Quello che volevo dire
e che non ho detto
era solo questo:
Attraverso la mia porta
davanti agli occhi
ho visto mille volte
l’universo eterno.
L’eterna intelligenza dello sconosciuto
ogni giorno in tanta semplicità
ha riempito l’intimo del cuore:
non so se potrò dire con parole semplici
questa verità.
e che non ho detto
era solo questo:
Attraverso la mia porta
davanti agli occhi
ho visto mille volte
l’universo eterno.
L’eterna intelligenza dello sconosciuto
ogni giorno in tanta semplicità
ha riempito l’intimo del cuore:
non so se potrò dire con parole semplici
questa verità.
Risuona il canto della nuda terra
sotto l’ombra solitaria del gelso:
sull’altra sponda del fiume
ara il contadino la ripida riva:
volano via le anitre dalla spiaggia sabbiosa
senza erba e senza gente.
Le acque stanche del fiume dimesso
come occhio spento e mezzo attento
chissà se vanno o sono ferme.
sotto l’ombra solitaria del gelso:
sull’altra sponda del fiume
ara il contadino la ripida riva:
volano via le anitre dalla spiaggia sabbiosa
senza erba e senza gente.
Le acque stanche del fiume dimesso
come occhio spento e mezzo attento
chissà se vanno o sono ferme.
Da molto tempo segnata da impronte di piedi,
la strada, amica del raccolto,
cammina tortuosa lungo i campi:
corre una parentela tra la capanna e il fiume.
la strada, amica del raccolto,
cammina tortuosa lungo i campi:
corre una parentela tra la capanna e il fiume.
quante volte il poeta ha contemplato
tutte queste immagine,
questo villaggio alla luce di marzo,
quella terra desolata, quel traghetto,
quella linea azzurra del fiume,
in quel lontano seno di sabbia
presso le acque solitarie
nel luogo del mercato,
quel bisbiglio serrato,
solo questo guardare,
questo camminare sulla strada,
questa luce, questa aria,
questo fuggire improvviso di nubi
sulla corrente del fiume,
il cammino silenzioso delle ombre:
il cuore ha cercato di vedere
quello che nelle gioie e nelle pene
a più riprese lo ha reso perfetto.
tutte queste immagine,
questo villaggio alla luce di marzo,
quella terra desolata, quel traghetto,
quella linea azzurra del fiume,
in quel lontano seno di sabbia
presso le acque solitarie
nel luogo del mercato,
quel bisbiglio serrato,
solo questo guardare,
questo camminare sulla strada,
questa luce, questa aria,
questo fuggire improvviso di nubi
sulla corrente del fiume,
il cammino silenzioso delle ombre:
il cuore ha cercato di vedere
quello che nelle gioie e nelle pene
a più riprese lo ha reso perfetto.
Sul Gange, 19 febbraio 1916
da "Stormi nel cielo"
Rabindranath Tagore
fiume come percorso,
verso un lago, poi il mare;
ricordi legate alle brezze,
sartie e gomene che stirano
voglie di barche legate...
Gange (sanscr. e indost. Gaṅgā) - enciclopedia TRECCANI
Fiume dell’India e del Bangladesh (2700 km). Il suo bacino (circa 1 milione di km2) ha per limiti a N le cime più alte della catena himalaiana, a S i monti Vindhya che formano l’orlo settentrionale del Deccan. A Ovest una bassa soglia (277 m s.l.m.) lo distingue dal bacino dell’Indo e a Est si fonde, nel Bangladesh, con quello del Brahmaputra. Esso poi include per gran parte un’ampia pianura alluvionale, creata dal fiume e dai suoi affluenti.
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Le forti portate estive del G. sono usate largamente per irrigazioni (Upper Ganges Canal, aperto nel 1854, che dà acqua a 3900 km2; Lower Ganges Canal, aperto nel 1878, che distribuisce acqua a 3320 km2). Il fiume naturalmente è navigato su ampia scala per quasi 2200 km (la navigazione inizia 80 km a valle di Hardwar), ed è solcato soprattutto da imbarcazioni, anche di grandi dimensioni, che scendono verso Calcutta con prodotti agricoli (grano, cotone, canna da zucchero) e salgono verso monte con manufatti e riso. Ma lo costeggiano anche per gran parte del corso dense maglie di ferrovie e presso le sue rive o quelle dei suoi maggiori affluenti sono sorte innumerevoli città, fra cui molte notevolmente popolate (tra le altre, Calcutta, Delhi, Kanpur).
archeologia
Nella valle del G. datano dal 9000 al 3000 a.C. insediamenti di cacciatori-raccoglitori e necropoli relative a nuclei abitativi, con sepolture e corredi assai semplici. Insediamenti con ceramica e strumenti di rame sono piuttosto tardi (2000-800 a.C., Chirand). Nel Doab, popolatosi nel corso del 2° millennio a.C., compaiono villaggi tardoharappani (Hulas, Alamgirpur, Baragon, Lal Qila), dove sono stati rinvenuti oggetti di rame. Nel corso del 1° millennio a.C. si verificò una grande espansione degli insediamenti (Shravasti, Kaushambi, Bitha, Ramchaura, Vaishali, Manjhi, Rajghat). Una nuova classe ceramica (Painted Grey Ware) caratterizza i villaggi stanziali del Doab dall’8° secolo, mentre la Northern Black Polished Ware è presente fino al 1° sec. a.C. (Shravasti, Ayodhya, Kaushambi, Rajghat). Alcuni di questi villaggi furono probabilmente centri dominanti, accresciuti ulteriormente nel 4° e 3° sec. a.C., sfociando nella formazione del primo impero del subcontinente a opera della dinastia dei Maurya: ne sono testimonianza editti incisi su colonne o sulla roccia, colonne con iscrizioni rivolte alle comunità monastiche (Sarnath, Kaushambi, Delhi, Rampurva). Altri centri urbani di grande importanza sono Bitha, Rajgir, Champa, Vaishali; nel Bengala occidentale e nel Bangladesh le città principali sono Tamluk, Mangalkot e Mahastangarh. L’autonomia raggiunta tra 2° e 1° sec. a.C. da molti centri urbani è testimoniata da emissioni monetarie indipendenti e da opere di fortificazione. In età Kushana la cultura urbana raggiunse il massimo splendore (capitali di Peshawar e Mathura). Lo sviluppo dell’arte è documentato dai templi e dalle sculture rinvenute nei siti di Mathura, Sonkh, Sanghol e Shravasti.
Nella valle del G. datano dal 9000 al 3000 a.C. insediamenti di cacciatori-raccoglitori e necropoli relative a nuclei abitativi, con sepolture e corredi assai semplici. Insediamenti con ceramica e strumenti di rame sono piuttosto tardi (2000-800 a.C., Chirand). Nel Doab, popolatosi nel corso del 2° millennio a.C., compaiono villaggi tardoharappani (Hulas, Alamgirpur, Baragon, Lal Qila), dove sono stati rinvenuti oggetti di rame. Nel corso del 1° millennio a.C. si verificò una grande espansione degli insediamenti (Shravasti, Kaushambi, Bitha, Ramchaura, Vaishali, Manjhi, Rajghat). Una nuova classe ceramica (Painted Grey Ware) caratterizza i villaggi stanziali del Doab dall’8° secolo, mentre la Northern Black Polished Ware è presente fino al 1° sec. a.C. (Shravasti, Ayodhya, Kaushambi, Rajghat). Alcuni di questi villaggi furono probabilmente centri dominanti, accresciuti ulteriormente nel 4° e 3° sec. a.C., sfociando nella formazione del primo impero del subcontinente a opera della dinastia dei Maurya: ne sono testimonianza editti incisi su colonne o sulla roccia, colonne con iscrizioni rivolte alle comunità monastiche (Sarnath, Kaushambi, Delhi, Rampurva). Altri centri urbani di grande importanza sono Bitha, Rajgir, Champa, Vaishali; nel Bengala occidentale e nel Bangladesh le città principali sono Tamluk, Mangalkot e Mahastangarh. L’autonomia raggiunta tra 2° e 1° sec. a.C. da molti centri urbani è testimoniata da emissioni monetarie indipendenti e da opere di fortificazione. In età Kushana la cultura urbana raggiunse il massimo splendore (capitali di Peshawar e Mathura). Lo sviluppo dell’arte è documentato dai templi e dalle sculture rinvenute nei siti di Mathura, Sonkh, Sanghol e Shravasti.
Il G. è il primo dei fiumi sacri dell’India, considerato donatore di prosperità e fecondità, e grande purificatore. Divinizzato in figura femminile, è identificato con Pārvatī e con altre forme della Grande dea e appellato come «madre Gaṅgā». Quale fiume scorreva dapprima in cielo e la sua discesa sulla terra costituisce il tema di un famoso racconto leggendario. Il G., sulle cui rive abitano molti anacoreti, è oggetto di culto, con templi e immagini (è rappresentato o con una figura in parte donna e in parte pesce e come donna seduta su un mostro acquatico). È meta dei pellegrinaggi di immense folle, soprattutto in occasione di feste periodiche e in alcuni mesi dell’anno. Il culto, caratterizzato da sacrifici gettati nell’acqua e dall’offerta dei capelli, è amministrato da brahmani specializzati, detti figli del G. Anche l’incinerazione dei morti avviene di preferenza sulle rive del G.; le ceneri di coloro che muoiono lontani vengono spedite per esser sparse nel fiume.
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