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L'ombra è l'opposto del sole, ma si nutre di esso.
Un cielo grigio non genera ombre: nessun contrasto, nessun pensiero.


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sabato 9 luglio 2016

Joseph Merrick

 
Lento amaro animale
che sono, che sono stato,
amaro per il grumo di polvere, per l'acqua, il vento
che nella prima generazione dell'uomo chiedevo a Dio.
 
Amaro come quei minerali amari
che nelle notti di perfetta solitudine
– maledetta e rovinosa solitudine
senza eguali –
s'apprendono alla gola
e, croste di silenzio,
soffocano, uccidono, resuscitano.
 
Amaro come quella voce amara
prenatale, pre-sostanziale, che proferì
il nostro verbo, che percorse il nostro cammino,
che morì la nostra morte,
e che in ogni momento sveliamo.
 
Amaro da dentro,
da ciò che non sono,
– la mia pelle come la mia lingua –
al primo essere vivente,
annunciazione e profezia.
 
Lento da tanti secoli,
remoto – non c'è nulla dapprima –,
istante, lontano, ignoto.
 
Lento, amaro animale
che sono, che sono stato.


Jaime Sabines
Traduzione di Angela Saliani
Provocazione e scetticismo
 
 
Joseph Merrick
 
“Io non sono un animale! Sono un essere umano anch’Io!”
L’11 aprile 1890 decedeva, a soli 27 anni, Joseph Merrick all’epoca conosciuto come Elephant Man (Uomo Elefante).
La Sua deformità era tale – come se un irato Dio ne avesse percosso le membra – da incutere orrore e di “sano” aveva pochissimo, solo l’arto superiore sinistro e l’apparato riproduttivo, nient’altro!
È stato il disabile per eccellenza, il Giobbe dei rifiutati. Era ben conscio del Suo stato e questo lo fece soffrire ancor di più. Ancor bambinetto, pur bisognoso di premure fu cacciato dal paterno focolare. Visse in strada, sempre oggetto di derisione, sempre fuggendo giacché timoroso del giudizio impietoso dei suoi pari. Sfruttato per anni, esibito qual fenomeno da circo, spesso punito (se gli incassi erano esigui…) a colpi di frusta.
Gli fu di alquanto lenimento la casuale et provvida conoscenza con un medico che prese molta cura di Lui e probabilmente fu l’unico Suo pari che mostrò quell’umano affetto che gli fu sempre denegato.
Gli fece ottenere, non senza enormi difficoltà, un posto-letto permanente, un vero “lusso”, presso l’Ospedale ove lavorava. Fu un periodo, l’ultimo del resto, molto sereno con un ulteriore cruccio per Joseph: non ebbe mai l’amore di una  donna. È spirato con DIGNITÀ perché questa l’ha sempre avuta e tenacemente conservata e nessuno poteva togliergliela anche se vestito di cenci anche se costretto a mangiare nella ciotola dei cani anche se la sferza d’un “padrone” ebbro di empietà ne dilaniava le offese carni. Non vi fu limite all’abiezione. Ho un vivido ricordo di codesta vicenda poiché assistetti alla proiezione del film THE ELEPHANT MAN tanti anni orsono.
Non vi erano molti spettatori in sala e un’indicibile emozione pervase il ristretto pubblico. Non un bisbiglio né un respiro anche il pianto era rispettosamente silenzioso, concentrati sulla visione. Un particolare mi colpì: Colui che veniva considerato e trattato da “animale“ era istruito,
con parlar forbito. Dedito a componimenti in cui esprimeva, qual amaro viatico, dolenti cantici per la triste sorte. Non era un animale… era un essere umano! (dalla rete)
 
 
animale, spesso, quasi,
le mie pensate, gli aneliti;
animale che sono,
che fui...

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