...........................................................................................................................................

L'ombra è l'opposto del sole, ma si nutre di esso.
Un cielo grigio non genera ombre: nessun contrasto, nessun pensiero.


...........................................................................................................................................

venerdì 6 marzo 2015

Fëdor Ivanovič Tjutčev

Appartenente a una famiglia dell’aristocrazia moscovita, Fëdor Ivanovič Tjutčev (1803-1873) fu diplomatico oltre che eminente poeta, e dopo aver iniziato la carriera nel Collegio degli Affari esteri di Pietroburgo operò come incaricato speciale a Monaco di Baviera – dove frequentò Heine, Schelling e gli ambienti del Romanticismo tedesco – e a Torino, dove visse dal 1837 al 1839.
Nel 1836 alcune sue liriche furono pubblicate dalla rivista di Puškin «Il contemporaneo», suscitando i primi, ampi consensi.
Nel 1844 tornò definitivamente in Russia, mentre la sua fama di poeta cresceva dopo i riconoscimenti tributatigli da Turgenev, Fet, Dobroljubov.
Il suo universo poetico è un coacervo di visioni cosmogoniche e di rappresentazioni metafisiche che rispecchiano un dualismo di tipo manicheo: vi sono due mondi, il Caos e il Cosmo, e il secondo altro non è se non l’organismo vivente della natura, un’essenza viva e pulsante ma secondaria rispetto al Caos, l’unica vera realtà, di cui il Cosmo rappresenta un’effimera scintilla.
La cosmogonia di Tjutčev si nutre di contrasti tra inaccessibili vertici di perfezione e desolate lande nordiche o spaventosi abissi dominati dal disordine notturno e dall’instabilità spettrale del fato.
A questo mondo che non conosce la gioia del possesso, ma solo la perdita, la caduta, il rimpianto, e insieme la vertigine del solitario destino umano, dà voce, con esiti memorabili, la versione di Tommaso Landolfi, scrittore così affine a Tjutčev per sensibilità e magistero poetico: centoundici componimenti – trascelti lungo l’intero arco creativo del poeta – dalla struttura concisa, austera, incalzante, in cui si riversa un’inquietudine antesignana non solo del simbolismo, ma della nostra stessa sensibilità contemporanea (dalla rete).  
 
 
Amo i tuoi occhi, amica mia,
E il loro gioco d'incanto e di fuoco,
Quando, d'un tr
atto, tu li sollevi
E come un lampo nel cielo
Rapida intorno ti guardi...


    Ma vi è un incanto ancora più intenso;
Quando nei tuoi occhi chini,
Nel momento del bacio appassionato,
Attraverso le tue ciglia abbassate
Arde il cupo fuoco del desiderio.
 
Fëdor Ivanovič Tjutčev


 
 gli occhi restano,
come quelli nello specchio
di un viso già stanco;
eppure fu amore, passione,
ora solo ricordo...

Nessun commento:

Posta un commento