forse, nel mattino,
ecco che si rompe i silenzio,
battito d'ali, fronda nel vento;
immoto stupore, ogni volta...
«Siamo     perfettamente d’accordo con Lei per rapporto alla Beatrice Cenci del     Guerrazzi; ma l’autore è proscritto, e i suoi versi, d’altronde bellissimi,     nel nostro Giornale, sembrerebbero per avventura più presto una satira contro     l’autore, che una critica dell’opera.» Con queste parole il sig. Klink il     24 novembre 1854 rifiutava la pubblicazione sulla prestigiosa rivista triestina      «Letture di famiglia» di una poesia di Ippolito Nievo, ispirata a Beatrice     Cenci, truculento romanzo storico di Francesco Domenico Guerrazzi (1804-1873).     Nievo propose la stessa poesia a Camillo Giussani (1825-1907) che era editore     e direttore il giornale «L’Alchimista friulano». La pubblicazione era prevista     nel numero del 10 dicembre 1854; ma il giornale fu censurato e sostituito     con un altro, ridotto, che portava questa dicitura: «Il foglio d’oggi era     già stampato, ma per circostanze indipendenti dalla sua volontà la Redazione     non poté pubblicarlo: supplisce pertanto col presente mezzo foglio di stampa».      Al posto della poesia di Nievo fu pubblicata Avemaria della sera, scritta     dall’abate Leandro Tallandini. Il manoscritto della poesia Beatrice Cenci      non fu restituito, oppure per altri motivi andò perduto (smarrimento postale?     censura?) e di questa poesia di Nievo non si conosce neppure il titolo esatto.
Della     censura, Nievo si lamentava sovente. Scriveva, il 20 ottobre 1858, da Regoledo     a Livia di Colloredo Altieri: «Mi chiede di nuove pubblicazioni che possano     interessare? Mio Dio! Le migliori ci sono proibite, come le opere postume     di Lamennais, la Fides di Guerrazzi, il Mario di Niccolini,     e l’Epistolario del Giusti che uscirà fra poco da Lemonier. Se può     beccare qualche d’una fra queste, beata lei!…»           
A     gennaio 1849 Ippolito Nievo raggiunge la Toscana, passando per Ferrara e per     Bologna. Si ferma prima a Firenze, poi va a Pisa.
Mancano documenti, ma sembra     che sia stato anche a Livorno e lì abbia preso parte ai moti, ispirati da     Francesco Domenico Guerrazzi, con cui il 10 e 11 maggio 1849 si tentò di impedire     il ritorno via mare del Granduca di Toscana, sostenuto dalle armi austriache.     Di questa sua presenza a Livorno, Nievo forse testimonia nei seguenti versi     della sua poesia Il Mare. Episodi, pubblicata nell’opuscolo Versi,     del 1855:
E anch’io meschino trovator     di rime
Né miei più fanciulleschi anni,     quand’era
Nuovo a tutto il pensiero,     e la speranza
Vece tenea della lontana fede
Ond’oggi faccio schermo alle     presenti
Viltadi, anch’io sulle deserte     arene
Del Tirreno discesi, e popolai
De’ miei sogni quell’onde,     ove le prime
Fenicie prore arditamente in     traccia
Correvan di nuova terra.
Francesco     Domenico Guerrazzi, che per un anno aveva dominato con pugno dittatoriale     la Toscana, all’interno di un triunvirato, fu processato e condannato a quindici     anni di reclusione. 
Ebbe poi la pena commutata con l’esilio in Corsica. Si     fermò a Bastia ed abitò in una villa arrampicata in cima ad un colle, contornata     da ulivi, non lontana da una antica e diroccata torre genovese. Di lì poteva     godere un panorama immenso e intravedere, forse, la costa della perduta Toscana.     In questa villa, che chiamò “Bellacanzone”, perchè lì arrivava     il lungo respiro del mare, portò a termine il romanzo Beatrice Cenci     che, pubblicato nel 1853, subì violenti attacchi, soprattutto da parte degli     ambienti clericali più retrogradi. Nella ristampa Guerrazzi aggiunse una prefazione     con documenti inediti che provavano la veridicità dei fatti da lui narrati.      
In     questa villa, alla fine dell’Ottocento si trasferì con la famiglia il pioniere     inglese in Corsica Arthur Castell Southwell (1857-1910) che era agente marittimo     e dei Lloyd, commerciante di cedri canditi e di acido gallico, proprietario     di miniere in Corsica e vice-console onorario inglese di Bastia. Sua     figlia Edith Southwell (1888-1936), interprete raffinata dell’anima profonda     dell’isola, nel 1933 pubblicò i Canti popolari corsi. Dopo il 1920     Edith abitò a “Bellacanzone” solo nei mesi estivi poiché, avendo sposato il     pittore, incisore e ceramista italiano Guido     Colucci (1877-1949), nella restante parte dell’anno risiedeva a Firenze     o a Roma. Pubblichiamo un’immagine un po’ sfocata di questa villa superba,     tratta da una cartolina degli anni Trenta che rappresenta la spiaggia di Toga     e la verde collina di Minelli. 
Beatrice Cenci dalla rete
Beatrice Cenci dalla rete



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