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L'ombra è l'opposto del sole, ma si nutre di esso.
Un cielo grigio non genera ombre: nessun contrasto, nessun pensiero.


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martedì 27 ottobre 2009

Un Vaso che tutti abbiamo


Non bisogna mai aprirlo.
Non si deve aprire mai.

Il vaso dove tutto c'è e si confondono bene e male in un'entità inscindibile e terribile allo stesso tempo, piena di fascino e mistero, dove non esistono confini precisi ma solo aree di passaggio che mescolano colori ed umori a formare sentimenti ed impressioni, la nostra anima insomma.
Quando in preda alla curiosità sbirciamo nel vaso succede di tutto e troppo in fretta.
Lasciamo che il tempo ci aiuti nella scoperta e ricordiamoci le cose che siamo e quelle che facciamo, tutto sarà più chiaro una volta diventato vissuto..."panta rei!"...nella ricerca assennata del senso che troppo a lungo ci sfugge e si incista in malevoli pensieri di negatività e tristezze.
Teniamo con noi il tempo del ricordo ed il nostro vaso rimarrà chiuso, pieno o svuotato poco importa, ma che rimanga chiuso.
Noi sappiamo bene cosà c'è dentro, che senso ha cercare di vederlo con gli occhi quando abbiamo la mente?
Non sfidiamo gli Dei, impariamo a conviverci

Per punire gli uomini Zeus ordinò ad Efesto di creare una bellissima fanciulla, Pandora (dal greco "pan doron" = "Tutti I Doni"), alla quale gli dei donarono grazia e ogni sorta di virtù.
Ermes, che aveva dotato la giovane di astuzia e curiosità, venne incaricato di condurre Pandora dal fratello di Prometeo, Epimeteo (fratello stupido). Questi nonostante l’avvertimento del fratello di non accettare doni dagli dei, sposò Pandora. Ella aveva con sé un vaso regalatole da Zeus, che però le aveva ordinato di lasciare sempre chiuso. Ma, spinta dalla curiosità, Pandora disobbedì: aprì il vaso e da esso uscirono tutti i mali del mondo (la vecchiaia, la gelosia, la malattia, la pazzia, ecc.) che si abbatterono sull’umanità.
Sul fondo del vaso rimase solo la speranza, l’ultima a morire.
Secondo un’altra versione il vaso, aperto da Epimeteo, conteneva tutti i beni, che volarono verso gli dei, lasciandone sprovvisti gli uomini.
« Così disse ed essi obbedirono a Zeus signore, figlio di Crono.
E subito l’inclito Ambidestro, per volere di Zeus, plasmò dalla terra una figura simile a una vergine casta; Atena occhio di mare, le diede un cinto e l’adornò; e le Grazie divine e Persuasione veneranda intorno al suo corpo condussero aurei monili; le Ore dalla splendida chioma, l’incoronarono con fiori di primavera; e Pallade Atena adattò alle membra ornamenti di ogni genere. Infine il messaggero Argifonte le pose nel cuore menzogne, scaltre lusinghe e indole astuta, per volere di Zeus cupitonante; e voce le infuse l’araldo divino, e chiamò questa donna Pandora, perché tutti gli abitanti dell'Olimpo l’avevano donata in dono, sciagura agli uomini laboriosi. Poi, quando compì l’arduo inganno, senza rimedio, il Padre nabdò a Epimeteo l’inclito Argifonte portatore del dono, veloce araldo degli dèi; né Epimeteo pensò alle parole che Prometeo gli aveva rivolto: mai accettare un dono da Zeus Olimpio, ma rimandarlo indietro, perché non divenisse un male per i mortali. Lo accolse e possedeva il male, pria di riconoscerlo. Prima infatti le stirpi degli uomini abitavano la terra del tutto al riparo dal dolore, lontano dalla dura fatica, lontano dalle crudeli malattie che recano all’uomo la morte; (rapidamente nel dolore gli uomini avvizziscono.)
Ma la donna di sua mano sollevò il grande coperchio dell’orcio e tutto disperse, procurando agli uomini sciagure luttuose. Sola lì rimase Speranza nella casa infrangibile, dentro, al di sotto del bordo dell’orcio, né se ne volò fuori; ché Pandora prima ricoprì la giara, per volere dell’egioco Zeus, adunatore dei nembi.
E altri mali, infiniti, vanno errando fra gli uomini. » (da Wikipedia)
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Il mito di Pandora è sequenziale al mito di Prometeo il quale, rubando il fuoco agli dei per restituirlo agli uomini, fece infuriare il padre degli dei Zeus (Giove per i romani).
Secondo il racconto di Esiodo (il più antico poeta greco di cui si abbia notizia, che visse tra l’VIII e il VII secolo a.C.), Zeus ordinò a Efesto (Vulcano, dio del fuoco e fabbro degli dei) di forgiare una bellissima figura femminile: Pandora, dicendo: "essi (gli uomini) riceveranno da me, in cambio del fuoco, un male di cui gioiranno, circondando d'amore ciò che costituirà la loro disgrazia".
Gli dei dell'Olimpo donarono a Pandora ogni sorta di pregio e di virtù, da cui il nome che significa "tutta un dono".Ma il dio Mercurio le donò la curiosità e Zeus un vaso da custodire, ma con il divieto di aprirlo.Pandora però, spinta dalla curiosità lo aprì e dal vaso uscirono tutti i mali: la vecchiaia, la morte, la malattia, la pazzia, solo per ultima uscì la speranza. Forse non tutti sanno che il termine sanscrito che traduce "speranza", ha in realtà un senso negativo che lo avvicina più all’italiano "aspettativa" che non a "speranza"; per questo la "speranza" rimasta sul fondo del vaso di Pandora è forse il più terribile dei beni o il più dolce dei mali .

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