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L'ombra è l'opposto del sole, ma si nutre di esso.
Un cielo grigio non genera ombre: nessun contrasto, nessun pensiero.


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lunedì 25 aprile 2022

Vecchie fotografie

Mi fa soffrire vederla così...

Volevo appenderla a un muro della stanza.
Ma l’umidità del cassetto l’ha guastata.
Non la metto in un quadro questa foto.
Dovevo conservarla con piú cura.
Queste le labbra, questo il viso –
ah, per un giorno solo, per un’ora
solo tornasse quel passato.
Non la metto in un quadro questa foto.
Mi fa soffrire vederla cosí guasta.
Del resto, se anche non fosse guasta,
che fastidio badare a non tradirmi –
una parola o il tono della voce –
se mai qualcuno mi chiedesse chi era.

Kostantinos Kavafis 

Ho troppe vecchie foto
appese alle pareti del cuore
severe mi guardano invecchiare
qualcuna ancora mi sorride...

Il fascino dlle vecchie fotografie,
specie quelle in bianco e nero è ancora potente,
eppure il tempo secondo me non le rovina,
dà loro quel tocco di vecchio che diventa antico;
riguardarle è un gesto che si perderà nel tempo,
con la loro rovina ed il nostro nuovo modo di vivere.

Gujil

domenica 24 aprile 2022

Poesia e perplessità

 La Corte di Cassazione,

sez. III Penale, con la sentenza 9 giugno – 2 agosto 2017, n. 38646 ha emesso una Sentenza dal tono un po’ particolare: condannato un uomo reo di aver stretto con eccessiva forza i seni dell’amante, provocandole una «sensazione dolorosa protrattasi per un paio di giorni».
L’integrazione infatti della fattispecie criminosa di violenza sessuale non richiede che l’atto sessuale sia finalizzato al soddisfacimento del piacere erotico, essendo necessario e sufficiente, a fronte del dolo generico del reato, che l’agente abbia la coscienza e volontà di realizzare gli elementi costitutivi del medesimo (in specie, appunto, si trattava di palpeggiamento dei glutei e toccamento del seno della persona offesa posti in essere al fine di intimorire ed umiliare la stessa).
(dalla rete)

Spingendo dolcemente

Spingendo dolcemente
ho schiuso quella porta
che chiamiamo mistero.
Mammelle turgide
strette nelle mani.

Akiko Yosano

 

Sto ora cercando di bussare piano
a quella porta che si era richiusa;
il turgore che provo è ancora segno
di cose non ancora passate, presenti...

sabato 23 aprile 2022

Inno

L'inno (in greco antico: ὕμνος, hýmnos) è una composizione poetica, in genere abbinata alla musica, di forma strofica e di argomento elevato: patriottico, mitologico, religioso.

Un inno

Vorrei che queste non fossero parole
ma un piccolo testamento del volere.
Non però assimilabile ad un lasciarsi andare
quanto piuttosto ad una più piena coscienza.
Come la rondine che sigilla il lascito
in un infinibile volo.

Hilde Kuhn

 

Un volo di cigno nell'anima, ecco,
appare ai miei sensi il contatto, la cura;
un canto infinito che ritornella i sogni
in un interminabile abbraccio...

Un inno, quindi, è un componimento poetico-musicale, cantato da coro e spesso accompagnato da strumenti. 
Caratterizzato da una struttura strofica, l’inno, già nella musica greca e poi nel canto liturgico cristiano, era destinato alle celebrazioni religiose. 
Le raccolte di inni vengono dette innari e sono molto diffuse all'interno della liturgia e della preghiera cristiane.
Nell'antichità l'inno era soprattutto un componimento di carattere religioso dedicato alla divinità e alla sua glorificazione. 
Si sviluppò dapprima nel Vicino Oriente (Inni Hurriti) e in seguito nella civiltà greca: un po' meno in quella romana, dove fu perlopiù elaborato sotto forma di componimento in esametri. 
L'inno assunse dignità letteraria tra l'VIII e il VI secolo a.C. con gli Inni omerici e venne in seguito sviluppato e variato metricamente da alcuni poeti come Pindaro, Bacchilide e Alceo. 
Nell'innografia cristiana gli inni erano formati da strofe che venivano cantate, accompagnate o meno da strumenti musicali.  
Nell'età moderna l'inno ha assunto carattere politico oltre che sacro nei componimenti poetici di Foscolo, Monti, Leopardi, Manzoni con gli Inni sacri e Carducci (Brindisi).  
Il metro dell'inno deriva da quello della canzonetta, formata da strofe brevi con un ultimo verso tronco (da wikipedia). o

venerdì 22 aprile 2022

Protocollo cittadino #59 (malinconicamente)

Pablo Picasso
"Femme accroupie
"
Stoccarda, Staatsgalerie
 
Dominando il persistere della malinconia riaffronto
il passato di un anno, le stupide posizioni che ho preso,
mi rintano nelle cose che mi danno sollievo e rivedo
i dolci crinali delle piccole dune, sporgenze leggere
di terre feconde, di umidi e fertili umori.
La teca delle contraddizioni è colma
rimpianti si mescolano a desideri
inaccessibili, non raccontabili e intensi.
Lo sguardo è spesso disperso.
Ingaggio con me stesso sterili discussioni
fatte di colori pastello, di vivide immagini scolpite
nelle pieghe del cuore a battere attimi che bruciano
energie residue, quasi riserve da centellinare;
ristò con me stesso da sempre, mi guardo
da dentro come un raggio inarrestabile
di insane passioni, difficili,  eppure così umane...
 
Gujil

 
Malinconia
 
Senza dubbio la malinconia è grande fonte di ispirazione, tanto che l’inchiostro della Letteratura di tutti i tempi ne è intriso e coloro che sono profondamente toccati da questo intimo, quanto divino, sentire, hanno dato vita a opere tra le più intense, coinvolgenti e struggenti della storia dell’umanità.
La malinconia è un sentimento superiore, non ha nulla a che vedere con una semplice e più comune tristezza, perché ha lo sguardo rivolto al mondo dentro di sé, fino ad acquisire la consapevolezza che i propri desideri per lo più resteranno irrealizzabili; è il desiderare che conta, con lo struggimento per quei sogni, capaci delle più profonde suggestioni, che vengono contrapposti alla caducità della nostra condizione.
 
Malinconia è sublimazione di un sentire “fuori misura”, il sospiro che tende quella corda interiore che non riesce mai ad accordarsi ai suoni del mondo esteriore.
È la coscienza di questa nostra difformità, confortata dalla meraviglia per tutto quanto ci sorprenda e ci tocchi ogni volta con la sua la bellezza, così come ci viene offerta, dalla luce di questa delicata e avvolgente sensibilità.
Ciò che sentiamo di immensamente incompiuto e indecifrabile, il desiderio infinito che proiettiam oltre noi stessi, sebbene resti confinato dentro di noi, ci affligge e conforta
(Francesca Suale, estratto, - dalla rete).

giovedì 21 aprile 2022

Frammenti

frammento
/fra'm:ento/
sostantivo maschile
[dal lat. fragmentum, der. di frangĕre "rompere"]
-TRECCANI-
 
 
1.- [ciascuna delle piccole parti in cui s'è rotto o diviso un oggetto] ≈ frantume, (non com.) minuzzolo, pezzetto, pezzo, rottame, scheggia, [di stoffa] brandello, [per lo più di argilla, ceramica e sim.] coccio, [di pietra o metallo] scaglia.
2.- (crit.) [testo antico pervenuto incompleto] ≈ ‖ brano, episodio, passo.

Frammenti

Io non conosco le forze delle parole
conosco della parole il suono a stormo.
Non di quelle
che i palchi applaudiscono.
A tali parole
le bare si slanciano
per camminare
sui propri
quattro piedini di quercia.
Sovente
le buttano via,
senza strapparle, senza pubblicarle.
Ma la parola galoppa
con le cinghie tese,
tintinna per secoli
e i treni strisciando s’apprestano
a leccare
le mani callose della poesia.
Io conosco la forza delle parole.
Parrebbe un’inezia.
Un petalo caduto
sotto i tacchi d’una danza.
Ma l’uomo con l’anima,
con l’anima, con le labbra, con lo scheletro…

Vladimir Majakovskij

 

 

Le parole sono potenti, devastanti,
saperle usare a proposito è sogno di tanti;
io, per me, amo ancora usarle per sereni scopi,
con il sole, le piogge, il tedio dei mille colori...

 

In filologia, un frammento è una frase o porzione di testo largamente corrotto o lacunoso sulla quale si cerca di ricostruire l'opera originaria oppure il pensiero dell'autore. Il frammento, insieme all'opera eventualmente pervenuta completa, è una fonte primaria (da wikipedia).

martedì 19 aprile 2022

Sciocchezze #26 (e fiaba)

Riuscirò a calmare il ricordo di ieri
come un iconica direzione svanita dal disegno,
imparo ancora dalle cose accadute, apprendo
le vie del riflesso, le arti del silenzio.
Ho imparato a tenere per me cose grandi
vissute con intenso accanimento, con voce
stentorea eppure inascoltata, come il suono
del ritmico gemere di un cuore che pure
ho baciato, scosso, oltraggiato e leso.
Le ferite solcano con geografica tendenza
i su è giù collinari della mia anima intrisa
ancora di tutto come fertile terra vergine;
i semi non sempre sbocciano, affiorano,
le paure si contorcono ad intime sicumere...
 
Gujil

lunedì 18 aprile 2022

Poesia e riflesso

La forza che attraverso il càlamo sospinge il fiore
E’ quella che sospinge la mia verde età;
Quella che spacca le radici agli alberi
E’l la mia distruttrice
E io non ho parole per dire alla rosa incurvata
Che la mia giovinezza è piegata da identica febbre
invernale.
La forza che spinge le acque attraverso le rocce
Spinge il mio rosso sangue;
Quella che le correnti prosciuga alla foce
Le mie trasforma in cera:
E io non ho parole per gridare alle mie venerdì
Che alla sorgente montana la stessa bocca sugge.
La mano che mùlina l’acqua sul fondo dello stagno
Agita sabbie mobili
Quella che allaccia il soffiare del vento
Tende la vela del mio sudario.
E io non ho parole per dire all’impiccato
Che la mia creta è fatta con la calce del carnefice.
Al getto della fonte le labbra del tempo sorseggiano;
L’alore stilla a gocce e si condensa, ma il sangue versato
Addolcirà le piaghe di colei che amo.
E io non ho parole per dire a tutto l’impeto del vento
Come attorno alle stelle il tempo ha scandito un suo cielo.
E sono muto per dire alla tomba di colei che amo
Come lo stesso verme tortuoso si avvia al mio sudario.

Dylan Thomas

Mi mancano parole e uso risapute frasi
nel suono di silenzi ancestrali cerco il motivo;
essere non basta, nè vivere aiuta, serve un mantra
che ripieghi l'anima ancora al cuore...

domenica 17 aprile 2022

Natura

De natura rerum

Lucrezio lo sapeva:
Apri il baule,
vedrai, è colmo di neve
che turbina
e a volte due fiocchi
s’incontrano, unendosi
oppure uno si volta, graziosamente
nella sua poca morte.
Di dove quel chiarore
in alcune parole
quando l’una non è che notte,
l’altra, solo sogno?
Di queste due ombre
che, ridendo, vanno
e l’una raggomitolata
in una lana rossa?

Yves Bonnefoy

 

È un poema fondamentale della storia del pensiero, in cui vengono assunti a fondamento i princìpi portanti della filosofia epicurea.
Lo stesso Cicerone fu soggiogato dalla grandezza dell'opera e, pur non approvandone filosoficamente il contenuto, contribuì in modo decisivo alla sua pubblicazione.
L'opera è la celebrazione della dottrina epicurea come filosofia liberatrice dell'uomo e valido mezzo a confortare un'umanità quanto mai turbata e incerta.
Cardine del suo approccio era la fisica atomistica democritea: il mondo in cui viviamo non è che il risultato dell'unione casuale di una parte degli infiniti atomi, da sempre in movimento nello spazio senza fine.
Al rigido sistema democriteo,
Epicuro in realtà aggiunse una variante rivoluzionaria, il clinamen, ossia la spontanea deviazione degli atomi dalla loro traiettoria rettilinea, una sorta di "libero arbitrio" ante litteram.
Anche il mondo degli dèi esiste.
Ne abbiamo immagine, ma vivendo eternamente beati negli spazi tra mondo e mondo, essi non hanno tempo né voglia di occuparsi di noi.
La conclusione è che, in questo modo, sia la fisica sia la teologia ci liberano dagli ostacoli più gravi che si oppongono alla nostra felicità: il timore della morte e della collera divina.
(Feltrinelli)

 

 Naturali come stupidi esseri umani,
la morte, la vita, i mesi passatia pensare;
siamo stralci di attimi rubati all'eterno
susseguirsi di eventi, le tracce e i sospiri...

sabato 16 aprile 2022

Poesia , aforisma e riflesso

L'uomo che non c'è

L’uomo che non c’è
Avverte colpo dopo colpo
Il ritmo incessante della sua terra
Sa che il suo corpo sta qui
Mentre la sua anima è lontana
Per questo ha in viso una
Luce strana, di beata meraviglia
Siede, l’uomo che non c’è
Su di una panchina davanti alla stazione Termini
Ma ha narici colme
Dei seducenti aromi delle spezie lontane
Le sue orecchie ospitano chiassose grida
Da genti al mercato
I suoi occhi esultano perché
Egli sa che in quella casa,
Dietro quella tenda
C’è una donna che cucina cuscus
Per i suoi figli che tornano da scuola.
All’ombra di un ulivo aspetta
L’uomo che non c’è
Il richiamo alla preghiera del muezzin
E intanto chiude
L’uomo che non c’è
La Stazione Termini fuori di sé.

Hamid Barole Abdu

 

Forse pregare ora non serve affatto,
un dio troppo arrabbiato ha distolto
lo sguardo dagli esseri umani, da tanti;
ora le nostre paure ci sbranano i cuori...