Angoli di città
zone d'ombra
un posto per capire
un posto per pensare
un posto per sostare quell'attimo
L'ombra è l'opposto del sole, ma si nutre di esso.
Un cielo grigio non genera ombre: nessun contrasto, nessun pensiero.
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venerdì 17 gennaio 2025
Poesia
giovedì 16 gennaio 2025
Respinta!
Eugenia Ciniselli "Respinta" |
La respinta
In te fu sospettata la nemica
subdola, quella ch'arti e audacie aduna
a irretir l'ingannevole fortuna
d'amore, e nelle sue reti s'intrica.
Fosti respinta. Come una mendica
che insista nel suo chiedere, importuna,
fosti respinta. E tu ben taci: niuna
parola esiste che il tuo male dica.
Non ti fu vista la tua morte in viso.
Si rinchiuse il tuo cuor pieno di strida.
Su se stesso piegò, come un ucciso.
Pur, s'addolcì benigna la ripulsa.
Di pietà si velò la voce infida...
Come ride la tua bocca convulsa!
Amalia Guglielminetti
Una
"respinta"
(condizione subita da persona, oggetto etc,)
deriva dall'azione e risultato del verbo respingere (ricacciare indietro, allontanare violentemente: "respingere il nemico oltre i confini"; significa anche non accettare, rifiutare "respingere qualcuno o qualcosa, una persona, un'offerta").
(dalla rete)
mercoledì 15 gennaio 2025
Protocollo cittadino #153 (Apprensioni)
Apprensioni
Apprensione
[ap-pren-sió-ne]
sostantivo femminile (pl. -ni)
Stato ansioso derivante dal timore di un male possibile;
ansia, preoccupazione:
stare, essere in apprensione.; ogni telegramma la mette in apprensione.
Sinonimi:
agitazione, inquietudine.
martedì 14 gennaio 2025
Sonetto minimo (autoerotismo)
Ora che i rami
Nel ciel tranquillo
Son tutti un trillo,
Dimmi se m’ami.
Or che al serpillo,
Or che agli stami
Volan gli sciami,
Se m’ami, dillo.
Viso adorato,
M’ardono i baci
Che non t’ho dato.
Ah, ti trabocca
L’anima... taci!
Baciami in bocca.
Arturo Graf
lunedì 13 gennaio 2025
Freddo e bolle di sapone
Senti nell'aria
Le bolle di sapone si congelano al freddo.
L'acqua saponata invernale si congela nell'aria.
domenica 12 gennaio 2025
Quinto Ortensio Ortalo
Quinto Ortensio Ortalo
65
l'angoscia sfibrante di un dolore senza tregua
mi distoglie, Òrtalo, da ogni volontà di vivere
e nell'incertezza di questa sofferenza non penso piú
di trovare nelle parole il conforto della poesia:
l'onda che nasce dal gorgo di Lete ora, ora
bagna il piede pallido ora di mio fratello:
strappato ai miei occhi, la terra di Troia
ora lo dissolve sotto il peso della sua collina.
Ti parlerò e non ti sentirò parlare,
mai, mai piú ti rivedrò, fratello mio:
amato piú della mia vita, sempre ti amerò,
sempre mi terrò in cuore il pianto per la tua morte,
come l'usignolo tra le ombre piú folte dei rami
piange nel suo canto la sorte straziante di Iti.
Ma anche in cosí grande tristezza, Òrtalo,
eccoti questi versi tradotti da Callimaco,
perché tu non creda che, disperse nel vento,
le tue parole mi siano sfuggite dalla mente,
come scivola dal grembo di una ragazzina
il pomo che in segreto le donò l'innamorato,
quando, scordatasi d'averlo fra le pieghe della veste,
sussulta trasognata all'arrivo della madre
e le sguscia via: cade in terra il pomo rotolando
e il suo viso afflitto avvampa di vergogna
Publio Valerio Catullo
sabato 11 gennaio 2025
Indietro.., avanti..,
Su un giornale
Ho visto la foto di un manganello,
Coperto di borchie di ferro
E con un chiodo d’acciaio sulla punta.
Ho pensato:
Dio, farlo dondolare sarebbe proprio bello;
E avevo una gran voglia d’impugnarlo
E sentirlo scricchiolare sulla testa di qualche unno –
Preferibilmente disarmato –
E un altro,
E un altro, e un altro.
Dio, non sarebbe bello?
– Sfondare il cranio,
E vederne sprizzare il sangue come quando accoppano i manzi al mattatoio?
Se gridassero “Kamerad”,
Dài!
Lo stesso pomeriggio ho visto uno svedese,
Alto e biondo, la faccia di bambino,
Ubriaco, resisteva a tre poliziotti
Che cercavano di estrarlo dall’auto.
Il più grosso ha calato lo sfollagente sulla testa del ragazzo,
Con un colpo che si è sentito fino a qui;
Non il lugubre «bonf» di un manganello,
Ma uno sparo.
Poi tutti l’han percosso e lui è caduto,
L’hanno tirato su per una scala,
Col viso insanguinato che sbatteva, sbatteva, sbatteva,
Sui gradini.
Gesù! Sono io quello
Che voleva adoprare
Il manganello?
Ernest Hemingway
venerdì 10 gennaio 2025
Protese al cielo
a un cuore di spezzarsi
non avrò vissuto invano
Se allevierò il dolore di una vita
o guarirò una pena
o aiuterò un pettirosso caduto
a rientrare nel nido
non avrò vissuto invano
Emily Dickinson
giovedì 9 gennaio 2025
Canzone dei dodici mesi
Canzone dei dodici mesi
Fra le cui rive giace come neve il mio corpo malato, il mio corpo malato
Sono distese lungo la pianura bianche file di campi
Son come amanti dopo l'avventura neri alberi stanchi, neri alberi stanchi
Lascia i dolori e vesti da Arlecchino, il carnevale impazza, il carnevale impazza
L'inverno è lungo ancora, ma nel cuore appare la speranza
Nei primi giorni di malato sole la primavera danza, la primavera danza
Porta la neve sciolta nelle rogge il riso del disgelo, il riso del disgelo
Riempi il bicchiere, e con l'inverno butta la penitenza vana
L'ala del tempo batte troppo in fretta, la guardi, è già lontana, la guardi, è già lontana
Diverso tutti gli anni, ma tutti gli anni uguale
La mano di tarocchi che non sai mai giocare, che non sai mai giocare
Quali segreti scoprì in te il poeta che ti chiamò crudele, che ti chiamò crudele
Ma nei tuoi giorni è bello addormentarsi dopo fatto l'amore
Come la terra dorme nella notte dopo un giorno di sole, dopo un giorno di sole
Il nuovo amore getti via l'antico nell'ombra della sera, nell'ombra della sera
Ben venga Maggio, ben venga la rosa che è dei poeti il fiore
Mentre la canto con la mia chitarra brindo a Cenne e a Folgore, brindo a Cenne e a Folgore
In un tuo giorno, sotto al sole caldo, ci sono nato io, ci sono nato io
E con le messi che hai fra le tue mani ci porti il tuo tesoro
Con le tue spighe doni all'uomo il pane, alle femmine l'oro, alle femmine l'oro
Diverso tutti gli anni, ma tutti gli anni uguale
La mano di tarocchi che non sai mai giocare, che non sai mai giocare
Riposa, bevi e il mondo attorno appare come in una visione, come in una visione
Non si lavora Agosto, nelle stanche tue lunghe oziose ore
Mai come adesso è bello inebriarsi di vino e di calore, di vino e di calore
Dopo l'estate porta il dono usato della perplessità, della perplessità
Ti siedi e pensi e ricominci il gioco della tua identità
Come scintille brucian nel tuo fuoco le possibilità, le possibilità
Nei tini grassi come pance piene prepari mosto e ebbrezza, prepari mosto e ebbrezza
Lungo i miei monti, come uccelli tristi fuggono nubi pazze
Lungo i miei monti colorati in rame fumano nubi basse, fumano nubi basse
Diverso tutti gli anni, e tutti gli anni uguale
La mano di tarocchi che non sai mai giocare, che non sai mai giocare
Lungo i giardini consacrati al pianto si festeggiano i morti, si festeggiano i morti
Cade la pioggia ed il tuo viso bagna di gocce di rugiada
Te pure, un giorno, cambierà la sorte in fango della strada, in fango della strada
Lungo i tuoi giorni con la mente spargo tristi semi di morte, tristi semi di morte
Uomini e cose lasciano per terra esili ombre pigre
Ma nei tuoi giorni dai profeti detti nasce Cristo la tigre, nasce Cristo la tigre
Diverso tutti gli anni, ma tutti gli anni uguale
La mano di tarocchi che non sai mai giocare, che non sai mai giocare
Che non sai mai giocare, che non sai mai giocare
Che non sai mai giocare, che non sai mai giocare
mercoledì 8 gennaio 2025
James Dean
Ritratto di Jim & culo nudo
allo specchio (da dietro le quinte
si dice: È “MORBOSO!”
È MORIBONDO si domanda,
Oh grande incrostata coppa senza fine
CHE MOSTRI LE SUE PALLE AL MONDO
è lui Sebastiano
che cava fuori frecce dal suo deretano
o l’ombra dei coraggiosi toreri
l’ultimo istante allo specchio
È IL PADRE
che grida trattarsi del “FIGLIO MORBOSO”
GIUNGE LA RISPOSTA:
Fottiti pà, caro pà, fottiti.
L’uomo solitario che non riesce
ad uscire
da dietro allo specchio
grande marionetta dell’altro
O infondendo vita
al cadavere sulla sabbia
Secche alghe marine parlanti
cantando canzoni Italiane
su Patchen Place
alla ragazza in gabbia
Il corpo in una lattina
privo dell’anima
Il corvo canta
e due diviene uno
FINE
La penna viene riposta
l’agile dito ha scritto
e ora si fa una cacata.
James Dean