
quanto più son le tenebre profonde.

Corrado Govoni

La lucciola è uno degli insetti più affascinanti al mondo: con il suo addome luminescente è in grado di illuminare anche le notti più buie e di creare un’atmosfera a dir poco romantica. 
Le lucciole sono coleotteri appartenenti alla famiglia Lampyridae e sono famose per la loro capacità di brillare grazie al loro addome fluorescente. Questi insetti hanno la capacità di creare un’atmosfera magica illuminando boschi, campi e campagne nelle calde notti estive. Basti pensare che spesso le lucciole, soprattutto quando si muovono in sciami numerosi, vengono paragonate a piccole stelle cadenti fluorescenti.
Purtroppo, a causa dell’azione antropica, del cambiamento climatico e delle sostanze tossiche utilizzate in natura, questi insetti stanno lentamente scomparendo. 
Non tutti sanno che le lucciole, prima di diventare adulte e illuminare le notti estive, trascorrono gran parte della vita sotto forma larvale
Infatti, questi insetti passano ben due anni sotto forma di larve. 
Le larve sono dotate di veleni di difesa molto pericolosi e sono caratterizzate da un involucro nero con macchie rosa o gialle.  
Anche le larve, proprio come le lucciole adulte, producono luce a livello addominale, ma il loro bagliore è meno intenso di quello prodotto dagli esemplari adulti ma comunque ben visibile nche a 1-2 metri di distanza. 
La luce viene prodotta grazie all’unione di ossigeno al composto eterociclico luciferina. L’unione di questi due elementi avviene in apposite celle addominali e produce una reazione chimica (catalisi per enzima luciferasi) che sfocia nella produzione di luce quasi senza calore.
Negli ultimi anni – purtroppo – se ne vedono sempre meno esemplari. Infatti, la lucciola, come tantissime altre specie animali, è un animale in via di estinzione. A confermarlo è uno studio della Tufts University (USA) svolto in collaborazione con l’International Union for the Conservation of Nature (dalla rete).

 
La luce che emano scema
durante i dolori impetuosi;
il cuore ora più non rischiara
gli angoli bui dell'anima... 
 

mercoledì 8 maggio 2024

Catullo 36

36

Annali di Volusio, cartacce di merda,
sciogliete la promessa della donna mia,
che a Venere e a Cupido ha fatto voto,
se da lei fossi tornato accettando
una tregua al mio violento sarcasmo,
di sacrificare alle fiamme di Vulcano
i versi migliori di un pessimo poeta
perché bruciassero su maledetta legna.
Quella dolce canaglia sapeva benissimo
di fare voti come fossero uno scherzo.
E allora tu, figlia del mare azzurro,
tu che abiti sui monti sacri di Cipro,
nelle baie del Gargano, in Ancona,
nei canneti di Cnido, ad Amatunta e Golgi,
a Durazzo, emporio di tutto l'Adriatico,

se questo voto ha una sua grazia spiritosa,
accettalo e ritienilo pagato.
Ma ora tocca a voi: andatevene al rogo,
con tutta la vostra rozza stupidità,
Annali di Volusio, cartacce di merda. 

Publio Valerio Catullo

Meravigliosi luoghi descritti
su carta, negli occhi, nel cuore;
ricordi di scuola. di banco, a
tirare le ore di sera, lo studio...

martedì 7 maggio 2024

I Salici

Il salice è un albero deciduo che può raggiungere un’altezza media di 10-15 metri, anche se in alcuni casi può crescere fino a 25 metri.
Una delle caratteristiche distintive del salice è la forma dei suoi rami, che sono penduli e sottili.

Questa caratteristica è particolarmente evidente nelle varietà ornamentali del salice, dove i rami pendono verso il basso conferendo all’albero un aspetto unico e suggestivo.
Questa particolare conformazione conferisce al salice piangente un portamento elegante e delicato, che si distingue dagli altri alberi.

Sotto il salice

Sovra la cristallina
Spera d’acqua lucente
Un salice piangente
Le verdi chiome inclina
Melanconicamente.

E baciata dall’onde,
Tra quelle verdi chiome,
Una croce, siccome
Vergognosa, s’asconde,
Logora e senza nome.

La croce ignuda e brulla,
Senza un ricordo, un fiore,
La croce, o mie signore,
D’una bella fanciulla
Morta pazza d’amore.

Morta in quell’acqua cheta
Un mattino d’aprile,
Un mattin che lo stile
Di sua doglia secreta
Passolle il cor gentile.

Più di lei non favella
Anima nata: è corta
La sua storia: che importa
S’ella amò, se fu bella?
Son tant’anni ch’è morta!

Non è chi pianga e l’ami;
Solo di quando in quando
Il zeffiro passando
Fra que’ pallidi rami
Scioglie un gemito blando.

Cinta di pruni in giro,
L’acqua chiara e tranquilla,
Come una gran pupilla
Guarda il ciel di zaffiro
E sotto al ciel sfavilla.

Passa nell’alto il sole,
Passa la bianca luna:
Cadono ad una ad una
L’aride fronde sole
Sovra la croce bruna.

Arturo Graf

L'albero a cui bimbo ristetti
a gioir dell'ombra, insicuro
e solo con il naso in aria
a immaginare cavalli e Re....
 
Le foglie del salice sono di forma lanceolata e di colore verde intenso, mentre i fiori sono piccoli e riuniti in infiorescenze pendule. 
Il salice è una pianta appartenente alla famiglia delle Salicacee, che comprende più di 300 specie legnose. Queste piante sono principalmente presenti nell’emisfero boreale, lungo i corsi d’acqua e i laghi. 
Le piante della famiglia delle Salicacee sono caratterizzate dai fiori mancanti di calice e corolla, che sono unisessuali e riuniti in amenti. Il frutto di queste piante è una capsula, mentre i semi sono provvisti di un ciuffo di peli alla base. 
I salici sono piante molto adattabili e sono in grado di crescere in diverse condizioni ambientali. Sono spesso trovati lungo i margini dei corsi d’acqua, dove le loro radici possono raggiungere l’acqua sotterranea. Questa caratteristica li rende particolarmente utili per la stabilizzazione delle rive dei fiumi e dei laghi, in quanto le loro radici aiutano a prevenire l’erosione del suolo.
(dalla rete)

lunedì 6 maggio 2024

Poesiae riflesso

Primavera nel chiostro

Nell'orto del convento
i peschi sono in fiore:
un mite incantamento
tien l'orto del Signore.

Che lieto avvenimento
per le piccole suore,
che hanno un cuore d'argento
e tre spade nel cuore.

Umili, ad una ad una,
bianche come di cera,
discendono nell'orto:

e risorge ad ognuna
come una primavera
nel piccolo cuor morto.

Guelfo Civinini

Sentire il battito del cuore
nel petto che lento ci ama;
in un profumo di fiori e colori
arriva ora violentemente bella...

domenica 5 maggio 2024

Aforisma e riflesso

Fugace 
 
il termine fugace
è un aggettivo 
che indica ciò che fugge,
dura poco o scompare presto.
Si usa in letteratura, economia, botanica e altro.
(TRECCANI)
 
Di vita in vita osservo
soli che credono la luce;
rimane un abbaglia e un sorriso
mentre il nero ci circonda...
 
 Fugaceménte
 
come avverbio significa
in modo rapido, veloce
o per breve tempo: 
passando, mi salutò fugacemente;  
mi soffermai fugacemente su quel pensiero.
(TRECCANI)

sabato 4 maggio 2024

Teodorico tra storia e leggenda

Flavio Teodorico, detto il Grande, più correttamente Flavio Teoderico (in goto Þiudareiks; in greco: Θευδέριχος; in latino Flavius Theoderīcus; Pannonia, 454 – Ravenna, 30 agosto 526), è stato un sovrano ostrogoto. Fu re degli Ostrogoti dal 474 e sovrano del Regno ostrogoto in Italia dal 493 (da wikipedia).

 
La leggenda di Teodorico
 Su 'l castello di Verona
Batte il sole a mezzogiorno,
Da la Chiusa al pian rintrona
Solitario un suon di corno,
Mormorando per l'aprico
Verde il grande Adige va;
Ed il re Teodorico
Vecchio e triste al bagno sta.
Pensa il dí che a Tulna ei venne
Di Crimilde nel conspetto
E il cozzar di mille antenne
Ne la sala del banchetto,
Quando il ferro d'Ildebrando
Su la donna si calò 
E dal funere nefando
Egli solo ritornò.
Guarda il sole sfolgorante
E il chiaro Adige che corre,
Guarda un falco roteante
Sovra i merli de la torre; 
Guarda i monti da cui scese
La sua forte gioventú, 
Ed il bel verde paese 
Che da lui conquiso fu.
Il gridar d'un damigello
Risonò fuor de la chiostra:
— Sire, un cervo mai sí bello
Non si vide a l'età nostra. 
Egli ha i pié d'acciaro a smalto, 
Ha le corna tutte d'òr.
— Fuor de l'acque diede un salto
Il vegliardo cacciator. 
— I miei cani, il mio morello,
Il mio spiedo — egli chiedea;
E il lenzuol quasi un mantello
A le membra si avvolgea.
I donzelli ivano. In tanto
Il bel cervo disparí,
E d'un tratto al re da canto 
Un corsier nero nitrí. 
Nero come un corbo vecchio,
E ne gli occhi avea carboni.
Era pronto l'apparecchio,
Ed il re balzò in arcioni.
Ma i suoi veltri ebber timore E si misero a guair, E guardarono il signore E no 'l vollero seguir. In quel mezzo il caval nero Spiccò via come uno strale E lontan d'ogni sentiero Ora scende e ora sale: Via e via e via e via, Valli e monti esso varcò. Il re scendere vorría, Ma staccar non se ne può. Il più vecchio ed il più fido Lo seguía de' suoi scudieri, E mettea d'angoscia un grido Per gl'incogniti sentieri: — O gentil re de gli Amali, Ti seguii ne' tuoi be' dí, Ti seguii tra lance e strali, Ma non corsi mai cosí. Teodorico di Verona, Dove vai tanto di fretta? Tornerem, sacra corona, A la casa che ci aspetta? — — Mala bestia è questa mia, Mal cavallo mi toccò: Sol la Vergine Maria Sa quand'io ritornerò. —
Altre cure su nel cielo Ha la Vergine Maria: Sotto il grande azzurro velo Ella i martiri covría, Ella i martiri accoglieva De la patria e de la fé; E terribile scendeva Dio su 'l capo al goto re. Via e via su balzi e grotte Va il cavallo al fren ribelle: Ei s'immerge ne la notte, Ei s'aderge in vèr' le stelle. Ecco, il dorso d'Appennino Fra le tenebre scompar, E nel pallido mattino Mugghia a basso il tosco mar. Ecco Lipari, la reggia Di Vulcano ardua che fuma E tra i bòmbiti lampeggia De l'ardor che la consuma: Quivi giunto il caval nero Contro il ciel forte springò Annitrendo; e il cavaliero Nel cratere inabissò. Ma dal calabro confine Che mai sorge in vetta al monte? Non è il sole, è un bianco crine; Non è il sole, è un'ampia fronte Sanguinosa, in un sorriso Di martirio e di splendor: Di Boezio è il santo viso, Del romano senator.
Giosuè Carducci

Leggende, eroici uomini vanno
a condurre genti verso l'ignoto;
fui affascinato e seguace, allora in
un contesto di privazioni anguste...

Una leggenda romantica sulla morte vuole che a Teodorico sia giunta un giorno la notizia che era stata avvistata nei boschi una cerva dalle corna d'oro. Armatosi di arco e frecce, il sovrano s'incamminò alla sua ricerca, ma improvvisamente il cavallo che lo trasportava, imbizzarritosi, cominciò a correre senza fermarsi per l'intera penisola italiana, fino ad arrivare (dopo aver attraversato lo stretto di Messina con un salto spettacolare) al cratere dell'Etna, dentro al quale si gettò con il re in groppa. La leggenda è stata ripresa con qualche variante dal Carducci, che ne scrisse un poemetto in versi a quartina doppia: La leggenda di Teodorico, nella raccolta pubblicata con il titolo Rime nuove. Nella poesia di Carducci, il cavallo si getta in Vulcano e non nell'Etna. Una variante di questa leggenda è quella che narra che Teodorico avesse paura dei fulmini e un giorno, durante un temporale, avesse deciso di fare un bagno nella vasca del suo mausoleo per essere al sicuro. Cadde tuttavia un grosso fulmine sul mausoleo, che ne spaccò la volta creando una crepa a forma di croce e uccidendo Teodorico. Poi dal cielo scese un cavallo nero che lo caricò in groppa e andò a gettarlo nel cratere dell'Etna.

venerdì 3 maggio 2024

Sereni tra poesia e riflesso

La poesia di Vittorio Sereni è stata inizialmente inserita  sia nel modernismo minore (anche per l’influenza di poeti quali Ungaretti e Quasimodo), sia nell’ermetismo fiorentino, mostrando oggetti, situazioni e sentimenti diversamente concreti. 

Diana

Torna il tuo cielo d’un tempo
sulle altane lombarde,
in nuvole d’afa s’addensa
e nei tuoi occhi esula ogni azzurro,
si raccoglie e riposa.
Anche l’ora verrà della frescura
col vento che si leva sulle darsene
dei Navigli e il cielo
che per le rive s’allontana.
Torni anche tu, Diana,
tra i tavoli schierati all’aperto
e la gente intenta alle bevande
sotto la luna distante?
Ronza un’orchestra in sordina;
all’aria che qui ne sobbalza
ravviso il tuo ondulato passare,
s’addolce nella sera il fiero nome
se qualcuno lo mormora
sulla tua traccia.
Presto vien giugno
e l’arido fiore del sonno
cresciuto ai più tristi sobborghi
e il canto che avevi, amica, sulla sera
torna a dolere qui dentro,
alita sulla memoria
a rimproverarti la morte.

Vittorio Sereni

 
E chiederemo ai cuori nostri
un segno di pace, finalmente,
resteremo soli in fronte al buio
come si fece un tempo, lontano...
 
Al senso di inadeguatezza e di smarrimento (che lo accomunano a Montale) sia psicologici che ideologici, Sereni contrappone pochi momenti di gioia, dei veri e propri “scatti” che hanno il volto dell’amore e dell’amicizia, che compensano in parte la  sua delusione  ( soprattutto per il fallimento degli ideali socialisti  e democratici in Italia) e il  suo sentirsi prigioniero della storia. Il poeta incerto non riesce a non sentirsi estraneo nel mondo tanto che affermerà: <<Non lo amo il mio tempo, non lo amo>> (dalla rete).