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L'ombra è l'opposto del sole, ma si nutre di esso.
Un cielo grigio non genera ombre: nessun contrasto, nessun pensiero.


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lunedì 11 agosto 2014

Un castello in una poesia

Marradi
 
Il vecchio castello che ride sereno sull'alto
La valle canora dove si snoda l'azzurro fiume
Che rotto e muggente a tratti canta epopea
E sereno riposa in larghi specchi d'azzurro:
Vita e sogno che in fondo alla mistica valle
Agitate l'anima dei secoli passati:
Ora per voi la speranza
Nell'aria ininterrottamente
Sopra l'ombra del bosco che la annega
Sale in lontano appello
Insaziabilmente
Batte al mio cuor che trema di vertigine.
Dino Campana

giorno per giorno,
sole intorno
e crepe antiche
nel vecchio maniero...


MARRADI (FI)
Castello di Castiglionchio (o Castellaccio)

Il territorio risulta abitato fin dai tempi più antichi, probabilmente dai popoli Liguri, Etruschi e dai Galli. La costruzione della direttrice che collega Faenza a Firenze e Lucca risale probabilmente all'epoca Romana (circa 59 a.c.). In epoca Romana Marradi fu chiamato "Castello" (Castellum), e serviva da appoggio per i viandanti. Un podere posto alla destra del fiume Lamone, era chiamato "Marrato" cioè zappato. Da questo forse la derivazione del nome Marradi. Dopo le invasioni barbariche, principalmente Goti e Longobardi, il territorio passò sotto il dominio della Chiesa. Nell'epoca feudale furono fondate le Abbazie vallombrosiane di Santa Reparata e di Santa Maria di Crespino, e l'Eremo camaldolese di S. Giovanni di Valle Acerrata (oggi abbazia della valle). Appartenne poi dal 1164 ai conti Guidi di Modigliana, fino al 1312 quando, dopo una lunga contesa, passò sotto il dominio dei Manfredi di Faenza. Sopra l’abitato di Biforco, in posizione dominante, sono i resti del castello di Castiglionchio, chiamato anticamente “Castrum leonis”. Il fortilizio, di cui si parla in un documento del 1123, apparteneva ai Pagani, signori della Valle del Senio. Distrutto dai faentini in lotta con quella famiglia, il castello risorse e per la sua importanza strategica i Pagani lo posero sotto la protezione della Repubblica di Firenze che ne auspicava il possesso. Nel 1279 subì gravi danni per uno spaventoso terremoto che colpì il territorio di Marradi. Alla morte di Maghinardo Pagano (avvenuta nel castello di Benclaro a SantAdriano nel 1302) la rocca passò al nipote Bandino, priore di Popolano e attraverso i suoi eredi nelle mani di un Manfredi. Giovanni Manfredi, in lotta con i suoi parenti, signori di Faenza, continuò la politica di alleanza con i fiorentini, ma questi desideravano impossessarsi del suo territorio e lo imprigionarono. Nel 1428 inviarono le loro truppe ad assediare Castiglionchio, difeso dai fratelli del povero Giovanni, ma in breve fu conquistato con conseguente annessione di Marradi e degli altri suoi possedimenti a Firenze. L'antico maniero di Marradi, viene descritto dal Machiavelli come punto nevralgico per il controllo delle vie di accesso a Firenze: le strade del sale che dal mare Adriatico si innalzavano fino a raggiungere la località ALPE ( ora passo della Colla 912 slm) dovevano sottostare al controllo di diversi punti di dogana sotto la super visione del Castello di Marradi. Il maniero, negli anni seguenti, seguì dunque le sorti di Firenze e dei suoi Signori, i Medici, che cacciati dalla città nel 1494 cercarono di riconquistarne il dominio con l’aiuto dei Veneziani. Invadendo parte della Romagna, le truppe giunsero a Marradi e posero l’assedio a Castiglionchio. I difensori del castello, stremati per mancanza di viveri e di acqua, riuscirono a sopravvivere con l’aiuto di alcuni valligiani e di un’abbondante pioggia che riempì le cisterne del fortilizio. Alla fine i veneziani, non riuscendo ad espugnarlo, si ritirarono. Quando Cosimo de’ Medici venne eletto duca, concesse ai Fabbroni di Marradi, suoi fedeli sostenitori, il controllo della rocca di Castiglionchio, che successivamente venne disarmata perché non se ne servissero i nemici dei Medici. Così cominciò la lenta agonia del castello che un po' alla volta venne spogliato delle armi e degli arredi: si ricordi ad esempio la supplica da parte degli operai della fabbrica del Monastero di Marradi al Granduca, perché facesse loro grazia delle due campane che si trovavano nella rocca (1565). Il tempo e i terremoti hanno ridotto il Castellone (così chiamato popolarmente) in un rudere; sono rimasti attualmente: un torrione quadrangolare sbrecciato (da poco restaurato), resti di un edificio rettangolare, resti di una base della cinta muraria e le uscite del camminamento sotterraneo, anche se interrate. Il luogo è meta di numerose escursioni (dalla rete).

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