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L'ombra è l'opposto del sole, ma si nutre di esso.
Un cielo grigio non genera ombre: nessun contrasto, nessun pensiero.


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sabato 27 giugno 2009

Cime Tempestose

Una volta pensavo che il tempo fosse la sola costante.

Ora non è più così. Lo sento scorrere addosso a me e a chi mi circonda e l,a sensazione il più delle volte non è affatto piacevole. La mia bacheca di video evergreen mi ha permesso di ripescare questo brano in cui una bella Kate Bush presenta forse il suo pezzo più famoso...ed è veramente bello e ascoltabile.

Pochi sanno che Mia Martini ne fece un'edizione italiana.

Chissà se Emily avrebbe gradito questo interessante tributo alla sua opera.

Il testo originale: Out on the wiley, windy moors We'd roll and fall in green. You had a temper like my jealousy: Too hot, too greedy. How could you leave me, When I needed to possess you? I hated you. I loved you, too. Bad dreams in the night. They told me I was going to lose the fight, Leave behind my wuthering, wuthering Wuthering Heights. Heathcliff, it's me--Cathy. Come home. I'm so cold! Let me in-a-your window. Heathcliff, it's me--Cathy. Come home. I'm so cold! Let me in-a-your window. Ooh, it gets dark! It gets lonely, On the other side from you. I pine a lot. I find the lot Falls through without you. I'm coming back, love. Cruel Heathcliff, my one dream, My only master. Too long I roam in the night. I'm coming back to his side, to put it right. I'm coming home to wuthering, wuthering, Wuthering Heights, Heathcliff, it's me--Cathy. Come home. I'm so cold! Let me in-a-your window. Heathcliff, it's me--Cathy. Come home. I'm so cold! Let me in-a-your window. Ooh! Let me have it. Let me grab your soul away. Ooh! Let me have it. Let me grab your soul away. You know it's me--Cathy! Heathcliff, it's me--Cathy. Come home. I'm so cold! Let me in-a-your window. Heathcliff, it's me--Cathy. Come home. I'm so cold! Let me in-a-your window. Heathcliff, it's me--Cathy. Come home. I'm so cold!

La traduzione: Fuori nella brughiera rugiadosa e ventosa Ci eravamo rotolati ed eravamo caduti nel prato Avevi un carattere come la mia gelosia Troppo caldo, troppo vorace Come hai potuto lasciarmi Quando avevo bisogno di averti? Ti ho odiato e ti ho anche amato Ma i sogni nella notte Mi hanno detto che stavo per perdere la lotta Andando via dalle mie cime tempestose, cime tempestose Heathcliff, sono io – CathyTorna a casa, ho così freddo! Lasciami entrare dalla tua finestra Heathcliff, sono io – Cathy Torna a casa, ho così freddo! Lasciami entrare dalla tua finestra Oh, sta facendosi buio, sta venendo la solitudine Dall’altra parte di te Ho sofferto molto, cado nel vuoto senza di testo tornando amore Heathcliff crudele, mio unico sogno, mio solo padrone per troppo tempo ho urlato nella notte sto tornando al suo fianco, per mettere le cose a posto sto tornando a casa alle mie Cime Tempestose, le mie Cime Tempestose Heathcliff, sono io – CathyTorna a casa, ho così freddo! Lasciami entrare dalla tua finestra Heathcliff, sono io – Cathy Torna a casa, ho così freddo! Lasciami entrare dalla tua finestra Oh, fammela avere Lascia che strappi via la tua anima Oh, fammela avere Lascia che strappi via la tua anima Sai sono io – Cathy Heathcliff, sono io – CathyTorna a casa, ho così freddo! Lasciami entrare dalla tua finestraHeathcliff, sono io – CathyTorna a casa, ho così freddo

domenica 21 giugno 2009

A Cinque Lune da Nobegmor (IX)

CAPITOLO IX°


Gujil si riebbe al leggero contatto delle carezze di Mizaurio.
- Svegliati Gujil! - gli disse l'amico - Ce l'abbiamo fatta; per tutti i diavoli dell'universo, ce l'abbiamo proprio fatta!
Il Principe, dondolando il capo dolente, si mise a sedere e si massaggiò le spalle contratte per il colpo ricevuto.
Dopo che si fu ripreso completamente si alzò a fatica e poi diresse lo sguardo verso la figura del basilisco che, imprigionato, si dibatteva disperatamente cercando di liberarsi dalla terribile morsa che lo avvolgeva alla gola, ma tutti i suoi immani sforzi risultavano vani e la catena, anzichè allentare la presa, lo costringeva sempre più e a tal punto che il respiro del mostro, prima possente e prolungato, si era ridotto ad un breve e faticoso rantolo.
Dal becco, semiaperto per lo sforzo del respiro e della fatica più non usciva alcun suono ma un rivolo di bava che si rovesciava sul terreno.
Gli occhi stralunati sembrava quasi stessero per fuoriuscire dalle orbite.
L'animale era stremato e dopo alcuni minuti stramazzò rovinosamente al suolo, sconquassandolo, con un debole gemito.
- E' morto! - esclamò Mizaurio.
Le sue parole furono subito smentite dal movimento del corpo del mostro che ne tradiva il respirare affannoso.
- No ..., No ..., - riprese lo scudiero - è solamente svenuto.
che hai mio Principe? - chiese preoccupato Mizaurio rivolgendosi a Gujil che, appoggiato con un braccio all'enorme fusto del cedro seguiva pensieroso la scena.
Dopo alcuni attimi Gujil abbandonò quella posizione e, rivolgendosi all'amico, gli disse:
- Ho visto i suoi occhi, amico mio, e ne sto provando una forte paura.
Ho incontrato il dolore nella sua essenza più intima ed è stata una cosa terrificante, un sovrapporsi su tutto e su tutti e, per un interminabile attimo mi sono sentito morire ed ho avuto il mio cuore squarciato da fitte di indescrivibile potenza.
Credo che non riuscirò mai a dimenticare la profondità abissale di quello sguardo e a questa idea fatico a controllare il terrore che è in me e dilagare vorrebbe.
Ho il cuore che batte troppo forte nel petto, è un rumore che mi appanna il pensiero e la vista.
Mio dio! Mizaurio...
Dimmi che mi sta succedendo perché io non lo riesco a comprendere.
Ciò che provo sta diventando insopportabile ed il peso, qui, sullo stomaco, mi provoca un insostenibile dolore.
Stringimi forte la mano Mizaurio, affinché io possa sentirti vicino e lenire questo freddo che in me aleggia, al contatto con il tuo calore che so amico e compagno.
Ciò detto con la sua mano strinse con forza quella dello scudiero che si era protesa verso di lui; poi tacque.
Dai suoi occhi sbocciarono gocce imperlate che ne rigarono il viso provato e stravolto.
Scese il silenzio in quella piccola valle e la luna, fino ad allora celata da una densa coltre di nubi, fece capolino nella volta celeste e li illuminò di un tenue chiarore.
Quel lento e trattenuto singhiozzare continuo di Gujil riempiva l'animo del fedele Mizaurio di un'immensa tristezza.
Poi, insieme, raccolsero della legna da ardere per dare calore alla notte che avrebbero dovuto trascorrere prima di intraprendere la via del ritorno.
Non appena la fiamma ebbe preso vigore, intorno a quel fuoco, per un breve tratto parve dileguarsi il buio ma il silenzio restava pesante e veniva interrotto solo dal crepitio del legno secco attaccato dal fuoco.
Con un enorme sforzo, Gujil era riuscito ad allontanare da sé la disperazione che gli aveva invaso la mente e l'anima e stava riposando, tranquillamente addormentato, al tepore del falò.
Mizaurio, immerso in un turbinio di pensieri, stava svogliatamente sgranocchiando una galletta di segale in attesa che il sonno e la stanchezza rapissero anche le sue membra.
Fissava i bagliori delle fiamme con uno sguardo preoccupato.
- Beh, ora è tardi ed è tempo che mi prenda un po' di riposo. - disse ad alta voce tra sé e sé e, prima di distendersi sull'improvvisato giaciglio, si mise a raccogliere altra legna da aggiungere al fuoco perché non si spegnesse durante la notte.
Con un'enorme fascina sulle spalle si volse, guardando per un'ultima volta la radura che era stata teatro della loro epica impresa ed osservò la figura del basilisco la cui mole enorme era perfettamente distinguibile anche nella fitta oscurità notturna.
Sospirò rumorosamente, fece dietro-front e si accinse ad aggiungere altra legna al fuoco che andava ormai languendo.
Quando fu tranquillo che la forza delle fiamme li avrebbe protetti per tutto il resto della nottata si tolse la cintura con la spada dalla vita e si sistemò ad attendere il sonno.
Teneva la mano saldamente costretta sull'elsa di quell'arma che aveva disteso al suo fianco.
Sorretto da quel rassicurante contatto quasi subito si addormentò.

lunedì 8 giugno 2009

A Cinque Lune da Nobegmor (VIII)

CAPITOLO VIII°


Dopo alcune ore arrivarono al campo stremati e, tra lo stupore degli uomini, ordinarono di preparare le loro cavalcature e di attenderli, al ritorno, in quello stesso posto.
Il sole era arrivato allo Zenith.
- Bene Gujil. - disse Mizaurio trattenendo con forza le redini al suo cavallo - Adesso mi sai dire da che cavolo di parte si va?
Il Principe di Ozman osservò dubbioso l'orizzonte sgombro di nubi.
- Lo sapessi amico mio. - rispose - Comunque credo che la cosa non faccia differenza.
Se il destino indicatoci da Noretex è quello che incrocia la via del basilisco sento che sapremo trovarlo.
Per di quà! - esclamò a squarciagola spronando il proprio destriero alla corsa.
Così si diressero ad ovest rispetto alla collina dove avevano incontrato Phuxarius.
Per circa due ore galopparono a rotta di collo attraverso la pianura la cui erba, ondeggiante e verde, mimava un pacato oceano.
Giunti ai limiti della vasta distesa incontrarono i primi contrafforti di un'alta catena montuosa.
Seguirono il profilo delle montagne addentrandosi in una fitta foresta di larici.
Ben presto il terreno, da pianeggiante, si fece leggermente inclinato fino a costringere il loro galoppo su un basso crinale che si incuneava, come una grossa spina contorta, tra i fianchi squarciati di due vette elevate.
Seguirono quella ferita tra i monti fino a quando il percorso si interruppe a ridosso di una granitica parete che ne sbarrava la strada.
Gujil e Mizaurio frenarono le loro cavalcature nel preciso istante in cui si avvidero dell'insuperabile ostacolo.
I cavalli scalpitavano agitati con i mantelli madidi di sudore.
- Cosa facciamo ora? - gridò Mizaurio.
- Non lo so, - rispose Gujil - giuro che non lo so.
Scesero da cavallo e si misero ad ispezionare il terreno circostante.
- Eppure sento che siamo sulla giusta pista, ... lo sento chiaramente. - disse ad alta voce il Principe rivolgendosi al compagno.
Improvvisamente, alla loro sinistra, un rumore tra i cespugli attirò l'attenzione di essi.
Si diressero con circospezione verso la fonte di quel suono e notarono la folta macchia di rovi che saliva a ricoprire l'angolo di congiunzione tra la parete di roccia che aveva fino ad allora delimitato il loro percorso e quella che ora ne stava ostacolando il prosieguo.
Spaventato dal rumore del loro sopraggiungere, un agile daino dal fulvo mantello punteggiato di bianco che era uscito dalla macchia di rovi per brucare con tranquillità la tenera erba che ricopriva la superficie del canalone, si ributtò nella macchia con la velocità di un fulmine.
- Vuoi vedere che ... - cominciò Gujil e, senza proseguire, si diresse all'inseguimento dell'animale.
Mizaurio lo raggiunse e, estraendo la sua spada, aiutò il compagno a farsi largo tra i rovi.
Il sole cominciava a nascondersi dietro le montagne.
- E' già il tramonto. - disse Mizaurio e, imitato dal Principe, centuplicò i propri colpi per guadagnare del tempo prezioso.
Lavorando alacremente di spada presto si accorsero che l'intrico di rovi delimitava, nascondendolo alla vista, uno stretto pertugio sotto le rocce.
Quando ebbero quasi completamente ripulito il passaggio dovettero infilarsi in quell'apertura strisciando, tanto era angusta.
Dopo alcuni minuti di faticoso procedere a carponi sbucarono in una piccola valle densa di vegetazione dove troneggiavano, svettando verso il nitido cielo, alcuni alberi secolari.
- Ci siamo! - disse Gujil traendo con il suono della sua voce tutta l'eccitazione che aveva pervaso il suo essere.
- Lo sento.
Ci siamo!
Presto Mizaurio!
Dobbiamo fare presto!
Ciò detto ritornò sui propri passi ed una volta giunto nuovamente nel canalone dove aveva avuto termine la loro forsennata cavalcata, si avvicinò al suo cavallo e staccò dalla sella il tascapane che vi penzolava da un lato.
Velocemente ripercorse lo stretto pertugio e si ricongiunse a Mizaurio che lo stava aspettando.
- Hai con te la catena? - chiese lo scudiero al Principe.
Gujil assentì mostrando all'amico il tascapane che si era messo attorno al collo.
- Bene, - proseguì Mizaurio tradendo nei gesti il suo nervosismo - di là! - disse indicando un punto in cui gli alberi si facevano più fitti.
Mano a mano che il loro cammino proseguiva la luce della sera andava diminuendo la sua intensità.
Ad un tratto sentirono nell'aria arrivare ai loro sensi tesi allo spasimo un rumore cadenzato che si ripeteva, monotono, ad intervalli regolari.
- E' lui! - gridò Gujil.
- Si, - gli fece eco Mizaurio - questo deve essere il suo respiro.
Presto mio Gujil, la notte sta scendendo, non abbiamo molto tempo.
Il resto del cammino lo fecero silenziosamente e nessuna loro parola venne a turbare l'atmosfera che regnava in quel luogo.
Il rumore si andava facendo sempre più distinto e la luce sempre più debole.
Superata l'ultima fila di alberi lo videro.
La sua mole enorme adagiava il proprio peso sul soffice terreno che intorno ad esso appariva arido e senza segno di vita.
Nemmeno il più piccolo filo d'erba cresceva nel raggio di alcuni metri intorno al basilisco.
La lunga coda serpentina ne avvolgeva il corpo appoggiandosi sulla schiena del mostro appena sotto l'enorme testa di gallo su cui risaltava, splendendo di mille riflessi colorati, una bellissima corona regale in cui si trovavano incastonati rubini rosso acceso grossi come uova.
Il suo corpo, rattrappito nel sonno, ogni tanto si agitava sollevandosi ritmicamente sotto la spinta dei potenti respiri.
Le squame, colpite dalla fioca luce, spendevano intorno alla sua massa una mistica ed evanescente colorazione turchese.
Il grande becco, giallo come il sole, era socchiuso a lasciare filtrare il soffio vitale che lo animava.
A pochi metri da lui alcuni possenti aceri gli facevano ventaglio con la loro imponente presenza.
Gujil e Mizaurio si avvicinarono prudenti, quasi trattenendo il fiato.
Si fermarono quando, scosso da alcuni fremiti improvvisi, il corpo del basilisco cominciò a muoversi.
La luce era ormai quasi totalmente scemata.
- Presto, maledizione. - mormorò Gujil tra i denti - Si sta per risvegliare.
Disse ed estrasse velocemente la catena che gli aveva fornito Noretex.
Mizaurio corse, rapido come una freccia, dalla parte opposta a quella dove si era piazzato Gujil.
Tra loro c'era il corpo del basilisco da cui il sonno stava piano piano lasciando posto al torpore che precede il risveglio.
- Presto! - urlò a piena voce lo scudiero - tirami un capo della catena!
- Ma ... - tentennò Gujil - è ... è troppo corta!
- Non ha importanza! - gli rispose Mizaurio con voce stridula - tiramene un capo e trattieni saldamente quell'altro nella tua mano!
Il Principe obbedì e scagliò con forza la catena in direzione di Mizaurio.
Per incanto la catena si allungò in un'ampia parabola che oltrepassò sibilando il corpo dell'animale e cadde vicino ai piedi dello scudiero.
La parte centrale della catena, dopo un attimo in cui parve galleggiare nell'aria quasi fosse realmente senza alcun peso, crollò con violenza sulla nuca del mostro.
A quel freddo e divenuto pesante contatto il corpo dell'animale venne scosso da un brivido più forte di tutti gli altri.
Di colpo il basilisco spalancò le palpebre e sollevò il capo.
Il mostruoso essere, ormai completamente risvegliatosi, proruppe in un ruggito agghiacciante che serpeggiò come una scarica lungo la spina dorsale dei due compagni.
La sua coda si srotolò in tutta la propria lunghezza e frustò rabbiosamente l'aria producendo un rumore simile al tuono.
- Ora corri verso di me! - urlò, sovrastando l'assordante rumore, la voce di Mizaurio.

- Non lo guardare mai Mizaurio! - gridò Gujil a sua volta- Ricorda le parole di Noretex!
Disse e cominciò la sua corsa.
Nell'attimo stesso in cui vide il Principe scattare verso di lui Mizaurio fece altrettanto.
Si incrociarono a mezza strada e Gujil avvertì sulla fronte il freddo contatto che la catena, retta dall'amico, gli aveva procurato nell'attimo esatto in cui lo stava oltrepassando.
Intorno al collo del basilisco la catena, via via che i due amici aumentavano la distanza che li andava separando, tra lo stridore provocato dagli anelli che scorrevano l'uno sull'altro, andava sempre più stringendosi in una morsa soffocante.
Sballottando il capo da una parte all'altra, lo spaventoso animale cercava di liberarsi da quel resistente cappio senza però, fortunatamente, riuscirci.
Le grida che uscivano dal suo becco spalancato si tramutarono in fiamme che ora si levavano al cielo, ora si schiantavano al suolo sul terreno di fronte incenerendo ogni cosa al loro tocco.
Gujil, stringendo con forza sovrumana la sua parte di catena, corse disperatamente ad avvolgerla intorno al fusto dell'albero più vicino.
Mizaurio, dall'altra parte, stava tentando di fare altrettanto.
Il basilisco si dibatteva furiosamente cercando di sciogliersi dal laccio che lo bloccava e metteva a dura prova i muscoli dei due amici.
Quando Gujil cercò, con un ultimo disperato sforzo, di stringere un nodo robusto tra la catena, tesa e vibrante, che imprigionava il mostro ed il capo ancora libero, avvenne una cosa incredibile.
Non appena gli anelli rosati giunsero tra loro a contatto si fusero in più punti a formare un tutt'uno indistricabile.
Ripresosi immediatamente dalla sorpresa, il Principe corse verso Mizaurio con l'intenzione di portargli aiuto e, per poco, non venne investito dall'alito di fuoco del basilisco.
Gujil riuscì miracolosamente ad evitare l'attacco ma, per una frazione di secondo, i suoi occhi incrociarono quelli del mostro.
Quando giunse da Mizaurio vide che ormai il compagno era giunto allo stremo delle forze e, proprio un attimo prima che lo scudiero mollasse la presa, si tuffò sulla catena.
Uno scossone più forte degli altri lo trascinò per alcuni metri facendolo letteralmente rovinare contro il tronco dell'albero intorno a cui la catena era già stata parzialmente avvolta.
Il respiro gli venne a mancare, sentì vacillare la sua mente ma resse allo sforzo e con un rabbioso movimento titanico unì l'ultimo capo rimasto libero al resto della catena prima di perdere i sensi.