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L'ombra è l'opposto del sole, ma si nutre di esso.
Un cielo grigio non genera ombre: nessun contrasto, nessun pensiero.


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sabato 30 giugno 2012

Vicolo

Il vicolo o vico (dal latino viculus, diminutivo di vicus, che significa borgo) è una strada urbana secondaria molto stretta.
Il più delle volte il vicolo è una zona pedonale circondata da palazzi, spesso all'interno di un tessuto urbano medievale.
Un vicolo cieco è un vicolo in cui un'estremità non ha alcuno sbocco (è chiusa).
Tipici dell'architettura mediterranea sono i vicoli, spesso ripidi, che caratterizzano i centri storici di città costiere, ma anche interne.
Esempi possono essere i centri storici del Gargano, tutti caratterizzati da tracciati intricati di vicoli che spesso fungevano da ottime vie di fuga e che spesso rispondevano all'esigenza di costruire le abitazioni in modo che da ognuna fosse possibile scorgere il mare (città costiere) o gli appezzamenti di terra (città interne) (da wikipedia).












Vicolo baciadonne, Città della Pieve

Vicolo


Mi chiama talvolta la tua voce
e non so che cieli ed acque 
mi si svegliano dentro:

una rete di sole che si smaglia
sui tuoi muri ch'erano a sera
un dondolio di lampade
dalle botteghe tarde
piene di vento e di tristezza.

Altro tempo: un telaio batteva nel cortile
e s'udiva nella notte un pianto
di cuccioli e bambini.

Vicolo: una croce di case
che si chiamano piano,

e non sanno ch'è paura
di restare sole nel buio.

Salvatore Quasimodo



sommerso dai sempre
ricorro nei mentre,
fuori dal vicolo è caldo
dall'asfalto nuvole leggere...

venerdì 29 giugno 2012

la Grotta dell'Infinito


Viaggiando in giro per l'Italia, tra dicerie e seri avvistamenti, sono molti i fantasmi che popolano le nostre città e remoti borghi. Il viaggio di oggi ci porta nelle Marche dove vivevano presso la Badia di San Vittore due bellissimi giovani, perdutamente innamorati. Nonostante li unisse la comunione di un grande amore, le rispettive famiglie, avversate da profonda ostilità, impedirono con ogni mezzo il loro matrimonio. Disperati per questa situazione senza possibile soluzione, abbandonarono le abitazioni e, imprecando contro il loro parentado, fuggirono sul Monte della Valle per rimanere nella selva buia. Cauti e prudenti come due capretti inseguiti, vagarono nel bosco il giorno e la notte successiva, vinti e compiaciuti dalla passione d'amore. Infine, presso un macigno, scoprirono una grotta e sembrava che tutta la valle palpitasse di allegria per la loro felicità. Sarebbero rimasti in questo luogo segreto per lungo tempo, con i loro bambini, fra le ginestre e il gregge, fino a che S. Vittore non avesse riconciliato i genitori. Una sera d'inverno, nell'ora del tramonto, la giovane, recatasi per una necessità all'interno della Grotta, svenne e riavutasi cercò di liberarsi ma, per uno strano sortilegio, acquistò le sembianze di una capra.
In tutte le sporgenze nacquero caprifichi che ella dilaniò con gli zoccoli e con il muso. Sommessamente disse al giovane che una forza diabolica l'aveva ridotta in quello stato e da quel momento non parlò più scomparendo per sempre nel sotterraneo, convertita in fantasma. Il giovane, esterrefatto, ricercò la propria amata per tre giorni e per tre notti fino a che l'invase la più triste amarezza e non potendosi dare pace per l'accaduto si adirò, corse come un toro infuriato, bruciò la selva fino a che si fermò presso l'antro battendo le tempie sulla pietra. Anch'egli fu colpito da sortilegio, cambiò colore e divenne un masso disposto a guardia della grotta. Nell'aria maligna, pesante come una maledizione, sibilò il vento, sogghignarono le forze del male. In quel medesimo luogo, ogni sera, quando il sole discende dietro i monti e la valle si addormenta, una capra esce dalla fenditura e un grido lacera l'aria facendo tremare i pioppi del fiume e le querce della montagna. La Grotta viene per questo chiamata anche la "Grotta della Capra".

Leggenda delle Marche

giovedì 28 giugno 2012

Frammento


il freddo improvviso
gela un sorriso
non basta il sole d'estate,
non serve la luce del sole,
c'è un mondo che muore,
ogni tanto,
in ciascuno di noi...

anonimo del XX° secolo
frammenti ritrovati

mercoledì 27 giugno 2012

Boris Borisovich Ryzhy

Boris Borisovich Ryzhy or Ryzhii (Russian: Борис Борисович Рыжий; (September 8, 1974 - May 7, 2001) poeta russo.
Le sue poesie sono state tradotte in Inglese, Italiano, tedesco e serbo.
Si è suicidato, in seguito alla sua maniaca depressione e all'abuso di sostanze e droghe, nel Maggio del 2001 all'età di 26 anni.



Portami lungo viali vuoti,

Portami lungo viali vuoti
parlami di qualche sciocchezza,
pronuncia vagamente un nome.
I lampioni piangono l'estate.
Due lampioni piangono l'estate.
Cespugli di sorbo. Una panchina umida.
Amore mio, resta con me fino all'alba,
poi lasciami.
Rimasto come un'ombra offuscata,
vagherò qui ancora un po',ricorderò tutto,
la luce accecante, il buio infernale,
io stesso fra cinque minuti sparirò.


Boris Ryzyi

lascio il rimpianto
a guardia del flebile sono
in consunti ripensamenti
richiedo cose risapute;
nel mesto incedere
colombe svolazzano
e corvi in attesa sui fili... 

martedì 26 giugno 2012

Spighe, poesia e riflesso

Spighe mature

Le spighe a ciuffi si sono affollate
sull'argine della strada maestra:
stanno affacciate a una lunga finestra
di filo spinato, mature, dorate.
Stanno a guardare le coccinelle
così amanti del sole, stanno in attesa
che la sera riporti la grande distesa
di lucciole innamorate di stelle.

Giuseppe Porto




grano tra le dita
come a comporre corone
di infiniti rosari
a pregare che il tempo
ritardi i rintocchi
litanie di chi vede
assottigliarsi la vita
e sfuocare orizzonti...



La spiga è una infiorescenza semplice formata da numerosi fiori sessili (privi di peduncolo) inseriti su un rachide centrale.
È una struttura tipica delle Poaceae, ma non esclusiva di questa famiglia.
La spiga di spighe è invece un'infiorescenza composta costituita da un rachide centrale sul quale sono inserite spighe semplici.
Un classico esempio è la spiga di frumento (dalla rete).

lunedì 25 giugno 2012

Il greto

Il greto:
Lungo il corso principale del fiume si osserva un paesaggio solo in apparenza monotono e desolato: le acque scorrono tra isole di ghiaia e sabbia, scavando e modellando nuovi percorsi ad ogni piena. La variabilità delle portate e i fenomeni di erosione causano un continuo rinnovo dello strato superficiale del suolo; ciò modifica l’aspetto del corso d’acqua e non consente l’insediamento di associazioni vegetali permanenti. La scarsa vegetazione presente è infatti costituita da piante pioniere e annuali; solo nelle zone più elevate, non raggiunte dalle piene, crescono Pioppi e Salici a portamento arbustivo. Le isole di ghiaia e sabbia sono utilizzate da varie specie di uccelli che vi depongono le uova scavando una piccola buchetta. L’azione modellante delle acque del fiume è particolarmente evidente durante le piene autunnali e primaverili, quando le abbondanti precipitazioni gonfiano il fiume in maniera repentina, facendo aumentare la velocità della corrente. In questa condizione l’acqua erode le sponde, formando scarpate ripide di altezze variabili, formate da ghiaia, sabbia e a volte argilla, in quantità variabili. Quando nella stratigrafia della sponda si trova un materasso di sabbia o di sabbia e argilla, si crea una situazione favorevole all’insediamento di alcune particolari specie, che depongono le uova in fondo a gallerie scavate nelle sponde (dalla rete).

Fiume Taro, il greto

Righe di cielo

Cielo rigato di impronte,
pensieri volanti, ristagni
di vivere intenso, segreto;
là, al fiume, sul greto
rivedo te, vita, che bagni
le mani, la bocca, la fronte.

anonimo del XX ° secolo
poesie ritrovate

domenica 24 giugno 2012

Poesia e riflesso

Estate chiara e ardente

Delle quattro stagioni dell'anno
l'estate è la più chiara e la più ardente,
fa maturare i frutti
e sparge risa e luce:

Com'è bello, discendendo al fiume,
fermarsi sopra l'acqua.
per ascoltare in lontananza il cuculo,
per vedere la giovane luna.


Nikolaj Aseev


lune passate in silenzio
quelle piene, quelle a metà,
in sospiri guidati da ritmi
scanditi da suoni del cuore;
ora sento il profumo,
ora ascolto le nenie...

sabato 23 giugno 2012

Conchiglie

lo studio delle conchiglie è oggetto di una disciplina che si chiama “Malacologia” (dal greco “malakos”, ‘molle’ e “logos”, ‘discorso’), che si occupa dello studio dei molluschi.
Quella che noi chiamiamo “conchiglia”: altro non è che lo scheletro esterno (eso-scheletro) del piccolo mollusco che la abita e che ha lo scopo di sorreggerlo; differentemente, i vertebrati hanno uno scheletro interno (endo-scheletro). L’accrescimento della conchiglia viene prodotto dal “mantello”, che è simile a un ripiegamento cutaneo, che ricopre, in maniera più o meno estesa, il corpo del mollusco. La sua composizione chimica è di carbonato di calcio (che si può cristallizzare sotto forma di calcite o di aragonite) e altri sali inorganici, tenuti insieme dalla conchiolina (sostanza organica che forma un reticolo microscopico). La forma e il colore della conchiglia dipende dalla sua alimentazione e dalla quantità di luce che la irradia (dalla rete).


Conchiglie 

Eternamente giace e splende piano
sotto l'enormi tempestose ondate
e sotto le minute onde beate
che il Greco antico un tempo ha nominato
crespe di risa.
Ascolta,: la conchiglia iridescente
canta nel mare, al più profondo.
Eternamente giace, e canta silenziosa.

Katherine Mansfield


suono di mare
e ritorno bambino
nell'eco distorto
piedi bagnati,
sconfinati arenili
frammenti lucenti,
sabbie dorate...

venerdì 22 giugno 2012

Margherita Guidacci

MARGHERITA GUIDACCI (1921-1992)
Nacque a Firenze, figlia unica di genitori toscani, perse giovanissima la sua famiglia, a causa di una malattia.
La sua infanzia estremamente solitaria, influenzò fortemente il suo carattere, incline all'introspezione e alla creatività.
Margherita passò molte estati in una piccola cittadina, nella regione del Mugello, i cui ricordi di passeggiate tra le amate colline ed i paesaggi toscani, furono un'infinita fonte di ispirazione nella sua poesia.
Accompagnata nelle sue escursioni, dal cugino Nicola Lisi, noto per il suo stile limpido, fu intensamente influenzata, da quest'ultimo, nella sua poetica, che ella definì "come un canto di uccelli".
Contrariamente alla voga del periodo, che vedeva l'affermarsi dell'ermetismo di Ungaretti, la Guidacci rimase sempre originale nei suoi scritti.
Dopo aver frequentato il liceo Classico Michelangelo, a Firenze, si iscrisse all'Università di Firenze, dove si laureò in Letteratura Italiana, con una tesi proprio su Ungaretti, le opere del quale comparò alle sue, sottolineando le differenze stilistiche.
Si specializzò, quindi, in Letteratura Inglese ed Americana, e tradusse le opere di John Donne e le poesie di Emily Dickinson.
Nel 1945, iniziò ad insegnare Letteratura Inglese ed Americana nei licei pubblici, per poi passare all'Università di Macerata ed, in fine, all'Università Maria Assunta in Vaticano.
Visse per il resto dei suoi giorni a Roma, dove si spense nel giugno del 1992 (dalla rete).

All'ipotetico lettore

Ho messo la mia anima fra le tue mani.
Curvale a nido. Essa non vuole altro
che riposare in te.
Ma schiudile se un giorno
la sentirai fuggire. Fa' che siano
allora come foglie e come vento,
assecondando il suo volo.
E sappi che l'affetto nell'addio
non è minore che nell'incontro. Rimane
uguale e sarà eterno. Ma diverse
sono talvolta le vie da percorrere
in obbedienza al destino.

Margherita Guidacci








sfiora, chi legge, pagine
a volte dure e taglienti
a volte delicate e sole
come solo chi scrive,
solo chi dentro di sè
geme con umido ardore... 

giovedì 21 giugno 2012

Ali spezzate

La gioventù ha ali di poesia e nervi d’illusione che fanno volare al di là delle nuvole per vedere l’universo illuminato; ali che le tempeste dell’esperienza distruggeranno, facendo precipitare i giovani nello specchio stregato della realtà. Così Gibran racconta in questo breve romanzo il sogno d’amore del poeta, ragazzo solitario e libero, per la gentile e bellissima Salmè, spezzato dalla brutalità di una società piegata a convenzioni sociali e vecchi pregiudizi. Un sogno soffocato, oppresso e vilipeso, ma non annientato. Il dolore anzi lo rafforza, così come rende tesa e vibrante la voce di un Gibran ancora acerbo, ma già sublime interprete e cantore delle passioni umane. Khalil Gibran fu un artista e un intellettuale poliedrico. Di origini libanesi si trasferì in America coi genitori dove ebbe fin da giovane un brillante successo come pittore. Le successive frequentazioni europee e l'incontro col meglio della filosofia e delle religioni mondiali stimolarono la sua vena poetica e riflessiva e gli permisero di concretizzare la sua grande saggezza in una serie di capolavori. Il Profeta, il più conosciuto, scaturisce da una conoscenza vastissima maturata in una vita donata alla cultura di ogni provenienza (dalla rete).
 
Lo spirito afflitto trova pace
solo in unione a uno spirito a lui simile.
I due convergono nell'affetto,
come uno straniero si rallegra
a vedere un altro straniero
in una terra lontana.
I cuori che si uniscono
per mezzo del dolore
non saranno separati
dalla gloria della gioia.
L'amore lavato dalle lacrime
rimane eternamente puro e bello.

Kahlil Gibran
(da "Le ali spezzate")


irrompono stolti rimandi
ai veri sospiri del ventre,
si scilgono nodi irrisolti
in un susseguirsi di cose
e nuvole alte nel cielo...

mercoledì 20 giugno 2012

Poesia e riflesso

Il poeta

Il poeta ha le sue giornate
contate,
come tutti gli uomini; ma quanto,
quanto variate!
L’ore del giorno e le quattro stagioni,
un po’ meno di sole o più di vento,
sono lo svago e l’accompagnamento
sempre diverso per le sue passioni
sempre le stesse; ed il tempo che fa
quando si leva, è il grande avvenimento
del giorno, la sua gioia appena desto.
Sovra ogni aspetto lo rallegra questo
d’avverse luci, le belle giornate
movimentate
come la folla in una lunga istoria,
dove azzurro e tempesta poco dura,
e si alternano messi di sventura
e di vittoria.
Con un rosso di sera fa ritorno,
e con le nubi cangia di colore
la sua felicità,
se non cangia il suo cuore.
Il poeta ha le sue giornate
contate,
come tutti gli uomini; ma quanto,
quanto beate!


Umberto Saba


versi distratti giocano
rime sottili e dotte
a comprendere ruoli
a difendere amori;
celebrando si toccano
temi cari alla notte
"tu mio cuor perchè duoli
ripensando giovanili umori?"...

martedì 19 giugno 2012

Risacca e frammento

La corrente di ritorno o risacca (in inglese rip current) è un tipo di corrente marina molto pericolosa. Si tratta di un intenso flusso d'acqua causato dal moto ondoso del mare che si forma davanti alla spiaggia. L'accumulo d'acqua lungo la costa provoca un aumento di pressione che deve essere compensato da un flusso di ritorno che si dirige dalla riva verso il largo ad elevata velocità trascinando con sé tutto ciò che incontra. Tali correnti si creano prevalentemente negli specchi di mare davanti alle spiagge sabbiose soprattutto quando sono delimitate da promontori rocciosi, formando spesso dei canaloni sul fondale che rendono ancora più pericoloso il loro manifestarsi. Guardando la superficie dell'acqua si può intuire l'esistenza di una corrente diretta verso il largo. In quei punti la superficie dell'acqua è insolitamente liscia ed ondulata. Inoltre le onde sono come spezzate in presenza di una forte corrente di ritorno. Si può anche riconoscere la presenza di queste correnti di risacca guardando il profilo della spiaggia che tenderà ad assumere la forma di una sequenze di insenature più o meno grandi a seconda della forza della mareggiata piuttosto che quella lineare tipica della bonaccia. I punti pericolosi, cioè quelli di risucchio, corrispondono ai confini tra un'insenatura e l'altra e quindi da evitare durante il nuoto.


assai flebili e lenti
come scie ormai disciolte
si striano mari perduti, lontani;
risacche in cui giacqui ricordano
il male di sempre, lo spleen
che vive con questo mio stare...

anonimo del XX° secolo
frammenti ritrovati

lunedì 18 giugno 2012

Marguerite Yourcenar

Marguerite Yourcenar, pseudonimo di Marguerite Cleenewerck de Crayencour (Bruxelles, 8 giugno 1903 – Mount Desert, 17 dicembre 1987), è stata una scrittrice francese. È stata la prima donna eletta alla Académie française. Nei suoi libri sono frequenti i temi esistenzialistici e in particolare quello della morte. Vita [modifica]Nacque da una famiglia franco-belga di antica nobiltà. Il padre, Michel Cleenewerck de Crayencour, era un ricco proprietario terriero che rappresentava la parte francese della famiglia; la madre, Ferdinande de Cartier de Marchienne, belga, anche lei di stirpe nobile, morì dieci giorni dopo la nascita di Marguerite, a causa di setticemia e peritonite insorte in seguito al parto. La Yourcenar fu educata privatamente solo dal padre in una villa a Mont Noir nel comune di Saint-Jans-Cappel, nel nord della Francia. La bambina si dimostrò subito una lettrice precoce, interessandosi a soli 8 anni alle opere di Jean Racine e Aristofane; imparò a dieci il latino e a dodici il greco. All'età di diciassette anni, da poco trasferitasi a Nizza, Marguerite de Crayencour pubblica sotto lo pseudonimo di "Marg Yourcenar" la prima opera in versi: Le jardin des chimères (Il giardino delle chimere); scelse questo pseudonimo con l'aiuto del padre, anagrammando il suo cognome (Crayencour, appunto).
Nel 1924, in occasione di uno dei tanti viaggi in Italia, visita per la prima volta Villa Adriana e inizia la stesura dei primi Carnets de notes de Mémoires d'Hadrien (Taccuini di note di Memorie di Adriano). Successivamente dà alle stampe La denier du rêve (La moneta del sogno), un romanzo ambientato nell'Italia dell'epoca. Nel 1937 Marguerite fa un incontro fondamentale per la sua carriera e per la sua vita in generale con Grace Frick, intellettuale americana, che divenne la sua compagna per il resto della sua vita.Nel 1939, allo scoppio della Seconda guerra mondiale si trasferì negli Stati Uniti d'America e ne prese la cittadinanza nel 1947, pur continuando sempre a scrivere in francese. Negli Stati Uniti insegnò letteratura francese e storia dell'arte dal 1942 al 1950 e dal 1952 al 1953. Iniziò così un decennio di privazioni, che ella stessa definirà più tardi come il più brutto della sua vita. Questo periodo della sua vita si conclude con la pubblicazione delle Mémoires d'Hadrien (Memorie di Adriano), sicuramente il suo libro di maggior successo. A partire da questo momento la Yourcenar comincia una serie di viaggi in giro per il mondo, che conosceranno una pausa solo per l'aggravarsi delle condizioni di salute della compagna omosessuale Grace Frick che la porteranno alla morte. Dopo la morte della compagna di una vita la scrittrice conosce Jerry Wilson, che diventerà presto una delle sue più intense passioni. Purtroppo neanche lui le sopravvive. Marguerite Yourcenar muore presso l'ospedale Bar Harbor di Mount Desert nel 1987.

NON SAPRAI MAI

Non saprai mai che la tua anima viaggia
come in fondo al mio cuore, dolce cuore adottivo;
e che nulla, né il tempo, gli altri amori, gli anni,
impediranno mai che tu sia stato.
Che la beltà del mondo ha già il tuo viso,
di tua dolcezza vive, splende del tuo chiarore,
e all’orizzonte il pensieroso lago
narra soltanto la tua serenità.
Non saprai mai che porto la tua anima
come una luce d’oro che rischiara i passi;
che un po’ della tua voce suona nel mio canto.
Dolce fiaccola i tuoi raggi, dolce braciere la tua fiamma,
mi insegnano il cammino dei tuoi passi,
e un poco ancora vivi, perché ti sopravvivo.

Yourcenar Marguerite


insieme ai visi le voci,
si stingono in astratte pitture
dai tenui colori pastello;
una nuvola passa sparuta
nel mio denso cielo di giugno...

domenica 17 giugno 2012

Proverbio Sioux

Lungo il cammino della vostra vita
fate in modo di non privare gli altri della felicità.
Evitate di dare dispiaceri ai vostri simili ma,
al contrario,
vedete di procurare loro gioia ogni volta che potete!

Proverbio Sioux


cavalli nel vento
i miei monti al tramonto
e nuvole bianche contornano
il volo maestoso dell'aquila...

sabato 16 giugno 2012

Poesia e riflesso

ELEVAZIONE

In alto, sugli stagni, sulle valli,
sopra i boschi, oltre i monti, sulle nubi
e sui mari, oltre il sole e oltre l' etere,
al di là dei confini delle sfere
stellate, tu, mio spirito, ti muovi
agilmente: dividi la profonda
immensità, come un buon nuotatore
che gode in mezzo alle onde, gaiamente,
con virile e indicibile piacere.
Fuggi lontano da questi miasmi
ammorbanti, e nell' aria superiore
vola a purificarti e bevi come
un liquido divino e puro il fuoco
che colma, chiaro, le regioni limpide.
Fortunato colui che può con ala
vigorosa slanciarsi verso campi
sereni e luminosi, abbandonando
i vasti affanni ed i dolori, peso
gravante sopra la nebbiosa vita;
colui che lascia andare i suoi pensieri
come le lodolette verso i cieli,
nel mattino; colui che sulla vita
plana e, sicuro, intende la segreta
lingua dei fiori e delle cose mute.

Charles Baudelaire


vene distaccano steli
di limpide stille vermiglie,
compassati insoluti
quasi stanche vertigini
immolano vaghi pensati...

venerdì 15 giugno 2012

Il Principe che sposò una rana


C'era una volta un Re che aveva tre figli in età da prender moglie. Perché non sorgessero rivalità sulla scelta delle tre spose, disse: - Tirate con la fionda più lontano che potete: dove cadrà la pietra là prenderete moglie. I tre figli presero le fionde e tirarono. Il più grande tirò e la pietra arrivo sul tetto di un Forno ed egli ebbe la fornaia. Il secondo tirò e la pietra arrivò alla casa di una tessitrice. Al più piccino la pietra cascò in un fosso. Appena tirato ognuno correva a portare l'anello alla fidanzata. Il più grande trovò una giovinotta bella soffice come una focaccia, il mezzano una pallidina, fina come un filo, e il più piccino, guarda guarda in quel fosso, non ci trovò che una rana. Tornarono dal Re a dire delle loro fidanzate. "Ora - disse il Re - chi ha la sposa migliore erediterà il regno.Facciamo le prove"- e diede a ognuno della canapa perché gliela riportassero di lì a tre giorni filata dalle fidanzate, per vedere chi filava meglio. I figli andarono delle fidanzate e si raccomandarono che filassero a puntino; e il più piccolo tutto mortificato, con quella canapa in mano, se ne andò sul ciglio del fosso e si mise a chiamare: - Rana, rana! - Chi mi chiama? -L'amor tuo che poco t'ama. - Se non m'ama , m'amerà quando bella mi vedrà. E la rana salto fuori dall'acqua su una foglia. Il figlio del Re le diede la canapa e disse che sarebbe ripassato a prenderla filata dopo tre giorni. Dopo tre giorni i fratelli maggiori corsero tutti ansiosi dalla fornaia e dalla tessitrice a ritirare la canapa. La fornaia aveva fatto un bel lavoro, ma la tessitrice - era il suo mestiere - l'aveva filata che pareva seta. E il più piccino? Andò al fosso: - Rana, rana! - Chi mi chiama? -
 L'amor tuo che poco t'ama. - Se non m'ama , m'amerà quando bella mi vedrà. Saltò su una foglia e aveva in bocca una noce. Lui si vergognava un po' di andare dal padre con una noce mentre i fratelli avevano portato la canapa filata; ma si fecero coraggio e andò. Il Re che aveva già guardato per dritto e per traverso il lavoro della fornaia e della tessitrice, aperse la noce del più piccino, e intanto i fratelli sghignazzavano. Aperta la noce ne venne fuori una tela così fina che pareva tela di ragno e tira tira, spiega spiega, non finiva mai , e tutta la sala del trono ne era invasa. "Ma questa tela non finisce mai!" disse il Re, E appena dette queste parole la tela finì. Il padre, a quest'idea che una rana diventasse regina, non voleva rassegnarsi. Erano nati tre cuccioli alla sua cagna da caccia preferita, e li diede ai tre figli: "Portateli alle vostre fidanzate e tornerete a prenderli tra un mese: chi l'avrà allevato meglio sarà regina". Dopo un mese si vide che il cane della fornaia era diventato un molosso grande e grosso, perché il pane non gli era mancato; quella della tessitrice, tenuto più a stecchetto, era venuto un famelico mastino. Il più piccino arrivò con una cassettina, il Re aperse la cassettina e ne uscì un barboncino infiocchettato, pettinato, profumato, che stava ritto sulle zampe di dietro e sapeva fare gli esercizi militari e far di conto. E il Re disse: "Non c'è dubbio; sarà re mio figlio minore e la rana sarà regina". Furono stabilite le nozze, tutti e tre i fratelli lo stesso giorno. I fratelli maggiori andarono a prendere le spose con carrozze infiorate tirate da quattro cavalli, e le spose salirono tutte cariche di piume e di gioielli. Il più piccino andò al fosso, e la rana l'aspettava in una carrozza fatta d'una foglia di fico tirata da quattro lumache. Presero ad andare: lui andava avanti, e le lumache lo seguivano tirando la foglia con la rana. Ogni tanto si fermava ad aspettare, e una volta si addormentò. Quando si svegliò, gli s'era fermata davanti una carrozza d'oro, imbottita di velluto, con due cavalli bianchi e dentro c'era una ragazza bella come il sole con un abito verde smeraldo. "Chi siete?" disse il figlio minore. "Sono la rana", e siccome lui non ci voleva credere, la ragazza aperse uno scrigno dove c'era la foglia di fico, la pelle della rana e quattro gusci di lumaca. "Ero una Principessa trasformata in rana, solo se un figlio di Re acconsentiva a sposarmi senza sapere che ero bella avrei ripreso la forma umana." Il Re fu tutto contento e ai figli maggiori che si rodevano d'invidia disse che chi non era neanche capace di scegliere la moglie non meritava la Corona. Re e regina diventarono il più piccino e la sua sposa (dalla rete).

Italo Calvino

Le Fiabe italiane di Calvino, pubblicate nel 1956, sono un’opera classica e fondativa, perché sono ponte fra culture e linguaggi, il frutto di un lavoro di accostamento “incongruo” fra la cultura alta e quella popolare, fra narrazione e lingua letteraria, sono il ritratto poliedrico di un Paese che si interroga sulla propria identità, un sincero e grande «omaggio all’Italia Unita» (dalla rete)

giovedì 14 giugno 2012

Poeta

In senso stretto un poeta è uno scrittore di poesie.
Il sostantivo deriva dal verbo greco ποιεω (traslit. poieo), il cui significato letterale è "fare".
I primi poeti declamavano le loro opere oralmente, accompagnandosi con la musica, come già Omero, il poeta più famoso dell'antichità.
Nel mondo greco e romano sono comunque molti i poeti degni di nota.
I primi a scrivere poesie in italiano furono gli esponenti della scuola siciliana da cui derivò il dolce stil novo; tra i grandi del periodo spiccano Dante, Petrarca e Boccaccio.
Il valore dei testi dei poeti va al di là del vero significato delle parole, e coinvolge aspetti fonetici e musicali, attraverso un linguaggio che spesso si presta a varie interpretazioni e può suscitare forti emozioni.
Perciò in senso lato si suole definire poeta chiunque - artista o no - manifesti questa capacità nelle proprie opere o anche soltanto nel proprio modo di comunicare (da wikipedia).

Franco Murer, Il Poeta e le Muse, olio su tela 2005


Poeta

Risme di inespressi concetti
giacciono linde ai suoi piedi,
carta intonsa, leggera e bianca
come attimo perso nel vento.
Tra angusti spazi ristretti
si concentrano mali e rimedi
di un'anima unica e stanca
in susseguirsi continuo e lento.

anonimo del XX° secolo
poesie ritrovate


mercoledì 13 giugno 2012

Pratolina

La Pratolina comune (nome scientifico: Bellis perennis L., 1753) nota come margheritina comune è una specie appartenente alla famiglia delle Asteraceae, molto comune in Europa.
Per i fiori così comuni come questo, l'etimologia del nome è sempre un problema in quanto si deve risalire parecchio indietro nel tempo.
Alcuni dicono che il nome derivi da Bellide, una delle barbare e crudeli figlie (chiamate Danaidi) di Dànao, re di Argo; altri lo fanno derivare dal latino bellum (= guerra) in riferimento alle sue presunte capacità di guarire le ferite.
Più facilmente, secondo i filologi moderni, il suo nome deriva dall'aggettivo (sempre latino) bellus (= bello, grazioso) con riferimento alla delicata freschezza di questo fiorellino[1]. Mentre il nome specifico (perennis) fa riferimento al ciclo biologico di questa specie (perenne). Il binomio scientifico attualmente accettato (Bellis perennis) è stato proposto da Carl von Linné (1707 – 1778) biologo e scrittore svedese, considerato il padre della moderna classificazione scientifica degli organismi viventi, nella pubblicazione ”Species Plantarum” del 1753[2]. Il nome inglese, daisy, deriverebbe da day's eye, occhio del giorno, per la peculiarità del suo riaprirsi ogni giorno al sorgere del sole.
L'altezza della pianta difficilmente supera i 5–15 cm. Sono piante acauli, senza un fusto vero o proprio: il peduncolo fiorale nasce direttamente dalla rosetta basale. La forma biologica è emicriptofita rosulata (H ros), ossia sono piante erbacee (quasi cespitose) perenni con gemme svernanti al livello del suolo e protette dalla lettiera o dalla neve con delle foglie disposte a formare una rosetta basale. L'infiorescenza è uniflora, composta da un unico capolino. La struttura dei capolini è quella tipica delle Asteraceae: il peduncolo sorregge un involucro cilindrico composto da diverse squame che fanno da protezione al ricettacolo emisferico/conico sul quale s'inseriscono due tipi di fiori: i fiori esterni ligulati, e i fiori centrali tubulosi. In particolare quelli periferici sono femminili, sono disposti in una unica circonferenza (o raggio o serie) ed hanno una corolla ligulata con la ligula molto allargata; quelli interni, tubulosi, sono altrettanto numerosi e so
no ermafroditi. Le squame (una quindicina) sono delle brattee erbacee (verdi) ineguali disposte su una o due serie a forma lineare-spatolata arrotondate all'apice e ricoperte da una sottile e irregolare peluria. Il capolino è di 2–3 cm di diametro. Le squame sono lunghe 3 – 5 mm e larghe 1,2 – 1,7 mm. Lunghezza del ricettacolo: 2 volte il diametro. La “Pratolina” appartiene ai classici fiori dei prati italiani. Molte specie (anche di generi diversi) sono simili (ad un primo sguardo distratto) alla Bellis perennis. Tra le specie dello stesso genere (Bellis) distinguiamo: Bellis annua L. - Pratolina annuale: porta delle foglioline anche nella parte inferiore dello scapo fiorifero, i capolino sono lievemente più piccoli, il ciclo biologico è annuo e fiorisce in inverno-primavera. Bellis sylvestris Cirillo - Pratolina autunnale: anche questa specie si presenta con capolini più grandi e manca quasi del tutto sull'arco alpino; può essere distinta dalla perennis dal fatto che le squame dell'involucro terminano con un apice appuntito (e non rotondeggiante).
Per le specie di altri generi possiamo citare: Aster bellidiastrum (L.) Scop. - Astro falsa pratolina: è una pianta più alta e si può distinguere dall'involucro formato da più serie di squame. Leucanthemopsis alpina (L) Heywood - Margherita alpina: vegeta a quote più alte (2000- 3600 m s.l.m.) e si differenzia sia per le foglie maggiormente seghettate che per l'involucro con squame su più serie disposte in modo embricato. Per finire citiamo il genere Leucanthemum (le “classiche” margherite dei campi) le cui specie si differenziano sia per la maggiore altezza, ma anche per la presenza di foglie lungo il fusto e infine per l'involucro formato da squame su più serie disposte in modo embricato (ridotto da wikipedia).


Margherita

Strappando i cespugli su di sé, come laccio,
più violaceo delle labbra serrate di Margherita,
più ardente del bianco dell'occhio di lei,
palpitava, trillava, dominava, raggiava un usignolo.

Come profumo emanava dall'erba. Come mercurio
di piogge insensate era tra i ciliegi selvatici sospeso.
Frastornava la corteccia. Ansando, alla bocca
si avvicinava. Rimaneva appeso alla treccia.

E, quando con mano stupita passando
sugli occhi, era attratta dall'argento Margherita,
sembrava allora, che sotto l'elmo di rami e di pioggia
fosse caduta senza forze l'amazzone nella pineta.

E la nuca con una mano nella mano di lui,
e l'altra piegata all'indietro, dove giacque,
dove s'impigliò, dove si appese il suo elmo d'ombra,
strappando i cespugli su di sé come laccio.


Boris Pasternak, 1919


luccicanti insidie negli occhi
occultano lineamenti turbati,
gemiti ai fianchi comprimono
suoni sommessi e languori;
le origini del mondo avvicinano
labbra e suadenti carezze...

martedì 12 giugno 2012

Poesia e riflesso

Svegliandomi il mattino...
Svegliandomi il mattino, a volte provo
sì acuta ripugnanza a ritornare
in vita, che di cuore farei patto
in quell'istante stesso di morire.

Il risveglio m'è allora un altro nascere;
chè la mente lavata dall'oblio
e ritornata vergine nel sonno
s'affaccia all'esistenza curiosa.
Ma tosto a lei l'esperienza emerge
come terra scemando la marea.
E così chiara allora le si scopre
l'irragionevolezza della vita,
che si rifiuta a vivere, vorrebbe
ributtarsi nel limbo dal quale esce.

Io sono in quel momento come chi
si risvegli sull'orlo d'un burrone,
e con le mani disperatamente
d'arretrare si sforzi ma non possa.

Come il burrone m'empie di terrore
la disperata luce del mattino.


Camillo Sbarbaro


Alessandro Stella,  Risveglio, Olio su tela


per quanto arduo il sonno
sopisce dolori e ansie
negli incubi e i sogni;
le piste di caccia risentono
tenui richiami del bosco
quando la notte indietreggia
qiando l'alba si affaccia...

lunedì 11 giugno 2012

Lamento e considerazione


lamento nome maschile
1 espressione di dolore o, nel caso di animali, verso
i lamenti dei feriti
il lamento del cane
2 suono simile a un gemito
il lamento del vento
protesta lamentela lagnanza manifestazione di risentimento
un inutile lamento



Lamento di Antigone

Lamento delle 0,20


Signore, tu mi lavori senza tregua.
Nell'inverno mi lavori e nell'estate,
nei giorni delle feste consacrate.
Nei mesi pari e in quelli di trentuno
Col sole con la pioggia con la luna.
a ore, a settimana, a cottimo, a giornata.
Come il canuto operaio della ferriera
tu mi cuoci mi sciogli e non ti bruci.

Raffaele Carrieri


come posso uscire
nel folto del grigio
e mietere messi
mature e solari?
le acque agitate
si placano e sogno...