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L'ombra è l'opposto del sole, ma si nutre di esso.
Un cielo grigio non genera ombre: nessun contrasto, nessun pensiero.


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sabato 12 aprile 2014

Interno e mare

interno

[in-tèr-no] agg., s.
agg. (compar. interiore o più interno, superl. intimo o internissimo)
  • 1 Che si trova dentro a qlco.: scala, porta i. || numero i., indicante i singoli appartamenti di un palazzo o i portoni che non si affacciano sulla strada
  • 2 geogr. regione i., priva di sbocchi sul mare | mare i., circondato da terre | acque i., fiumi e laghi | navigazione i., quella su acque i.
  • 3 Che attiene agli organi che hanno sede nel corpo umano e al loro funzionamento: medicina i. || per uso i., di medicinale, che deve essere introdotto nel corpo
  • 4 Che avviene, ha valore entro un ambito delimitato: concorso, regolamento i.; in partic. che si svolge entro i confini di uno stato SIN nazionale: commercio i.; politica i. || guerra i., intestina, civile
  • 5 sport. partita, vittoria, sconfitta i., giocata, riportata sul proprio campo
  • 6 Di persona, che vive o lavora stabilmente entro una struttura: medico i.
  • 7 fig. Dell'animo, della coscienza SIN interiore: voce i.
s.m.
  • 1 Parte di dentro: l'i. di un edificio || all'i., nell'i., dall'i., dentro; anche come loc. prep. all'i. di
  • 2 (spec. pl.) Ambiente chiuso: pittore d'interni
  • 3 Numero i.: abitare all'i. 3
  • 4 Ciò che riguarda gli affari nazionali di uno stato: notizie dall'interno; (iniziale maiusc.) amministrazione civile dello Stato che presiede alla sicurezza pubblica: ministro dell'Interno o degli Interni
  • 5 (f. -na) Convittore di un collegio; nelle facoltà universitarie, in partic. a medicina, studente ammesso in un istituto per svolgervi attività di studio e di ricerca
  • 6 sport. (anche con riferimento a donna; ma diffuso il f. interna) Nel calcio, il giocatore che occupa il ruolo di mezz'ala: i. destro, sinistro
  • 7 fig. Interiorità di una persona SIN intimo: soffrire nell'i.
avv. internamente
  • 1.Nell'interno, dalla parte di dentro
  • 2. fig. Nell'intimo dell'animo.

il Sabatini Coletti Dizionario della Lingua Italiana



Mare interno

L’anima mia superba è fatta un mare
Vasto, profondo, senza suon, senz’ira;
Si stende il flutto quanto l’occhio gira,
Nè terra alcuna all’orizzonte appare.
Dall’incurvato ciel nell’onde amare
La fredda luna con terror si mira,
E mai sopr’esse l’aquilon non spira
Suscitator di fortunose gare.
Giù nel profondo, in tenebroso orrore,
Chiude gli avanzi d’un perduto mondo,
Occulta l’opre dell’iniqua sorte;
Città sommerse, inabissate prore,
Inutili tesor buttati al fondo,
Tutta una infinità di cose morte.

Arturo Graf



ciò che dentro abbiamo
è un mare,
di gesti, di parole,
che tenersi in fondo alla gola
è assurdo e ridicolo...

venerdì 11 aprile 2014

Frammento

...tra le incertezze sentire
un suono che nenia l'aria,
poi curvarsi sul centro
di un assurdo incostante
e tornare a dormire...

Anonimo
del XX° secolo
frammenti ritrovati

giovedì 10 aprile 2014

Poesia e riflesso

Strada

Un bagliore di automobili in fuga
i miei pensieri riordinava in bianco e nero.

Io che attraverso la strada
solo nei punti consentiti dalla legge,
sono stato invitato all’improvviso
fra le rose.

E come si chiarisce un bruno ramo
nel punto in cui si spezza, così io
nel mio amore
sono chiaro.

Yehuda Amichai
Traduzione di Ariel Rathaus


i ricordi hanno
 facce lontane,
come
vivide immagini,
come passi
a ritroso,
io
mi sento qui...

martedì 8 aprile 2014

Poesia e riflesso

Mare

I
Di tutti gli angoli del mondo
Amo d’un amore piú forte e piú profondo
La nuda spiaggia in estasi e la duna
Dove mi unii al mare, al vento e alla luna.

II
Odoro gli alberi la terra e il vento
Che la primavera colma di profumi
Ma io vi voglio solo e solo vi procuro
La selvaggia esalazione delle onde
In ascesa verso gli astri come un grido puro.


 

Sophia de Mello
Breyner Andresen

 

vedo
un niente di mare
dal lucernario
 della mansarda
eppure
è abbastanza,
è un sogno
che ricorre...

lunedì 7 aprile 2014

Cicuta


Cicuta

E te pur ama il generoso aprile.
Virulenta cicuta. Il sol, che infonde
La virtù nella vite e nelle bionde
Messi, t’educa e non ti tiene a vile.
Ti guardo e rido: oh strana cosa! e donde
Trasse Natura il tossico sottile
Entro il gracile stelo e nel gentile
Frastaglio inciso delle verdi fronde?
Ti guardo, e l’egro cor mi si dischiude.
E mi guizza un pensier dentro la mente
Siccome serpe in gorgo di palude:
Ti sia propizio il sole ed il veleno
Sia benedetto della tua semente,
Che d’ogni mal più rio guarisce a pieno.

Arturo Graf


amaro veleno infonde
animi soli e perde
significato lungo la via;
un sorso solo,
solo un momento;
poi il nulla...


La cicuta (Conium maculatum L., 1753) è una pianta della famiglia delle Apiaceae.
È una pianta erbacea a ciclo biennale che si può trovare fino a 1800 metri di altitudine. Comunemente nota come cicuta o cicuta maggiore, è originaria dell'Europa ed è passata alla storia quale leggendaria bevanda che sotto forma di infuso il filosofo Socrate fu condannato a bere per darsi la morte. Tuttavia, con tutta probabilità (dati i sintomi descritti nel Fedone di Platone), Socrate utilizzò una mistura di veleni (cicuta da Conium, oppio e datura). Conium maculatum è una pianta erbacea con radice carnosa di colore bianco. Presenta un odore sgradevole e nauseabondo, simile all'urina di gatto, soprattutto quando viene spezzata. Cresce spontanea nelle campagne italiane, dove preferisce i luoghi ben freschi (ai bordi delle siepi, nei pressi dei rigagnoli...). Il fusto, che può raggiungere 1-2 metri di altezza, è cavo, glabro, tipicamente arrossato verso il basso e presenta per tutta la lunghezza delle macchie rosso-vino. Le foglie possono raggiungere i 50 cm di lunghezza e 40 di larghezza, assumono una forma grosso modo triangolare e sono suddivise al loro interno in un gran numero di foglioline a bordi dentati (foglia composta pennatosetta). I fiori appaiono generalmente al secondo anno di vita e sono portati in infiorescenze ad ombrella di colore bianco. La pianta fiorisce tra aprile ed agosto.

Tutta la pianta è notevolmente velenosa e può portare alla morte. Ciò è dovuto alla presenza di almeno cinque diversi alcaloidi: la coniina, la conidrina, la pseudoconidrina, la metilconicina e la coniceina. La coniina — una neurotossina — è l'alcaloide più attivo ed agisce a livello delle sinapsi neuromuscolari.
La concentrazione dei principi attivi tossici varia in funzione della parte della pianta, in particolare:
  • frutti verdi: 0,73 - 0,98 %
  • frutti maturi: 0,50 %
  • fiori: 0,09 - 0,24 %
  • foglie: 0,03 - 0,18 %
  • fusti: 0,01 - 0,08 %
  • radici: 0,05 %
Si ritiene che la dose mortale per un essere umano sia di qualche grammo di frutti verdi. Nell'uomo l'ingestione della cicuta provoca problemi digestivi, cefalee ed in seguito parestesia, diminuzione della forza muscolare, e infine una paralisi ascendente.
La pianta è tossica sia per il bestiame che per l'uomo, e per questo motivo viene ignorata dagli erbivori. La dose letale per un cavallo è di circa 2 chilogrammi di foglie, mentre poco più di mezzo chilogrammo è sufficiente per una vacca. La dose letale per una pecora si aggira intorno ai 2 etti. I volatili in genere invece ne sono immuni. Il veleno agisce anche indirettamente, cioè può portare ad avvelenamento anche in seguito ad ingestione di un animale che se ne era cibato in precedenza (da wikipedia).

domenica 6 aprile 2014

Proverbio cinese




Le cime più alte
degli alberi
vengono raggiunte
dagli animali
più intelligenti, le aquile,
e dagli animali
che strisciano, i serpenti.

proverbio
cinese
 

sabato 5 aprile 2014

Presunzione

preunzióne (ant. o pop. prounzióne) s. f. [dal lat. praesumptio -onis, der. di praesumĕre «presumere», part. pass. praesumptus]. –

1.
a. Argomentazione o congettura per cui da fatti noti o anche in parte immaginati si ricavano opinioni e induzioni più o meno sicure intorno a fatti ignorati: l’arciprete ci era sconosciuto, ... che fosse vecchio era semplice nostra presunzione (Montale); nella p. che ..., supponendo che ...: nella p. che il danno sia stato provocato da lui, dev’essere lui a risarcirlo.
b. Nel linguaggio giur. e giudiziario: p. d’innocenza, principio (derivato dalla tradizione giuridica anglosassone) per cui chi sia accusato di un crimine è da ritenersi innocente finché non sia stata confermata (a seguito di un regolare processo) la sua colpevolezza. P. legale, quella che si configura quando la legge stessa indica le conseguenze che si devono trarre in via induttiva dalla prova di determinati fatti (per es., p. legale di concepimento, quando la nascita avvenga dopo centottanta giorni dalla celebrazione del matrimonio e prima di trecento giorni dal suo scioglimento o annullamento); in partic., p. assolute, o iuris et de iure (cioè, «del diritto e sul diritto»), se non ammettono prova contraria; p. relative, o iuris tantum (cioè, «soltanto del diritto»), quelle che dispensano dalla prova coloro cui giovano, ma possono essere superate attraverso prove contrarie da parte di chi ha interesse a contestarle; p. semplici, quelle lasciate all’apprezzamento discrezionale del giudice; p. muciana, quella secondo la quale, ai fini delle procedure fallimentari, si considerano proprietà del fallito i beni acquistati dal coniuge di questo nel quinquennio antecedente alla dichiarazione di fallimento (v. anche muciano).

2. Fiducia eccessiva nelle proprie capacità, alta ed esagerata opinione di sé, con riferimento a un comportamento particolare e determinato: questa è vera e propria p.!; se non è p. la mia, penso di poter dire sull’argomento una parola definitiva; o con riferimento a un atteggiamento abituale, a un difetto costante: è un giovane pieno di p.; sopporto tutto nei miei collaboratori ma non la p.; sarebbe più simpatico se mettesse un limite alla sua presunzione. Nell’uso letter. e ant., anche con il sign. di ardire, audacia: non dubito punto che tu non ti debbi maravigliare della mia p. sentendo quello per che principalmente qui venuta sono (Boccaccio); e con quello di pertinacia, contumacia: Star li convien da questa ripa in fore, Per ognun tempo ch’elli è stato, trenta, In sua presunzïon (Dante), trenta volte il tempo che egli è rimasto nella superba ostinazione di non sottomettersi alla Chiesa. Nella teologia cattolica, peccato di p. (o p. della propria salvezza, o di salvarsi senza merito), peccato che si oppone alla virtù della speranza in quanto ripone nell’uomo la capacità di raggiungere la salvezza eterna, senza il concorso della grazia. ◆ Dim., non com. preunzioncèlla.

Dizionariuo TRECCANI

 
Presunto

Presunto distratto
nel mio pensare,
le tegole del mondo
si scrignano unite.
presunto contesto
nel mio prosieguo,
in un quadro artefatto
rigiungo e rimango.
Presunto contratto
ridolgo e rivolgo
attenzioni lontane
come in un sogno.

Anonimo
del XX° secolo
poesie ritrovate

venerdì 4 aprile 2014

Stella e fiamme



  

Mane Mane
 
'na stella guard'o munno
e dint'o munno se perde
e chi è tempesta 'e notte
mare addiventa
e l'acqua 'nfonn' 'e pann'
e arrugginisc' 'e cannune
neve d' 'o deserto
salvi lo vesuvio

mane e mane
int' 'a stu fridd' che fa
'o viento ca vene
'o viento ca va
mane e mane
sott' a 'nu cielo zulu
'o vient pe' sempe
'o vient mai 'cchiù

béka lon
béka lon koo moloulé dèla
kambolo di gnogoma
béka lon
béka lon koo moloulé dèla
kahakilike keléndi keléndi

e chi nun cunusce 'o scuro
nun po' capì 'a luce
nisciuno sape 'a nato
ognuno è sulo
'na stella guard'o munno
e dint'o munno se move
e chi è erba argento
ghiaccio s' arretrova
e ll'acqua 'nfonn' 'e nave
arrugginisce 'e catene
'e valig' c'o' spavo
'e paur d'aier

konko yè moloukan
cbèlèya ye moloukan
kèlè mabori lèno wokèla
yankaro yé moloukan
toroya yé moloukan
kèlè maborì lèno wokèla
alouye mirissa anyé fara
kèlema tougna

mane e mane
int' 'a stu friddo che fa
'o viento ca viene
'o viento ca va
mane e mane
sott' a 'nu cielo zulu
'o vient pe' sempe
'o vient mai 'cchiù

bèka lon
bèka lon koo moloulè déla
kambolo di gnogoma
béka lon
béka lon koo moloulè déla
kahakilike keléndi keléndi

Enzo Avitabile
 
 
La fiamma viva straziò l’aria,
uní i volti in purpureo gesto,
svegliò la freschezza delle bocche,
fece delle braccia un nido,
e dei corpi
brezze nelle dune,
cullarsi delle foglie nelle brezze.


Clara Janés
Arcangelo d'ombra
 
Vivo come mai ripiego
in usuali pensieri,
le fila dei discorsi
si stendono quiete...

mercoledì 2 aprile 2014

Graf

Ad Arturo Graf,
nato nel 1848 ad Atene da padre tedesco e madre italiana (e morto a Torino nel 1913), è riconducibile uno dei momenti di massimo splendore letterario cittadino del Novecento, coincidente con la nascita del “Giornale storico della letteratura italiana”.
Celebri le sue “Sabatine”, ossia le lezioni di letteratura che teneva il sabato all’università a cavallo dei due secoli a cui assistevano, con enorme partecipazione, studenti e rappresentanti della cultura cittadina (dalla rete).


Fede

E tu candida luna, irradiavi
Il ciel di maggio, e la sparente scena
De’ gran monti nevosi, e la serena
Pace dell’acque ove ti specchi e lavi.
E tu, gentile zeffiro giocondo,
Tripudiavi tra le piante, e il molle
Inebbriante olezzo alle corolle
Givi predando e il polline fecondo.
Lungo i viali del giardin, davanti
Ai tassi bruni, ove a cantar si chiude
Il notturno usignol, nel marmo ignude
Biancheggiavan le ninfe e le baccanti.
Sopra l’alto terrazzo, a canto a un plinto
Che il simulacro dell’Amor reggea,
Sedean gli amanti insieme; egli le avea
L’un braccio al collo flessuoso avvinto.
E poi che il biondo capo ebbe a sè tratto:
"Oh come — disse — io brucio a te vicino!
Deh va’, mi colma di fragrante vino
Il bicchier sacro all’amoroso patto".
Ella sorrise e pronta volse il piede
Entro la stanza: ivi di lucid’asse
Era uno stipo ond’ella il bicchier trasse
Di nitido cristal sacro alla fede.
E di vin lo colmò poscia di seno
Trasse un’ampolla, e con la man di neve,
Senza un sussulto, circospetta e lieve,
V’infuse dentro l’infernal veleno.
Ei bevve, e in premio sull’amata fronte
Dieci e dieci stampò baci soavi:
E tu, candida luna, irradiavi
Il ciel di maggio e la pianura e il monte.
Ei bevve, e dieci e dieci volte al core
Strinse il bel corpo tenero e lascivo:
E tu, gentile zeffiro giulivo,
Tripudiavi tra le piante in fiore.
Ei bevve!... ahimè quale inaudito, orrendo
Strazio fu il suo! qual empia lotta! come
Morì Non sospettò l’amato nome,
L’iniquo nome profferì morendo.
Ella il pianse e più bella in veste nera
Apparve agli occhi d’amator novello: —
Morigerate genti a cui favello,
Non mente il labbro mio, la storia è vera.

Arturo Graf


chiarore diffuso
fuori da qui,
è l'alba
ed io sono sveglio...

martedì 1 aprile 2014

Poesia, riflesso e onda

onda

[ón-da] s.f.
  • 1 Oscillazione di una massa d'acqua che si alza e si abbassa al di sopra e al di sotto del livello di quiete per azione di agenti esterni, soprattutto del vento: o. alta, lunga; essere in balia delle o. || la cresta dell'o., la parte più alta di essa ~fig. il punto di maggior successo, di maggiore notorietà || fig. o. lunga, fenomeno di lunga durata
  • 2 lett. Mare; acque fluviali o lacustri: la prua solcava l'o.
  • 3 fig. Grande quantità che si muove, che irrompe anche nell'intimo: un'o. di gioia; slancio, spec. positivo: sull'o. del successo
  • 4 estens. Movimento o aspetto simile a quello di un'onda o di una superficie mossa dalle onde; la cosa che ha tale aspetto: capelli a o.
  • 5 fis. Movimento oscillatorio o vibratorio che si propaga in un mezzo, senza trasporto del mezzo stesso: o. sonore || o. elettromagnetiche, oscillazione di campi elettrici e magnetici che si propaga nel vuoto alla velocità della luce | o. corte, medie, lunghe, onde hertziane di varia lunghezza usate nelle radiocomunicazioni | o. sismica, onda elastica che si irradia dall'epicentro di un sisma | o. d'urto, onda caratterizzata da una forte e rapida compressione del mezzo, come p.e. quella generata da un'esplosione | andare, mettere, mandare in o., essere trasmesso, trasmettere via radio o televisione (dalla rete).
La luna e l’onda

Mentre la prima luna s’alza in trono
occhi sui vivi, col pallore e lo scherno
d’una vecchia pastiglia consumata,
il passeraccio solo e imbalonato
dall’egra tamerice guarda al mare
– azul y azul, immenso azul redondo –
guarda al di là di dune e di barene
con un occhio soltanto l’altro in sonno,
trepidante per prendere la mira,
dell’onda definita e trionfante
che nessun colpo potrà mai fermare
sul confine del sogno che viviamo.
Quell’onda che avanzando ci costringe
e senza requie ci fa domandare
perché io, io chi, io quando
ed io per quanto ancora?
Ma la luna procede verso il cielo
che livido s’imbruna
testimone impassibile e solenne
sull’affanno del nulla.


Lucio Mariani
Canti di Ripa Grande (2010-2013)



moto perpetuo,
crinali scoscesi
e il mio dare e dire
come un consumato paesaggio
mi copro di luna