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L'ombra è l'opposto del sole, ma si nutre di esso.
Un cielo grigio non genera ombre: nessun contrasto, nessun pensiero.


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martedì 28 marzo 2017

Vita


 comunque è la vita,
che piaccia o meno è nostra;
abbiamo coraggio e paure,
siamo stolti e avveduti...
 

In biologia la vita è la condizione propria della materia vivente, che la distingue dalla materia inanimata. 
La biologia si occupa della vita in quanto proprietà emergente dell'organismo vivente, disinteressandosi di concetti come quello di forza vitale sviluppato dai vitalisti.
L'idea che esista una "forza vitale" è stato argomento di dibattito filosofico, che ha visto contrapporsi i sostenitori del meccanicismo da un lato e dell'olismo dall'altro, circa la possibilità che esista un principio metafisico che porterebbe gli organismi a non obbedire esclusivamente alle leggi della chimica e della fisica, a differenza dell'opinione per cui tutti i processi degli organismi, dall'interazione delle molecole alle funzioni complesse del cervello e di altri organi, e a risalire a quelli dell'intero organismo, seguirebbero rigorosamente delle leggi fisiche. In ogni caso, dove gli organismi differiscono dalla materia inanimata è nell'organizzazione dei loro sistemi e soprattutto nel possesso di informazioni codificate. La Comunità scientifica nel suo complesso non concorda su una definizione di vita condivisa, per alcuni addirittura non esisterebbe.
Ogni organismo vivente ha il proprio ciclo vitale, e all'interno di questo, si riproduce per perpetuare nel tempo la vita stessa.
Il termine "vita" si contrappone parzialmente a morte, ma anche a "non vita", in quanto la condizione della materia morta non coincide con quella della materia che non ha mai avuto vita (da Wikipedia).

 

Vita felix

Immaginavamo navi
come le stimmate del mare – immaginavamo
     navi
come steli di fiori marini e vette

di mare in terra – immaginavamo il rumore
     dell’isola, il mare che batteva come una
     fontana
alta e la terra era impregnata e dolce
e senza dolore e certamente questo
     immaginare
era tornare
al paradiso per la strada aperta
dalle parole e i corpi
si muovevano tenui e disumani come se
     il mondo dovesse ancora venire.
     Se tu parlavi io vedevo l’isola
dove i morti chiariscono
corpi fatti di rami e fili d’erba,
stanno seduti con il sole in faccia sulla
     piccola costruzione del molo. Falde
     di luce che perfezioniamo.
Se tu parlavi io vedevo l’isola
con il giallo sferzante delle ginestre, l’attracco
silenzioso delle barche, la piazzetta in
     cemento, i cubi bianchi
dove siedono parallele le nostre figure
con occhi carichi di sguardo umano
e gli affetti lasciati nelle case
come una foce dimenticata.
Siamo una compagine di vento
un canneto di carne lapidata
un fluttuare canoro di risorti
che perdono
lacrime
dall’occhio interno
perché il vento deve restare vento
e la cenere cenere fino alla fine del mondo
perché questo lasciare che accada
è piú dell’amore, questo dire
chi deve andare vada.


Maria Grazia Calandrone
Roma, 26 febbraio 2009
Sulla bocca di tutti
 
 
 

 

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