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L'ombra è l'opposto del sole, ma si nutre di esso.
Un cielo grigio non genera ombre: nessun contrasto, nessun pensiero.


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martedì 31 marzo 2020

Processione


Processione
 
tutto cominciò da questo atto umano,
la peste, di manzoniana memoria, a Milano;
un cosa così innocente, di fede, cara,
eppure si tramutò in tragedia amara;
abbiamo ripercorso quei passi sventati,
nei bar, negli stadi, nei ritrovi affollati...
 
Gujil
 
Gli Schizzi caucasici sono due suite orchestrali composte dal compositore russo Michail Michajlovič Ippolitov-Ivanov e pubblicate rispettivamente nel 1894 e nel 1896. L’opera è stata influenzata dalle canzoni popolari georgiane che Ippolitov-Ivanov aveva ascoltato durante i suoi anni come direttore del conservatorio musicale e direttore d’orchestra a Tbilisi, la principale città della Georgia e durante le sue visite alle montagne circostanti. La suite n° 1 Op. 10, inizia con una canzone vibrante, In a Mountain Pass, contraddistinta da un ritmo costante e ambizioso e termina con il brano più famoso, Processione del Sardar, una caratteristica marcia (dalla rete).

lunedì 30 marzo 2020

Poesia e riflesso

La rosa nel bicchiere
 
Un pastore
un organetto
il tuo cammino.
Calabria,
polvere e more.
Uova
di mattinata
il tuo canestro.
Calabria,
galline sotto il letto.
Scialli neri
il tuo mattino
di emigranti.
Calabria,
pane e
cipolla.
Lettera
dell'America
il tuo postino.
Calabr
ia,
dollari nel bustino.
Luce
d'accetta
l'alba
dei tuoi
boschi.
Calabria,
abbazia di abeti.
Una rissa
la tua fiera.
C
alabria
d'uva rossa
e di coltelli.
Vendetta
il tuo ono
re.
Calabria
in penombra
canne di fucili.
Vino
e quaglie,
la festa
ai tuoi padroni.
Calabria,
allegria

di borboni.
Carrette
alla marina
la tua
estate.

Calabria,
capre sulla spiaggia.
Alluvioni
carabinieri
,
i tuoi autunni.
Calabria,
bastione
di pazienza.
Un lamento
di lupi,
i tuoi inverni.
Calabria,
famigliola
al braciere.
Francesco di Paola
il tuo sole. 
Calabria,
casa sempre aperta.
Un arancio
il tuo cuore,
succo d'aurora.
Calabria,
rosa nel bicchiere.
 
Franco Costabile
da "La rosa nel bicchiere"
Canesi, 1961
 
 
terra meravigliosa, amici impensati,
città tra due mari, congressi, parole;
la mia Calabria è uno strano magnete
sul calorifero che scalda mia figlia...

domenica 29 marzo 2020

Quarantena #3, Norman Kennet Jones


È morto il noto cardiologo Norman Kennet Jones.
All’ospedale Sant’Anna di Como dov’era ricoverato da giovedì 12 marzo, si è spento nella sera di venerdì 27 marzo intorno alle 18, a seguito di Coronavirus.
È stato primario di cardiologia all’ospedale di Seregno.
                                                                        
Ha preso congedo dalla vita il noto cardiologo Norman Kennet Jones. All’ospedale Sant’Anna di Como dov’era ricoverato da giovedì 12 marzo, si è spento nella sera di venerdì 27 marzo intorno alle 18, a seguito di Coronavirus. Un’altra vittima illustre in campo medico. Jones, 72 anni, è stato primario della cardiologia del centro di riabilitazione “Trabattoni-Ronzoni” di via Verdi di Seregno. Un ricovero il suo che aveva destato molta preoccupazione tra i suoi affezionati pazienti, che appresa la notizia si erano subito manifestati con tantissime testimonianze di vicinanza. Ad Inverigo, dove aveva lo studio e la residenza, anche la moglie è in quarantena.
Jones, era nato a Swansea nel Galles, una cittadina a lui molto cara in quanto li erano nati e cresciuti, e dei quali ne andava fiero, due campioni di calcio: lo juventino John Charles e il nazionale inglese Jan Rush. Dal 1977 al 1992 è stato dirigente dell’ospedale Borella di Giussano e dal 1992 fino al 2017, direttore di ruolo di cardioriabilitazione e pneumologia al “Trabattoni-Ronzoni”. Un medico che ha lasciato una profonda traccia di se per le sue doti. Un medico che ha dedicato tutta la sua vita alla medicina. Parlava diverse lingue. Ed era un insegnante bravissimo e capace come pochi di tenere relazioni col pubblico. Sempre gentile e disponibile. La notizia che si è sparsa immediatamente in città ha suscitato grande commozione tra i suoi ex colleghi dell’ospedale Trabattoni-Ronzoni (il Cittadino)
 
Quarantena #3
 
chi lo dirà ai posteri come è successo?
lunghe file di auto ferme, immobili, spente,
come la vita nostra di questi giorni in silenzio;
la terra si sta risvegliando dal suo torpore,
la natura prosegue indefessa, vive e vegeta.
Noi siamo anime di passaggio e di passato,
nei ricordi conserviamo gli amici andati...
(a Norman  Kennet Jones, medico, amico, padre e marito)
 
 Gujil
 

sabato 28 marzo 2020

Cose

Cose

Dare un nome a queste cose
che sono cose perché la pupilla
cosí le riconosce
e le trasmette a neuroni ripetuti
che si imparano a memoria:
è sempre, comunque,
un compito ridotto

Lo stesso con un viso
la sua tessitura in tono pungente o soave,
la polpa tremula mentre fa tremare
la rete di neuroni

E tanto il cuore

Quello che rimane poi,
una volta che le dimensioni sono definite,
è questo non saper niente di niente
sentire che a poco valgono
queste sillabe

Che ciò nonostante si appoggiano
a declivi e a intagli tiepidi,
vivi di cellule e piccole vene
dove gli avverbi si perdono
e vacillano
 O al colore di quegli occhi
che a poco a poco so essere mio,
e che non so coniugare. Solo declinare,
inclinandomici

 
Per questo, nonostante tutto, parlo di nomi
perché non sono capace
di miglior forma:


 Ana Luísa Amaral

da "What's in a name e altri versi"
 traduzione di Livia Apa
 
 
siamo circondati, avvolti, da cose,
sono oggetti collocati o ricordi;
Loreto impagliato? buone cose?
forse solo pessimo gusto...
 
cosa/cò·sa/
sostantivo femminile 
Nome estremamente generico, che riceve determinazione solo dal contesto del discorso; oggetto ideale o materiale: cose corporee, incorporee, temporali, eterne;
Dinanzi a me non fur cose create Se non eterne (Dante); l'uomo è misura di tutte le cose (dalla rete).

venerdì 27 marzo 2020

Greensleeves

Un pò di serenità, di dolcezza,
manca il senso in questi tristi giorni;
la morte è presente, la vita stenta,
molti vecchi cuori stanno finendo i battiti...
 
"My Lady Greensleeves"
  Dante Gabriel Rossetti, 1864


Molti testi furono scritti ed elaborati nel tempo per questa canzone, quello riportato è forse la versione più famosa.


(EN) «Alas my love you do me wrong
To cast me off so discourteously,
For I have loved you so long
Delighting in your company.

Rit.:
Greensleeves was all my joy
Greensleeves was my delight,
Greensleeves was my heart of joy
Greensleeves was my heart of gold
And who but my lady Greensleeves.

...»


(IT) «Ahimè amore mio voi mi fate del male
Rifiutandomi così scortesemente
perché io vi ho amato così a lungo
Deliziandomi della vostra compagnia

Rit.:
Greensleeves era tutta la mia gioia
Greensleeves era la mia felicità
Greensleeves era il cuore della mia gioia
Greensleeves era il mio cuore d'oro
E chi altri se non la mia Signora Greensleeves.

...»


(Versione rinascimentale di Greensleeves)

La leggenda narra che a comporre il brano sia stato Enrico VIII d'Inghilterra (1491-1547) per la sua futura consorte Anna Bolena.
Pare infatti che quest'ultima avesse una malformazione ad una mano e ciò la costringesse a coprirla con delle lunghe maniche (di qui potrebbe derivare il titolo Greensleeves, "maniche verdi"; ma potrebbe anche essere una modifica di un precedente Greenleaves, cioè "foglie verdi").        In realtà, è più probabile che l'anonimo autore, forse un amante tradito da una donna di facili costumi, abbia scritto questa canzone verso la fine del XVI secolo, successivamente quindi alla morte di Enrico stesso.    Sul tema di Greensleeves sono state fatte variazioni, famosa è quella di Ralph Vaughan Williams. La canzone, come del resto tutti i canti di tradizione popolare, fu per molto tempo tramandata unicamente per via orale o sotto forma di manoscritto.
La prima versione registrata ufficialmente risale al 1580, con il titolo di "A New Northern Ditty of the Lady Greene Sleeves", ma non esiste oggi nessuna copia di questo documento.
Se ne trova traccia in A Handful of Pleasant Delights (1584) come "A New Courtly Sonnet of the Lady Green Sleeves.
To the new tune of Green sleeves". Tale titolo sembra dunque suggerire che il brano fosse antecedente.
Ne "Le allegre comari di Windsor" di Shakespeare (1602) un personaggio (Alice Ford) cita ben due volte il brano "Green Sleeves". Anche The Beggar's Opera, il capolavoro di John Gay, contiene una rielaborazione del brano: l'autore ne mantiene la musica ma varia il testo per farne una corrosiva critica delle differenze sociali (la giustizia che punisce i poveri ma non colpisce i ricchi).
(da Wikipedia)

 

giovedì 26 marzo 2020

Mia madre, poesia e riflesso

Mia madre
 
Mia madre negli anniversari o nei giorni di festa
suole congiungere le mani e pregare a lungo.
Il suo vestito color zafferano è un po’ sbiadito
ma vorrei vederla tirarlo fuori per l’occasione.
La mia vita è piena di sofferenza e d’ingiustizia
mia madre deve sempre pregare per me
un figlio che ha visto così tante detenzioni
facendo scorrere rivoli di lacrime sulle guance della mamma.
Seduto accanto a lei mi trovo così piccolo
vicino a questo suo grande grande amore materno.
Madre, ho solo un desiderio
ed è di non stare mai lontano da te!
Così, ogni volta che siedi in preghiera
per tuo figlio malato e prigioniero nella giungla profonda
il vecchio sbiadito vestito color zafferano che indossi
si bagna di lacrime senza fine!
1963
 
Nguyen Chi Thien
 
 il viso della mia lo ricordo appena, sfocato,
mi sono mancati dei Lei i pochi baci, gli abbracci,
ma ho avuto carezze e dolci parole, pensieri,
mi manca, mia madre, mi manca...

mercoledì 25 marzo 2020

Quarantena #2, siamo gusci di noce...

Quarantena #2
 
incredulo vedo perdurare momenti di ansia,
abitudini desuete riaffiorano, si impongono;
siamo piccoli gusci di noce in un torrente,
balia dei flutti, inspiegabili anime sole...
 
Gujil
 
 Fare una  barchetta è l’esempio più classico per riciclare un guscio di noci. Di solito lo si riempie con un pochino di mollica di pane, o di plastilina. Poi si crea la vela con uno stuzzicadenti e un pezzetto di buccia d’arancia o di mandarino. Ed ecco pronta una barchetta. Ma potrete essere ancora più creativi: dipingere il guscio di noce e formare la vela con delle perline (dalla rete).

martedì 24 marzo 2020

Terenzio, un nome e una poesia

Terenzio P. Afro
What’s in a Name

Mi chiedo cosa c’è in un nome?

Di che spessore è quando lo si riceve,

quali guerre lo accolgono,
parallele?

Lignaggi, terre servili,
razze domate da poche sillabe,
fondamenta
della storia in leggi forgiate
a ferro e fuoco?

Estirpato il
nome, resterà l’amore,
resterai tu e io – anche nella morte,
anche se solo mito

E anche il mito (
ascolta!),
la nostra breve storia
che qualcuno leggerà come materia
inerte,
resterà nel sempre di ciò che è umano

E altri

lo raccoglieranno ancora,
quando nel loro secolo ce ne sarà troppo poco

E, amor mio, forza di me
maggiore,
saremo per loro come la rosa –

Anzi, come il suo profumo:
sgovernato          libero

Ana Luísa Amaral
Traduzione di Livia Apa 

Terenzio
fu un commediografo berbero di lingua latina, la quale opera è giunta integralmente fino a noi. Fu attivo a Roma dal 166 a.C. al 160 a.C. e le sue commedie furono caratterizzate da un accostamento al modello menandreo.
Nacque a Cartagine (probabilmente tra il 195 e il 183 a.C.) e fu portato a Roma come schiavo dal senatore Terenzio Lucano; conosciuto con il nome di Afer (Africano) il senatore lo educò alle arti liberali e lo affrancò (il suo nome ricalca quello del suo ex padrone, com'era costume all'epoca).La sua vita è testimoniata da Svetonio nella Vita Terentii che fu riportata dal grammatico Donato, il quale la inserì come premessa al suo commento delle commedie terenziane.
Fu in stretti rapporti con il Circolo degli Scipioni, in particolare con Gaio Lelio, Scipione Emiliano e Lucio Furio Filo: grazie a queste frequentazioni apprese l'uso alto del latino e si tenne aggiornato sulle tendenze artistiche di Roma.
Durante la sua carriera di commediografo venne accusato di plagio ai danni delle opere di Nevio e Plauto e ricoperto di maldicenze da cui non riuscì mai a liberarsi.
Forse per conoscere meglio gli usi e i costumi della Grecia e per ricercare altre opere di Menandro, vi si recò nel 159 a.C. e non fece mai ritorno perché morì in circostanze incerte.
Svetonio riporta alcune ipotesi, tra cui il naufragio e il dolore di aver perduto, con i bagagli, 108 commedie rimaneggiate dagli originali di Menandro. Probabilmente proprio per un accostamento all'ispiratore Menandro, diffusa è anche la voce, senza riscontro, di una morte per annegamento (dalla rete).
      
i nomi, quelli di chi se ne va in silenzio,
in questi giorni, come il vecchio Terenzio;
questa casa lo ricorderà meglio di noi,
sicuramente vagherà intime condizioni...

lunedì 23 marzo 2020

Merli

Il merlo
(Turdus merula, Linnaeus 1758)
è un uccello della famiglia dei Turdidae.
La specie è caratterizzata da un marcato dimorfismo sessuale: il maschio è lungo fino a 25 centimetri e presenta un piumaggio in genere completamente nero o marrone scuro; il becco e il contorno degli occhi sono di un giallo acceso tendente all'arancione mentre la femmina è di colore bruno scuro, con la gola più chiara, striata.
Il maschio immaturo è nero opaco con becco scuro, opaco.
Il merlo è onnivoro; si ciba principalmente di frutta, bacche e piccoli invertebrati.
Il suo habitat naturale è il bosco, ma si adatta a vivere in numerosi ambienti (in pratica, ovunque vi siano le condizioni per nidificare) e non raramente lo si trova anche in aree urbane.
Il nido, costruito dalla femmina, si trova sui rami degli alberi, fra i cespugli o anche semplicemente in buche del terreno.
La femmina depone le uova (generalmente da 4 a 6) tre volte l'anno, sono di colore azzuro-grigio maculati in modo irregolare da puntini grigi.
Il periodo di incubazione va dai 14 ai 15 giorni ed è principalmente la femmina a covarle anche se di rado collabora anche il maschio per motivazioni forse di natura ambientale.
In genere, i merli vivono in coppie isolate; durante le migrazioni diventano in genere più sociali e possono radunarsi in stormi.
Quando canta tende a porsi verso la cima di un albero.
Dato che il merlo inizia a cantare circa dalle 3 di mattina, può capitare che nelle città possa risultare molesto.
Il suo canto è un fischio puro molto vario, flautato e sempre allegro, paragonabile a un verso simile a un tciuc-tciuc-tciuc abbastanza basso oppure un sottile tsii o un irritato cie-ciecie, mentre, se allarmato, nel levarsi emette uno stridente e improvviso chiacchierio che potrebbe spaventare qualsiasi distratto che si addentra nel suo habitat senza far caso alla sua posizione.
Inoltre ha la capacità di imparare con facilità qualsiasi motivetto per poi ripeterlo fino alla noia.
Il suo canto è da molti ritenuto come uno dei più belli e soprattutto allegri.
Può accadere che in lontananza un altro merlo gli alterni le sue emissioni sonore e che ciascuno dei due canti frasi differenti senza sovrapporsi.
 
  Chi sei?
 
Chi sei?
chiedo a un merlo
che sbatte le ali
sul davanzale.
Ma lui mi guarda soltanto
e spicca il volo con il suo segreto.
 
Cecilia Casanova
 
quasi un haiku, essenziale, unico,
ricorda Montale in una sua poesia;
in questi giorni pesanti è un soffio,
aria leggera che spazza tristezze...

Dopo il passero, il merlo è il passeriforme più diffuso in Europa e in Italia. È diffuso in tutto il territorio europeo ad esclusione della Scandinavia settentrionale. È inoltre presente in Asia, in Africa nord-settentrionale, nelle Canarie e nelle Azzorre. Durante gli inverni si trasferisce dai paesi più settentrionali in quelli più caldi, mentre nelle zone temperate come l'Italia è presente tutto l'anno.
Vive generalmente nei boschi con sottobosco, nei frutteti e nei vigneti, ed è comune presso tutte le zone coltivate (dalla rete).
 

domenica 22 marzo 2020

Poesia e riflesso per Norman

In un campo
 
Ed eccomi là in mezzo a un campo,
i solchi un tempo detti ‘strie’ ancora lustri,
il trattore con l’aratro per aria appena uscito
ringhiando a velocità inaspettata
sulla strada. Ultimo dei lavori,
la spirale era stata tracciata, solchi incisi
tre o quattro volte attorno a ciascuno dei quattro lati
del terreno vivo, per delimitarlo
e marcarlo. Dentro quel confine ora
calpesta la terra carnosa e segui
le impronte da tempo rimarginate di uno che arrivò
dal nulla, sconosciuto e congedato,
in divisa cachi abbottonata e scarponi lucidati,
ferendo gli acri rivoltati del nostro campo dietro casa
per uscire incespicando dal magico anello delle strie
e prendermi per una mano per riportarmi
attraverso lo stesso vecchio cancello nel cortile
dove sono improvvisamente comparsi tutti,
e stanno lì in attesa.
 
Seamus Heaney
Traduzione di Marco Sonzogni
 
 passi che non fanno rumore nell'erba,
verde, quella di primavera, tenera e nuova;
i tuoi piedi nudi nel passaggio lievi incedono
la via è tracciata, serena, assolata...
 


Non avrei mai pensato potesse accadere,
qualcuno che conosco, che fatica a lottare;
il percorso della vita è tracciato eppure,
quando Lachesi ha finito il filo preparato da Cloto,
Atropo con alessitimia recide decisa;
Spes, ultima dea, si arrende,
noi, ancora soffriamo...
(a Norman Jones che, stremato, ancora lotta)
 
Gujil

John Strudwick,
"A Golden Thread (Un filo prezioso)"
1885 (olio su tela)

sabato 21 marzo 2020

Ossidazione e riflesso sulla vita


L'ossidazione e la riduzione sono processi chimici complementari che comportano una perdita di elettroni (ossidazione) da parte di un reagente e un corrispondente acquisto di elettroni (riduzione) da parte di un altro: i due processi devono quindi aver luogo contemporaneamente e in quantità corrispondenti.
I processi di ossidazione più comuni utilizzano l'ossigeno dell'atmosfera; fra questi rientrano la formazione della ruggine (v. corrosione), la combustione e la respirazione. In tutti i casi è l'ossigeno che si riduce.
Fra i processi di riduzione si possono ricordare il recupero dei metalli dai loro minerali, la produzione fotosintetica dei carboidrati e l'idrogenazione dei grassi (dalla rete).


Le ossidazioni II
 
D’avversi stili
si compone poesia.
Frane mutano
destini e viscere.
Ma il tempo procede
implacabile lento.
su rive di laghi incolori
si piantano baracche.
E rauchi minatori s’urtano

nel gioco dei dadi e delle carte.
 
Sebastiano Carta
 
la vita si ossida, imbrunisce,
si sfalda piano piano in un nulla
che non sappiamo, finisce;
il corvo ci segue dalla culla...

 
The crow on the cradle
 
The sheep's in the meadow
The cow's in the corn
Now is the time for a child to be born
He'll laugh at the moon
And cry for the sun
And if it's a boy he'll carry a gun
Sang the crow on the cradle

And if it should be that this baby's a girl
Never you mind if her hair doesn't curl
With rings on her fingers
And bells on her toes
And a bomber above her wherever she goes
Sang the crow on the cradle

The crow on the cradle
The black and the white
Somebody's baby is born for a fight
The crow on the cradle
The white and the black
Somebody's baby is not coming back
Sang the crow on the cradle

Your mother and father will sweat and they'll slave
To build you a coffin and dig you a grave
Hush-a-bye little one, never you weep
For we've got a toy that can put you to sleep
Sang the crow on the cradle

Bring me my gun, and I'll shoot that bird dead
That's what your mother and father once said
The crow on the cradle, what can we do
Ah, this is a thing that I'll leave up to you
Sang the crow on the cradle
Sang the crow on the cradle

 
Il corvo sulla culla
 
Le pecore sono nel prato
E le mucche al pascolo
È il momento che nasca un bambino
Sorriderà al sole
E piangerà per la luna
E se è un maschio porterà una pistola
Cantò il corvo sulla culla

E se dovesse essere una bambina
Non datevi mai pensiero per i capelli che non sono ricci
Con gli anelli alle dita
E campanellini alle caviglie
E l'ombra di un bombardiere che la segue dovunque andrà
Cantò il corvo sulla culla

Il corvo sulla culla
Il bianco e il nero
Il bambino di qualcuno è nato per una guerra
Il corvo sulla culla
Il nero e il bianco
Il bambino di qualcuno non tornerà mai più
Cantò il corvo sulla culla

Tua madre e tuo padre suderanno sangue
Per costruirti una bara e scavarti una tomba
Shh, dormi, piccolino, non piangere mai
Ché abbiamo un giocattolo che ti farà addormentare
Cantò il corvo sulla culla

Portami la pistola, ché ammazzo quel corvo
Dissero una volta tua madre e tuo padre
Corvo sulla culla, che cosa possiamo fare
Ah, questa è una risposta che lascio a voi
Cantò il corvo sulla culla
Cantò il corvo sulla culla