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L'ombra è l'opposto del sole, ma si nutre di esso.
Un cielo grigio non genera ombre: nessun contrasto, nessun pensiero.


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mercoledì 27 aprile 2016

Cosa e parola


Cosa e parola

Felicità, cosa che sa d'amaro,
parola che si lascia dire e ride,
fior che fiorisce come un frutto raro,
gioia che il cuor sopisce e non uccide;
felicità, larva di donna, riso
di donna, occhio di donna, ombra di donna,
seppi io forse il tuo gran rombo improvviso,
rabbrividii nel tuo bacio che assonna?
E se la stringo al mio cuore soave
la chiave della mia casa solinga,
felicità, forse t'ho chiusa a chiave,

fior, gioia, donna, ombra, infelicità?
 
Marino Moretti
da "Il giardino dei frutti"

 

Marino Moretti e Juliette Bertrand
"Cosa e parola" 
è una poesia  contenuta nella raccolta "Il giardino dei frutti" del 1916.
Già nel titolo viene introdotto il tema della riflessione attorno al rapporto che intercorre tra una cosa e la parola che designa tale oggetto.
Elementi che possono anche entrare in contrasto fra loro.
La "felicità" è il fulcro della lirica, viene ripetuta ai versi 1, 5 e 11 (anafora); in apertura viene definita come una "cosa" amara, come una "parola" che, in un anagramma, si lascia "dire", pronunciare, e al contempo "ride", essa stessa.
L'eccezionalità della felicità viene rappresentata da una piccola cosa: un fiore che sboccia come un "frutto raro"; la semplicità nasconde dentro di se un processo grandioso e lento di maturazione.
La "gioia" che si prova viene calmata, chetata, dal cuore ma non uccisa: viene custodita.
Al verso 5 viene ripetuta la parola "felicità" che viene accostata alla figura della donna, prima come spettro, prototipo, della figura femminile, poi al "riso", all' "occhio" e all' "ombra", in una metonimia secondo la quale la felicità è rappresentata da ogni aspetto che la donna evoca nella mente. Il poeta si domanda se conobbe realmente quel boato, quel fragore "improvviso", inaspettato, che lo fece rabbrividire ma che, con un bacio (in un ossimoro) ha la facoltà di placare, di lenire. Se stringe dolcemente (ossimoro) al cuore, la chiave della sua casa solitaria, quella dimensione interiore emotiva e memoriale in cui poter far rivivere il ricordo, la felicità "forse" è stata chiusa al sicuro. Quel forse è molto forte, dubitativo, tanto da far domandare al poeta se il fiore, la gioia, la donna e l'ombra, poiché vive nel ricordo e nel cuore non siano invece fonte di infelicità.
La poesia si apre con la parola "felicità" e, molto significativamente, si chiude domandandosi se non sia invece "infelicità", in una sorta di struttura circolare aperta (dalla rete).
 
mi viene in mente
"non chiederci la parola"
come fosse mia,
come l'avessi pensata...

 

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