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L'ombra è l'opposto del sole, ma si nutre di esso.
Un cielo grigio non genera ombre: nessun contrasto, nessun pensiero.


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lunedì 11 marzo 2013

Poesia e riflesso


Trova il tempo di pensare
Trova il tempo di pregare
Trova il tempo di ridere
È la fonte del potere
È il più grande potere sulla Terra
È la musica dell'anima.
Trova il tempo per giocare
Trova il tempo per amare ed essere amato
Trova il tempo di dare
È il segreto dell'eterna giovinezza
È il privilegio dato da Dio
La giornata è troppo corta per essere egoisti.
Trova il tempo di leggere
Trova il tempo di essere amico
Trova il tempo di lavorare
E' la fonte della saggezza
E' la strada della felicità
E' il prezzo del successo.
Trova il tempo di fare la carità
E' la chiave del Paradiso.


Madre Teresa di Calcutta
(Iscrizione trovata sul muro
della Casa dei Bambini di Calcutta)


quando il tempo,
quando le cose,
quando ragione e torto,
quando il conforto...

domenica 10 marzo 2013

Marzo tra poesia e riflesso

Dal latino Martius, mese di Marte.
Marzo è il terzo mese dell'anno secondo il calendario gregoriano, ed il primo della primavera nell'emisfero boreale, dell'autunno nell'emisfero australe, conta di 31 giorni e si colloca nella prima metà di un anno civile.
Il nome deriva dal dio romano Marte, dio della guerra, poiché era proprio nel mese di marzo che in genere iniziavano le guerre.
Marzo pazzarello guarda il sole e prendi l'ombrello, è un proverbio popolare, che tende a sottolineare la variabilità del tempo meteorologico, relativa a questo periodo dell'anno.


Marzo

Nei boschi, da sera a mattina,
si schiudono fresche sorprese:

leggero sui prati cammina
Marzo, incantevole mese.
Ancora non c'è l'usignolo
ricolmo di note e di trilli,
ma lungo le prode e nel brolo
già fremono e parlano i grilli.
E, guarda, la siepe s'è desta
coperta di fiori, odorosa;
il pesco s'ammala di festa
schiudendo i suoi petali rosa.
C'è pioggia, c'è vento, c'è Sole:
è Marzo, ogni cosa ha un incanto:
è Marzo che piange e non vuole..
che mostra il sorriso tra il pianto.

Alfred de Musset


dormo di sonno leggero
quando il sole filtra,
quando un breve calore
irradia la pelle increspata
dall'ultimo freddo...

sabato 9 marzo 2013

Frammento

insipido grigio di marzo
le erbe ancora nel freddo
abbracci inconclusi
baci sfiorati di labbra
concesse, stanchi trasporti,
le vaghe conquiste,
i miraggi assolati
e le vie della sete...

Anonimo del XX° secolo
frammenti ritrovati


Carovana nel deserto,
Alexis Auguste Delahogue

venerdì 8 marzo 2013

Asfodeli

L'ASFODELO
(Asphodelus microcarpus)

Sin dall'epoca omerica l'asfodelo, che ha foglie basali a ciuffo e fiori bianchi riuniti in grandi racemi, magica apparizione nella nostra gariga sul suo altissimo stelo, venne considerato una pianta degli inferi, come rammenta Omero nell'Odissea. Quando successivamenta si concepì una ripartizione del mondo infero secondo i meriti acquisiti da ognuno durante la vita terrenea, la casa dell'Ade fu divisa in tre parti: il Tartaro per gli empi, i Prati di asfodelo per coloro che non erano stati nè buoni nè cattivi e i Campi Elisi per i buoni. Nel carattere infero dell'asfodelo si avverte un'eco della vita grecadel tempo: di asfodeli e di malva si nutriva nei tempi di carestia. E poichè anche ai morti, secondo la generale credenza dei Greci, era necessario il nutrimento, l'asfodelo veniva piantato sulle tombe; sicchè rimase nell'immagginario popolare come una pianta funerea e i prati ricoperti dei suoi fiori furono considerati il soggiorno dei trapassati. Secondo Teocrito l'asfodelo è in rapporto con il Bacco funerario e infero dei misteri di Eleusi. Si vedono negli affreschi Persefone, Proserpina, Dionisio ctonio, Semele e altri dei ctonii con il capo ornato di sue corone.E' riconosciuto come fiore del Kèpos (giardino) ultraterreno, dove fiorisce fra le altre piante a bulbo nel giardino di Ecate.Plinio invece riferisce che ai suoi tempi lo si piantava davanti alla porta delle case di campagna come rimedio contro sortilegi negativi. Gli autori antichi citano molte ricette per cucinare la radice (tuberi). Teofrasto sostiene che i tuberi sono la parte migliore e si usa mangiarli con i fichi, ma riferisce anche altri usi culinari e medicinali. Plinio a sua volta afferma che i tuberi venivano cucinati nella cenere con l'aggiunta di sale e olio. Dell'asfodelo, rammenta, era ghiotto Pitagora mentre Plutarco scrive che si offrivano asfodeli e malve sull'altare di Apollo come ricordo del primo nutrimento degli uomini.La medicina greca lo raccomandava anche come contravveleno e panacea universale: Plinio, confermato da Dioscoride, fornisce molte ricette: i tuberi cotti e usati nella preparazione di tisane erano consigliati come ricostituenti; ridotti in poltiglia erano utili per curare le giunture e i nervi, mentre i semi nel vino guarivano morsi e punture di serpenti e scorpioni. Nel cuore del Medioevo Alberto Magno, considerandola erba saturnina, ne lodava le seguenti proprietà: "se il tubero è poco cotto, gli indemoniati che la portano addosso sono liberati, non soffrono che il demonio stia in casa, e se fossero fanciulli alla dentizione, metterebbero i denti senza dolore, e se l'uomo porta di notte la sua radice sarà preservato da qualunque disgrazia". Una pianta tanto importante fin dall'epoca arcaica avrebbe dovuto ispirare un mito di metamorfosi vegetale che tuttavia non ci è stato tramandato. Ma non casualmente Plinio riferisce che l'asfodelòo si chiama anche hastula regia, scettro, manifestazione dunque di una potenza superiore (dalla rete).

Asfodeli

Madonna, se il cuore v’offersi,
il cuore giovine e scarlatto,
e se voi, con un magnifico atto,
lo accettaste insieme a` miei versi
di fanciullo poeta, e se voi
con l’olio del vostro amore
teneste vivo il suo splendore
e lo appagaste de` suoi
capricci assiduamente,
perché ieri lo faceste
sanguinare, lo faceste
lagrimare dolorosamente?
Tutte le sue gocce rosse
caddero a terra, mute,
poi che furono cadute
il cuore piú non si mosse
e come per incantamento
in ognuna fiorí un asfodelo,
il triste giglio del cielo
da l’eterno ammonimento.

Sergio Corazzini 





silenzi e contesti,
parlare con altri
che più non odono,
le brine riscaldano
freddi ancestrali...

giovedì 7 marzo 2013

Primule tra poesia e riflesso

Alla primola

Nel nome hai la modesta
tua grazia, e col tuo timido colore,
o primula , sei lesta
più di qual si sia fiore .
ad inseguir la neve spaventosa.
Tu credi a primavera dubitosa.

Riccardo Bacchelli 

l'ho vista
in Febbraio,
ancora nascosta
coi petali chiusi,
in attesa,
paziente...
...
 Primula
Primula vulgaris o selvatica
FamigliaPrimulacee
Caratteristichele foglie, di colore verde chiaro, rugose e glabre sopra, pelose nella pagina inferiore, sono disposte a rosetta. Dal centro della rosetta partono i gambi dei fiori, lunghi circa 10 cm. I fiori sono di colore giallo pallido con piccole macchie più scure alla base dei petali. I petali sono 5 e sono fusi alla base.
Periodo di fioriturafebbraio/aprile
Habitatluoghi umidi e ombrosi, lungo i ruscelli e nei boschi di latifoglie, comune in tutta Europa.
Curiositàin Italia esistono 50 specie di primule, molte sono vivacemente colorate. Quasi tutte le specie sono protette, soprattutto quelle a fiore rosso. Il nome Primula deriva dal latino primus, primo, a indicare la comparsa precoce dei fiori non appena finisce il gelo invernale.
Proprietà officinali
possiede virtù curative, grazie alla presenza di saponina e di due glucosidi (primaverina e primulaverina) sostanze che vantano proprietà neurotoniche, antireumatiche, espettoranti e sudorifere. Nel Medioevo venivano usate le foglie come decotto per i reumatismi e con le radici venivano realizzati infusi per l’emicrania. Inoltre il succo estratto dalle foglie si usava come cosmetico per attenuare macchie e rughe (dalla rete).

mercoledì 6 marzo 2013

Poesia e riflesso


Mattinale

Un refolo d'aria, minimo,
preannuncia la pioggia,
fuori tarda il mattino;
uccelli notturni lasciano
posto a merli e piccioni;
il noce attende il destino
il nespolo riluce rugiada;
io, dalla finestra vedo,
eppure ho la testa lontana
in un altro diverso contesto
riprovo, ogni volta riprovo.

Anonimo del XX° secolo
poesie ritrovate

martedì 5 marzo 2013

Voce, poesia e riflesso

e ascolto il suono
del mio soliloquio
di quando grido,
di quando lamento
il passaggio di nubi
e il quotidiano irrompe...



La voce è il suono emesso dall'essere umano parlando o cantando oppure urlando.
Il termine può altresì indicare, per estensione, il verso emesso da un animale, il suono di uno strumento musicale oppure il prodotto di una manifestazione naturale.
In senso figurativo può significare richiamo o ammonimento (ad es. la voce della coscienza).

 Caratteristiche
Estensione, campo in cui si estende la voce
Intensità acustica, potenza del suono
Altezza, definisce la frequenza
media della voce, acuto, ottuso
Timbro della voce, definisce l'andamento del suono.

In musica la voce è lo "strumento musicale" primo e imprescindibile, il più istintivo.
Essa è stata fin dalle origini fondamento dell'espressione musicale, e ha ispirato la creazione di numerosi strumenti musicali.
Termini come "cantabilità" e "cantando" vengono spesso utilizzati anche nella pratica strumentale per indicare comportamenti timbrici e di fraseggio analoghi a quelli impiegati nella pratica vocale, e in alcune tradizioni musicali la voce è il modello espressivo a cui tende la musica strumentale (da wikipedia).

La
mia voce

La mia voce non ha rombo di mare
o d'echi alti tra fughe di colonne :
ma il susurro che par fruscio di gonne
con cui si narran feminili gare.
Io non volli cantar, volli parlare,
e dir cose di me, di tante donne
cui molti desideri urgon l'insonne
cuore e lascian con labbra un poco amare.
E amara è pur la mia voce talvolta,
quasi vi tremi un riso d'ironia,
più pungente a chi parla che a chi ascolta.
Come quando a un'amica si confida
qualche segreto di malinconia
e si ha paura ch'ella ne sorrida.

Amalia Guglielminetti


lunedì 4 marzo 2013

Poesia e riflesso


Francesco Caroto,
Ritratto di fanciullo con disegno

Il mio fanciullo ha le piume leggere.
Ha la voce sì viva e gentile.
Ha negli occhi le mie primavere perdute.

In lui ricerco amor non vile.

Così ritorna il cuore alle sue piene.
Così l'amore insegna cose vere.
Perdonino gli dèi se non conviene

il sentenziare su piume leggere.

Sandro Penna
 
 
è difficile scrivere ancora,
il calo di attenzione,
la scarsità di contatti,
i commenti risicati;
resisto per ora...

sabato 2 marzo 2013

La leggenda dei sempreverdi

Nei tempi passati, al termine dell'estate, un uccellino si ferì ad un'ala, restando cosi da solo nel bel mezzo del bosco.
Non potendo più volare, resto' praticamente in balia dell'inverno, che già faceva sentire i suoi primi geli.
Cosi, domando' ad un enorme faggio di potersi rifugiare tra i suoi grandi rami, sperando di poter passare l'inverno al riparo dal cattivo tempo. Ma il faggio, altezzosamente, rifiuto' all'uccellino un piccolo riparo tra le sue fronde.
Intristito, l'esserino continuo' a girovagare nel bosco, trovando di li a poco un grosso castagno e, speranzoso, ripete' la stessa domanda.
Ma anche quest'albero rifiuto' all'uccellino la sua protezione.
Cosi, nuovamente s'incammino nell'oscurità della foresta, alla ricerca di un riparo.
Di li a poco si senti' chiamare:
- Uccellino vieni tra i miei rami, affinché tu possa ripararti dal freddo.
Stupito, l'uccellino si volto' e vedendo che a parlare era stato un piccolo pino, salto' lestamente su uno dei suoi rami.
Subito dopo anche una pianta di ginepro offrì le sue bacche come sostentamento per il lungo inverno. L'uccellino ringrazio' più volte per tale generosità, che gli permise cosi di superare la cattiva stagione.
Dio, avendo osservato tutto, volle ricompensare la generosità del pino e del ginepro, ordinando al vento di non far cadere loro le foglie, e quindi da quel giorno furono "sempreverdi".


racconto del Piemonte

venerdì 1 marzo 2013

L'incrinatura


incrinatura
[in-cri-na-tù-ra] s.f.

1 Fessura, lesione sottile che si produce in un materiale: i. del vetro
2 fig. Cedimento appena avvertibile dell'integrità di un principio, di un valore: i. nel rispetto per le istituzioni; prima e piccola divergenza che emerge in un rapporto: i. tra marito e moglie, tra soci
3 fig. Stonatura, spezzatura della voce: nella sua voce era percepibile un'i.
(dalla rete)
  
sbocciano come fiori
i mali antichi, le pene,
ho visto volare la fede
in un gorgo di insulse parole
ho posato il mio capo
su un grembo di madre
e ho pianto, piano... 



 
L'incrinatura


Perché nel vetro di Boemia antica,
dopo un'ora, già langue l'aromale
fior che m'offerse la mia dolce Amica?

Ché la verbena vi languisce, quale

la Donna amante il biondo Garcilaso
già martoriata dal segreto male.

Io so quel male: il calice del vaso
la bella mano - o gran disavventura! -
col ventaglio d'avorio urtò per caso.

E pur bastò. La lieve incrinatura
è insanabile ormai; il morituro
fiore s'inchina, stanco, nell'arsura,


ché la ferita del cristallo duro
tacitamente compie tutto il giro
per cammino invisibile e sicuro.

Vanisce l'acqua e muore il fiore. Io miro
il calice mortifero che serba
quasi non traccia di ferita in giro,

e una assai trista simiglianza e acerba
sento fra il vetro e il calice d'un cuore
sfiorato a pena da una man superba.

La ferita da sé, senza romore,
il calice circonda nel rotondo


e il fior d'amore a poco a poco muore.

Il cuor che sano e forte pare al mondo
sèrpere senta la segreta pena
in cerchio inesorabile e profondo.

E pur la mano l'ha sfiorata a pena...
Perché nel vetro di Boemia antica,
dopo un'ora, già langue la verbena

che vi compose la mia dolce Amica?


Guido Gozzano