Freddo si riferisce alla carenza o all'assenza totale di calore; si usa spesso per descrivere le condizioni di un ambiente o di un clima (oggi fa freddo) o per indicare la stagione invernale (è arrivato il freddo; ai primi freddi), oppure per riferirsi alla sensazione che si prova a causa della temperatura (dalla rete).
L'ombra è l'opposto del sole, ma si nutre di esso.
Un cielo grigio non genera ombre: nessun contrasto, nessun pensiero.
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giovedì 21 novembre 2024
Pastello del freddo
domenica 17 novembre 2024
Foglie
(dalla rete).
Foglie
Quanti se ne sono andati…
Quanti.
Che cosa resta.
Nemmeno
il soffio.
Nemmeno
il graffio di rancore o il morso
della presenza.
Tutti
se ne sono andati senza
lasciare traccia.
Come
non lascia traccia il vento
sul marmo dove passa.
non lascia orma l’ombra
sul marciapiede.
Tutti
scomparsi in un polverio
confuso d’occhi.
di voci afone, quasi
di foglie controfiato
dietro i vetri.
Foglie
che solo il cuore vede
e cui la mente non crede.
Giorgio Caproni
sabato 16 novembre 2024
Fiume di pietà per la nazione
Pietà per la nazione i cui uomini sono pecore
E i cui pastori sono guide cattive
Pietà per la nazione i cui leader sono bugiardi
I cui saggi sono messi a tacere
E i cui fanatici infestano le onde radio
Pietà per la nazione che non alza la propria voce
Tranne che per lodare i conquistatori
e acclamare i violenti come eroi
E che aspira a comandare il mondo
Con la forza e la tortura
Pietà per la nazione che non conosce
Nessun’altra lingua se non la propria
Nessun’altra cultura se non la propria
Pietà per la nazione il cui fiato è denaro
E che dorme il sonno di quelli
con la pancia troppo piena
Pietà per la nazione Oh pietà per gli uomini
Che permettono che i propri diritti vengano erosi
e le proprie libertà spazzate via
Patria mia, lacrime di te
Dolce terra di libertà!
Lawrence Ferlinghetti
sabato 14 settembre 2024
Api
Ciò che di te si dice, anima mia,
Forse vero sarà, ma non mi cape:
Più che uno spiritel, credo che un’ape,
Una vaga, inquïeta ape tu sia.
E un’ape aristocratica, che in seno
A’ più soavi e cari fior si posa,
E dal candido giglio e dalla rosa
Sugge — non miele, ah no! sugge veleno.
Arturo Graf
all’uomo resteranno
4 anni di sopravvivenza",
ha predetto il grande fisico
Albert Einstein
mercoledì 4 settembre 2024
Tra risorgive e fontanili
Campagna mia, sabina o tiburtina
(ma chi non ha cuore di ferirmi sostiene
che tu sei tiburtina, anche se gli altri
per dirti sabina darebbero ogni cosa),
sabina dunque o tiburtina come è vero,
con gioia sono stato lí nella tua villa
fuori Roma a liberarmi di quella tosse
maledetta che certo ho ben meritato
per l'ingordigia di gustare un pranzo splendido.
Volevo godermi la tavola di Sestio:
mi son dovuto leggere un discorso livido
e velenoso contro Anzio, suo rivale.
Di colpo mi scoppia un raffreddore, una tosse
secca, finché non son fuggito qui da te
per curarmi con riposo e decotti.
Ora sto bene e posso quindi ringraziarti
di non aver punito la mia colpa.
Se dovessi subire ancora i suoi libelli,
voglio che il loro lievore procuri a lui,
non a me, brividi e tosse: quello m'invita
solo per leggere i suoi maledetti scritti.
Publio Valerio Catullo
sabato 27 luglio 2024
Ermetico
E gli alberi e la notte
Non si muovono più
Se non da nidi.
Giuseppe Ungaretti
A volte l'ermetismo assoluto e totale tipico del poeta Giuseppe Ungaretti non lascia il benchè minimo posto all'introspezione.
Abbiamo a che fare con versi fatti di poche e precise parole che ciascuno di noi può interpretare come meglio crede.
mercoledì 24 luglio 2024
Realtà non poesia
L'anima mia è come l'usignuolo,
che canta canta sopra il biancospino
fiorito, inebbriandosi al suo canto,
come preso in un vortice di sogno
come in preda ad un fascino maligno;
e non s' accorge che, sotto la siepe,
lo fissa e attira, coi suoi occhi molli,
l'immondo rospo a bocca spalancata,
ove presto avran fine e canto e sogno.
Corrado Govoni
I rospi comuni, di piccole dimensioni, mangiano insetti di ogni tipo, vermi, ragni e chiocciole; altre specie si cibano di pesci.
Le specie più grandi si alimentano di serpenti piccoli, lucertole, uccellini e roditori.
Insomma i rospi si alimentano delle prede che a seconda dei casi sono in grado di catturare.
(dalla rete)
sabato 22 giugno 2024
Rissa tridattila (gabbiano pelagico)
Poco dopo si è qui come sai bene,
file d’anime lungo la cornice,
chi pronto al balzo, chi quasi in catene.
Qualcuno sulla pagina del mare
Traccia un segno di vita, figge un punto.
Raramente qualche gabbiano appare.
Mario Luzi
Il gabbiano tridattilo (rissa tridattila), abbastanza raro nelle aree meridionali, ma estremamente comune al Nord è noto per essere l'unica specie che vive in alto mare, torna a terra solamente per riprodursi.
Il gabbiano tridattilo nidifica
sulle sporgenze delle falesie a picco sul mare; occasionalmente anche
su edifici e su distese rocciose o sabbiose indisturbate, è una specie essenzialmente pelagica; pelagico è un aggettivo che si riferisce al mare aperto (alto mare), alla sua fauna, al suo ambiente di sedimentazione e alla sua zona geologica.
(dalla rete)
venerdì 10 maggio 2024
Ignorabimus...
Certo un mistero altissimo e più forte
dei nostri umani sogni gemebondi
governa il ritmo d'infiniti mondi
gli enimmi della Vita e della Morte.
Ma ohimè, fratelli, giova che s'affondi
lo sguardo nella notte della sorte?
Volere un Dio? Irrompere alle porte
siccome prigionieri furibondi?
Amare giova! Sulle nostre teste
par che la falce sibilando avverta
d'una legge di pace e di perdono:
«Non fate agli altri ciò che non vorreste
fosse a voi fatto!». Nella notte incerta
ben questo è certo: che l'amarsi è buono!
Guido Gozzano
Ignoramus
et
ignorabimus
martedì 7 maggio 2024
I Salici
Una delle caratteristiche distintive del salice è la forma dei suoi rami, che sono penduli e sottili.
Questa caratteristica è particolarmente evidente nelle varietà ornamentali del salice, dove i rami pendono verso il basso conferendo all’albero un aspetto unico e suggestivo.
Questa particolare conformazione conferisce al salice piangente un portamento elegante e delicato, che si distingue dagli altri alberi.
Sotto il salice
Sovra la cristallina
Spera d’acqua lucente
Un salice piangente
Le verdi chiome inclina
Melanconicamente.
E baciata dall’onde,
Tra quelle verdi chiome,
Una croce, siccome
Vergognosa, s’asconde,
Logora e senza nome.
La croce ignuda e brulla,
Senza un ricordo, un fiore,
La croce, o mie signore,
D’una bella fanciulla
Morta pazza d’amore.
Morta in quell’acqua cheta
Un mattino d’aprile,
Un mattin che lo stile
Di sua doglia secreta
Passolle il cor gentile.
Più di lei non favella
Anima nata: è corta
La sua storia: che importa
S’ella amò, se fu bella?
Son tant’anni ch’è morta!
Non è chi pianga e l’ami;
Solo di quando in quando
Il zeffiro passando
Fra que’ pallidi rami
Scioglie un gemito blando.
L’acqua chiara e tranquilla,
Come una gran pupilla
Guarda il ciel di zaffiro
E sotto al ciel sfavilla.
Passa nell’alto il sole,
Passa la bianca luna:
Cadono ad una ad una
L’aride fronde sole
Sovra la croce bruna.
Arturo Graf
sabato 13 aprile 2024
Veccia e papavero nel campo di grano
Il campo di frumento è così bello
solo perchè ci sono dentro
i fiori di papavero e di veccia ;
ed il tuo volto pallido,
perchè è tirato un poco indietro
dal peso della lunga treccia.
Corrado Govoni
Veccia
Nome volgare attribuito a parecchie leguminose selvatiche dei generi Lathyrus, Lotus e Vicia (famiglia Fabacee), e particolarmente alle specie coltivate.
Comunissima anche allo stato spontaneo e rappresentata da molte varietà è Vicia sativa ,
che ha fusti angolosi, foglie paripennate terminanti con un viticcio,
fiori porporini, legumi compressi e semi bruni; è volgarmente chiamata veccia comune o veccia nera.
-TRECCANI-
lunedì 25 marzo 2024
Erythronium dens-canis
Quando
la fioritura dei crochi primaverili volge al termine, il sottobosco dei
castagneti e faggeti, ancora molto luminoso, si ricopre di fiori variopinti.
Per esempio lo puoi trovare cosparso di piccoli fiori che sembrano dei piccoli gigli con alla base delle foglie verdi cosparse di numerosi e diffuse macchie biancastre.
L’eritronio o dente
di cane (pare che questo singolare nome sia dovuto alla forma del
bulbo), è una fioritura piuttosto comune specie nei boschi del Nord Italia, assente invece nel Centro-Sud.
Con
l’ingenuità del neofito, osservando i lunghi petali ripiegati all’indietro
verso l’alto, molti pensano si tratti di una sorta di ‘ciclamino
selvatico’.
Le somiglianze superficiali spesso traggono in inganno,
perché eritronio e ciclamino non sono per nulla imparentati, neanche alla
lontana. Il ciclamino appartiene alla famiglia delle primulaceae, dicotiledoni,
e la sua radice è un tubero; l’eritronio è una liliacea, monocotiledone, con
radice a bulbo.
Dente di cane
Il dente di cane è una delle piante più antiche, apparso
nell’era cenozoica o terziaria ed anche una delle prime a fiorire alla fine dell'
inverno.
Un bellissimo ed elegante fiore precoce che può ricordare, per la sua forma, un ciclamino ed un giglio esotico, che fa capolino dalla terra, in un commovente annuncio di fine inverno ed inizio di primavera.
Il dente di cane o erythronium denis canis appartiene alla famiglia delle liliacee; è una piccola pianta perenne, alta pochi centimetri (da 10 a 20 cm.), elegante, precoce e rustica.
I bulbi della stessa sono avvolti da tunica membranosa bruna. Dai bulbi
nascono due foglie allungate di un color verde scuro macchiate di rosso
brunastro.
Ogni pianta produce un unico fiore solitario, pendulo, con sei
tepali di color rosa violaceo che si rivolgono all’indietro.
La
sua fioritura avviene verso la fine dell'inverno e l'inizio della primavera tra marzo ad aprile.
Il frutto del dente di cane tende aa apparire solitamente come una capsula obovata che presenta degli spigoli decisamente ottusi.
Anche se la pianta è protetta i bulbi di dente
di cane sono commestibili, come anche le foglie. I bulbi si possono
raccogliere tutto l’anno, mentre le foglie in primavera. Meglio però
raccogliere prima della fioritura. I bulbi si usano cotti e crudi nei
minestroni, nelle frittate e nelle insalate. Le foglie invece meglio
consumarle cotte, anche pastellate.
Nel paese del sol levante, il Giappone, dai bulbi di dente di cane si estrae un amido impiegato
nelle paste alimentari, infatti la pianta contiene amidi e vitamine.
(dalla rete).
giovedì 21 marzo 2024
Nebbia
Qui il traffico oscilla
sospeso alla luce
dei semafori quieti.
Io vengo in parte
ove s’infolta la città
e un fiato d’alti forni la trafuga.
Chiedo al cuore una voce, mi sovrasta
un assiduo rumore
di fabbriche fonde, di magli.
E il tempo piega all’inverno.
Io batto le strade
che ai giorni delle volpi gentili
autunno di feltri verdi fioriva,
i viali celesti al dopopioggia.
Al segno di luce si libera il passo
e indugia l’anno, su queste contrade.
un cespo di mimose
nella bianchissima nebbia.
Vittorio Sereni
La nebbia è una nuvola a bassa quota che si forma per la condensazione del vapore acqueo nell'aria.
giovedì 14 marzo 2024
Mistero
O farfallina nata con l'aurora,
o destinata a sparire fra un'ora
come i fiori, che vivon cosi brevemente
che si può dire
si schiudono soltanto per morire ;
grano di stella, palpito di luce ;
ti crea l'uragano che travolge e romba,
o una goccia di pioggia ti produce?
Tu, forse, sai perchè sì nasce, si ama e muore,
tu che hai la culla, il letto e la tua tomba
nel profumato calice d'un fiore.
Corrado Govoni
Mistero
Il mistero è un fatto, un aspetto o un fenomeno che non si può spiegar chiaramente
o che non si può penetrare, o che è tenuto nascosto o esoterico.
Il
termine deriva dal verbo mýein 'chiudere', che indica anche il culto
esoterico sia nell'antica Grecia che nell'antica Roma.
Mistero è un termine che indica una realtà o verità nascosta, sacra o inspiegabile, o anche un atteggiamento di segretezza o enigma.
(dalla rete)
mercoledì 28 febbraio 2024
Cervus elaphus
Non odi cupi bràmiti interrotti
di là del Serchio? Il cervo d’unghia nera
si sèpara dal branco delle femmine
e si rinselva. Dormirà fra breve
nel letto verde, entro la macchia folta,
soffiando dalle crespe froge il fiato
violento che di mentastro odora.
Le vestigia ch’ei lascia hanno la forma,
sai tu?, del cor purpureo balzante.
Ei di tal forma stampa il terren grasso;
e la stampata zolla, ch’ei solleva
con ciascun piede, lascia poi cadere.
Ben questa chiama «gran sigillo» il cauto
cacciatore che lèggevi per entro
i segni; e mai giudizio non gli falla,
oh beato che capo di gran sangue
persegue al tramontare delle stelle,
e l’uccide in sul nascere del sole,
e vede palpitare il vasto corpo
azzannato dai cani e gli alti palchi
della fronte agitar l’estrema lite!
Ma invano invano udiamo i cupi bràmiti
noi tra le canne fluviali assisi.
Tu non ti scaglierai nel Serchio a nuoto
per seguitar la pesta, o Derbe; e il freddo
fiume non solcherà duplice solco
del tuo braccio e del tuo predace riso,
fieri guizzando i muscoli nel gelo.
Inermi siamo e sazii di bellezza,
chini a spiare il cuor nostro ove rugge,
piú lontano che il bràmito del cervo,
l’antico desiderio delle prede.
Or lascia quello il branco e si rinselva.
Forse è d’insigni lombi, e assai ramoso.
Ei piú non vessa col nascente corno
le scorze. Già la sua corona è dura;
e il suo collo s’infosca e mette barba,
e fra breve sarà gonfio del molto
bramire. Udremo a notte le sue lunghe
muglia, udremo la voce sua di toro;
sorgere il grido della sua lussuria
udremo nei silenzii della Luna.
(Romena, 20 agosto 1902)
Gabriele D'Annunzio
Questo mammifero, nonostante la notevole mole, è dotato di un’estrema agilità e velocità nella corsa.
Il colore del mantello varia in base alle stagioni, in estate è bruno-rossastro mentre assume delle tonalità grigie in inverno. I piccoli, invece, nei primi mesi di vita hanno una pelliccia maculata.
Il cervo maschio è dotato di un palco, ovvero di corna, che cade in inverno per poi riformarsi dopo pochi mesi.
La figura del cervo occupa una figura di primo piano nella mitologia celtica che lo considera un animale soprannaturale. Il potente dio di tutti gli animali della foresta, Cernunnos era raffigurato con la testa di un cervo dal cui palco si irraggiava una luce divina. (dalla rete).