Ricordo una chiesa antica,
romita,
nell’ora in cui l’aria s’arancia
e si scheggia ogni voce
sotto l’arcata del cielo.
Eri stanca,
e ci sedemmo sopra un gradino
come due mendicanti.
Invece il sangue ferveva
di meraviglia, a vedere
ogni uccello mutarsi in stella
nel cielo.
Giorgio Caproni
La scighera
(/sci-ghé-ra/, pronunciato [ʃi'ge:ra])
è il modo con cui tradizionalmente i milanesi chiamano la nebbia.
La parola ha
una etimologia tutta sua e deriverebbe direttamente dal latino caecus
(cieco) e indica proprio qualcosa che acceca, che impedisce di vedere
oltre il naso.
Dei mesi freddi è il buio
costante presente a luci fioche
diradanti le nebbie padane
baci come tiepidi messaggi...
Quella nebbiolina bassa bassa, che sale con lente volute dalle
strade, dai marciapiedi, dai prati, che si insinua nei cantieri e nelle
fabbriche abbandonate, confondendo il vecchio e il nuovo, il vicino e il
lontano un tempo veniva chiamata scighera.
La scighera (ciamada anca gheba, nebia o borda se la visibilità l'è sotta de 1 km, ghiberinna o nebiètta quand che la visibilità a l'è pussee de 1 km ma de men de 10Km) (dalla rete).
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