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L'ombra è l'opposto del sole, ma si nutre di esso.
Un cielo grigio non genera ombre: nessun contrasto, nessun pensiero.


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lunedì 15 marzo 2021

Dal "Diario di un inguaribile vecchio" -4-

Diario di un inguaribile vecchio

 un improbabile fauno insegue una ninfa
bellezza raccolta, musicata, resa viva;
il tempo che scorre non cancella

un carattere stanco ma ancora orgoglioso

-4-

Claude Debussy e il suo fauno, una ninfa che sfugge.
Il poema di Stéphane Mallarmé è reso suono, diventa visione e concretizza una possibile storia.
Ancora la musica spiega, racconta; il mondo è quello fantastico di un'ellade percorsa da mitici esseri, i protagonisti sono un passionale fauno ed una bellissima ninfa; il tempo probabilmente l'estate, sicuramente il primo pomeriggio di una luminosa giornata assolata.
La ninfa scappa ma non si sottrae, il fauno insegue, lusinga, insiste, ma non raggiunge.
La metafora della vita scorre nel filo di note suadenti, i miei occhi si chiudono, assaporo gli istanti, i fotogrammi nella mia anima si sgranano e sfociano in visioni confuse, sfuocate.
I sensi esplodono e l'anima non contiene la mente che vaga, lontano, su crinali proibiti e nascosti, su colline isolate.
L'animale prevale, la passione rovina atmosfere, da sempre. 
Rifletto e la musica continua, mi prende in un vortice che non riesco a domare, la mente vacilla mentre forze ancestrali prevalgono e vincono, il corpo risponde.
La musica ancora prosegue, ora è più calma ed il sole prorompe.
Nei mille vorrei mancano quelli dovuti, richiesti.
Calmo a fatica gli ardori di un tempo, la gioventù scompare davanti allo specchio, mi guardo macchiato da un attimo di folle passione e provo vergogna, cerco ristoro nell'acqua.
Il satiro ora è triste e la musica continua e spiega il contesto.
Ritorno in me stesso sommerso da mille domande e nessuna risposta.
Rispetto?
Ragione?
Lo spazio così angusto?
O solo il tempo che avanza?
Dov'è la mia musa? Con chi giace stanotte?
Ricaccio i pensieri in un angolo nascosto della mia psiche e riprovo attenzione alla musica.
In un solitario soliloquio mi dico le troppe motivazioni al mio gesto, "sei solo", "il tempo incombe", "non durerà", "sei vecchio", "carpe diem", "ob torto collo", domande, risposte, incisi superflui e sciocchi...
Sopravvivo anche a me stesso, a quella parte animale che emerge e sovrasta le cose che scrivo e anche quelle che spesso io dico.
Un'inguaribile sensazione di tenerezza per quello che sono mi prende, vorrei essere forte, presente, sempre sotto controllo, ma non ci riesco.
La musica è finita ma non ho voglia di ascoltare altro.
 
 

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