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L'ombra è l'opposto del sole, ma si nutre di esso.
Un cielo grigio non genera ombre: nessun contrasto, nessun pensiero.


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mercoledì 30 settembre 2009

Grazie

Ho sentito questa canzone mentre guidavo verso uno degli areoporti di Milano anni fa, quando ancora i suoni li consideravo integrante corollario al mio eccessivo peregrinare lavorativo. Ora non è più così ma la musica è rimasta dentro di me avvinghiata come una liana a stritolarmi l'anima. Venendo al nocciolo l'idea di dire grazie anche alle schifezze la trovo geniale, un inno all'esistenza su tutto e per tutto e Lei, nel video della canzone, è molto bella e invidiabilmente giovane. I sottotitoli in Spagnolo sono solo incidentali.

THANK U - How about getting off of these antibiotics How about stopping eating when I'm filled up How about them transparent dangling carrots How about that ever elusive kudo Thank you India Thank you terror Thank you disillusionment Thank you frailty Thank you consequence Thank you thank you silence How about me not blaming you for everything How about me enjoying the moment for once How about how good it feels to finally forgive you How about grieving it all one at a time Thank you India Thank you terror Thank you disillusionment Thank you frailty Thank you consequence Thank you thank you silence The moment I let go of it was The moment I got more than I could handle The moment I jumped off of it was The moment I touched down How about no longer being masochistic How about remembering your divinity How about unabashedly bawling your eyes out How about not equating death with stopping Thank you India Thank you providence Thank you disillusionment Thank you nothingness Thank you clarity Thank you thank you silence

Thank U (Grazie) - e se smettessi di prendere questi antibiotici e se smettessi di mangiare quando sono piena e che dire di quelle carote trasparenti penzolanti e che dire di quel kudo eternamente elusivo grazie india grazie terrore grazie disillusione grazie fragilità grazie conseguenze grazie grazie silenzio e se smettessi di incolparti di tutto e se per una volta godessi del momento e che dire di quando mi fa sentire bene finalmente perdonarti e se piangessimo tutto uno alla volta grazie india grazie terrore grazie disillusione grazie fragilità grazie conseguenze grazie grazie silenzio il momento in cui ho mollato è stato il momento in cui avevo troppo per le mani il momento in cui sono saltata giù è stato il momento in cui ho toccato terra e se smettessi di essere masochista e se ricordassi la tua divinità e se piangessi sfrontatamente fino a finire le lacrime e se non mettessi sullo stesso piano la morte con il fatto di finirla grazie india grazie provvidenza grazie disillusione grazie nulla grazie chiarezza grazie grazie silenzio

Alanis Morissette - Thank U (Thank You)da: Supposed Former Infatuation Junkie, WEA/Warner Bros 1998

martedì 29 settembre 2009




Ebbro
di desiderio e d'amore
mi aggiro
ombra
nell'ombra
celato.

Vedo
ubriaco e stordito
ma guardo
in ritardo
e ritardo
il ritorno.
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Anonimo del 1900


lunedì 28 settembre 2009

La Spigolatrice di Sapri

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Eran trecento, eran giovani e forti, e sono morti!
Me ne andavo un mattino a spigolare
quando ho visto una barca in mezzo al mare:
era una barca che andava a vapore,
e alzava una bandiera tricolore.
All’isola di Ponza si è fermata,
è stata un poco e poi si è ritornata;
s’è ritornata ed è venuta a terra;
sceser con l’armi, e a noi non fecer guerra.
Eran trecento, eran giovani e forti, e sono morti!
Sceser con l’armi, e a noi non fecer guerra,
ma s’inchinaron per baciar la terra.
Ad uno ad uno li guardai nel viso:
tutti avevano una lacrima e un sorriso.
Li disser ladri usciti dalle tane:
ma non portaron via nemmeno un pane;
e li sentii mandare un solo grido:
Siam venuti a morir pel nostro lido.
Eran trecento, eran giovani e forti, e sono morti!
Con gli occhi azzurri e coi capelli d’oro
un giovin camminava innanzi a loro.
Mi feci ardita, e, presol per la mano,
gli chiesi: – dove vai, bel capitano? -
Guardommi e mi rispose: – O mia sorella,
vado a morir per la mia patria bella. -
Io mi sentii tremare tutto il core,
né potei dirgli: – V’aiuti ‘l Signore! -
Eran trecento, eran giovani e forti, e sono morti!
Quel giorno mi scordai di spigolare,
e dietro a loro mi misi ad andare:
due volte si scontraron con li gendarmi,
e l’una e l’altra li spogliar dell’armi.
Ma quando fur della Certosa ai muri,
s’udiron a suonar trombe e tamburi,
e tra ‘l fumo e gli spari e le scintille
piombaron loro addosso più di mille.
Eran trecento, eran giovani e forti, e sono morti!
Eran trecento non voller fuggire,
parean tremila e vollero morire;
ma vollero morir col ferro in mano,
e avanti a lor correa sangue il piano;
fun che pugnar vid’io per lor pregai,
ma un tratto venni men, né più guardai;
io non vedeva più fra mezzo a loro
quegli occhi azzurri e quei capelli d’oro.
Eran trecento, eran giovani e forti, e sono morti!
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Luigi Mercantini

Una delle pagine gloriose del Risorgimento è stata scritta il 28 Giugno 1857 con l'eroica spedizione di Sapri ad opera di Carlo Pisacane.
L'insuccesso della missione ha contribuito
ad unire le forze per rovesciare la situazione politica ed a preparare
l'unità d'Italia.
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Questa poesia ha perseguitato innumerevoli studenti obbligati ad imparare a memoria una tiritera considerata un pò melensa e piena di retorica. Riletta e ripensata adesso è diversa, è poeticamente densa di malinconiche visioni, di nuvole e profumo di brezza marina.
La mia spigolatrice ha i capelli al vento e lo sguardo pieno di onde che vede lontano ed immagina mondi di vissuto e certezze.
La mia spigolatrice è bella e piena di calde promesse e rifugi sicuri.
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Sebbene considerato un poeta minore nella letteratura italiana, Luigi Mercantini è da annoverare tra i più conosciuti rappresentanti della poesia lirica di ispirazione patriottica.
Amatissimo per i suoi componimenti al tempo stesso delicati e popolareschi, è classificabile come un tardoromantico. Godette della grande stima di Giovanni Pascoli, che ebbe a pronunciare per lui parole di affetto e considerazione (da Wikipedia).
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MERCANTINI e LA SPIGOLATRICE
Luigi Mercantini nasce a Ripatransone (Ascoli Piceno) il 19 settembre 1821 da Domenico, segretario di Mons. Luigi Ugolini, vescovo della cittadina, e da Barbara Morelli, ripana, figlia di un agiato commerciante.
Nel giugno 1824, in seguito al trasferimento del prelato nella sede di Fossombrone, in provincia di Pesaro-Urbino, la famiglia Mercantini si sposta nella bella cittadina in riva al Metauro.
A dieci anni Luigi entra nel locale seminario diocesano ove è seguito da valorosi maestri, fra cui l'osimano Andrea Romiti, ottimo insegnante di Retorica, di cui il Mercantini conserverà grato ricordo per tutta la vita.
Nel 1841, prima assume l'incarico di bibliotecario della Biblioteca comunale, poi gli viene affidata la cattedra di Umanità e Retorica di Arcevia, mentre l'anno successivo viene nominato maestro di Eloquenza a Senigallia.
Nel 1845 sposa, ad Arcevia, Anna Bruni, che muore dopo appena otto mesi, stroncata da un male ereditario.Nel 1846, salito al soglio pontificio Pio IX (Giovanni Mastai Ferretti di Senigallia), Mercantini si accende di entusiasmo per le riforme iniziate e per le idee di libertà e di indipendenza espresse dal nuovo Papa.
Nel 1849 partecipa alla sfortunata difesa di Ancona, assalita dagli Austriaci e, dopo la capitolazione della città, si reca in volontario esilio prima a Corfù, dove incontra il Manin, il Tommaseo e il Pepe, poi, nel 1850, a Zante.
Nel 1852 torna in Italia, dapprima a Torino, dove conosce il fior fiore dei nobili patrioti piemontesi, come Lamarmora, Mamiani, i Valerio, i Castellengo, i Casati; indi a Genova, dove, nel 1854, viene nominato docente di Letteratura Italiana e Storia nel Collegio femminile delle "Peschiere . L'anno successivo sposa Giuseppina De Filippi, giovane milanese di vent'anni, talentuosa pianista e insegnante anche lei nel Collegio delle Peschiere.
Nel 1856 assume la direzione del settimanale "La Donna al quale collaborano personaggi di spicco, come Niccolò Tommaseo, Francesco Dell' Ongaro, Ferdinando Bosio.
Nel 1858, a Genova, nella villa di Gabriele Camozzi, patriota bergamasco, Mercantini conosce Giuseppe Garibaldi e, su invito dell'eroe dei due mondi e suggerimento di Bertani scrive quella “Canzone Italiana “ (1859) che, musicata da A. Olivieri, diverrà notissima come "Inno di Garibaldi”.
Segretario del commissario regio Lorenzo Valerio, dopo l'annessione delle Marche (1860), fonda il quotidiano "Corriere delle Marche" (giornale che si pubblica ancora oggi con il titolo di "Corriere Adriatico" ) ed è nominato docente di Storia e di Estetica nell'Accademia di Belle Arti di Bologna, città dove si trasferisce con la famiglia. Eletto deputato per l'VIII legislatura, la sua elezione viene annullata il 15 marzo 1861 per incompatibilità con il suo impiego.
Nominato, nel 1865, titolare della cattedra di Letteratura Italiana dell'Università di Palermo, ricopre vari uffici scolastici, traduce l'Ecerinide di A. Mussato (1868), fonda il giornale "La Luce" (1869), pronuncia discorsi commemorativi e continua a scrivere prose e versi. Muore a Palermo il 17 novembre 1872 e viene sepolto nel cimitero di S.Maria del Gesù ove, l'anno successivo gli viene dedicato un monumento recante una iscrizione dettata da Aleardo Aleardi. Mercantini fu tra i più significativi rappresentanti della lirica patriottica.
I suoi Canti accompagnarono le vicende liete e tristi del Risorgimento italiano e suscitarono grandissima commozione tra i contemporanei che lo amarono per la delicatezza del sentimento, per quel fare popolaresco delle sue poesie (anche se il fare popolaresco sapeva pur sempre di letteratura), per la sincerità patriottica e per la vena spiccatamente romantica dei versi. I grandi critici della nostra letteratura lo hanno quasi sempre accomunato a Francesco Dell'Ongaro, a F. Montanelli e a molti altri "bardi minori del Risorgimento, mentre la critica più recente non ha dubbi nel giudicarlo come "il cantore dei teneri affetti . Giovanni Pascoli, nel 1907, ebbe a dire di lui: "Mercantini è il poeta a me più ammirabile. Egli, se non proprio i morti dai sepolcri, risuscita ciò che è sepolto nei nostri cuori... ciò che più non morrà!...
"La Spigolatrice di Sapri" , composta alla fine del 1857, è unanimemente riconosciuta come la sua canzone più toccante e originale, "un piccolo gioiello di poesia popolare" . Essa culla ancora l'immaginazione di chiunque la legge e nel ritmo trasognato dei versi viviamo la leggenda di quell'eroica schiera comandata dal "bel capitano con gli occhi azzurri e coi capelli d'oro" , che volle sfidare il destino per vivere la vita immortale degli eroi".
I versi di Luigi Mercantini furono sempre la candida espressione dei suoi sentimenti. "Nulla ho scritto" - confessa lo stesso poeta di Ripatransone - "che non sia verità e, innanzi di scrivere, ho sempre aspettato che gli affetti del cuore, tutto compreso di tanta bellezza, mi corressero quasi alla penna perché potessi manifestarli" .
"La Spigolatrice di Sapri”, per più di mezzo secolo, è stata costantemente inserita, quale testimonianza della poesia patriottica risorgimentale, in quasi tutte le antologie letterarie scolastiche italiane, contribuendo in modo eccezionale alla conoscenza della splendida cittadina del Golfo di Policastro in ogni angolo d'Italia. Della tragica spedizione di Carlo Pisacane, infatti, ben presto non sarebbe rimasta che l'eco e l'epica musicalità popolaresca della poesia mercantiniana, ricca di quella fantasia sublime che proietta un semplice episodio in un tempo senza età e senza confini.

(Tratto da: Sapri storia e leggenda,Angelo GUZZO,1999 Futura editrice)

domenica 27 settembre 2009

Ripenso il Tuo Sorriso

Ripenso il tuo sorriso, ed è per me un’acqua limpida
scorta per avventura tra le petraie d’un greto,
esiguo specchio in cui guardi un’ellera i suoi corimbi;
e su tutto l’abbraccio di un bianco cielo quieto.
Codesto è il mio ricordo; non saprei dire, o lontano,
se dal tuo volto s’esprime libera un’anima ingenua,
o vero tu sei dei raminghi che il male del mondo estenua
e recano il loro soffrire con sé come un talismano.
Ma questo posso dirti, che la tua pensata effigie
sommerge i crucci estrosi in un’ondata di calma,
e che il tuo aspetto si insinua nella mia memoria grigia
schietto come la cima di una giovinetta palma…
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Eugenio Montale
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sabato 26 settembre 2009

Il Povero Ane


Se andrete a Firenze
vedrete certamente
quel povero ane
di cui parla la gente.
È un cane senza testa,
povera bestia.
Davvero non si sa
ad abbaiare come fa.
La testa, si dice,
gliel'hanno mangiata...
(La " c " per i fiorentini
è pietanza prelibata).
Ma lui non si lamenta,
è un caro cucciolone,
scodinzola e fa festa
a tutte le persone.
Come mangia? Signori,
non stiamo ad indagare:
ci sono tante maniere
di tirare a campare.
Vivere senza testa
non è il peggio dei guai:
tanta gente ce l'ha
ma non l'adopera mai.
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Gianni Rodari

venerdì 25 settembre 2009

Il Profeta


SUL MANGIARE E SUL BERE
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Allora un vecchio oste disse:
Parlaci del Mangiare e del Bere.
E lui disse:
Vorrei che poteste vivere della fragranza della terra, e che la luce vi nutrisse in libertà come una pianta. Ma poiché per mangiare uccidete, e rubate al piccolo il latte materno per estinguere la sete, sia allora il vostro un atto di adorazione.
E sia la mensa un altare su cui i puri e gli innocenti della foresta e dei campi vengano sacrificati a ciò che di più puro e innocente vi è nell'uomo.
Quando uccidete un animale, ditegli nel vostro cuore:
"Dallo stesso potere che ti abbatte io pure sarò colpito e distrutto,
Poiché la legge che ti consegna nelle mie mani consegnerà me in mani più potenti.
Il tuo sangue e il mio sangue non sono che la linfa che nutre l'albero del cielo".
E quando addentate una mela, ditele nel vostro cuore:
"I tuoi semi vivranno nel mio corpo,
E i tuoi germogli futuri sbocceranno nel mio cuore,
La loro fragranza sarà il mio respiro,
E insieme gioiremo in tutte le stagioni".
E quando in autunno raccoglierete dalle vigne l'uva per il torchio, direte nel vostro cuore:
"Io pure sarò vigna, e per il torchio sarà colto il mio frutto,
E come vino nuovo sarò custodito in vasi eterni".
E quando l'inverno mescete il vino, per ogni coppa intonate un canto nel vostro cuore,
E fate in modo che vi sia in questo canto il ricordo dei giorni dell'autunno, della vigna e del torchio.

giovedì 24 settembre 2009

Huanchaco, Perù



Huanchaco è un piccolo villaggio di pescatori sulla costa centro nord del Perù, appena più a Nord della città di Trujillo.

E' un paesino tranquillo conoscìuto principalmente per le particolari barchette che ne caratterizzano i litorali, i piccoli natanti detti i "Caballitos de Tortora" costituiti da piccole cannette rossastre abilmente intrecciate dai pescatori chiamate appunto "caballitos" dagli abitanti.
Sono fragili gusci che solcano l'oceano Pacifico con silenzio ed eleganza, inaffondabili e leggeri fuscelli dimenticati nel tempo.

E' un paese scandito dal lungo frangersi sulla battigia delle onde oceaniche.

La gente è povera ma vive dignitosamente del frutto della pesca ed è amabile e gentile con il turista e lo straniero.

Ci sono stato in un lontano Agosto ma ho ancora il profumo di quel mare con me ed il rumore delle onde ancora lo sento se ci penso e socchiudo gli occhi.

Ricordo una corsa sulla spiaggia ed i piedi bagnati in un giorno senza sole ma saturo di vento ed immagini.
Era bello, un pò strano ma la luce pervadeva ogni cosa contrastando efficacemente ogni contorno.

martedì 22 settembre 2009

Ordinary World

L'ordinarietà penetra le nostre anime con una consapevole forza d'urto devastante.
E' quindi normale ritenere ordinaria gran parte della nostra vita e non è quindi sbagliato rientrare nell'ordinario qualsiasi cosa facciamo o subiamo (è indifferente).
Potersi definire così non è qualcosa di svilente...anzi...può essere un tentativo furbetto di cogliere l'attimi, "carpe diem", senza essere imputati, a torto o ragione, di paraculismo esistenziale quotidiano.
Un giorno di ordinaria follia è una cosa a cui dovremmo aver diritto tutti...indistintamente.

Came in from a rainy Thursday
On the avenue
Thought I heard you talking softly
I turned on the lights, the TV
And the radio
Still I can't escape the ghost of you
What has happened to it all?
Crazy, some are saying
Where is the life that I recognize?
Gone away
But I won't cry for yesterday
There's an ordinary world
Somehow I have to find
And as I try to make my way
To the ordinary world
I will learn to survive
Passion or coincidence
Once prompted you to say
"Pride will tear us both apart"
Well now pride's gone out the window
Cross the rooftops
Run away
Left me in the vacuum of my heart
What is happening to me?
Crazy, some'd say
Where is my friend when I need you most?
Gone away
But I won't cry for yesterday
There's an ordinary world
Somehow I have to find
And as I try to make my way
To the ordinary world
I will learn to survive
Papers in the roadside
Tell of suffering and greed
Here today, forgot tomorrow
Ooh, here besides the news
Of holy war and holy need
Ours is just a little sorrowed talk
And I don't cry for yesterday
There's an ordinary world
Somehow I have to find
And as I try to make my way
To the ordinary world
I will learn to survive
Every one
Is my world, I will learn to survive
Any one
Is my world, I will learn to survive
Any one
Is my world
Every oneIs my world
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Duran Duran



Sono rientrato da un giovedì piovoso Sulla strada Ho pensato di averti sentito parlare delicatamente Ho acceso le luci La televisione e la radio Eppure non riesco a fuggire dal tuo fantasma Cos’è successo a tutto? Incredibile, direbbero alcuni Dov’è la vita che conosco? Se n’è andata Ma non piangerò per ciò che è stato ieri C’è un mondo mediocre Che in qualche modo devo trovare E mentre cerco di trovare la strada Verso il mondo mediocre Imparerò a sopravvivere La passione o una coincidenza Un tempo ti ha ordinato di dire “L’orgoglio ci lacererà entrambi” Bene, ora l’orgoglio è uscito dalla finestra È corso via sui tetti Mi ha lasciato nel vuoto del mio cuore Cosa mi sta succedendo? Incredibile, direbbero alcuni Dov’è il mio amico quando ho più bisogno di te? Se n’è andato Ma non piangerò per ciò che è stato ieri C’è un mondo mediocre Che in qualche modo devo trovare E mentre cerco di trovare la strada Verso il mondo mediocre Imparerò a sopravvivere I giornali sul bordo della strada Parlano di sofferenza e avidità Ci siamo un giorno, poi domani non ci siamo più Qui dietro alle notizie Di guerre sante e bisogni religiosi La nostra è solo una piccola afflitta conversazione E non piango per ciò che è stato ieri C’è un mondo mediocre Che in qualche modo devo trovare E mentre cerco di trovare la strada Verso il mondo mediocre Imparerò a sopravvivere Tutti sono il mio mondo Imparerò a sopravvivere

lunedì 21 settembre 2009

Un'Altra Carovana






Le vie dell'Oriente
aspettano ancora
la carovana perduta
di questa mia anima
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Anonimo del 1900














Non Sto Pensando a Niente

Non sto pensando a niente
Non sto pensando a niente, e questa cosa centrale, che a sua volta non è niente,
mi è gradita come l'aria notturna,
fresca in confronto all'estate calda del giorno.

Che bello, non sto pensando a niente!

Non pensare a niente
è avere l'anima propria e intera.
Non pensare a niente
è vivere intimamente
il flusso e riflusso della vita...
Non sto pensando a niente.
E' come se mi fossi appoggiato male.
Un dolore nella schiena o sul fianco,
un sapore amaro nella bocca della mia anima:
perché, in fin dei conti,
non sto pensando a niente,
ma proprio a niente,
a niente...


Fernando Pessoa

domenica 20 settembre 2009

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" Oh Grande Spirito, la cui voce ascolto nel vento,
il cui respiro da vita a tutte le cose.
Ascoltami; io ho bisogno della tua forza e della tua saggezza,
lasciami camminare nella bellezza,
e fa che i miei occhi sempre guardino il rosso e purpureo tramonto.
Fa che le mie mani rispettino la natura in ogni sua forma
e che le mie orecchie rapidamente ascoltino la tua voce.
Fa che sia saggio
e che possa capire le cose che hai pensato per il mio popolo.
Aiutami a rimanere calmo e forte
di fronte a tutti quelli che verranno contro di me.
Lasciami imparare le lezioni che hai nascosto in ogni foglia ed in ogni roccia.
Aiutami a trovare azioni e pensieri puri per poter aiutare gli altri.
Aiutami a trovare la compassione
senza la opprimente contemplazione di me stesso.
Io cerco la forza, non per essere più grande del mio fratello,
ma per combattere il mio più grande nemico: Me stesso.
Fammi sempre essere pronto a venire da te con mani pulite e sguardo alto.
Così quando la vita appassisce, come appassisce il tramonto,
il mio spirito possa venire a te senza vergogna."
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Preghiera per il Grande Spirito
Anonimo tramandata da Tatanka Mani
(Bisonte che Cammina) (1871 - 1967) Assiniboine

sabato 19 settembre 2009

La Passeggiata di un Distratto

Mamma, vado a fare una passeggiata.- Va' pure, Giovanni, ma sta' attento quando attraversi la strada.- Va bene, mamma. Ciao, mamma.- Sei sempre tanto distratto.- Si', mamma. Ciao, mamma. Giovannino esce allegramente e per il primo tratto di strada fa bene attenzione. Ogni tanto si ferma e si tocca. - Ci sono tutto? Si, - e ride da solo. E così' contento di stare attento che si mette a saltellare come un passero, ma poi s'incanta a guardare le vetrine, le macchine, le nuvole, e per forza cominciano i guai. Un signore, molto gentilmente, lo rimprovera: - Ma che distratto, sei. Vedi? Hai già perso una mano. - Uh, è proprio vero. Ma che distratto, sono. Si mette a cercare la mano e invece trova un barattolo vuoto. Sarà proprio vuoto? Vediamo. E cosa c'era dentro prima che fosse vuoto? Non sarà mica stato sempre vuoto fin dal primo giorno...Giovanni si dimentica di cercare la mano, poi si dimentica anche del barattolo, perché ha visto un cane zoppo, ed ecco per raggiungere il cane zoppo prima che volti l'angolo perde tutto un braccio. Ma non se ne accorge nemmeno, e continua a correre. Una buona donna lo chiama: - Giovanni, Giovanni, il tuo braccio! Macché, non sente. Pazienza, - dice la buona donna. - Glielo porterò alla sua mamma. E va a casa della mamma di Giovanni.- Signora, ho qui il braccio del suo figliolo. - Oh, quel distratto. Io non so piu' cosa fare e cosa dire.- Eh, si sa, i bambini sono tutti cosi. Dopo un po' arriva un'altra brava donna. - Signora, ho trovato un piede. Non sarà mica del Giovanni? - Ma si che è suo, lo riconosco dalla scarpa col buco. Oh, che figlio distratto mi è toccato. Non so piu' cosa fare e cosa dire. - Eh, Si sa, i bambini sono tutti così. Dopo un altro po' arriva una vecchietta, poi il garzone del fornaio, Poi un tranviere, e perfino una maestra in pensione, e tutti portano qualche pezzetto di Giovanni: una gamba, un orecchio, il naso. Ma ci può essere un ragazzo piu' distratto del mio? - Eh, signora, i bambini sono tutti così Finalmente arriva Giovanni, saltellando su una gamba sola, senza piu' orecchie nè braccia, ma allegro come sempre, allegro come un passero, e la sua mamma scuote la testa, lo rimette a posto e gli dà un bacio. - Manca niente, mamma? Sono stato bravo, mamma? - Sì Giovanni, sei stato proprio bravo.

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Gianni Rodari

venerdì 18 settembre 2009

A Cinque Lune da Nobegmor

EPILOGO


Mizaurio fissava con occhi assenti lo scorrere lento dell'acqua del fiume.
Era ormai passato tanto tempo dalla morte di Gujil e lo scudiero, quasi ogni giorno, era solito recarsi presso quell'ansa nascosta da un fitto boschetto di salici che, con i loro rami più bassi, lambivano accarezzandole, le acque sottostanti.
I ricordi di quella triste mattina di mezza stagione ancora occupavano gran parte dei suoi pensieri e solo in quel posto, dove il fiume viveva tranquillo, riusciva a rendere sopportabile il tremendo peso di quello che lui considerava un suo errore.
Quante volte si era maledetto per non essere stato capace di trascinare via il Principe, anche contro la sua testarda volontà?
Ed anche ora che quella domanda non aveva più alcun senso, Mizaurio continuamente se la poneva.
Un'improvvisa folata di vento spogliò i rami di un pesco dei suoi petali e questi, ondeggiando come piume, planarono disordinatamente sull'acqua a formare una rosea striscia che cominciò a discendere il fiume trascinata dalla pacata corrente.
Nell'aria il profumo delle cose del mondo si espandeva ad annunciare l'arrivo tiepido e soleggiato di una nuova stagione.
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FINE

mercoledì 16 settembre 2009

Bella che fai Male

Dopo il Ligabue pittore ci sta il rocker ovvio. Al di là del discutibile giochino (un pò banale lo ammetto ma mi piace così) questo video contiene spezzoni del suo primo film "Radio Freccia" sul quale lascio liberi tutti riguardo alla discussione.

Di bello c'è la colonna sonora piena di cose dei tempi miei (quelli di riferimento nel movie) e di brani leggendari ed ancora eterizzati da iunnumerevoli radio libere. Lo spaccato del testo è suggestivo e la "Bella che fai male" assomiglia molto ad una persona (C.C.) che ha reso deliziosi, struggenti e dolorosi alcuni mesi della mia vita e mi ha fatto ballare come voleva lei davvero. Ma questo poco importa.


« Credo nelle rovesciate di Bonimba, e nei riff di Keith Richards. Credo al doppio suono di campanello del padrone di casa, che vuole l'affitto ogni primo del mese. Credo che ognuno di noi si meriterebbe di avere una madre e un padre che siano decenti con lui almeno finché non si sta in piedi. Credo che un'Inter come quella di Corso, Mazzola e Suarez non ci sarà mai più, ma non è detto che non ce ne saranno altre belle in maniera diversa.
Credo che non sia tutto qua, però prima di credere in qualcos'altro bisogna fare i conti con quello che c'è qua, e allora mi sa che crederò prima o poi in qualche dio. Credo che se mai avrò una famiglia sarà dura tirare avanti con trecento mila al mese, però credo anche che se non leccherò culi come fa il mio caporeparto difficilmente cambieranno le cose. Credo che c'ho un buco grosso dentro, ma anche che, il rock n' roll, qualche amichetta, il calcio, qualche soddisfazione sul lavoro, le stronzate con gli amici, beh ogni tanto questo buco me lo riempiono. Credo che la voglia di scappare da un paese con ventimila abitanti vuol dire che hai voglia di scappare da te stesso, e da te stesso non ci scappi nemmeno se sei Eddie Merckx. Credo che non è giusto giudicare la vita degli altri, perché comunque non puoi sapere proprio un cazzo della vita degli altri.Credo che per credere, certi momenti, ti serve molta energia. »
(Freccia)


Radiofreccia è un
film del 1998 diretto da Luciano Ligabue, all'esordio nella regia e prodotto da Domenico Procacci. L'opera, ispirata ad alcuni racconti presenti nel primo libro pubblicato da Ligabue, la raccolta Fuori e dentro il Borgo, ottiene un successo inaspettato: il film, infatti, riceve ben tre David di Donatello, due Nastri d'argento e tre Ciak d'oro. A inizio 2006 ottiene un importante riconoscimento internazionale: la pellicola viene proiettata negli Stati Uniti ed entra nell'archivio cinematografico permanente del MoMA, il Museo d'Arte Moderna di New York. Da Wikipedia


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Ho Perso le Parole

Ho perso le parole eppure ce le avevo qua un attimo fa, dovevo dire cose cose che sai, che ti dovevo che ti dovrei. Ho perso le parole può darsi che abbia perso solo le mie bugie, si son nascoste bene forse però, semplicemente non eran mie. Credi credici un po' metti insieme un cuore e prova a sentire e dopo credi credici un po' di più di più davvero. Ho perso le parole e vorrei che ti bastasse solo quello che ho, io mi farò capire anche da te, se ascolti ben se ascolti un po'. Sei bella che fai male sei bella che si balla solo come vuoi tu non servono parole so che lo sai le mie parole non servon più. Credi credici un po' sei su radiofreccia guardati in faccia e dopo credi credici un po' di più di più davvero. Ho perso le parole oppure sono loro che perdono me, io so che dovrei dire cose che SAI, che ti dovevo, che ti dovrei. Ma ho perso le parole VORREI CHE MI bastasse solo quello che ho, mi posso far capire anche da te, se ascolti bene se ascolti un po'. Credi credici un po' metti insieme un cuore e prova a sentire e dopo credi credici un po' di più di più davvero. Credi credici un po' sei su radiofreccia guardati in faccia e dopo credi credici un po' di più di più davvero

Luciano Ligabue



martedì 15 settembre 2009

Naif come un fanciullo curioso


Un adulto bambino arriva spavaldo su una moto rombante e rumorosa; è rossa come il fuoco e potente come gli dei e riempie d'orgoglio il suo guidatore che, novello centauro, cavaliere senza macchia e senza paura corre incontro alla vita fantasticando di un mondo che è più vicino a noi di quanto si possa pensare.
E' Antonio Ligabue e come Van Gogh penetra coi colori il reale e lo trascende ma in un modo così umano che ancora riesce a commuovere lo spettatore attonito ed incredulo.
Animali animati direi (nel senso che le sue tele traspondono figure creandole anime dipinte), che popolano sogni e confini di incubi ricorrenti.
Una natura selvaggia che contrasta con la moto rombante e rossa, ma è veramente una moto quella che lui guida? è veramente qualcosa di meccanico?
O è un animale tecnologico che come gli altri dipinti fa parte di un essere vivo in un contesto risaputo e stanco.
Dicono di lui fosse un pò matto ma chi può dirlo e che cosa significa questo?
Io per me rivedo colori reali e animali in scene vitali (anche quando la preda si sublima nel sacrificio finale), gli stessi animali che popolano il nostro immaginario e lo rendono forse solo più umano.
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Nato nel 1899, fin dalla più tenera età Ligabue ha avuto un'esistenza difficile.
Figlio naturale di un'italiana emigrata, ha sempre ignorato il nome del padre.
Nel 1900 viene affidato ad una coppia di svizzeri tedeschi; non verrà legittimata la sua adozione, ma il bambino si legherà moltissimo alla matrigna, con un insolito rapporto di amore e odio.
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Nel 1913, dopo aver superato solo la terza elementare, entra in un collegio per ragazzi handicappati, dove si distingue subito per l'abilità nel disegno e la cattiva condotta.
Nel 1917 è curato per qualche mese in una clinica psichiatrica e qualche anno dopo è espulso dalla Svizzera su denuncia della madre adottiva e ritorna in Italia dove vive come vagabondo, continuando però a disegnare e a creare piccole sculture con l'argilla.
Viene poi scoperto (1927-28) ed aiutato da Mazzacurati, pittore e scultore.
Nel 1937 viene internato in un manicomio in "stato depressivo", da cui esce per l'interessamento dello scultore Mozzali.
Durante la guerra fa da interprete alle truppe tedesche ma, per aver percosso con una bottiglia un soldato tedesco, nel '45 viene nuovamente internato.
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Nel '48 viene dimesso; i critici e i galleristi cominciano ad occuparsi di lui. Iniziano anni durante i quali lentamente la fortuna sembra volgere a suo favore. La sua fama si allarga, la sua attività pittorica subisce un netto miglioramento. Vince premi, vende quadri, trova amici che lo ospitano, si girano film e documentari su di lui. Ligabue rimane però lo stesso, anche se viene identificando nelle automobili, dopo la passione per le motociclette, il segno di un raggiunto prestigio sociale, con forme maniacali (vorrà un autista, che si tolga il cappello, aprendogli la portiera della macchina per salire). Nel 1962 viene colpito da paresi, continua comunque a dipingere, ma nel 1965 muore.
...
Anche quando cominciò ad essere accarezzato dalla fama, Antonio Ligabue, il "buon selvaggio" della pittura italiana, continuava ad essere un personaggio inquietante, diverso, strano; per quella sua miseria solitaria, consumata rintanandosi tra gli alberi, le nebbie e le calure della Bassa Padana; per quell'infanzia irrequieta e malaticcia vissuta in Svizzera con una madre adottiva; per la sua parlata mezza tedesca, le ossessioni maniacali, i ripetuti soggiorni in manicomio .
...

Ma a riscattare tanta sofferta alienazione e un passato da reietto vagabondo approdato nel luogo di origine del padre - il paese emiliano di Gualtieri - c'era, sorprendente quanto ogni aspetto del suo essere, una genialità artistica capace di trasformare gli incubi in incantate visioni colorate, gli ordinati filari di pioppi in giungle popolate da belve feroci. Tigri con le fauci spalancate, leoni nell'atto di aggredire una gazzella, leopardi assaliti da serpenti, cani in ferma e galli in lotta: predatori e prede, selvatici e domestici, sentiva gli animali come compagni, li comprendeva e li amava più degli uomini: e ad essi più che agli uomini, voleva assomigliare.
Le opere figurative di Ligabue, dense e squillanti, traboccano di nostalgia, di una violenza ancestrale, di paura e di eccitazione, di dettagli ugualmente minuziosi nelle scene di vita campestre come in quelle di esotiche foreste, attinti, nel primo caso, dalla profondità di un'incredibile memoria visiva, nel secondo da una immaginazione ancora più prodigiosa.

Augusto Agosta Tota, Presidente del Centro Studi & Archivio Antonio Ligabue di Parma



Il Profeta



SULL'ABITO
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E un tessitore disse: Parlaci dell'Abito. E lui rispose: Il vostro abito nasconde una gran parte della vostra bellezza, tuttavia non maschera ciò che non è bello. E benché cerchiate nell'abito un'intima libertà, potreste trovare in esso le vostre catene. Vorrei che la vostra pelle, e non il vostro abito, fosse sfiorata dal sole e dal vento. Poiché il soffio della vita è nella luce del sole e la mano della vita è nel vento. Alcuni di voi dicono: "E' il vento del Nord che ha tessuto l'abito che indosso". E io dico che, si, è stato il Vento del Nord, Ma la vergogna è stata il suo telaio e la mollezza la sua trama. E a fatica compiuta, il vento ha riso nella foresta. Non dimenticate che la modestia vi è stata data a scudo contro gli occhi dell'impuro. Ma quando l'impuro sparirà, che cosa sarà la modestia se non poltiglia che intorbida la mente? E non dimenticate che la terra ama sentire i vostri piedi nudi e il vento giocare con i vostri capelli.

lunedì 14 settembre 2009

La Rondinella


Son qui sulla gronda,
che canto gioconda
gli occasi e i mattini
di porpora e d'or,
che tesso ai piccini
la casa superba
con muschi, con erba
con larve di fior.

Su prore ed antenne
posando le penne,
fra il marzo ed il maggio
mi reco dal mar;
e scordo il viaggio
pensando al mio nido,
se un portico fido,
se un embrice appar.

Gran Dio, se ti piacque
recarmi sull'acque,
se l'esca segreta
trovar mi fai tu,
deh! rendimi lieta
d'un raggio di sole:
pel nido e la prole
non cerco di più.


Giovanni Prati

sabato 12 settembre 2009

A Cinque Lune da Nobegmor (XVIII)

CAPITOLO XVIII°


La prima luce di una nuova aurora li scorse galoppare a rotta di collo già molto lontano dalla città di Sinocon.
Cavalcarono per tutto il resto del giorno solcando, sulle ali del vento, le pianure e le foreste di quell'immenso reame.
Gujil, in testa, furiosamente frustava il proprio destriero tallonato dappresso dal fedele scudiero.
Nemmeno la notte potè fermare la loro ansimante cavalcata.
I cavalli, col mantello madido di sudore, sbavavano per la tremenda fatica ma, sorretti dall'ostinazione dei propri cavalieri, continuavano e galoppavano a perdifiato per prati e sentieri.
Fu quella una lunga notte.
Finalmente giunsero ai confini del regno e in Mizaurio si riaffacciarono alla mente riferimenti a lui noti perché già trascorsi: un sentiero seminascosto, le curve sinuose di un torrente, il tronco di una grande quercia, alcune case diroccate di un antico paese.
Cavalcarono ancora Gujil e Mizaurio e l'oscurità si stava di nuovo squarciando.
- Ci siamo mio Gujil! - gridò lo scudiero in preda all'agitazione - ci siamo! ormai non mancano che pochissime leghe ai confini di questo maledetto reame!
Disse ed insieme centuplicarono i loro sforzi attingendo alle residue energie loro e dei destrieri.
Colore che quella notte li intravidero ricordano un tutt'uno di uomini e cavalli a sfrecciare in direzione del regno di Ozman.
Dopo un'ennesima, estenuante, arrampicata uomini e destrieri approdarono ad una vasta radura sul cui sfondo si poteva immaginare la sagoma, peraltro appena distinguibile, di una città che si diramava lontanissimo sul fondo della vallata.
- Ancora un ultimo sforzo, amico mio, - disse a Gujil Mizaurio - in quella valle, passata questa radura, ci attendono le mura dolcissime e belle della tua Nobegmor!
Così disse con voce gioiosa e, con un repentino balzo, il suo cavallo superò il destriero di Gujil mentre la sottile trama del buio già si andava inesorabilmente dissolvendo per la nascente alba.
Quell'ultima furiosa corsa grondava copiosamente del sudore di uomini e cavalli.
Quando arrivò alla fine della radura lo scudiero proruppe in un urlo di gioia.
- Ce l'abbiamo fatta per tutti i demoni! quasi non oso crederci ma ce l'abbiamo proprio fatta! In barba a tutti gli aruspici e i maghi stiamo tornandocene a casa!
Disse e rallentò notevolmente l'andatura.
Fu proprio in quell'istante che il cavallo del Principe gli sfrecciò veloce di fianco ma più non portava con sé il suo cavaliere.
Stupefatto Mizaurio immediatamente si volse senza esitare e scorse, in lontananza, il corpo di Gujil disteso nell'erba.
Voltò allora il proprio cavallo e corse a raggiungere il suo amato Principe.
Lo trovò sdraiato col viso rivolto al terreno.
Si catapultò quindi da cavallo, con delicatezza lo girò di schiena e prese tra le mani il di lui capo.
- Gujil! ... - cominciò mescolando al suono di quel nome le lacrime.
Il Principe tossicchiò per scacciare dalla sua bocca la terra che vi si era infilata.
- Era ... era destino ... - sussurrò flebilmente l'ultimo fiato di Gujil.
Il Principe, con gli occhi sbarrati, distese allora i propri lineamenti e fermò per sempre il suo respiro.
Tra le alte chiome dei larici, ad est, in lontananza, filtravano alcuni raggi di sole di un'alba autunnale chiara e tersa.

giovedì 10 settembre 2009

Sono Pronto

Solo un buon ascolto. Brian Adams è sicuramente un artista che non si può mettere in discussione, può non piacere è vero ma è comunque ascoltabile sia nei suoi pezzi rock che nelle ballate. I'm ready mi ricorda tutte le cose che vorrei dire alla persona che amo e che a volte mi è difficile per abitudine o per finta vergogna. Ho cercato (da giovane) di fare canzoni così...ovviamente non ci sono riuscito.

I'M Ready (Brian Adams version): I'd like to see you, Thought I'd let you know. I wanna be with you every day 'Cause I've got a feelin' That's beginnin' to grow And there's only one thing I can say. I'm ready - to love you. I'm ready - to hold you I'm ready - to love you I'm ready - to hold you As ready as I'm gonna be. You left me a long note When you left me here. Told me that love was hard to find. But baby, it's easy and I'll make it clear That there's only one thing on my mind




Io Vivo (Zucchero interpretation): Vorrei vederti anche un attimo E senza parole, ti direi Che sento qualcosa Che ora sale su Tutte le volte che ci sei. Io vivo per amarti Io vivo per averti Io vivo ogni notte Io vivo per averti E muoio se vai via cosi’. Voglio vederti questa notte ancora Con i tuoi occhi, cosa fai L’amore del sesso E’ come un angelo Che ogni notte viene qua. Io vivo per amarti Io vivo per averti Baby, io vivo adesso Io vivo in te E muoio se vai via cosi’. Io vivo per amarti Io vivo per averti Uh, io vivo ogni notte Io vivo per averti Baby, io vivo Adesso Io vivo in te E muoio se vieni cosi’…

mercoledì 9 settembre 2009

Il Punto Esclamativo


C'era una volta un punto
interrogativo, un grande curiosone
con un solo ricciolone,
che faceva domande
a tutte le persone,
e se la risposta
non era quella giusta
sventolava il suo ricciolo
come una frusta.
Agli esami fu messo
in fondo a un problema
così complicato
che nessuno trovò il risultato.
Il poveretto, che
di cuore non era cattivo,
diventò per il rimorso
un punto esclamativo.
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Gianni Rodari
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Non è una filastrocca, non è una poesia e nemmeno un racconto o una fiaba.
Questa era la classe umile ed infinita che aveva Gianni Rodari...quella di saper usare parole con una semplicità disarmante, fanciullesca.
Ogni frase è facilmente decifrabile e non lascia adito a interpretazioni differenti o a significati nascosti.
Semplicemente un grande, uno che mi manca molto e mi sarebbe piaciuto conoscere.

Bona Lombarda


Nella bassa Valtellina, a pochi minuti da Morbegno esiste una piccola radura nel bosco di castagni e betulle.
Come nelle fiabe una cappelletta racchiude una storia; quella di Bona Lombarda.
Questo piccolo gioiello incastonato nel verde è abbastanza conosciuto nella valle ed è anche ben valorizzato e pubblicizzato.
Al di là della vicenda che segue è bello il clima che circonda questo piccolo pezzo di storia lombarda.
Un clima fatti di alberi e natura e comunque vivibile in qualsiasi stagione.
La speranza e che questo episodio non venga mai pensato ed utilizzato per fini campanilistici, partitici o di gusto discutibile.
La passeggiata per raggiungere questo luogo incredibile è dolce e alla portata di tutti, durante la camminata si può indugiare sul paesaggio tipicamente montano ed assaporare i profumi del bosco così intensi in questo periodo e carichi di humus e funghi.
Mi piace immaginare di quel tempo, di quei momenti in cui eroismo non significava valori desunti ma era modo di sentire e di vivere anche la propria terra.
Il parallelismo che si crea con il paese di Fontanellato nel parmense e la stupenda Rocca Sanvitale è un obbligo...ma ne parlerò un'altra volta.
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La Bona Lombarda

1432: Vari storici ricordano che in tale anno si combattè una sanguinosa battaglia fra il ducato di Milano e i Veneziani a Delebio. Ancor oggi una zona del luogo è indicata come "la fossa del Veneziani".I combattenti della "Serenissima erano guidati da Giorgio Cornaro ed i Viscontei dal capitano di ventura Nicolò Piccinino, oltre al valtellinese Stefano Quadrio. Vinsero i Milanesi ed alcuni di loro rimasero in zona a presidiare la valle.
Tra loro un certo Pietro Brunoro dei conti Sanvitale di Parma.
Egli era alloggiato a Morbegno, da cui si spostava facilmente risalendo la Valgerola fino ad arrivare a Campione di Sacco. Il sentiero costeggiava il fiume e saliva agilmente verso i castagneti, da cui si sentiva rumoreggiare il torrente.Tale zona non si chiamava ancora "San Carlo", acquisterà tale nome solo nei secoli successivi quando sorgerà la chiesa dedicata a S. Carlo Borromeo, vescovo di Milano. Dunque, Brunoro si arrampicava tra il fitto degli alberi fino a che l'orizzonte si allargava in una tranquilla radura di eriche e prati. Qui c'è tuttora un casolare semidiroccato: quello di Bona Lombarda. Ella era là a pascolare il gregge con altre sue compagne e fu subito notata da Brunoro. Le gite si fecero più frequenti e anche la conversazione non tardò a portarli alla reciproca simpatia, amicizia, fin che si innamorarono. Decisero di sposarsi lì, nella chiesa di Sacco. Così racconta la storia di Bona, di cui i valtellinesi dubitarono sempre un po', scambiandola per una leggenda. Ma non ne dubitarono affatto i più diretti interessati, cioè i conti di Sanvitale.Essi possedevano un castello tuttora esistente e funzionale a Fontanellato, in provincia di Parma. L'edificio si trova in pianura, al centro del paese, ha il suo bravo ponte levatoio abbassato, il fossato colmo d'acqua e di pesci. Si entra nel posto di guardia; invece del picchetto armato, si trova una gentile signorina, la quale, sentendo che veniamo dal paese di Bona, ci porta difilato in una grande pinacoteca. In quel salone, un po' in penombra e tra cornici dorate e sfondi scuri, spiccano i quadri di tutte le coppie che diedero vita alla loro discendenza: appunto i nobili Sanvitale. Ed ecco, fra gli altri, numerosissimi, bene al centro, i due quadri abbinati di Pietro Brunoro e della moglie.Noi usiamo chiamarla Bona Lombarda, qui, per l'esattezza, c'è scritto "BONA LOMBARDI" ed è ritratta rosea, paffutella, abbastanza bella, si nota pure che, in armonia con la tradizione che la volle guerriera, ella tiene in pugno una lancia. In questo quadro non assomiglia affatto alla signora settecentesca affrescata a Sacco, che si conserva nella casa parrocchiale. Il dipinto conservato nel palazzo avito del marito risale al seicento. Questi due quadri sono la realtà che permane di lei.La storia antica di Bona dice che, partita col marito da Sacco, lo seguì anche in battaglia, dividendo con lui i rischi e pericoli dell'appartenere ad una compagnia di ventura, cioè ad eserciti prezzolati al soldo di vari signori. In un primo tempo restarono con Nicolò Piccinino, ancora al servizio dei duchi di Milano. Ella stessa si distinse nella battaglia di Castel Pavone nel Bresciano. Poi Brunoro passò sotto le insegne di Alfonso d'Aragona, re di Napoli. Qui, però, egli cadde in sospetto di voler tornare al soldo dei milanesi, per questo fu a lungo imprigionato.Bona impazziva di dolore e si recava da tutti i Signori di quel tempo affinché intercedessero per la liberazione di lui. Finalmente, l'ottenne tramite i buoni uffici dei potenti da lei supplicati. Per premiarli della loro sollecitudine, nei loro riguardi, passarono entrambi agli ordini della Serenissima Repubblica di Venezia che li inviò a Negroponte dell'Eubea per difenderla contro i Turchi. Qui trovò la morte, in battaglia, Brunoro, nel 1466, cui seguì nel 1468, la fedele Bona a Modone, nel Peloponneso.A ricordo di Bona, in località Campione di Sacco, in Comune di Cosio, sorge una cappella votiva dove è murata una lapide con questa epigrafe:

BONA LOMBARDA A CUI UNANIMI LE STORIE TRIBUTANO OMAGGI E LODI NACQUE DEL 1417 FRA IL GRUPPO DEGLI UMILI CASOLARI QUI TUTTORA SORGENTI VIRTUOSA E BELLA MENTRE TRA QUESTE SELVE GUIDAVA IL GREGGE ISTANTANEAMENTE RICHIESTA DAL VISCONTEO CAPITANO PIETRO BRUNORO LO SEGUIVA FIDA MOGLIE IN OGNI EVENTO NEI GENEROSI PROPOSITI IRREMOVIBILE SFIDO I PERIGLI DIFESE E SALVO IL MARITO CONSEGUI VITTORIE E PALME E AMMIRATA DA TUTTI REDUCE DALLE TURCHESCHE PUGNE DI NEGROPONTE MORIVA IN MODONE NEL 1468 ALTRO ESEMPIO CHE ANCHE IN POVERI TUGURI E SOTTO RUVIDE SPOGLIE NASCONDONSI TALVOLTA MAGNANIMI SPIRITI CAPACI DI ARDUE E NOBILISSIME IMPRESE - PROF. D. ANTONIO MAFFEI * IN OCCASIONE DEL GIUB. SACERD. DI LEONE XIII QUE DI SACCO POSERO 1887. Il Prof. D. Antonio Maffei, vissuto nel sec. XIX, fu Arciprete di Sondrio ed insigne scrittore di cose storiche ed artistiche.Da "L'ANTICA COSIO DEI VICEDOMINI"


di Maria Corazza Praolini.



martedì 8 settembre 2009

Il Profeta


SULLA CONOSCENZA
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E un uomo disse: Parlaci della Conoscenza.
Lui rispose dicendo: Il vostro cuore conosce nel silenzio i segreti dei giorni e delle notti.
Ma il vostro orecchio è assetato dal rumore di quanto il cuore conosce.
Vorreste esprimere ciò che avete sempre pensato.
Vorreste toccare con mano il corpo nudo dei vostri sogni.
Ed è bene che sappiate: La fonte nascosta della vostra anima dovrà necessariamente effondersi e fluire mormorando verso il mare; E il tesoro della vostra infinita profondità si mostrerà ai vostri occhi; Ma non con la bilancia valuterete questo sconosciuto tesoro; E non scandaglierete con asta o sonda le profondità della vostra conoscenza.
Poiché l'essere è un mare sconfinato e incommensurabile. Non dite: "Ho trovato la verità", ma piuttosto, "Ho trovato una verità".
Non dite: "Ho trovato il sentiero dell'anima", ma piuttosto, "Ho incontrato l'anima in cammino sul mio sentiero".
Poiché l'anima cammina su tutti i sentieri.
L'anima non procede in linea retta, e neppure cresce come una canna.
L'anima si schiude, come un fiore di loto dagli innumerevoli petali.

lunedì 7 settembre 2009

Non posso più




Non posso più
scriverti qui
dov’eravamo tu ed io
nelle parole vivi.

Non posso più
danzare nuda
nello spazio mentale
per il tuo piacere.

Cala il sipario. Il mio.

La mente grida
di dolore, invoca
il corpo che non c’è.
E il corpo mio
invecchia
dieci anni al minuto.

Non posso più
amarti, senza il tuo amore.
E’ una bestemmia
alla mia ultima devozione
all’estrema rispettosa
preghiera, alla cura pietosa
per la bimba
che non sono stata
per l’adolescente inquieta
che sarò sempre
per la donna ferita e ferita
e sola
che non vuoi
che non hai amato mai.

6 settembre 2009

Settembrino

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Settembre non è un mese come tutti gli altri.
Il rientro dal riposo estivo comporta una pausa riflessiva nella maggior parte di noi, ci si siede soli con sè stessi a fare innumerevoli valutazioni di merito, si filosofeggia sulle paranoie e si pesano le necessità e su quanto queste ci costano non soltanto in termini materiali.
E' un mese cauto, transitorio, dove il sole perde vigore e la mattina presto i primi brividi si fanno sentire, è un mese di introduzione, di inizio anche se la maggioranza silenziosa lo vive solo come la fine dell'Estate.
Settembre è potente nel suo ricordarci il ciclo delle stagioni, è immenso nel preludere all'autunno ed ai suoi colori...eppure è anche così fragile quando la sera allunga le ombre e ci dic e che il periodo di luce si va affievolendo ed il buio guadagna terreno.
Settembre è bello e ci sa regalare un tepore che non è ricordo di un periodo estivo che finisce ma è invece un messaggio a riposare e meditare su tante cose.

domenica 6 settembre 2009

I Pastori



Settembre, andiamo. E' tempo di migrare.
Ora in terra d'Abruzzi i miei pastori
lascian gli stazzi e vanno verso il mare:
scendono all'Adriatico selvaggio
che verde è come i pascoli dei monti.
Han bevuto profondamente ai fonti
alpestri, che sapor d'acqua natía
rimanga ne' cuori esuli a conforto,
che lungo illuda la lor sete in via.
Rinnovato hanno verga d'avellano.
E vanno pel tratturo antico al piano,
quasi per un erbal fiume silente,
su le vestigia degli antichi padri.
O voce di colui che primamente
conosce il tremolar della marina!
Ora lungh'esso il litoral cammina
la greggia. Senza mutamento è l'aria.
il sole imbionda sì la viva lana
che quasi dalla sabbia non divaria.
Isciacquío, calpestío, dolci romori.
Ah perché non son io cò miei pastori?
---


Gabriele D'Annunzio, Alcyone

venerdì 4 settembre 2009

Unicorni




Unicorni bianchi,
ombreggiano anime candide
si stagliano
si frondono.

Unicorni candidi,
seguono cuori puri
si fondono
si uniscono.

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Anonimo del 1900

giovedì 3 settembre 2009


Ho perduto vecchi amici

Ho perduto vecchi amici
che sembravano fedeli,
e altri più giovani e leggieri
sono usciti dai muri
come ladruncoli svaniti.
Se ne sono andati quasi tutti
in punta di piedi,
ballerini incapaci
che fingevano volare
verso frontiere assicurate.
Nessuno si voltò a guardare
dalla mia parte informe
dove, dopo le rovine,
la musica ricominciava.
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Raffaele Carrieri, Da Le ombre dispettose (1974)


mercoledì 2 settembre 2009

Gradini

Come ogni fior languisce e giovinezza
cede a vecchiaia, anche la vita in tutti
i gradi suoi fiorisce, insieme ad ogni
senno e virtù, né può durare eterna.
Quando la vita chiama, il cuore sia
pronto a partire ed a ricominiciare,
per offrirsi sereno e valoroso
ad altri, nuovi vincoli e legami.
Ogni inizio contiene una magia
che ci protegge e a vivere ci aiuta.

Dobbiamo attraversare spazi e spazi
senza fermare in alcun d’essi il piede,
lo spirto universal non vuol legar
cima su di grado in grado sollevarci.
Appena ci avvezziamo ad una sede
rischiamo d’infiacchire nell’ignavia;
sol chi è disposto a muoversi e partire
vince la consuetudine inceppante.

Forse il momento stesso della morte
ci farà andare incontro a nuovi spazi;
della vita il richiamo non ha fine…
Su, cuore mio, congedati e guarisci!



Herman Hesse

martedì 1 settembre 2009

Il Profeta


SUL LAVORO
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Allora un contadino disse: Parlaci del Lavoro.
E lui rispose dicendo: Voi lavorate per assecondare il ritmo della terra e l'anima della terra.
Poiché oziare è estraniarsi dalle stagioni e uscire dal
corso della vita, che avanza in solenne e fiera sottomissione verso l'infinito.
Quando lavorate siete un flauto attraverso il quale il sussurro del tempo si trasforma in musica. Chi di voi vorrebbe essere una canna silenziosa e muta quando tutte le altre cantano all'unisono? Sempre vi è stato detto che il lavoro è una maledizione e la fatica una sventura. Ma io vi dico che quando lavorate esaudite una parte del sogno più remoto della terra, che vi fu dato in sorte quando il sogno stesso ebbe origine. Vivendo delle vostre fatiche, voi amate in verità la vita. E amare la vita attraverso la fatica è comprenderne il segreto più profondo. Ma se nella vostra pena voi dite che nascere è dolore e il peso della carne una maledizione scritta sulla fronte, allora vi rispondo : tranne il sudore della fronte niente laverà ciò che vi è stato scritto. Vi è stato detto che la vita è tenebre e nella vostra stanchezza voi fate eco a ciò che è stato detto dagli esausti. E io vi dico che in verità la vita è tenebre fuorché quando è slancio, E ogni slancio è cieco fuorché quando è sapere, E ogni sapere è vano fuorché quando è lavoro, E ogni lavoro è vuoto fuorché quando è amore; E quando lavorate con amore voi stabilite
un vincolo con voi stessi, con gli altri e con Dio.
---------------------------------------------------------------------E cos'è lavorare con amore? E' tessere un abito con i fili del cuore, come se dovesse indossarlo il vostro amato.
E' costruire una casa con dedizione come se dovesse abitarla il vostro amato.
E' spargere teneramente i semi e mietere il raccolto con gioia, come se dovesse goderne il frutto il vostro amato.
E' diffondere in tutto ciò che fate il soffio del vostro spirito, E sapere che tutti i venerati morti stanno vigili intorno a voi. Spesso vi ho udito dire, come se parlaste nel sonno: "Chi lavora il marmo e scopre la propria anima configurata nella pietra, è più nobile di chi ara la terra. E chi afferra l'arcobaleno e lo stende sulla tela in immagine umana, è più di chi fabbrica sandali per i nostri piedi". Ma io vi dico, non nel sonno ma nel vigile e pieno mezzogiorno, il vento parla dolcemente alla quercia gigante come al più piccolo filo d'erba; E che è grande soltanto chi trasforma la voce del vento in un canto reso più dolce dal proprio amore.
Il lavoro è amore rivelato. E se non riuscite a lavorare con amore, ma solo con disgusto, è meglio per voi lasciarlo e, seduti alla porta del tempio, accettare l'elemosina di chi lavora con gioia. Poiché se cuocete il pane con indifferenza, voi cuocete un pane amaro, che non potrà sfamare l'uomo del tutto. E se spremete l'uva controvoglia, la vostra riluttanza distillerà veleno nel vino. E anche se cantate come angeli, ma non amate il canto, renderete l'uomo sordo alle voci del giorno e della notte.