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L'ombra è l'opposto del sole, ma si nutre di esso.
Un cielo grigio non genera ombre: nessun contrasto, nessun pensiero.


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martedì 31 maggio 2011

Santa Margherita Ligure

Santa Margherita Ligure è situata sulla Riviera ligure di levante, in una conca chiusa nella parte nord-occidentale del promontorio di Portofino, e nella parte più interna del Golfo del Tigullio, con lo sviluppo dell'abitato "a nastro" lungo due principali insenature.
L'abitato - che dista circa 31 chilometri ad est di Genova - è circondato da colline ricoperte di vegetazione mediterranea (boschi di pini marittimi, castagni e, nella parte bassa, da uliveti) sulle quali si trovano ville e giardini con vista sulla cosiddetta "Costa dei Delfini", che unisce la città a Portofino.
La località è un apprezzato centro turistico e balneare della Riviera di Levante

Santa Margherita Ligure

 
Quadro

I miei pensieri somigliano stasera
a quest'acqua bambina
che corre a passettini d'argento
dietro tutte le barche.
L'ombra del promontorio,
sul bianco mare,
- bassa nota rauca
in questa sviolinata crepuscolare -
ha il colore abbrunato di un rimorso;
ma, sulla punta,
- nitido come uno squillo battagliero -
l'ansito del faro palpita,
anelando al largo.

Antonia Pozzi
S. Margherita, 12 giugno 1929
 
 

lunedì 30 maggio 2011

Crepuscolare

Paesaggio al tramonto,  1885,  V. Van Gogh
  
CREPUSCOLO

Nella corte, stregati da latteo crepuscolare raggio,
scivolano nel brunito autunno malati fiacchi.
Il loro cereo-rotondo sguardo medita aurei tempi,
pieni di fantasia e pace e vino.
La loro infermità spettralmente si rinserra.
Le stelle diffondono bianca tristezza.
Nel grigiore gravido di scampanìo e visioni,
vedi gli orrendi confusi disperdersi.
Grottesche figure guizzano, si rannicchiano
e svolazzano su nero-incrociati sentieri.
Oh, ombre piene di tristezza lungo i muri.
Le altre fuggono lungo le arcate al crepuscolo;
e di notte precipitano da rossi brividi
del vento stellare, come infuriate menadi.

Georg Trakl


 

Monet C., Crepuscolo a Venezia, 1908

due impressionisti pensano al crepuscolo,
 Van Gogh lo descrive come una tramonto carico di colori pastello (ocra, giallo, marrone...) in un paesaggio indefinito che si potrebbe porre in qualsiasi parte del mondo...Monet lo descrive a Venezia e potrebbe essere giusto prima dell'alba quando i colori sono più vivi perchè stanno per essere abbagliati dalla luce diretta del sole.

Scegliamo dove posizionare il nostro senso del crepuscolo.


Il crepuscolo è l'intervallo di tempo dopo il tramonto caratterizzato dalla permanenza di una luminosità diffusa. Per estensione si parla anche di crepuscolo mattutino, sebbene in questo caso spesso si preferisca il termine aurora o alba.
Convenzionalmente vengono identificati tre tipi di crepuscolo: il crepuscolo civile, il crepuscolo nautico e il crepuscolo astronomico.
La durata del crepuscolo è determinata da due fattori: la latitudine geografica e la stagione. A latitudini elevate corrispondono crepuscoli più lunghi, che nelle regioni polari possono durare anche diversi mesi e prendono il nome di notte polare. Inoltre negli equinozi il crepuscolo ha la durata minore dell'anno, mentre nei solstizi questa è massima. Solamente all'equatore la durata dei crepuscoli è costante.
Il Crepuscolo è una scultura in marmo (155x170 cm, lunghezza massima in obliquo 195 cm) di Michelangelo Buonarroti, databile al 1524-1531 e facente parte della decorazione della Sagrestia Nuova in San Lorenzo a Firenze. In particolare è una delle quattro allegorie delle Parti della Giornata, e si trova a sinistra sul sarcofago della tomba di Lorenzo de' Medici duca di Urbino. 
I raggi crepuscolari sono fasci di luce solare che sembrano irradiarsi da un unico punto del cielo.
Questi raggi appaiono sotto forma di fasci luminosi divergenti inframmezzati da zone d'ombra. Il nome deriva dal fatto che sono frequentemente visibili durante le ore crepuscolari, all'alba e al tramonto, quando il contrasto tra chiarore e oscurità è più evidente.
I raggi crepuscolari sono in realtà paralleli, ma sembrano divergere a causa della prospettiva.
Il fenomeno ottico è osservabile quando degli oggetti come picchi montani o nubi creano delle zone d'ombra tra i raggi del sole. I vari residui dispersi nell'atmosfera spargono la luce solare e rendono questi raggi visibili, grazie alla diffrazione, alla riflessione e allo scattering. (wikipedia)


Raggi crepuscolari si riflettono sulla superificie di un lago

domenica 29 maggio 2011

Poesia

Per il mio cuore...

Per il mio cuore basta il tuo petto,
per la tua libertà bastano le mie ali.
Dalla mia bocca arriverà fino in cielo
ciò che stava sopito sulla tua anima.

E in te l’illusione di ogni giorno.
Giungi come la rugiada sulle corolle.
Scavi l’orizzonte con la tua assenza.
Eternamente in fuga come l’onda.

Ho detto che cantavi nel vento
come i pini e come gli alberi maestri delle navi.
Come quelli sei alta e taciturna.
E di colpo ti rattristi, come un viaggio.

Accogliente come una vecchia strada.
Ti popolano echi e voci nostalgiche.
Io mi sono svegliato e a volte migrano e fuggono
gli uccelli che dormivano nella tua anima.

Pablo Neruda











sabato 28 maggio 2011

Poesia

Il grido

L'ellisse di un grido
va di monte
in monte.

Dagli ulivi,
sarà un arcobaleno nero
sopra la notte azzurra.

Ahi!

Come un arco viola
il grido ha fatto vibrare le lunghe corde del vento.

Ahi!

(La gente delle grotte
espone le lucerne)

Ahi!


Federico Garcia Lorca

venerdì 27 maggio 2011

Poesia

le nuove attese

Attimi di bellezza, quando intera
l'anima sopra un volto s'appalesa,
siccome l'ostia dentro la raggerà !
Tutta raccolta nell'incerta attesa
d'un qualche bene che sarà, che forse
non sarà mai, fra due dubbi sospesa,
già ignara d'ogni male che la morse,
per la nuova catena che la tenta
ella discioglie quella in cui s'attorse.
E mentre intorno a' suoi polsi s'allenta
il laccio che il suo pianto già corrose,
l'illusione, dolce anche se menta,
glie n'offre un altro tenero di rose.

Amalia Guglielminetti

giovedì 26 maggio 2011

Le Corti del Caos


L'Arcangelo Corwin precederà l'uragano,
con la folgore sul petto.

E quando gli verrà chiesto dove si reca,
dirà: "Alla fine della Terra",
dove egli andrà senza sapere
quale nemico l'aiuterà contro un altro nemico,
né chi toccherà il Corno.

Roger Zelazny

Spazi Condivisi


la nuova attivazione dei commenti mi darà occasione di rispondere a chi scrive;
non ho potuto farlo nel passato ma ora il problema sembra essere stato tecnicamente risolto e quindi cercherò di essere pronto nelle risposte e negli scambi di impressioni...
un blog è uno strano spazio,
fatto di luci ed ombre che si accavallano tra di loro e cercano di compenetrarsi e di scambiarsi ruoli e situazioni
senza però prevaricarsi...
ho data la possibilità a chi lo ritenga opportuno di diventare "follower" e di seguire questo blog direttamente, non eslcudo la possibilità, dietro richiesta, di inserire altri coautori  con cui condividere spazi e fatiche...
ovviamente da protagonista

buona giornata a tutti

Gujil

mercoledì 25 maggio 2011

Comunicazione di servizio


Finalmente ho ritrovato la password.
Ho sbloccato tutti i commenti e ti ho abilitato come amministratore.
D'ora in poi puoi fare tutto quello che vuoi, scusa per il ritardo, le navi da Marte s'incagliano nella cintura degli asteroidi.

Doctor Manhattan

Dove...quando





Dove...quando

dove stai? dove sei?
solo dentro me.

Cosa fai? come sei?
solo come me.
inventarti qua e là
è gioco vecchio oramai:
bussa già
la fretta di te.

Che farei amore mio,
che sorriso avrai?
Dai tuoi si dai tuoi no
cosa imparerò?

Principessa serena
del cielo che avrò.
bussa già
la fretta di te.

Premiata Forneria Marconi

martedì 24 maggio 2011

Poesia

Unità in lei

Corpo felice, acqua tra le mie mani,
volto amato dove contemplo il mondo,
dove graziosi uccelli si riflettono in fuga,
volando alla regione dove nulla si oblia.

La forma che ti veste, di diamante o rubino,
brillio di un sole che tra le mie mani abbaglia,
cratere che mi attrae con l'intima sua musica,
con la chiamata indecifrabile dei denti.

Muoio perchè m'avvento, perchè voglio morire
o vivere nel fuoco, perchè quest'aria che spira
non mi appartiene, è l'alito rovente
che se m'accosto brucia e dora le mie labbra dal profondo.

Lascia, lascia che guardi, infiammato d'amore,
mentre la tua purpurea vita mi arrossa il volto,
che guardi nel remoto clamore del tuo grembo
dove muoio e rinuncio a vivere per sempre.

Voglio amore o la morte, o morire del tutto,
voglio essere il tuo sangue, te, la lava ruggente
che bagnando frenata estreme membra belle
sente così i mirabili confini dell'esistere.

Sulle tue labbra un bacio come una lenta spina
o un mare che volò mutato in specchio,
come il brillio d'un'ala,
è ancora mani, è ancora crepitio di capelli,
fruscio vendicatore della luce,
luce o spada mortale sul mio collo minaccia,
ma non potrà distruggere l'unità di questo mondo

Vicente Aleixandre

lunedì 23 maggio 2011

Kavafis Costantinos

La nostalgia prevale su tutto e crea mondi incredibili nell'universo di questo poeta egiziano di nascita eppure così vicino alla nostra cultura.
Leggerlo è come bere un sorso d'acqua quando si ha la gola riarsa; disseta e rinfresca.
Non ha mai fine il suo orizzonte temporale, si perde e si stempera nel mondo colorato che si intravede nelle sue poesie e lascia, insieme alla musicalità delle parole, un senso di serena distanza tra l'uomo e le cose terrene.


Mare mattutino

Fermarmi qui! Mirare anch'io questa natura un poco.
Del mare mattutino e del limpido cielo
smaglianti azzurri e gialla riva: tutto
s'abbella nella grande luce effusa.

Fermarmi qui. Illuso di mirare
ciò che vidi davvero l'attimo che ristetti,
e non le mie fantasime, anche qui,
le memorie, le forme del piacere.

Constantinos Kavafis



Constantinos Kavafis è uno dei più grandi poeti
moderni. Era nato nel 1863 ad Alessandria d'Egitto "in una casa della via Cherif", come scrisse in un appunto autobiografico.
La sua famiglia era greca e quando Constantinos era un bambino si trasferì in Inghilterra. Nel 1869 morì il padre e dopo alcuni anni di viaggi tra la Francia, Constantinopoli (l'odierna Istanbul) e la Grecia, Constantinos e l'amatissima madre fecero ritorno nella vivace città egiziana.
Fu così che l'adolescente si trovò a vivere in una città di mare, meta di viaggiatori ed emigranti in cerca di fortuna, un felice punto di incontro tra persone di diverse culture.
In Europa, in campo poetico, dominavano i decadenti francesi, in Egitto vi era la grandissima e mirabile tradizione della poesia araba e per ragioni familiari Constantinos era vicino anche alla poesia ellenica di Omero, Saffo, Alceo, Anacreonte.
Impiegato per tutta la vita in un ufficio del ministero dei lavori pubblici d'Egitto, coltivò quasi segretamente il suo amore per la poesia.
In vita editò solo due raccolte, esili numericamente, nel 1904 e nel 1910.
Spesso donava le sue poesie agli amici, a volte le raccoglieva in gruppi che rilegava lui stesso o le incollava su quaderni.
Morì nel 1933, il giorno del suo compleanno: il 29 aprile. (dalla rete)

domenica 22 maggio 2011

Poesia

Primavere romantiche

Tu parlavi, Mamma: la melodia
della voce suscitava alla mia mente
la visione del tuo sogno perduto. Or
ecco: ho imprigionato il sogno con
una sottile malia di sillabe e di versi
e te lo rendo perché tu riviva le
gioie della giovinezza.



Non turbate il silenzio. Tutto tace
verso la donna rivestita a lutto:
la campagna, lo stagno, il cielo, tutto
illude la dolente... O pace! pace!

O pace, pace! Poiché nulla spera
ormai la donna declinante. Invano
fiorisce di viole il colle e il piano:
non ritorna per lei la primavera.

Oh antiche primavere! Oh i suoi vent'anni
oimè per sempre dileguati. Quanto,
oh quanto ella ha sofferto e come ha pianto!
Atroci sono stati i suoi affanni.

Nulla più spera ormai: però la bella
timida primavera che sorride
dilegua la mestizia che la uccide,
e un sogno antico in lei si rinnovella.

Non pure ieri il piede ella volgea
allo stagno che l'isola circonda?
Ella recava un libro ove la bionda
reina per il paggio si struggea:

(avea il volume incisioni rare
dove il bel paggio con la mano manca
alla donna offeria la rosa bianca
e s'inchinava in atto d'adorare).

O sogni d'altri tempi, o tanto buoni
sogni d'ingenuità e di candore,
non sapevate il vuoto e il vostro errore
o innocenti d'allor decameroni!

Ella col libro qui venia leggendo
e a quando a quando in terra s'inchinava
la mammola, l'anemone, e la flava
primula prestamente raccogliendo.

Oh tutto Ella ricorda: le turchine
rose trapunte della bianca veste,
la veste bianca in seta, e la celeste
fascia che le gonfiava il crinoline.

Poi apriva il cancello, e il ponte stesso
dove or riposa la persona stanca
allora trascorreva agile e franca
né s'indugiava come indugia adesso.

Poi entrava nell'isola, e furtiva
in fra il tronco del tremulo e del faggio
guatava se al boschivo romitaggio
l'amico del suo sogno conveniva.

Oh tutto Ella ricorda! Ecco apparire
l'Amato: giunge al margine del vallo
dell'acque, e raffrenato il suo cavallo
il cancello la supplica d'aprire.

"Non dunque accetta è l'umile dimanda
del vostro paggio, o bella castellana?
Combattuto ha per voi; fatto gualdana
egli ha per voi, magnifica Jolanda."

Egli disse per gioco. D'un soave
sorriso ella rispose: assai le piacque
il madrigale, ed al di là dell'acque,
sorridendo d'amor, getta la chiave.

Oh tutto Ella rammemora. Non fu
ieri? No, non fu ieri. Il lungo affanno
ella dunque già scorda? O atroce inganno
quel dolce aprile non verrà mai più...

Non turbate il silenzio. Tutto tace
verso la donna rivestita a lutto,
la campagna, lo stagno, il cielo, tutto
illude la dolente... O pace, pace!

Guido Gozzano



Arcimboldo, Primavera 1753

sabato 21 maggio 2011

La camera di Vincent ad Arles

La camera di Vincent ad Arles è un dipinto ad olio su tela di cm 72 x 90 realizzato nell'ottobre del 1888 da Vincent van Gogh.
È conservato al Van Gogh Museum di Amsterdam.
Il dipinto mostra la camera da letto del pittore, dipinta nell'attesa dell'arrivo ad Arles di Paul Gauguin, amico dell'artista: l'incontro avrebbe dovuto dar luogo alla nascita di un circolo artistico.
Van Gogh così descrisse il quadro in una lettera all'amico Gauguin:
« Ho fatto [...] un quadro della mia stanza, con i mobili in legno bianco come sapete. Ebbene mi è piaciuta molto l'idea di dipingere un interno con quasi niente dentro, di una semplicità alla Seurat »
(Lettera a Paul Gauguin, Arles, ottobre 1888)
Sulla destra vi è un letto, ripreso da piedi, sulla parete accanto al quale sono appesi quattro quadri su due ordini: mentre quelli in basso sono sommari e sintetici, quelli in alto sono identificabili in un autoritratto, ed un ritratto del postino Joseph Roulin; a sinistra del letto c'è una coppia di sedie ed un tavolino all'angolo, sopra il quale nel muro si apre, decentrata sulla destra, una finestra il cui panorama ci è negato dai vetri: la ripresa si ferma infatti al caldo interno, piccolo ma spazioso ed arioso.
I toni del verde e del celeste mirano a dare un senso di tranquillità e comoda serenità, rinforzati dalla figurazione pittorica che si sofferma sul grande letto e sui pochi oggetti nella stanza, ordinata e pulita.
Van Gogh avrebbe voluto esprimere nell'opera un senso di tranquillità, ma il risultato è un senso d'angoscia dovuto alla linea spezzata che contorna gli oggetti, i colori netti e privi di ombre e le pareti ed il pavimento inclinati, quasi sul punto di crollare.
Di questo dipinto esistono altre due versioni, entrambe del 1889, che si trovano una a Parigi, l'altra a Chicago (quest'ultima è in cattive condizioni poiché rovinata da una cattiva essiccazione). da wikipedia

1888. La camera di Vincent ad Arles. V. Gogh Museum, Amsterdam

IN UNA STANZA ABBANDONATA

Finestre, variopinte aiuole,
un organo vi alterna il suono.
Ombre danzano sui parati,
una bizzarra folle ridda.

Fiammeggianti i cespugli alitano
e vibra di moscerini uno sciame,
lontano mietono sul campo le falci
 e un'acqua antica canta.

Di chi è il respiro che m'accarezza?
Rondini tracciano confusi segni.
Lieve verso lo sconfinato scorre
laggiù la dorata regione dei boschi.

 Fiamme vacillano nelle aiuole.
Confusa ed estatica la folle ridda
su pei giallastri parati.
Qualcuno guarda entro la porta.

 Incenso dolce profuma ed il pero
e imbruniscono cassapanca e bicchiere.
Lentamente si china l'ardente fronte
verso le bianche stelle.

Georg Trakl

venerdì 20 maggio 2011

Poesia

Il piano infinito

Adesso che ho superato già
tanti dolori e posso
leggere il mio destino come
una mappa piena di errori,
quando non sento nessuna compassione
di me stesso e posso
passare in rassegna
la mia esistenza senza sentimentalismi,
perché ho trovato una relativa pace,
lamento solo la
perdita dell'innocenza.
Mi manca l'idealismo della gioventù,
del tempo in cui esisteva ancora per me
una chiara linea divisoria
tra il bene e il male
e credevo che fosse possibile agire
sempre in accordo con
principi amovibili.

Isabel Allende
 
 

giovedì 19 maggio 2011

Frammento


Compreso nel senso mi svuoto
con gesti ripetuti e consumati
in un brivido affondo il pensare
tra flutti impetuosi e maree
come un tempo era allora e diverso...
conguagli di idee, di sogni,
perdurano in me ostinati ricordi
di come sentivo i profumi
di quando ascoltavo i fruscii...
ora che il passaggio è obbligato
mi oblio ed affondo nel blu
di questa immensa certezza...

anonimo del XX° secolo,
frammenti ritrovati

mercoledì 18 maggio 2011

Favola

Il Lupo e il Cane

Un Lupo già ridotto al lumicino
grazie ai cani che stavan sempre all'erta,
andando un dì per una via deserta
incontrava un magnifico mastino,
tanto grasso, tondo e bello,
che pensò di dargli morte
provocandolo in duello.
Ma vedendolo un po' forte,
pensò invece con ragione
di pigliarlo colle buone.
Comincia in prima a rallegrarsi tanto
di vedere il buon pro' che gli fa il pane.
- E chi vi toglie, - rispondeva il Cane, -
di fare, se vi accomoda, altrettanto?
Quella vita che voi fate
dentro ai boschi è vita infame
sempre in guerra e sempre in scrupolo
di dover morir di fame:
vita stracciata e senza conclusione
che non può mai contar sopra il boccone.
Venite dietro a me, mio buon compare,
che imparerete l'arte di star bene.
Vi prometto pochissimo da fare;
star di guardia, guardar chi va, chi viene,
abbaiare ai pitocchi ed alla luna
e sbasoffiare poi certi bocconi
di carne e d'ossa, d'anitre e capponi,
senza contar la broda
in pagamento del menar la coda -.
Udendo questo, della sua fortuna
il Lupo si rallegra fino al pianto.
Ma camminando dell'amico accanto
gli venne visto spelacchiato e frollo
del buon mastino il collo.
- Che roba è questa? - È nulla. - È nulla un corno!
- Suvvia non darti pena,
forse il segno sarà della catena
alla quale mi legano di giorno.
- Ti legano? - esclamò cangiando tono. -
Né correre tu puoi dove ti piace?
- Che importa? - Importa a me, colla tua pace;
fossero d'oro, i piatti tuoi ti dono,
non è una vita, no, che m'innamora -.
E presa la rincorsa, corre ancora.

Jean La Fontane