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L'ombra è l'opposto del sole, ma si nutre di esso.
Un cielo grigio non genera ombre: nessun contrasto, nessun pensiero.


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giovedì 3 marzo 2011



E' Magico come la magia che ha cercato di apprendere per trasformare il piombo in oro ci rimane di lui un'opera meravigliosa di affreschi e dipinti.
Giovanissimo nell'esprimersi e nel dipingere è, purtroppo per tutti prematuramente scomparso.
Pellegrino da sempre ha vagato per anni e per luoghi ma ha sempre portato con sè tratti gentili ed eleganti riempiti da colori a tonalità discrete e per niente invadenti.
Anche nel periodo dell'allucinata ricerca del magico e delle catene non ha scordato la pittura.
Rocca San Vitale a Fontanellato (tra Fidenza e Parma) merita una visita per scoprire il suo lato più umano, quello che non ha continuato a non capire il volere imperscrutabile degli dei ma è uomo nel più profondo.


Francesco Mazzola,
detto il Parmigianino,

nasce l'11 gennaio 1503 a Parma, dove, proveniente dal Pontremolese, si era stabilita la sua famiglia di artisti.
Inizia giovanissimo a dipingere nella bottega degli zii Pier Ilario e Michele Mazzola (pittori come il padre Filippo, morto nel 1505).
Per sfuggire alla guerra che infuriava alle porte di Parma, Francesco con la famiglia e gli zii si trasferisce a Viadana dove nel 1521 dipinge per la chiesa del paese il Matrimonio mistico di santa Caterina d'Alessandria ed il Battesimo di Cristo.
Tornato a Parma nel 1522 entra in contatto con il Correggio, quando affresca tre cappelle in San Giovanni Evangelista, mentre il maestro ne decora la cupola.
Nel 1523 mentre si sta impegnando con successo nella ritrattistica, i ritratti da lui eseguiti compongono un'ampia galleria di personaggi, come quello celeberrimo di Carlo V, oppure al suo famoso "Autoritratto allo specchio", in cui si ritrae con ''l'aspetto grazioso molto e più tosto d'angelo che d'uomo'', riceve la commissione di affrescare la "stufetta" della rocca dei Sanvitale a Fontanellato con Storie di Diana e Atteone.
Il cammino artistico degli artisti dell'epoca portava sempre a Roma, il Parmigianino vi giunse nel 1524 e, in quell'ambiente affollato da grandi artisti, rimase abbagliato dall'arte di Michelangelo e Raffaello, ma si inserì rapidamente nel tessuto artistico fino a giungere a risultati d'espressione personalissimi, basato su forme ovali, allungate, legata ad una certa enigmaticità risultanti dai toni freddi e cangianti del colore.
Mentre Parmigianino si affermava nella capitale, nel 1527 avvenne il celebre Sacco di Roma, in cui la città eterna fu conquistata e duramente saccheggiata da lanzichenecchi e spagnoli, i quali crearono anche notevoli danni al patrimonio artistico e misero in pericolo la vita degli artisti stessi.
Il sacco di Roma costò al paese dodicimila morti, stupri e soprusi, e la maggior parte dell'oreficeria artigiana delle chiese.
Fuggito dall'Urbe saccheggiata e trasferitosi a Bologna, l'artista si dedica ad una intensa produzione di pale d'altare e quadri di destinazione privata in cui l'interpretazione sottilmente sensuale dei moduli stilistici rinascimentali conduce a esiti ormai pienamente manieristici.
Nel 1531, Parmigianino riceve il prestigioso incarico di affrescare la chiesa francescana della Steccata ma, dopo un inizio pieno di entusiasmo il pittore comincia a trascurare la pittura per dedicarsi con crescente passione agli studi di alchimia, inseguendo il sogno di trasformare il mercurio in oro.
In quegli anni realizza un autoritratto dipingendosi con il volto segnato e l'aria stanca ma con gli occhia ncora ispirati, così come Vasari lo descrive di "uomo quasi salvatico".
Il risultato di questa mancanza di concentrazione artistica è che il Parmigianino non riesce più a trovare ispirazione per gli affreschi di cui è incaricato da otto anni e viene incarcerato per inadempienza.
Fuggito dal carcere Parmigianino e si trasferisce a Casal Maggiore dove, ritornata la voglia di dipingere, l'artista crea opere di suprema ed aristocratica perfezione come la Madonna dal collo lungo, conservata nella Galleria degli Uffizi a Firenze, Cupido che fabbrica l'arco e Antea, opere che si distinguono per l'astrazione formale e per la complessità delle costruzioni iconografiche, assalito una grave febbre, muore il 24 agosto 1540 e vuol essere sepolto nella chiesa de' frati de' Servi, chiamata la Fontana, "nudo con una croce d'arcipresso sul petto in alto" a Casalmaggiore, lungo il Po.
(da Settemuse)

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