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L'ombra è l'opposto del sole, ma si nutre di esso.
Un cielo grigio non genera ombre: nessun contrasto, nessun pensiero.


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martedì 28 maggio 2019

Argonautiche

Gli Argonauti 
(in greco antico: Ἀργοναῦται, Argonâutai) furono quel gruppo di circa 50 eroi[1] che, sotto la guida di Giasone, diede vita a una delle più note e affascinanti narrazioni della mitologia greca: l'avventuroso viaggio a bordo della nave Argo, che li condurrà nelle ostili terre della Colchide alla riconquista del vello d'oro.
Gli eroi erano accorsi alla chiamata degli araldi inviati in tutta la Grecia per organizzare la spedizione che Pelia, re di Iolco, aveva imposto a Giasone, figlio di suo fratello Esone.
Pelia, infatti, era diventato re di Iolco dopo aver usurpato il trono a suo fratello Esone, legittimo erede al trono, da lui fatto imprigionare insieme al resto della famiglia. Giasone accettò l'insidiosa richiesta alla sola condizione che, in caso di successo, Pelia avrebbe liberato i suoi cari (da Wikipedia).
 
La notte portava la tenebra in terra. Sul mare
i naviganti adocchiavano l'Orsa e gli astri d'Orione
dalle tolde. Sentiva bisogno di sonno il viaggiatore,
così la sentinella, e sopore di piombo avvolgeva
pure la madre che ha visto la morte dei figli.
Non c'era ululare di cani, in città, non rimbalzi
di suoni. Silenzio invadeva quel buio, che s'oscurava.
Ma dolcezza di sonno non prese Medea,
la svegliavano varie passioni, nel desiderio di lui,
nell'angoscia per la furia potente dei tori, ai quali
domani doveva prostrarsi; morte brutale, alla piana
di Ares. Nel petto pulsava il suo cuore, frenetico.
Come danza uno strale di sole nel chiuso,
scattando da un'acqua, appena versata in un bacile,
o in una tazza, e di qua, di là, a guizzi
rimbalza nel veloce turbinio,
così nel petto mulinava il cuore di Medea.
Dagli occhi scorreva pianto di pietà. Dentro,
la trapassava la fitta, filtrando nella carne, ai nervi
filiformi, fino all'estremità, all'occipite della nuca
                  dove trafigge più tormentoso il male, quando
ostinati Eroti fiondano tormenti in petti umani.
Ora diceva a se stessa che gli avrebbe dato l'antidoto
dei tori: ora, che nulla avrebbe dato, e che sarebbe morta
anche lei; poi... nessuna cosa, né l'una, né l'altra:
impassibile, doveva stare, e affrontare il suo male.

Argonautiche, III.286-98

Apollonio Rodio
Traduzione di Ezio Savino
 
Lorenzo Costa
"La nave Argo con l'equipaggio"
Il mito degli Argonauti è una delle più note ed affascinanti narrazioni della mitologia. Eroi leggendari che sotto la guida di Giasone, si imbarcarono sulla nave Argo e affrontarono un avventuroso viaggio che li condusse nelle ostili terre della Colchide alla conquista del vello d'oro. La nascita della leggenda degli Argonauti all'Isola d'Elba si basa su diverse narrazioni e testimonianze di autori classici. Tra i primi a scrivere dell'Elba fu Diodoro Siculo (90-20 a.C.), ci narra che gli Argonauti navigando per il Tirreno alla ricerca del vello d'oro, fecero sosta su un isola chiamata Aethalia. Secondo la leggenda l’isola chiamata Aethalia altro non era che l’Isola d’Elba!
Il mito racconta che gli Argonauti, sbarcati nella zona delle Ghiaie, poi denominata Argo,  si detersero il sudore con ciottoli candidi e porosi della spiaggia; sembra che fu proprio il sudore degli eroici naviganti a macchiare di gocce nero-blu i sassi della spiaggia, rendendoli così caratteristici e inconfondibili (dalla rete).
 
novello nocchiero di una scarna nave,
ho con me viaggiatori impotenti, nel buio,
sono avvolti da vivide luci, nel buio;
li porto lontano, con me, alla deriva...
 

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