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L'ombra è l'opposto del sole, ma si nutre di esso.
Un cielo grigio non genera ombre: nessun contrasto, nessun pensiero.


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venerdì 20 aprile 2012

Frammento




un riscoperto mantra
avvolge il mio esile guscio
come una coltre silente
lo abbraccia e protegge;
 miseri, umili, polverosi sentieri
si alternano agli occhi
susseguirsi di ombra e di luci
quasi eterni continuano oltre;
il sospiro ora quieto stempera
le ansie del giorno e la notte,
la pace e l'angoscia con me...

anonimo del XX° secolo
frammenti ritrovati

giovedì 19 aprile 2012

Poesia e frammento

Dietro il paesaggio
da "Dietro il paesaggio"

Nei luoghi chiusi dei monti
mi hanno raggiunto
mi hanno chiamato
toccandomi ai piedi.

Sulle orme incerte delle fontane
ho seguito da vicino
e senza distrarmi
le tenebre tenere del polo
ho veduto da vicino
le spoglie luminose
gli ornamenti perfettissimi
dei paesi dell'Austria.

Hanno fatto l'aria tutta fresca
di ciliegi e di meli nudi
hanno lasciato soltanto
che un piccolo albero crescesse
sua soglia della sua tristezza
hanno lasciato fuggire in un riverbero
un tiepido coniglio di pelo.

Per le estreme vie della terra caduta
assistito da giorni tardi e scarsi
discendo nel sole di brividi
che spira da tramontana.

Andrea Zanzotto


frivoli illusi si accalcano
a porte su spazi indistinti,
la ricerca continua ci spinge
verso lidi irrisolti e contigui
là cerchiamo la pace...

mercoledì 18 aprile 2012

Chiave

Meccanica: chiave, oggetto che permette l'apertura di una serratura
chiave, utensile utilizzato per stringere o allentare dadi e bulloni.
Araldica: Chiave, figura araldica
Architettura: Chiave di volta, il cuneo fondamentale di un arco o una volta
Armi: Chiave, elemento della balestra.
Crittografia: Chiave, informazione usata come parametro in un algoritmo crittografico
Fumetti: La Chiave, nome di due personaggi dell'universo DC Comics
Informatica: Nei database, la chiave è un insieme (o un singolo) di attributi che servono ad identificare univocamente le tuple di una relazione.
Chiave del Registro di Microsoft Windows.
Musica: Chiave musicale, segno convenzionale che serve a fissare la posizione delle note e la relativa altezza dei suoni e si pone all'inizio del rigo.
Chiave, leva che negli strumenti a fiato, e nei legni in particolare, serve a chiudere o aprire un foro al di fuori della portata delle dita
Sport: Chiave, tecnica della lotta
Televisione: Chiave, effetto speciale utilizzato soprattutto nei quiz televisivi.
Altro: Le chiavi di una città vengono affidate a un personaggio oriundo da quel luogo, o che vi ha operato, dimostrando la propria grandezza e rendendo famoso il posto per la sua presenza.
(da wikipedia).



Con alterna chiave
da "Di soglia in soglia"

Con alterna chiave
tu schiudi la casa dove
la neve volteggia delle cose taciute.
A seconda del sangue che ti sprizza
da occhio, bocca ed orecchio
varia la tua chiave.

Varia la tua chiave, varia la parola
cui è concesso volteggiare coi fiocchi.
A seconda del vento che via ti spinge
s'aggruma attorno alla parola la neve.

Paul Celan
 

Mit wechselndem Schlüssel
"Von Schwelle zu schwelle"

Mit wechselndem Schlüssel
schließt du das Haus auf, darin
der Schnee des Verschwiegenen treibt.
Je nach dem Blut, das dir quillt
aus Aug oder Mund oder Ohr,
wechselt dein Schlüssel.

Wechselt dein Schlüssel, wechselt das Wort,
das treiben darf mit den Flocken.
Je nach dem Wind, der dich fortstößt,
ballt um das Wort sich der Schnee.

Paul Celan

martedì 17 aprile 2012

Un altro sorriso tra poesia e rfilesso

Un sorriso

Non costa nulla e produce molto, arricchisce chi lo riceve
senza impoverire chi lo dona.
Non dura che un istante, ma nel ricordo può essere eterno.
E' il segno sensibile di un'amicizia profonda.
Nessuno è così ricco da poterne fare a meno
e nessuno è così povero da non meritarlo.
Un sorriso dà riposo alla stanchezza e allo scoraggiamento;
rinnova il coraggio, nella tristezza è consolazione.
Un sorriso è un bene che ha valore nell'istante in cui si dona.
Se incontrerai chi il sorriso a te non dona, sii generoso e dà il tuo,
perché nessuno ha tanto bisogno di sorriso
come chi non sa darlo

Kahlil Gibran


si stempera sul volto mio teso
un sorriso velato di tristezza,
si appannano gli occhi e lo sguardo
più non vaga lontano, si ferma
in quell'attimo dove riflettere,
in quella terra di nessuno, una landa
che è solo solitudine assoluta... 

lunedì 16 aprile 2012

Il sonno


Il sonno

Maledetti voi, veleni oscuri,
bianco sonno!
Questo stranissimo giardino
d'alberi crepuscolari
popolato di serpi e di falene,
di ragni, pipistrelli.
L'ombra, straniero, che hai perduta
nel rosso del tramonto:
un truce corsaro
nel salso mar della tristezza.
Sul ciglio delle notte
s'alzano a volo uccelli bianchi
sopra crollanti città d'acciaio.

Georg Trakl


fenditure notturne allineano
le dense coltri di polvere
in unico grigio contesto,
fuori di me il mondo
che traffica giorni di pioggia
dove vado stamani è deciso
dove porto il mio cuore non sò... 


Il sonno è un fenomeno naturale e biologico a carattere periodico durante il quale si verifica una perdita di coscienza e la riduzione o la sospensione parziale del funzionamento dei centri nervosi con la conseguente diminuzione delle varie funzioni organiche: circolazione, respirazione, metabolismo e altre.
Sembra che chi dorme troppo poco abbia un'aspettativa di vita inferiore rispetto a chi dorme bene e per un numero sufficiente di ore. Quando il riposo notturno non è soddisfacente si verificano tutta una serie di problemi e di inconvenienti, che creano difficoltà e disagio al nostro organismo. Tipici sono la sensazione di sonnolenza durante il giorno, il senso di affaticamento e il nervosismo conseguenti ad uno scarso riposo notturno. Tuttavia dormire un alto numero di ore non significa necessariamente essere riposati, perché spesso il sonno è disturbato da una serie di manifestazioni e di problemi che rendono il riposo non ristoratore.
La frequenza dei problemi del sonno hanno stimolato studi e ricerche, lavori di medici, psichiatri e psicologi, tutti impegnati a capire, a individuare e, se possibile, risolvere e curare le varie difficoltà che si manifestano.
Le conoscenze in proposito sono oggi ancora piuttosto limitate; infatti non è ancora chiaro il motivo per cui si debba dormire e gli studi svolti fino ad oggi riescono sostanzialmente a spiegare soltanto il fenomeno del sonno e le sue caratteristiche fisiologiche.
Unica reale certezza è che il sonno è essenziale per una buona qualità della vita, è fondamentale per il nostro organismo, per l'efficienza del sistema immunitario, per la salute in generale, per la crescita e per le corrette funzioni organiche.
Quando si dorme avvengono una serie di processi fisici che, rallentando tutte le attività del corpo e del cervello, permettono all'intero organismo di riposare. La mancanza di riposo cronica, oltre ad interferire con l'accrescimento e ridurre le difese immunitarie, produce effetti negativi sulla concentrazione, sulla capacità di decisione e sull'efficienza.
Dormire è per il nostro corpo importante quanto nutrirsi o dissetarsi e la sua mancanza produce danni al nostro organismo a livello fisiologico e psicologico. Importante è perciò capire che cos'è realmente il sonno, come si sviluppa e si differenzia durante la notte, quali sono le condizioni che lo disturbano, quali i problemi che rendono il riposo non soddisfacente o addirittura insufficiente per l'organismo. Conoscere i principali disturbi del sonno, dal russamento all'insonnia in tutte le forme, ci dà la possibilità di affrontarli, limitarli e risolverli (dalla rete).

domenica 15 aprile 2012

Nevina e Fiordaprile


Quando il sughero pesava e la pietra era leggera
come il ricciolo dell'ava
c'era, allora, c'era... c'era...


... una principessa chiamata Nevina che viveva sola col padre Gennaio.
Lassù, nel candore perpetuo, abbagliante, inaccessibile agli uomini, il Re Gennaio preparava la neve con una chimica nota a lui solo; Nevina la modellava su piccole forme tolte dagli astri e dagli edelweiss, poi, quando la cornucopia era piena, la vuotava secondo il comando del padre ai quattro punti dell'orizzonte.
E la neve si diffondeva sul mondo.
Nevina era pallida e diafana, bella come le dee che non sono più: le sue chiome erano appena bionde, d'un biondo imitato dalla Stella Polare, il suo volto, le sue mani avevano il candore della neve non ancora caduta, l'occhio era cerulo come l'azzurro dei ghiacciai.
Nevina era triste.
Nelle ore di tregua, quando la notte era serena e stellata e il padre Gennaio sospendeva l'opera per dormire nell'immensa barba fluente, Nevina s'appoggiava ai balaustri di ghiaccio, chiudeva il mento tra le mani e fissava l'orizzonte lontano, sognando.
Una rondine ferita che valicava le montagne, per recarsi nelle terre del sole, era caduta nelle sue mani, che avevano tentato invano di confortarla; nei brividi dell'agonia la rondine aveva delirato, sospirando il mare, i fiori, i palmizi, la primavera senza fine. E Nevina da quel giorno sognava le terre non viste.
Una notte decise di partire. Passò cauta sulla barba fluente di Gennaio, lasciò il ghiaccio e la neve eterna, prese la via della valle, si trovò fra gli abeti. Gli gnomi che la vedevano passare diafana, fosforescente nelle tenebre della foresta, interrompevano le danze, sostavano cavalcioni sui rami, fissandola con occhi curiosi e ridarelli.
- Nevina!
- Nevina! Dove vai?
- Nevina, danza con noi!
- Nevina, non ci lasciare!
E gli Spiritelli benigni le facevano ressa intorno, tentavano di arrestarle il passo abbracciandole con tutta forza la caviglia, cercavano di imprigionarle i piedi leggeri entro rami d'edera e di felce morta.
Nevina sorrideva, sorda ai richiami affettuosi, toglieva dalla cornucopia d'argento una falda di neve, la diffondeva intorno, liberandosi dei piccoli compagni di gioco. E proseguiva il cammino diafana, silenziosa, leggera come le dee che non sono più.
Giunse a valle, fu sulla grande strada.
L'aria si mitigava. Un senso d'affanno opprimeva il cuore di Nevina; per respirare toglieva dalla cornucopia una falda di neve, la diffondeva intorno, ritrovava le forze e il respiro nell'aria fatta gelida subitamente.
Proseguì rapida, percorse gran tratto di strada. Ad un crocevia sostò in estasi, con gli occhi abbagliati. Le si apriva dinnanzi uno spazio ignoto, una distesa azzurra e senza fine, come un altro cielo tolto alla volta celeste, disteso in terra, trattenuto, agitato ai lembi da mani invisibili.
Nevina proseguì sbigottita. La terra intorno mutava. Anemoni, garofani, mimose, violette, reseda, narcisi, giacinti, giunchiglie, gelsomini, tuberose, fin dove l'occhio giungeva, dal colle al mare, mal frenati dai muri e dalle siepi dei giardini, i fiori straripavano come un fiume di petali dove emergevano le case e gli alberi.
Gli ulivi distendevano il loro velo d'argento, i palmizi svettavano diritti, eccelsi come dardi scagliati nell'azzurro.
Nevina volgeva gli occhi estasiati sulle cose mai viste, dimenticava di diffondere la neve; poi l'affanno la riprendeva, toglieva una falda, si formava intorno una zona di fiocchi candidi e d'aria gelida che le ridava il respiro. E i fiori, gli ulivi, le palme guardavano pur essi con meraviglia la giovinetta diafana che trasvolava in un turbine niveo e rabbrividivano al suo passaggio.
Un giovane bellissimo, dal giustacuore verde e violetto, apparve innanzi a Nevina, fissandola con occhi inquieti, vietandole il passo:
- Chi sei?
- Nevina sono. Figlia di Gennaio.
- Ma non sai, dunque, che questo non è il regno di tuo padre? Io sono Fiordaprile, e non t'è lecito avanzare sulle mie terre. Ritorna al tuo ghiacciaio, pel bene tuo e pel mio!
Nevina fissava il principe con occhi tanto supplici e dolci che Fiordaprile si sentì commosso.
- Fiordaprile, lasciami avanzare! Mi fermerò poco. Voglio toccare quella neve azzurra, verde, rossa, violetta che chiamate fiori, voglio immergere le mie dita in quel cielo capovolto che è il mare!
Fiordaprile la guardò sorridendo; assentì col capo:
- Andiamo, dunque. Ti farò vedere tutto il mio regno.
Proseguirono insieme, tenendosi per mano, fissandosi negli occhi, estasiati e felici. Ma via via che Nevina avanzava, una zona bigia offuscava l'azzurro del cielo, un turbine di fiocchi candidi copriva i giardini meravigliosi.
Passarono in un villaggio festante; contadini e contadine danzavano sotto i mandorli in fiore. Nevina volle che Fiordaprile la facesse danzare: entrarono in ballo; ma la brigata si disperse con un brivido, i suoni cessarono, l'aria si fece di gelo; e dal cielo fatto bigio cominciarono a scendere, con la neve odorosa dei mandorli, i petali gelidi della neve, la vera neve che Nevina diffondeva al suo passaggio.
I due dovettero fuggire tra le querele irose della brigata.
Giunti poco lungi, volsero il capo e videro il paese di nuovo festante sotto il cielo rifatto sereno...
- Nevina, ti voglio sposare!
- I tuoi sudditi non vorranno una regina che diffonde il gelo.
- Non importa. La mia volontà sarà fatta.
Avanzarono ancora, tenendosi per mano, fissandosi negli occhi, immemori e felici... Ma ad un tratto Nevina s 'arrestò coprendosi di un pallore più diafano.
- Fiordaprile! Fiordaprile! ... Non ho più neve!
E tentava con le dita - invano - il fondo della cornucopia.
- Fiordaprile! ... Mi sento morire! .. . Portami al confine... Fiordaprile!... Non reggo più!...
Nevina si piegava, veniva meno. Fiordaprile tentò di sorreggerla, la prese fra le braccia, la portò di peso, correndo verso la valle.
- Nevina! Nevina! Nevina non rispondeva. Si faceva diafana più ancora. Il suo volto prendeva la trasparenza iridata della bolla che sta per dileguare. - Nevina! Rispondi!
Fiordaprile la coprì col mantello di seta per difenderla dal sole ardente, proseguì correndo, arrivò nella valle, per affidarla al vento di tramontana.
Ma quando sollevò il mantello Nevina non c'era più.
Fiordaprile si guardò intorno smarrito, pallido, tremante. Dov'era? L'aveva perduta per via? Alzò le mani al volto, in atto disperato; poi il suo sguardo s'illuminò.
Vide Nevina dall'altra parte della valle che salutava con la mano protesa in un addio sorridente.
Un suo vecchio precettore, il vento di tramontana, la sospingeva pei sentieri nevosi, verso il ghiaccio eterno, verso il regno inaccessibile del padre Gennaio.

Guido Gozzano

sabato 14 aprile 2012

Riflesso e poesia


cime di alberi svettano
nel mio giardino segreto,
si piegano a raffiche di vento
torreggiano nel cielo di pioggia;
completa consuetudine piange
le casuali venute dal buio...


E se non puoi la vita che desideri...

E se non puoi la vita che desideri
cerca almeno questo
per quanto sta in te: non sciuparla
nel troppo commercio con la gente
con troppe parole in un viavai frenetico.
Non sciuparla portandola in giro
in balía del quotidiano
gioco balordo degli incontri
e degli inviti,
fino a farne una stucchevole estranea.

Costantinos Kavafis

venerdì 13 aprile 2012

Alla pioggia

Alla pioggia

Scendi a torrenti, giù, pioggia feconda.
Riga il ciel de le tua fila infinite,
Ravviva i germi, suscita le vite
Nel seno de la terra sitibonda!

Scroscia ne la città negra ed immonda,
Gorgoglia ne le piazze inaridite,
Lava i sobborghi, spazza la mefite,
Corri, schizza, ringorga, inaffia, inonda!

Vedi, tutto si scote e si ridesta
Sotto ai sonanti sprazzi cristallini,
Tutto sgocciola, tremola e fa festa,

E dai vetri t’applaudono i bambini
E i fiori verso te levan la testa
E le donne ti mostrano i piedini.

Edmondo De Amicis


La pioggia è la forma più comune di precipitazione atmosferica e si forma quando gocce separate di acqua cadono al suolo dalle nuvole. Il suo codice METAR è RA. La pioggia gioca un ruolo importantissimo nel ciclo dell'acqua, nel quale il liquido che evapora dagli oceani sotto forma di vapore si condensa nelle nuvole e cade di nuovo a terra, poi ritorna negli oceani attraverso le falde sotterranee, il ruscellamento e i fiumi per ripetere nuovamente il ciclo. In tal modo si rende disponibile alla biosfera, permettendo lo sviluppo della flora e della fauna e l'abitabilità agli esseri umani.
L'ammontare della pioggia caduta si misura in millimetri attraverso i pluviometri o pluviografi. In meteorologia 10 mm di pioggia equivalgono a 10 litri d'acqua caduti su una superficie di 1 m². La quantità di pioggia ricevuta annualmente nelle varie zone terrestri ne classifica il tipo di clima. Una parte della pioggia che cade dalle nuvole non riesce a raggiungere la superficie ed evapora nell'aria durante la fase di discesa, specialmente se attraversa aria secca; questo tipo di precipitazione è detta virga.
Le gocce di pioggia sono spesso descritte e raffigurate come a "forma di lacrima", tonde sul fondo e più strette verso la cima, ma questo è scorretto (solo le gocce d'acqua che gocciolano da qualche sorgente sono a forma di lacrima al momento che si formano). Le gocce di pioggia piccole sono quasi sferiche. Le gocce più grandi sono molto appiattite a forma di panino, quelle più grandi ancora sono a forma di paracadute. Le gocce di pioggia che risultano dallo scioglimento poco tempo prima di un fiocco di neve sono grandi e formano una rosellina di gocce più piccole quando arrivano al suolo. In media le gocce sono 1–2 mm di diametro, le più grosse sono state registrate in Brasile e nelle Isole Marshall nel 2004 con più di 1 cm di diametro. Questa grandezza è stata spiegata con la condensazione di grandi particelle di fumo o di collisione tra gocce in zone relativamente piccole con un contenuto d'acqua particolarmente notevole.
Generalmente la pioggia ha un pH leggermente inferiore a 6, cioè debolmente acido a causa dell'assorbimento di anidride carbonica dall'atmosfera, che a contatto con l'acqua delle goccioline dà luogo alla formazione di quantità minime di acido carbonico. In alcune aree desertiche, il pulviscolo atmosferico contiene tanto bicarbonato di calcio da bilanciare la naturale acidità della precipitazione e quindi la pioggia può essere neutra o addirittura alcalina.
La pioggia con un pH inferiore a 5,6 è considerata pioggia acida (da wikipedia).

giovedì 12 aprile 2012

Poesia e ancora pioppi

Il pioppo, nome comune per Populus, appartiene alla famiglia delle Salicacee.
E' una pianta che ha una crecita molto rapida e può arrivare fino a trenta metri di altezza.
Il pioppo ha origine nell'emisfero settentrionale e vanta una trentina di specie diverse.
In Italia è ampia la sua diffusione nella Pianura Padana, da dove, transitando, si può facilmente osservare come questo tipo di albero sia particolarmente coltivato su grandi superfici, soprattutto in posizione ravvicinata rispetto al corso del Po.
CLAUDE MONET (1840-1926)
Les peupliers, oil on canvas, painted in 1891
La caratteristica leggerezza delle sue foglie, così come della sua chioma, non eccessivamente fitta, e del suo colore molto chiara unito alla forma elegante e colonnare che si riscontra in molte tra le sue specie, rendono il pioppo particolarmente apprezzato nella formazione di viali, sia in parchi che in giardini. 
Sempre in virtù della chioma leggera e della sua facile adattabilità al pieno sole, il pioppo viene anche spesso utilizzato nella costruzione di schermature o barriere frangivento. Il tronco del pioppo è eretto e nodoso con molte ramificazioni.
La sua corteccia è bianca, oppure di colore grigio chiaro che con il trascorrere degli anni va a intensificarsi verso una tonalità bruna o grigio-scura.
Il pioppo presenta foglie ovali, oppure romboidali, o anche lobate, a seconda delle diverse specie. Hanno una lunghezza di otto centimetri circa e colore bruno-verde, più lucide nella lamina superiore meno nella loro superficie inferiore.
I fiori maschili e quelli femminili sono collocati su individui diversi disposti in amenti separati. Gli amenti maschili possono arrivare a una lunghezza anche di nove centimetri e presentano fiorellini fitti e divesi stami.
Quelli femminili arrivano anche a dodici centimetri di lunghezza e hanno un colore tendente al giallo-verde, con fiorellini molto meno fitti rispetto ai maschi.
I frutti del pioppo, invece, sono delle piccole capsule di forma ovoidale che contengono al loro interno dei semi lanuginosi.
Giunte alla giusta maturità le capsule lasciano uscire i semi aprendosi in due parti, e questi si spargono spinti dal vento.
Non di rado i frutti sono causa di allergie a per il loro polline (dalla rete).


Il pioppo

Vibra nel vento con tutte le sue foglie
il pioppo severo;
spasima l'aria in tutte le sue doglie

nell'ansia del pensiero:
dal tronco in rami per fronde si esprime
tutte al ciel tese con raccolte cime:
fermo rimane il tronco del mistero,
e il tronco s'inabissa ov'è più vero.

Clemente Rebora



mercoledì 11 aprile 2012

Preludio e riflesso

preludio
[pre-lù-dio] s.m. (pl. -di)

1 mus. Brano strumentale che introduce una composizione; nell'opera lirica, ouverture, sinfonia; in epoca romantica, componimento strumentale autonomo, breve e intensamente lirico.
2 estens. Scritto o discorso introduttivo: p. di un romanzo.
3 fig. Fatto, insieme di fatti, che lasciano presagire ciò che sta per accadere: il malcontento è il p. della rivolta.


PRELUDIO


Noi siamo i figli dei padri ammalati;
Acquile al tempo di mutar le piume,
Svolazziam muti, attoniti, affamati,
Sull’agonia di un nume.

Nebbia remota è lo splendor dell’arca,
E già all’idolo d’or torna l’umano,
E dal vertice sacro il patriarca
S’attende invano;

S’attende invano dalla musa bianca
che abitò venti secoli il Calvario,
E invan l’esausta vergine s’abbranca
Ai lembi del Sudario...

Casto poeta che l’Italia adora,
Vegliardo in sante visioni assorto,
Tu puoi morir!... Degli antecristi è l’ora!
Cristo è rimorto! —

O nemico lettor, canto la Noja,
L’eredità del dubbio e dell’ignoto,
Il tuo re, il tuo pontefice, il tuo boja,
Il tuo cielo, e il tuo loto!

Canto litane di martire e d’empio;
Canto gli amori dei sette peccati
Che mi stanno nel cor, come in un tempio,
Inginocchiati.

Canto le ebbrezze dei bagni d’azzurro,
E l’Ideale che annega nel fango...
Non irrider, fratello, al mio sussurro,
Se qualche volta piango:

Giacchè più del mio pallido demone,
Odio il minio e la maschera al pensiero,
Giacchè canto una misera canzone,
Ma canto il vero!


Emilio Praga
Novembre 1864

  
Franco Crocco, Tecnica mista su compensato, 2007
  
la verità si piega, si adatta,
alle richieste del caso, al momento,
vome perpetue vicissitudini
le glorie del tempo stagnano
in angusti riposti ombrosi...