Sguardo indietro
Con i suoi sguardi
lei mi ritaglia
una finestra
Dentro fioccano nastri di neve
brandelli di vento discorsi di uccelli
Rullare di treni
Poi in primavera
e ancora nell’autunno della scuola
grida di legno
sotto la sega
Le estati da solo nel cortile
Il vuoto nel petto
L’amaro debole
primo essere innamorato
Traduzione di Riccarda Novello
Christoph Whilelm Aigner
poi le frasi, le poesie,
infine i sospiri, i gemiti;
a volte il pianto
ed il riso...
innamorato 
(ant. inamorato) agg. e s. m. (f. -a) [part. pass. di innamorare]. –
1.agg
a. Che nutre amore o che è preso d’amore per una persona: indica sempre un sentimento d’amore intenso, che può essere incipiente, e perciò più vivo e tormentoso (non mangia, non dorme: dev’essere i.), oppure già da tempo radicato e perciò, se corrisposto, più sereno (dopo tanti anni che sono sposati, è sempre i. di sua moglie): Cantando come donna innamorata (Dante); Orlando, che gran tempo inamorato Fu della bella Angelica (Ariosto); sono innamorati l’uno dell’altra; è innamoratissimo di lei; è ancora, o non è più i., è i. più che mai; fam., è i. cotto, è follemente i.; sono i. pazzi; può indicare anche affetto e attaccamento particolarmente vivi: la nonna è i. di quella sua nipotina; con altro senso, essere i. di sé, avere un eccessivo e vano compiacimento di sé stesso, delle proprie doti intellettuali o fisiche, vere o presunte. Per estens., che ha grande passione, trasporto, simpatia per qualche cosa: è i. del mare, della montagna, dell’Italia, della Sicilia, oppure dell’arte, del bello, della musica, della pittura impressionista, o di Dante, di Goethe, di Cézanne, di Schubert, ecc.; con sign. attenuato: sono i. della mia casetta al mare.
b. letter. In senso attivo, che esprime o ispira amore: se tu ci rechi la ribeba tua e canti un poco con essa di quelle tue canzoni innamorate (Boccaccio); Non ti molceva il core La dolce lode or delle negre chiome, Or degli sguardi innamorati e schivi (Leopardi).
2. s. m. Chi è innamorato, chi è acceso d’amore per altra persona: si sentiva il cuore in tumulto, come un i.; gli i. sono sempre un po’ distratti; anche, amante, fidanzato (o fidanzata), corteggiatore, spasimante: scrive tutti i giorni all’innamorata; è andata al cinema con l’innamorato. In partic., tipico personaggio serio della Commedia dell’arte, vestito alla moda e privo di maschera (detto poi, quando si costituirono i ruoli, amoroso, amorosa).
1.agg
a. Che nutre amore o che è preso d’amore per una persona: indica sempre un sentimento d’amore intenso, che può essere incipiente, e perciò più vivo e tormentoso (non mangia, non dorme: dev’essere i.), oppure già da tempo radicato e perciò, se corrisposto, più sereno (dopo tanti anni che sono sposati, è sempre i. di sua moglie): Cantando come donna innamorata (Dante); Orlando, che gran tempo inamorato Fu della bella Angelica (Ariosto); sono innamorati l’uno dell’altra; è innamoratissimo di lei; è ancora, o non è più i., è i. più che mai; fam., è i. cotto, è follemente i.; sono i. pazzi; può indicare anche affetto e attaccamento particolarmente vivi: la nonna è i. di quella sua nipotina; con altro senso, essere i. di sé, avere un eccessivo e vano compiacimento di sé stesso, delle proprie doti intellettuali o fisiche, vere o presunte. Per estens., che ha grande passione, trasporto, simpatia per qualche cosa: è i. del mare, della montagna, dell’Italia, della Sicilia, oppure dell’arte, del bello, della musica, della pittura impressionista, o di Dante, di Goethe, di Cézanne, di Schubert, ecc.; con sign. attenuato: sono i. della mia casetta al mare.
b. letter. In senso attivo, che esprime o ispira amore: se tu ci rechi la ribeba tua e canti un poco con essa di quelle tue canzoni innamorate (Boccaccio); Non ti molceva il core La dolce lode or delle negre chiome, Or degli sguardi innamorati e schivi (Leopardi).
2. s. m. Chi è innamorato, chi è acceso d’amore per altra persona: si sentiva il cuore in tumulto, come un i.; gli i. sono sempre un po’ distratti; anche, amante, fidanzato (o fidanzata), corteggiatore, spasimante: scrive tutti i giorni all’innamorata; è andata al cinema con l’innamorato. In partic., tipico personaggio serio della Commedia dell’arte, vestito alla moda e privo di maschera (detto poi, quando si costituirono i ruoli, amoroso, amorosa).




 L’origine della margherita risale a più di quattromila anni fa. Sono stati ritrovati reperti di antiche ceramiche così decorate in Egitto e nel Medio Oriente, oltre a forcine d'oro per capelli con questi ornamenti negli scavi del palazzo minoico sull'isola di Creta. Nell'antica Roma, i chirurghi che accompagnavano le legioni romane in battaglia mandavano gli schiavi a riempire i sacchi di margherite fresche da spremere per impregnarne del succo le bende utilizzate per curare le ferite da taglio inflitte da spade e lance. Le foglie fresche triturate servivano per trattare esternamente ulcerazioni, contusioni, pelle screpolata, mentre la pianta, nel corso dei secoli, è stata più impiegata come rimedio popolare per alleviare la pertosse, l’asma, il nervosismo, la sudorazione notturna, l’ittero. Si narra anche che Enrico VIII (1491-1547), re d’Inghilterra e d’Irlanda, si cibasse di piatti a base di margherite per eliminare i dolori di stomaco causati dall’ulcera ma, nello stesso periodo, si credeva pure che si potesse curare la pazzia bevendo, in piccole dosi e per più di 15 giorni di seguito, il succo ottenuto dall’infusione di questi fiori nel vino. Pur avendo un sapore amarognolo, le foglie giovani di margherita vengono ancora servite in insalata in alcune parti d'Italia. Secondo la mitologia romana, una ninfa Belide fu trasformata nel piccolo fiore Bellis – nome scientifico della margheritina pratolina – per soddisfare la sua richiesta agli dei di aiutarla a sfuggire alle attenzioni non desiderate di Vertumno, dio dei boschi e delle stagioni, che la aveva adocchiata ballare con le compagne sul ciglio della foresta. In una leggenda celtica, gli dei avevano sparso a terra le margherite, simbolo di innocenza, per alleviare il dolore ai genitori dei bambini morti durante il parto. Erano anche diffuse numerose credenze popolari, a partire da quella per cui sognare margherite in primavera o in estate fosse di buon auspicio ma, se succedeva in autunno o in inverno, allora significava di sicuro un destino sfortunato. Nel Medio Evo, gli agricoltori inglesi sostenevano che la bella stagione non era ancora arrivata finché non era possibile posare il piede su sette (o nove o dodici) margherite fiorite in un colpo solo nel prato; che trapiantare quelle selvatiche in un giardino coltivato portasse sfortuna e che una ragazza avrebbe potuto sapere per quanti anni doveva ancora aspettare di sposarsi contando quanti di questi fiori erano rimasti in una manciata strappata ad occhi chiusi. I cavalieri innamorati partivano in battaglia con addosso una margherita e le loro amate li attendevano disegnando questo fiore. Dopo avere ricevuto una proposta d’amore, era tradizione che la fanciulla rispondeva in modo affermativo ponendo una ghirlanda di margherite sul capo. Secondo un racconto cristiano, invece, i Re Magi in viaggio capirono di aver trovato dove si trovava la Sacra Famiglia di Gesù neonato quando, dopo aver chiesto un segno in aiuto, notarono improvvisamente moltissime piccole margherite bianche nei pressi di una stalla e ne riconobbero la somiglianza con la stella luminosa a cometa che li aveva condotti a Betlemme. 
 "Lui mi ama, non mi ama", cantavano le ragazze tirando via i petali di una margherita, uno per volta, ruotata da destra a sinistra, tenendone il gambo con l’altra mano, finché l’ultimo rimasto è quello decisivo per predire l’esito della questione. Pare che questa pratica profetica, compresa la frase, fosse stata avviata per la prima volta in epoca vittoriana da una cameriera dal cuore spezzato, ma che desiderava trovare di nuovo un corteggiatore che la amasse. Ugualmente Margherita interrogava il fiore omonimo per sapere se Faust la amava nella prima parte del romanzo ‘Faust’ (1808) scritto dal poeta e scrittore tedesco Johann Wolfgang von Goethe (1749-1832). Questa forma popolare di profezia, tramutatasi in forma recitata, è continuata ovunque nel tempo, in modo più affievolito, spensierato e scherzoso. Nel Prologo al poema ‘La leggenda delle donne eccellenti’ (scritta nel 1386) – scritto in commemorazione di coloro che, nella storia e nella mitologia, sono state abbandonate – lo scrittore e poeta inglese Geoffrey Chaucer (ca. 1343-1400) professò la sua predilezione per la margherita, difesa da Alcesti e attaccata nella lealtà da Cupido. L'eroina greca fu associata con il simbolo solare di una margherita, che diventò così il ‘fiore di Alcesti’. Il poeta inglese John Keats (1795-1821), in procinto di morire, disse che sentiva già le margherite crescere sulla sua tomba. Come fiore ‘dolce’, questo fiore è evocato anche dal poeta inglese William Wordsworth (1770-1850) nelle tre poesie dal titolo omonimo scritte nel 1802. Considerate nate dalle lacrime della Vergine Maria, le margherite erano spesso rappresentate come simbolo dell’innocenza di Gesù Bambino nelle opere d'arte nel periodo medievale. Rientravano anche tra le varietà utilizzate per i Giardini di Maria idealizzati – fiori, altari, recinti, quadri – in nome delle virtù e degli eventi significativi della vita della Vergine e talvolta di San Giovanni, secondo il simbolismo floreale. Durante i millenni, le margherite sono diventate emblemi di celebrazioni ecclesiastiche per la purezza incarnata – in riferimento al cuore, alla mente e all’anima – fino alla santità interiore, come fiore di San Giovanni Evangelista (6 maggio) in onore di San Giovanni Evangelista e di Santa Margherita (20 luglio) (dalla rete).    









